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Pubbl. Mer, 3 Ott 2018
Sottoposto a PEER REVIEW

Incidenti stradali: azione giudiziaria improponibile se manca la richiesta danni per conoscenza

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Nunziatina Licari


Commento alla sentenza del Tribunale di Firenze dell´8 maggio 2018 in tema di risarcimento danni da sinistro stradale. La condizione di proponibilità ex art. 145, secondo comma, c.d.a. sarà assolta solo con il duplice invio della richiesta di risarcimento: alla propria compagnia assicurativa per prima e a quella dell´altro veicolo ”per conoscenza”.


Sommario: 1. Il caso; - 2. Le procedure di risarcimento dei danni derivanti da incidente stradale; - 3. L’art 145 c.d.a.: condizione di procedibilità o proponibilità? – 3.1 La richiesta di risarcimento e il decorso dello spatium deliberandi – 3.2 Il contenuto della lettera raccomandata: richiamo agli artt. 148, 149 e 150 c.d.a. - 3.3 La natura giuridica e la ratio dell’art 145 c.d.a.; - 4.  Il significato dell’espressione “per conoscenza” di cui all’art. 145 c.d.a.; - 5. Tra litisconsorzio necessario preprocessuale ed intervento volontario; - 6. Considerazioni Conclusive.

1. Il caso.

Il Tribunale di Firenze con la sentenza dell’8 maggio 2018 è stato chiamato a pronunciarsi, in veste di Giudice di secondo grado, in una vertenza avente ad oggetto una richiesta di risarcimento per i danni patiti a seguito di incidente stradale.

La controversia ebbe origine dall’urto dello sportello di un’automobile da parte di un secondo veicolo. A seguito dello scontro, l’auto veniva portata in un’autocarrozzeria affinché fosse riparata e, medio tempore, il danneggiato noleggiava un’altra auto, per il cui prezzo veniva rilasciata ricevuta fiscale. Sicché, il credito vantato dal danneggiato veniva ceduto dapprima al Consorzio Servizi Automobilistici che, a sua volta, lo cedeva all’autocarrozzeria che si era occupata della riparazione e del noleggio. Tuttavia, al momento del pagamento del debito, la compagnia assicurativa corrispondeva unicamente l’importo necessario per riparare il danno dell’auto non includendovi la somma sborsata per il noleggio dell’auto, per la quale l’autocarrozzeria non trovava soddisfazione.

Pertanto, l’autocarrozzeria conveniva di fronte al Giudice di Pace sia il danneggiante che la compagnia assicurativa presso la quale aveva assicurato la propria auto, al fine di ottenere l’accertamento della responsabilità del primo, nonché la condanna in solido per la parte di credito non ancora soddisfatto. L’impresa di assicurazione si costituiva in giudizio affermando, in via preliminare, l’inammissibilità della domanda di risarcimento dell’autocarrozzeria rivolta direttamente all’assicurazione, non essendo tale possibilità prevista né all’art 153, né all’art 154 c.d.a, che riconosce la sola legittimazione attiva del danneggiato. Difatti, secondo il convenuto, la cessione del credito avrebbe ad oggetto unicamente la posizione di diritto di credito e non anche dei diritti nascenti dal contratto assicurativo, per il quale è terzo, o le relative posizioni processuali. Invero, la compagnia assicurativa affermava che la cessione del credito non ha ad oggetto l’azione diretta prevista dal Codice delle Assicurazioni Private e che, in ogni caso, affinché il credito sia esigibile deve essere certo, cioè deve esistere. Difatti, il convenuto sosteneva di non aver ricevuto, prima dell’azione in giudizio, alcuna lettera raccomandata che lo informasse dell’esistenza di un costo di noleggio. Nel merito, infine, la compagnia assicurativa sosteneva che tale spesa fosse priva di alcuna giustificazione.

Il Giudice di prime cure - accogliendo le eccezioni di parte convenuta - in via preliminare, dichiarava la carenza di legittimazione attiva dell’autocarrozzeria, sostenendo che l’azione diretta di risarcimento danni ex art 144 c.d.a. è riconosciuta al solo danneggiato nei casi di sinistri causati dalla circolazione di un veicolo o di un natante, e non anche ad un soggetto terzo, come l’autocarrozzeria, così come sancito dal codice delle assicurazioni private.

