Pubbl. Sab, 6 Ott 2018
La riforma dell´ordinamento penitenziario
Modifica paginaCosa cambia per detenuti e famiglie? Il Governo non ha dato seguito al lungo lavoro svolto nella precedente legislatura, ma i risultati sono comunque degni di apprezzamento.
Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ha approvato, in esame definitivo, la c.d. riforma carceri ovvero, il decreto legislativo che introduce disposizioni volte a modificare l’ordinamento penitenziario, con particolare riguardo all’assistenza sanitaria, alla semplificazione dei procedimenti, nonché alle disposizioni in tema di vita penitenziaria e lavoro. Parallelamente, altro decreto approvato è quello che riguarda l’introduzione dell’ordinamento penitenziario nei confronti dei condannati minorenni.
La riforma giunge al termine dopo un lunghissimo iter durato circa 3 anni, da quando cioè l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando aveva aperto i lavori nel 2015.
Non parliamo però della riforma originaria.
La relazione introduttiva del governo Conte, ci tiene proprio a dire senza mezzi termini che si tratta di «un testo diverso, nelle opzioni di fondo, rispetto al precedente», e che si caratterizza per la «scelta di mancata attuazione della delega nella parte complessivamente volta alla facilitazione dell’accesso alle misure alternative e alla eliminazione di automatismi preclusivi». Sul punto, molto criticata dalle opposizioni, è stata la scelta di bocciare l'ipotesi di introdurre misure alternative al carcere per le detenute madri con figli al seguito. Una scelta duramente criticata dal Pd.
Nel contempo, però, la riforma approvata dà disposizioni che tendono a migliorare la quotidianità detentiva. Vediamo quali.
Assistenza Sanitaria in Carcere e Vita Detentiva
Il decreto detta disposizioni in tema di assistenza sanitaria in ambito penitenziario (artt. 1 e 2). Il decreto conferma il servizio sanitario nazionale come primo operatore all’interno delle strutture detentive. Modifica la disciplina della visita medica generale all’ingresso in istituto: da ora in poi il medico dovrà annotare nella cartella clinica tutte le informazioni riguardo a eventuali maltrattamenti o a violenze subite.
Vengono aggiunti trattamenti sanitari che i reclusi possono richiedere in carcere a proprie spese, nominando “un esercente di una professione sanitaria di loro fiducia” e in particolare includendo gli interventi chirurgici nei reparti clinici interni al carcere, sempre con il consenso della Asl competente. Il decreto, infine, prevede controlli sanitari in carcere da parte della Asl anche a seguito di segnalazioni ricevute.
La riforma, inoltre, integra le disposizioni dell’ordinamento penitenziario con la finalità di garantire il rispetto della dignità umana e la conformità della vita penitenziaria a quella esterna. Vanno in questa direzione le previsioni circa l’ampliamento delle ore minime che i detenuti possono trascorrere all’aperto, la richiesta di prossimità tra l’istituto penitenziario e la famiglia del recluso, le specifiche tutele per i reclusi esposti a minaccia di soprusi a causa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere, l’ampliamento dei diritti di informazione e comunicazione.
Condannati Stranieri
Novità anche per i condannati stranieri. Diversamente da quello che si potrebbe pensare, infatti, vista la politica in tema di contrasto all’immigrazione, il provvedimento detta misure volte ad integrare i reclusi stranieri. Tra queste, spiccano le garanzie di un’alimentazione rispettosa del loro credo religioso nonché l’inserimento, tra il personale degli istituti carcerari, dei mediatori culturali e degli interpreti.
Condannati Minorenni
L'attuazione della riforma penale passa, inoltre, anche per la predisposizione di una nuova disciplina in materia di esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni e dei giovani adulti, ovverosia di coloro che non hanno compiuto i 25 anni di età.
Tenendo conto del particolare percorso educativo e di reinserimento sociale che devono affrontare tali soggetti, il decreto introduce le c.d. “misure penali di comunità”, ossia misure alternative specifiche, destinate esclusivamente ai condannati minorenni e giovani adulti.
In altre parole il decreto mira, per questi soggetti, a limitare al massimo i casi di detenzione inframuraria. La detenzione verrà disposta solo quando le esigenze di sicurezza e quelle sanzionatorie non riescono ad essere ben conciliate con le istanze pedagogiche.
Si dovranno quindi preferire misure alternative quali l’affidamento in prova al servizio sociale, affidamento in prova con detenzione domiciliare, detenzione domiciliare, semilibertà e affidamento in prova terapeutico.
Lavoro in Carcere
La riforma penitenziaria approvata interviene sul rafforzamento del ruolo del lavoro considerato strumento essenziale nel trattamento rieducativo dei detenuti.
Il lavoro deve essere remunerato e non afflittivo: non può costituire un obbligo, ma può essere incentivato ai fini di prospettive risocializzanti. Il decreto aumenta la liberazione anticipata per chi partecipa gratuitamente a progetti di utilità sociale: un giorno di libertà per cinque di lavoro.
La retribuzione viene adeguata ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi.
Si promuove anche l’attività di ‘ autoconsumo’, che ha una sua rilevanza in relazione agli spazi agricoli a disposizione dell’amministrazione penitenziaria, che possono essere utilizzati per produrre generi alimentari per il consumo o per la vendita, negli spacci aziendali dell’amministrazione penitenziaria
Ebbene concludendo, da una analisi complessiva possiamo salutare positivamente la riforma. L’unica critica rilevante, infatti, riguarda la scelta dell’attuale governo di bocciare l'ipotesi di introdurre misure alternative al carcere per le detenute madri con figli al seguito. Critica che tuttavia non coglie nel segno.
In primo luogo, infatti, una soluzione già esiste nelle strutture di accoglienza alternative alla prigione, come le case famiglia protette e gli Icam (istituti di custodia attenuata per detenute madri. In secondo luogo perché in tutta Italia i bambini che vivono reclusi in vari istituti di pena sono 62: poco meno della metà sono figli di stranieri per cui sarebbe più opportuna un’ opera di potenziamento delle strutture di accoglienza alternative già esistenti.