Pubbl. Mar, 7 Apr 2015
TFR in busta paga: come si chiede? E soprattutto conviene?
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Giuseppe Ferlisi
Analizziamo la recente riforma che dà la possibilità ai lavoratori di poter ricevere il TFR "rateizzato" in busta paga e il problema della maggiore tassazione rispetto all´incasso "ordinario" a fine carriera.
Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM 29/2015), pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 65/2015, dal prossimo 3 di aprile, sarà possibile per il lavoratore dipendente, ad esclusione dei dipendenti pubblici, richiedere l'anticipo del TFR in busta paga.
In realtà, la stessa legge prevedeva quale periodo oggetto di liquidazione quello che va da marzo 2015 a giugno 2018; tuttavia a marzo non è stato possibile rendere operativa tale scelta poichè non vi erano i tempi tecnici per acquisire le disposizioni attuative e gestire il modello per effettuare la richiesta ai datori di lavoro. Insomma, una riforma che è già partita in ritardo.
Prima di entrare nel merito delle novità introdotte, occorre ricordare cosa sia il TFR , ossia il Trattamento di Fine Rapporto, chiamato dai non addetti ai lavori anche "buonuscita" o "liquidazione".
Esso costituisce una porzione di retribuzione del lavoratore subordinato differita alla cessazione del rapporto di lavoro, effettuata da parte del datore di lavoro, ed erogato in tutti i casi di cessazione del rapporto di lavoro, qualunque ne sia la ragione: licenziamento individuale e collettivo, dimissioni, ecc.
Fulcro della disciplina è l'articolo 2120 del codice civile, rubricato "Disciplina del trattamento di fine rapporto", il quale fissa tre importanti principi:
1) garanzia del TFR: "In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni";
Tale trattamento, rappresenta, quindi, un vero e proprio compenso differito al momento della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di favorire al lavoratore il superamento delle difficoltà economiche connesse con il venir meno della retribuzione.
Attraverso la Legge di Stabilità 2015, il Governo Renzi, ha quindi innovato la materia, probabilmente per aumentare i consumi ed offrire "risorse" immediate alle "tasche" degli italiani, con la scelta già citata che spetta al lavoratore dipendente.
Egli, laddove voglia il TFR rateizzato in busta paga, dovrà presentare al datore di lavoro il modulo per la Qu.I.R. (Quota maturanda del Trattamento di fine rapporto come parte Integrativa della Retribuzione).
Per chi farà questa scelta, che, ripetiamo, è volontaria, le future quote di Tfr non verranno più accantonate ai fini della liquidazione o non verranno più destinate al finanziamento del fondo pensione per chi vi aderisce. Questo trasferimento in busta paga durerà però, in via sperimentale, fino al 30 giugno 2018.
Ma la discussione maggiore si è aperta intorno al problema della convenienza ecomica dal punto di vista della tassazione.
La CGIA di Mestre, in un suo studio dei giorni scorsi, ha evidenziato come "l’operazione rischia di non decollare, visto che il legislatore ha deciso che l’anticipazione del Tfr subirà la tassazione ordinaria e non quella separata. Pertanto, a un lavoratore dipendente, soprattutto se non più giovanissimo, converrà percepire il Tfr al termine della carriera lavorativa, anziché chiederne l’anticipo".
Inoltre, secondo i calcoli della CGIA "rispetto all’erogazione della liquidazione al termine del rapporto di lavoro, chi ne chiederà l’anticipazione pagherà più tasse per un importo che su base annua oscillerà tra i 230 e i 700 euro circa. Ovviamente l’aggravio fiscale tenderà ad aumentare al crescere del livello di reddito del soggetto richiedente."
Ma perché con l’anticipo mensile del Tfr si pagano più tasse?
Dalla CGIA ricordano che a fine carriera lavorativa la liquidazione viene tassata separatamente con la media delle aliquote degli ultimi cinque anni che tiene indirettamente conto delle detrazioni per lavoro e per i carichi familiari.
"Nel caso dell’anticipazione introdotta dal Governo Renzi, invece, quest’ultima si cumula con il reddito e conseguentemente aumenta anche la tassazione. Infatti, l’aumento del reddito dovuto all’integrazione legata al Tfr mensile in busta paga viene tassato con l’aliquota marginale, ovvero quella che interessa la parte più elevata del reddito. Inoltre, quando aumenta lo stipendio si riducono gli effetti economici delle detrazioni per i figli a carico e quelli legati agli assegni familiari".
Infine, altra grossa criticità, mentre la liquidazione erogata a fine carriera è “risparmiata” dall’applicazione delle addizionali comunali e regionali Irpef, l’anticipo mensile non lo è.
Concludendo, vero è che i lavoratori dipendenti potranno godere di un reddito mensile immediato, ma chi opterà per questa scelta ne pagherà le conseguenze dal punto di vista economico, con benefici più per l'erario che per il singolo lavoratore.