Ciononostante, l’autocarrozzeria proponeva appello di fronte al Tribunale di Firenze, affermando che una interpretazione così restrittiva della legittimazione attiva dell’azione diretta di risarcimento nei confronti della compagnia assicurativa non trovasse giustificazione né nel dato letterale dell’art 144 c.d.a., né nella ratio che sottende l’intero codice delle assicurazioni. La compagnia assicurativa, dal canto suo, si costituiva in giudizio, riproponendo in via incidentale le eccezioni già proposte in primo grado e non esaminate dal giudice di prime cure.

Il Tribunale di Firenze, con la sentenza in commento, accoglieva l’appello incidentale della compagnia assicurativa del danneggiante, affermando l’improponibilità della domanda di risarcimento danni in ragione della mancanza dell’intimazione in mora nei termini previsti dall’art 145, secondo comma, c.d.a. Invero, il Giudice di secondo grado ha colto l’occasione per delineare con chiarezza chi debbano essere i destinatari della la richiesta di risarcimento, nonchè i motivi per i quali tale intimazione sia necessaria ciò. Nello specifico, nei casi di proposizione di azione di risarcimento diretto dei danni, la condizione è assolta solo nel momento in cui venga inviata una duplice lettera raccomandata, sia ad un primo destinatario, che deve essere necessariamente la propria compagnia assicurativa del danneggiato, che ad un secondo destinatario, o per conoscenza, ovvero la compagnia assicurativa del danneggiante. Ciò in conformità con la ratio dell’istituto che è quella di promuovere forme collaborative di risoluzione delle controversie in via stragiudiziale.

 

2. Le procedure di risarcimento dei danni derivanti da incidente stradale

Preliminarmente, è necessario porre chiarezza circa le procedure che un soggetto può intraprendere per riparare danni patiti a seguito di un incidente stradale. Bisogna ricordare che nelle vertenze aventi ad oggetto sinistri stradali, oltre che al danneggiato e al danneggiante, rinveniamo anche la presenza delle rispettive imprese di assicurazione, in ragione dell’obbligatorietà dell’assicurazione per la responsabilità civile auto previsto per questa specifica attività. Invero, ogni conducente di un veicolo a motore o natante ha l’obbligo di assicurare il proprio veicolo avverso i danni eventuali e futuri che potrebbero produrre durante la circolazione[1]. Ciò mediante la stipula di un contratto di assicurazione della responsabilità civile con un’impresa di assicurazione. Invero, l’assicurazione della responsabilità civile è quel contratto mediante il quale l’assicuratore si obbliga a tener indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare ad un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto (art 1917 c.c.).

L’assicurazione rappresenta un atto di cautela per chi decide di assicurare il proprio patrimonio da future ed eventuali responsabilità, essendo vantaggioso anche per il danneggiato che potrà sempre rinvenire una copertura patrimoniale per soddisfare le proprie ragioni, anche qualora il danneggiante fosse nullatenente. Per tali ragioni, la legge ha previsto un obbligo di assicurarsi per le attività suscettibili di creare rischi a danni di terzi, come nel caso di assicurazione obbligatoria della responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dai natanti. Questo obbligo, dapprima, è stato introdotto con L. 24 dicembre 1969 n. 990, poi ribadito nel Codice delle assicurazioni, approvato con decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209, emanato con lo scopo di riunire tutti i provvedimenti legislativi che regolavano il settore delle assicurazioni private, abrogandoli e sostituendoli, con il fine di semplificazione legislativa. Il nuovo testo, oltre a riordinare tutta la materia, ha disciplinato le norme per la costituzione delle imprese assicuratrici e soprattutto le norme relative ai controlli e alle sanzioni, al fine di delineare una più ampia tutela del consumatore.

