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Pubbl. Lun, 13 Apr 2015

Reati "lievi": non punibilità ed archiviazione. Tutte le novità introdotte dal decreto sulla "depenalizzazione"

Ambra Di Muro


Dopo aver illustrato i contenuti dello schema di decreto sulla depenalizzazione dei reati "tenui", adottato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 1 dicembre 2014, prendiamo in esame il testo definitivo che, per disposizione normativa, è entrato in vigore il 2 aprile.


Ricevuto il parere favorevole da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia(1) sullo schema di decreto legislativo disponente in ordine alla depenalizzazione (del quale testo analizzammo i contenuti in un articolo pubblicato qui su CamminoDiritto), il Governo ha adottato lo scorso 16 Marzo il decreto legislativo n. 28(2), con il quale introduce nel nostro ordinamento una causa di non punibilità “per particolare tenuità del fatto” di reato.

Ricevuto il parere favorevole da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia(1) sullo schema di decreto legislativo disponente in ordine alla depenalizzazione (del quale testo analizzammo i contenuti in un articolo pubblicato qui su CamminoDiritto), il Governo ha adottato lo scorso 16 Marzo il decreto legislativo n. 28(2), con il quale introduce nel nostro ordinamento una causa di non punibilitàper particolare tenuità del fatto” di reato.

In attuazione della legge delega n. 67/2014 in materia di “pene detentive non carcerarie e depenalizzazione”, l’Esecutivo ha inteso deflazionare i carichi della giustizia, evitando, in presenza di “condotte illecite tenui”, l’incardinamento di procedimenti penali e consentendo, altresì, una più rapida definizione dei procedimenti già incardinati.
La ratio dell’intervento è da ravvisarsi nella ottimizzazione del ricorso alla sanzione penale(3).

Quanto all’ambito di applicazione del decreto qui in commento, i reati coinvolti vengono individuati sulla scorta di un triplice ordine di parametri, esemplificati nei seguenti:

  • offesa al bene giuridico “ritenuta di particolare tenuità”;
  • non abitualità del comportamento criminoso;
  • limite edittale di pena.

    Ai sensi dell’art. 1 del decreto legislativo n. 28/2015, viene inserito all’interno del codice penale l’art. 131-bis, così rubricato: “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”.
    La depenalizzazione viene costruita non quale mera trasformazione di illeciti penali in amministrativi, ma come istituto che esclude la punibilità “quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo (…), l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”.

    La valutazione della tenuità è da riferirsi, pertanto, alla carica offensiva della condotta dell’agente nei confronti del bene giuridico tutelato dalla norma: quindi, il giudice riterrà particolarmente tenue l’attività criminosa –comunque antigiuridica- ove essa sia stata tale da esporre il bene stesso ad un pericolo od al cagionamento di un danno di esigua entità.
    Il testo normativo prevede che non possa essere ritenuta “tenue” la condotta del soggetto che agisca “per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno degli animali”, o che abbia “adoperato sevizie o, ancora, profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa”.
    La condotta non può essere ritenuta tenue, egualmente, nel caso in cui essa abbia “cagionato o da essa siano derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime” della persona offesa.
    Quanto al comportamento criminoso esso è abituale nel caso in cui l’autore “sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole”, nonché nel caso in cui si tratti di reati posti in essere attraverso condotte plurime, abituali o reiterate.

    Terzo parametro per l’individuazione  dei reati nei confronti dei quali opera la esclusione della punibilità è quello che tiene conto dei limiti edittali di pena, per determinare i quali “non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.”.
    La “depenalizzazione” (rectius, causa di esclusione della punibilità) non opera per i tipi aggravati ma solo con riguardo ai reati per i quali sia prevista la irrogazione di una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla prima.

    Il testo licenziato dal Governo reca pure importanti prescrizioni in punto di archiviazione delle indagini e modifiche delle disposizioni in materia di casellario giudiziale.

    Quanto al procedimento di archiviazione, il decreto legislativo in commento- inserendo nel corpo della norma il comma 1-bis(4)- prescrive all'art. 411 c.p.p. che, ove l'archiviazione sia richiesta dal magistrato del Pubblico Ministero per la particolare tenuità del fatto, questi debba darne avviso tanto all'indagato quanto alla persona offesa(5) con la precisazione che essi, nel termine di dieci giorni, "possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta". Qualora l'opposizione non sia inammissibile, il giudice, sentite le parti, provvede con ordinanza. Ove, invece, l'opposizione alla richiesta del magistrato sia inammissibile o manchi del tutto, il Gip in accoglimento della istanza di archiviazione pronuncia decreto motivato. La restituzione degli atti al P.M. è disposta, per contro, nel caso di respingimento della richiesta inoltrata dal dominus(6) delle indagini preliminari.
    Il decreto reca pure disposizioni di coordinamento processuale prevedendosi (ex art. 469, co. 1-bis c.p.p., come introdotto dall' intervento normativo de quo) che, in ordine a procedimenti penali già incardinati, sia pronunciata sentenza di non doversi procedere quando l'imputato non sia punibile per la "particolare tenuità" del fatto commesso, "previa audizione della persona offesa, se compare.".
    Viene introdotto, inoltre,nel codice di procedura penale l'art. 651-bis, disponente con riguardo alla "Efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo di danno". E' prescritto che "la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato (...)".

