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Pubbl. Sab, 20 Ott 2018

Assolto in primo grado, condannato in appello: anche i periti vanno risentiti?

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Angela Cuofano


Le Sezioni unite della Cassazione penale sono investite di una nuova questione, che verrà discussa all’udienza del 22 novembre 2018, relativa alla possibile estensione, alla prova scientifica, dei principi già affermati in tema di rinnovazione della prova dichiarativa.


Il caso in esame, sottoposto al vaglio della II sezione della Cassazione Penale, nasce da un episodio di rapina.

La sentenza assolutoria di primo grado è stata completamente ribaltata dal giudizio di appello, promosso dal pubblico ministero, secondo cui l'imputato sarebbe colpevole, considerata anche la notevole somiglianza tra l'imputato e uno dei rapinatori, rilevata dal consulente tecnico del pubblico ministero e dal perito.

Il difensore ricorreva allora in Cassazione, lamentando che la Corte territoriale non avesse rinnovato le prove decisive assunte nel corso del dibattimento, costituite dalle dichiarazioni del perito e del consulente tecnico del pubblico ministero, che il ricorrente sosteneva assimilabili alla testimonianza e, quindi, rientranti nel perimetro delle prove dichiarative, con violazione dell'art. 6 CEDU, atteso che di tali prove il giudice di secondo grado aveva operato una valutazione esclusivamente cartolare.

In merito va ricordato l’arresto delle Sezioni unite, operato con la sentenza 28 aprile 2016 – 6 luglio 2016 n. 27620, Dasgupta, ove è stata data risposta al quesito “se fosse rilevabile d'ufficio la questione relativa alla violazione dell'art. 6 CEDU per avere il giudice d'appello riformato la sentenza di primo grado sulla base di una diversa valutazione di attendibilità di testimoni di cui non si procede a nuova escussione”. Invero, in tale occasione,  la Corte ha affermato che "La previsione contenuta nell'art. 6, par. 3, lett. d),della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativa al diritto dell'imputato di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico, come definito dalla giurisprudenza consolidata della Corte EDU, la quale costituisce parametro interpretativo delle norme processuali interne, implica che, nel caso di appello del pubblico ministero avverso una sentenza assolutoria, fondata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, il giudice di appello non può riformare la sentenza impugnata nel senso dell'affermazione della responsabilità penale dell'imputato, senza avere proceduto, anche d'ufficio, a norma dell'art. 603 comma 3, c.p.p., a rinnovare l'istruzione dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado".

A fronte di ciò, il Collegio, dopo avere rilevato che al caso in esame non era applicabile, ratione temporis, il nuovo art. 603 comma 3 bis c.p.p., introdotto dal comma 58 dell'art. 1 della L. 23/6/2017, n. 103, ha preso atto che circa l'equiparazione delle dichiarazioni dei periti e dei consulenti tecnici alle prove dichiarative, con conseguente necessità di rinnovazione in caso di ribaltamento accusatorio, si registrano nella giurisprudenza di legittimità due contrastanti orientamenti.

Secondo un orientamento il giudice d'appello, preso atto che qualora intenda pervenire all'affermazione di responsabilità dell'imputato assolto in primo grado, non solo deve confutare specificamente gli argomenti sui quali era fondata la prima sentenza, ma deve anche provvedere a rinnovare l'assunzione delle prove orali, ove il giudizio di condanna si fondi su di un diverso apprezzamento dell'attendibilità delle relative fonti, dovrebbe procedere al riascolto del perito e del consulente, onde poi procedere ad una rivalutazione, stante la funzione svolta da questi nel processo e l'acquisizione dei risultati a cui l'esperto è giunto nello svolgimento dell'incarico peritale. Orientamento che ritiene equiparabili la prova dichiarativa e l'audizione del perito.

In senso contrario, altro orientamento ritiene che la prova scientifica non sia equiparabile a quella dichiarativa, con la conseguente mancanza di un obbligo per il giudice di procedere alla rinnovazione dibattimentale in caso di overturning accusatorio basato su diversa lettura di tale fonte di prova. Si sostiene, in proposito, che se pur il perito ed i consulenti tecnici, sentiti in dibattimento, assumono la veste di testimoni, questi sono chiamati a formulare un parere tecnico rispetto al quale il giudice può discostarsi, solo argomentando congruamente la propria diversa opinione. La posizione del perito e del consulente tecnico viene così a non essere totalmente assimilabile al concetto di "prova dichiarativa". Si è affermato così che in caso di riforma in appello della sentenza di assoluzione, non sussiste l'obbligo per il giudice di procedere alla rinnovazione dibattimentale della dichiarazione resa dal perito o dal consulente tecnico, fermo restando che il giudice d'appello, che riformi totalmente la decisione di primo grado, ha l'obbligo di confutare specificamente gli argomenti rilevanti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni dell'incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento.

Una opzione interpretativa  muove dalla riflessione che se è pur vero che i periti e i consulenti tecnici, sentiti in dibattimento, assumono la veste di testimone e la loro relazione forma parte integrante della deposizione, tuttavia, è altrettanto vero che costoro sono chiamati a formulare un parere tecnico e ad esprimere valutazioni alla luce dei principi scientifici. La prova scientifica non può essere assimilata alla prova dichiarativa tout court.

La sezione remittente, dopo avere ulteriormente evidenziato che ulteriore e successivo tema diverrebbe quello relativo all'eventuale necessità, all'esito dell'esame del perito o del consulente, di disporre la rinnovazione anche delle indagini compiute dai predetti, ha ritenuto, con ordinanza del 23 maggio 2018, depositata il 26 settembre 2018, n. 41737 che fosse indispensabile un intervento delle Sezioni Unite per vedere affrontata la questione: “Se la dichiarazione resa dal perito o dal consulente tecnico costituisca o meno prova dichiarativa assimilabile a quella del testimone, rispetto alla quale, se decisiva, il giudice di appello avrebbe la necessità di procedere alla rinnovazione dibattimentale, nel caso di riforma della sentenza di assoluzione sulla base di un diverso apprezzamento di essa”.

Esigenza condivisa dal Primo Presidente Aggiunto, che, con decreto del 09 ottobre 2018 ha conseguentemente fissato l’udienza del 22 novembre 2018 per la soluzione della questione.

 

Precedenti giurisprudenziali:

  • Cassazione penale, Sezione II, Sentenza 12 agosto 2015 n. 34843;
  • Cassazione penale, sezione V, sentenza 13 gennaio 2017, n. 169;
  • Cassazione penale, sezione IV, sentenza 10 febbraio 2017, n. 6366;
  • Cassazione penale, sezione III, sentenza 28 dicembre 2017, n. 57863;
  • Cassazione penale, sezione IV, sentenza 30 marzo 2018 n. 14654;
  • Cassazione penale, sezione IV, sentenza 30 marzo 2018 n. 14649.