Ritornando ai mezzi di tutela esperibili dal danneggiato[2] coinvolto in un sinistro stradale, la legge gli offre la possibilità di percorrere due strade. Difatti, colui il quale ha subito un danno a seguito di un sinistro stradale potrà esperire l’azione di risarcimento danni per responsabilità aquiliana nei confronti del danneggiante ai sensi dell’art 2043 c.c. e 2054 c.c . Alternativamente, l’art 144 d.lgs. n. 209/2005[3] consente al danneggiato di rivolgersi per il risarcimento dei danni subiti direttamente al proprio assicuratore, il quale è obbligato contrattualmente a provvedere alla liquidazione dei danni per conto dell’impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma la successiva regolazione dei rapporti fra imprese assicuratrici[4].

Sennonché, la legge ha previsto che, prima di poter adire le vie giudiziarie, il danneggiato ha l’obbligo di avviare delle procedure stragiudiziali amichevoli con le relative compagnie assicurative con finalità squisitamente deflattive della controversia, così da rendere più rapide le procedure che assistono le richieste di risarcimenti danni conseguenti a sinistri stradali.

3. L’art 145 c.d.a.: condizione di procedibilità o proponibilità?

Il Giudice di secondo grado nella sua sentenza si è soffermato su una questione preliminare poiché riscontrava che la domanda di risarcimento danni era stata avanzata senza che fosse stata soddisfatta la condizione di proponibilità di cui all’art. 145 c.d.a. A tal fine, Il Tribunale di Firenze, in primo luogo, valutava la portata letterale dell’articolo in questione, dal quale emerge a chiare lettere, quale sanzione all’omesso assolvimento della condizione, l’improponibilità della domanda risarcitoria. Improponibilità che scaturisce dal momento in cui l’azione venga esperita prima che siano spirati i termini indicati dalla legge, decorrenti dal momento in cui la richiesta di risarcimento danni sia inviata a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se per conoscenza, secondo le modalità ed i contenuti di cui all’art 148, 149 e 150 c.d.a.

La formulazione dei due commi dell’art.145 c.d.a. rappresenta una grande novità rispetto a ciò che era previsto nel regime precedente, sia per la previsione dell’intimazione in mora nelle due procedure alternative (la procedura ordinaria di risarcimento ex art 2054 c.c. e quella diretta ex art 144 c.d.a.), sia per l’indicazione di un termine più lungo nei casi di danni alla persona rispetto a quanto previsto nel precedente art. 22 l. 990/1969. Il nuovo art 145 c.d.a. ha avuto anche il pregio di delineare con maggior rigore la portata ed i contenuti di tale condizione, mediante il richiamo degli artt. 148 o 149 e 159 c.d.a. Ciò a differenza del precedente regime che definiva la condizione di procedibilità in termini generici, facendola coincidere con il mero assolvimento di un incombente formale, quale l’invio della lettera raccomandata.

Ebbene, dal punto di vista processuale, la richiesta preventiva di risarcimento mediante lettera raccomandata è da considerarsi condizione di proponibilità della domanda giudiziale, dovendo tale requisito sussistere al momento dell’introduzione della domanda.

La giurisprudenza, riferendosi a questa condizione, ha parlato di “proponibilità” della domanda e non “procedibilità”. Difatti, a differenza di quanto previsto dall’art 5 del d.lgs 28/2010 che impone quale condizione di procedibilità il previo esperimento della procedura di mediazione obbligatoria, l’art 145 c.d.a. integra una vera e propria condizione di proponibilità.

Proponibilità e procedibilità sono due istituti differenti, detenendo un diverso rapporto con il processo. Difatti, la condizione di proponibilità è quel presupposto che deve sussistere affinché possa essere instaurato validamente un processo, trattandosi di una condizione dell’azione, al pari dell’interesse ad agire. Da ciò ne deriva che un giudizio promosso in assenza del requisito di cui all’art 145 c.d.a. verrà sanzionato con una radicale pronuncia di improponibilità. L’omissione potrà essere rilevata sia dal giudice ex officio che su eccezione di parte, in ogni stato e grado del processo. Differentemente, la condizione di procedibilità si riferisce a quegli elementi che devono necessariamente sussistere prima della proposizione della domanda, quali requisiti richiesti affinché sorga il potere del giudice a pronunciarsi. Nel caso in cui tale elemento manchi, il rapporto processuale non verrebbe invalidato, venendo comunque in esistenza. Ad esempio, la condizione di procedibilità prevista dall’art 5 del D.Lgs. 28/2010 non vizia in maniera radicale l’azione, costituendo solo una condizione processuale, un ostacolo temporaneo al proseguimento dell’iter processuale, tanto da non essere rilevabile oltre la prima udienza. Se la mancanza della condizione viene eccepita in prima udienza, il giudice opera un semplice rinvio alla successiva udienza, assegnando alle parti un termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Quindi nel caso di mancanza di una condizione di procedibilità si realizza un semplice differimento dell’attività da svolgersi nel giudizio pendente, senza che possa parlarsi di nullità delle attività già svolte. Nel caso in cui venga superata la prima udienza senza che la carenza di mediazione venga sollevata, la domanda rimane proponibile e il processo continua il suo corso anche in assenza dell’espletamento del procedimento di mediazione.