    L'archiviazione od il proscioglimento pronunciati in presenza di reati "tenui", tuttavia, saranno iscritti nel casellario giudiziale - l'iscrizione ha durata decennale (ex art. 5, lett. d-bis, D.P.R. n. 313 del 2002)-, così da consentire al giudice di sapere se l'autore del fatto di reato abbia già beneficiato per precedenti illeciti della causa di esclusione della punibilità. Nel casellario richiesto dall'interessato, invece, non saranno riportate le iscrizioni relative ai provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilità per particolare tenuità (ex art. 4, d.lgs. n. 28/2015).

     

Ci siano consentite, infine, brevi riflessioni sull'intervento normativo del Governo.

Se è vero che la ratio del d.lgs. n. 28/2015 è quella di deflazionare il carico giudiziario, evitando che siano perseguiti in annosi procedimenti autori di piccoli illeciti, talora poco più che "ladri di polli", non infondata è la preoccupazione di quanti stigmatizzano la discrezionalità del giudice chiamato a valutare la "tenuità" di illeciti penali.
Inevitabile è che, in capo a quest'ultimo, un margine di potere discrezionale residui e che possa determinarsi un'applicazione disomogenea delle norme, specie dovensosi basare tale giudizio sulla sensibilità del giudice nella percezione della tenuità o meno della condotta. Rispetto allo schema di decreto, il testo definitivo ha beneficiato delle (poche) correzioni apportate in sede di esame da parte delle Commissioni parlamentari competenti ed ha meglio precisato i contorni della causa di esclusione di punibilità de qua, escludendosi la tenuità della condotta - come poc'anzi detto- in presenza di motivi abietti o futili, od ancora, quando da essa siano derivate la morte o lesioni gravissime a danno di una persona.
Quanto, infine, al limite edittale individuato -pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni- occorre segnalare come tra le figure criminose per le quali potrebbe operare questa sorta di "perdono", in presenza di una condotta non particolarmente pericolosa, figurano anche reati di un certo "rilievo sociale" quali i: reati societari (su tutti il reato di false comunicazioni sociali); reati fallimentari (tra i quali la bancarotta); reati tributari (dichiarazione infedele od omessa); oltre a delitti contro la P.A. (ad esempio: peculato d'uso, abuso d'ufficio); delitti contro la persona (tra i quali: lesioni personali, omicidio colposo, omissione di soccorso, ingiuria, diffamazione, violenza privata, minaccia, atti persecutori); delitti contro il patrimonio (furto, danneggiamento, truffa, appropriazione indebita).
Per evitare, dunque, che il provvedimento finisca col determinare l'impunità -quanto meno sotto il profilo della sottoposizione a sanzione penale- sembrerebbe opportuno che il Legislatore intervenisse più organicamente a ridefinire i criteri di esclusione della "particolare tenuità". Contestualmente all'adozione del decreto è stata, peraltro, ventilata la possibilità di un innalzamento delle soglie della punibilità di taluni dei reati succitati. Dunque, se per un verso si decide di "perdonare" condotte illecite -cosa che rischia evidentemente di contrastare con la sicurezza e l'ordine pubblico-, per altro, si intende incrementare i limiti edittali di talune fattispecie criminose.

Invero sarebbe auspicabile un intervento riformatore del Codice Penale che, suffragato dal massimo consenso parlamentare, consentisse sì di alleggerire il carico giudiziario ma anche di non ostacolare (o peggio neutralizzare) l'effettività della norma penale.


 

 

 

 

1)      Ex art. 2, L. n. 67/2014;

2)      Decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, recante “Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo           1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67”, pubblicato in G.U. n. 64 del 18-3-2015;

3)      http://www.camminodiritto.it/articolosingolo.asp?indexpage=128&editor=1;

4)      Art. 2 d.lgs n. 28/2015, rubricato "Modifiche al codice di procedura penale";

5)     "La persona offesa - a volte indicata sinteticamente come "offeso"- è il soggetto titolare del bene penalmente tutelato, leso o esposto a                         pericolo dalla condotta illecita", in Manuale di diritto processuale penale, Dalia-Ferraioli, CEDAM;

6)      Con tale dizione si fa riferimento al ruolo del magistrato del Pubblico Ministero di direzione delle indagini preliminari.
         "Impegnato ad assumere il ruolo di antagonista dialettico dell'imputato, nel corso del processo" infatti, il magistrato del P.M. "utilizza la fase delle          indagini preliminari per la raccolta degli elementi necessari a rappresentare al giudice le ragioni dell'accusa che formula a carico dell'imputato".