3.1. La richiesta di risarcimento e il decorso dello spatium deliberandi

L’art 145 c.d.a. prescrive la formale intimazione in mora mediante la spedizione di una lettera raccomandata alla compagnia assicurativa del danneggiante e/o del danneggiato, secondo un ordine prioritario che varia a seconda della procedura di risarcimento scelta dal danneggiato. Invero, solo se decorso il termine di sessanta giorni per i danni a cose o novanta giorni per danni alle persone dal momento dell’invio della raccomandata senza che sia stata avanzata congrua offerta per il risarcimento (oppure dal momento in cui vengano comunicati i motivi per i quali non ritiene di fare l’offerta), il danneggiato potrà legittimamente proporre azione di risarcimento danni di fronte all’autorità giudiziaria competente. Nei casi di danni alle cose, il termine di sessanta giorni potrà essere ridotto a trenta nel caso in cui il modulo di denuncia sia stato sottoscritto da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro, così come previsto all’art. 148, primo comma, c.d.a. Lo stesso deve dirsi per la procedura di risarcimento diretto: in presenza di un Modello CAI (ex modello CID) firmato da entrambi l’iter del risarcimento dovrà essere completato entra trenta giorni, poiché ciò equivale ad una piena prova di responsabilità.

L’art. 11, comma 3, del d.P.R. 254/2005 dispone che i termini iniziano a decorrere dal momento in cui l’impresa del responsabile del sinistro riceva la comunicazione costituita dalla richiesta con i documenti corredati. L’individuazione dello spatium deliberandi ha lo scopo di facilitare la soluzione stragiudiziale delle controversie ed evitare disparità di trattamento fra l’originario convenuto e gli altri chiamati in causa, dovendo essere osservato non solo nei confronti dell’originario convenuto, ma anche nei confronti di tutte le altre parti in causa tutte le volte in cui vengano avanzate pretese risarcitorie, salvo il caso in cui il danneggiato abbia fornito la prova materiale di non poter identificare l’istituto assicuratore del danneggiante[5]. Difatti, affinché la condizione possa operare sarà necessario che il danneggiato abbia la concreta possibilità di individuare il responsabile civile del sinistro. Da ciò ne consegue che il principio dell’improponibilità della domanda di risarcimento del danneggiato non trova applicazione quando il danneggiato si sia trovato nell’incolpevole impossibilità di identificare l’assicuratore o quando il responsabile civile abbia rifiutato di indicare l’assicuratore al danneggiato, nonostante gliel’abbia chiesto con lettera raccomandata.

Entro il termine indicato dalla legge la compagnia assicurativa deve proporre una offerta risarcitoria, che sia motivata e congrua (così come disposto dall’art. 148 c.d.a.), dovendo essere commisurata al ristoro del danno patrimoniale o fisico subito dal danneggiato. La proposizione di una offerta al danneggiato, che sia congrua e motivata configura una obbligazione, anche se alternativa, in quanto la compagnia assicurativa se lo riterrà, potrà semplicemente inoltrare i motivi specifici in base ai quali ritiene di non dover proporre alcuna offerta[6]. Bisogna, inoltre, evidenziare che nel caso in cui l’impresa assicuratrice pur avendo attivato la procedura non abbia pagato nei termini, pur non contestando o comunicando alcun rifiuto, il danneggiato sarà legittimato, una volta decorsi i termini, ad adire l’autorità giudiziaria[7].

Una volta che il danneggiato abbia inviato la richiesta risarcitoria ed atteso lo spatium deliberandi potrà esperire l’azione di risarcimento, senza che sia previsto alcun termine di decadenza (si veda Cassazione Civile, Sez III, 25.11.2010 n. 23907). L’eventuale previsione del legislatore di collegare temporalmente la richiesta e l’esercizio dell’azione in giudizio entro un certo termine avrebbe potuto far intendere una volontà del legislatore di limitare nel tempo la durata dell’efficacia della richiesta risarcitoria. L’assenza di una simile previsione impedisce, invece, di sostenere che quando l’azione sia stata esercitata in giudizio, l’esaurimento di quest’ultimo in modo non satisfattivo della pretesa risarcitoria, per ragioni che non precludano la possibilità di esercitare nuovamente l’azione, comporti la necessità di inviare nuovamente una richiesta ai sensi dell’art 145 c.d.a.

3.2 Il contenuto della lettera raccomandata: richiamo agli artt. 148, 149 e 150 c.d.a.

Come abbiamo già detto, l’art. 145 c.d.a. consta di due commi: il primo comma richiama l’art 148 c.d.a., mentre il secondo comma fa riferimento all’art.149 c.d.a., sancendo il rispetto della condizione di proponibilità per entrambe le procedure. L’art. 149 c.d.a. è rubricato “procedura di risarcimento diretto[8] sia per distinguere questa procedura da quella di cui all’art 148 c.d.a., sia per indicare l’esistenza di un rapporto diretto in cui, sostanzialmente, il danneggiato si rivolge per la liquidazione danno al proprio assicuratore, anziché all’assicuratore del danneggiante[9].

Bisogna preliminarmente affermare che l’art 148 e 149 c.d.a. si occupano di definire le procedure di risarcimento dei danni, e dunque il contenuto della richiesta risarcitoria, non delineando invece le regole che incidono sulla possibilità di iniziare un giudizio per risarcimento danni, il cui riferimento normativo rimane sempre e comunque l’art 145 c.d.a. Il contenuto della richiesta risarcitoria è improntato ad una serie di comportamenti attivi ed obblighi informativi da rispettare durante lo svolgimento delle trattative che sono volte ad addivenire ad una soluzione conciliativa stragiudiziale.

Pertanto, il legislatore, specularmente per le due procedure, stabilisce il contenuto dell’istanza di risarcimento mediante lettera raccomandata ex art 145 c.d.a. richiamando le modalità ed i contenuti di cui all’art 148 c.d.a. da un lato e art 149 e 150 c.d.a. dall’altro.

L’art 148 c.d.a. prevede che la richiesta di risarcimento deve contenere sia l’indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento che la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro. Inoltre, la raccomandata deve esser accompagnata, per i danni relativi alla persona, dai dati relativi all’età, all’attività del danneggiato, al suo reddito, all’entità delle lesioni subite se trattasi; dall’attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti e dalla dichiarazione ex art 142, secondo comma, c.d.a o in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima.

Per quanto attiene all’art 149 c.d.a. e, conseguentemente, il contenuto che la lettera raccomandata deve avere per poter avanzare una richiesta di risarcimento ossequiosa dei contenuti stabiliti per legge, bisogna guardare all’art 150 c.d.a. Difatti, in forza dell’art 150 c.d.a. la regolamentazione della procedura di risarcimento diretto è affidata al D.P.R 18 luglio 2006 n. 254, che, tra le altre, ha specificato anche il contenuto e le modalità di presentazione della denuncia di sinistro e degli adempimenti necessari per ottenere il risarcimento del danno. L’art 5 di detto decreto afferma che il danneggiato che si ritiene non responsabile del sinistro deve rivolgere la richiesta di risarcimento all’impresa che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato. La richiesta è presentata mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o con consegna a mano o mezzo telegramma o in via telematica, salvo che nel contratto sia esplicitamente esclusa tale ultima forma di presentazione della richiesta di risarcimento. L’impresa che ha ricevuto la richiesta ne dà immediata comunicazione all’impresa dell’assicurato ritenuto in tutto o in parte responsabile del sinistro, fornendo le sole informazioni necessarie per la verifica della copertura assicurativa e per l’accertamento delle modalità di accadimento del sinistro. L’art 6, invece, è rubricato “contenuto della richiesta” affermando che nei casi di danni al veicolo alle cose, la richiesta di risarcimento dovrà comprendere il nome degli assicurati; le targhe dei due veicoli coinvolti; la denominazione delle rispettive imprese, la descrizione delle circostanze e delle modalità di sinistro; le generalità di eventuali testimoni; l’indicazione dell’eventuale intervento degli organi di polizia; il luogo, i giorni e le ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per la perizia diretta ad accertare l’entità del danno. Nel caso di lesioni subite dai conducenti la richiesta deve indicare anche l’età, l’attività, il reddito del danneggiato; l’entità delle lesioni subite; la dichiarazione di cui all’art 142 del codice circa la spettanza o meno di prestazioni da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie; l’attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione, con o senza postumi permanenti e l’eventuale consulenza medico legale di parte, corredata dall’indicazione del compenso spettante al professionista.

3.3 La natura giuridica e la ratio dell’art 145 c.d.a.

Con riguardo alla natura giuridica dell’art 145 c.d.a. in giurisprudenza si sono susseguite due ipotesi interpretative. Una prima soluzione ermeneutica considerava la disposizione come una regola processuale di natura formale, tale da onerare il danneggiato al solo invio della raccomandata contenente gli elementi essenziali del sinistro, così da considerare soddisfatta la condizione di proponibilità con il mero decorso del termine. Tuttavia, tale ricostruzione è stata etichettata come riduttiva da gran parte della giurisprudenza, poiché non valorizzava la ratio per la quale il legislatore ha introdotto la condizione di proponibilità, ovvero lo scopo di deflazionare il contenzioso giudiziario, soprattutto per le liti bagatellari o quelle con valore irrisorio.

Per tali ragioni, la giurisprudenza ad oggi maggiormente consolidata ritiene che l’art 145 c.c. prescriverebbe qualcosa in più rispetto ad un mero onere formale, imponendo alle parti coinvolte nella vicenda, ovvero il danneggiato e le compagnie assicurative, delle vere e proprie regole di comportamento. Questa ricostruzione sarebbe giustificata anche dal richiamo all’art 148 c.d.a. che prescrive un effettivo dovere di partecipazione attiva e di collaborazione tra le parti nella fase di conciliazione stragiudiziale, mediante l’indicazione da parte del danneggiato di tutte le informazioni necessarie affinché la compagnia assicurativa sia messa nell’effettiva condizione di proporre un’offerta congrua e motivata rispetto alle circostanze e alle peculiarità del sinistro. Per tale ragione la ricostruzione maggioritaria prevede che l’art 145 c.d.a. contempli sia un requisito formale, consistente nell’invio di una raccomandata contenente gli elementi di cui all’art 148 c.d.a. tali da permettere all’assicuratore di accertare la responsabilità, stimare il danno, formulare l’offerta, che un requisito sostanziale, che prescrive delle regole di comportamento tra le parti finalizzate alla collaborazione tra il danneggiato e l’impresa di assicurazione, in ossequio dei più generali principi di correttezza e buona fede di cui all’artt. 1175 e 1375 c.c. Proprio la specificità del contenuto della richiesta di risarcimento contenuta nella lettera raccomandata è volta a consentire alla compagnia assicurativa di effettuare l’accertamento e la valutazione del danno. Ad avvalorare questo orientamento è stata proprio la Corte Costituzionale, con sentenza del 3 maggio 2012, n. 111, che ha sottolineato l’importanza dei requisiti formali indicati nell’art 145 c.d.a., in assenza dei quali si produrrebbe un vizio tale da produrre come conseguenza l’improponibilità della domanda giudiziale. Difatti con la predetta sentenza viene ribadita l’importanza dei requisiti formali che si pongono in un rapporto di funzionalità rispetto all’obbligo della compagnia assicurativa di formulare una congrua offerta risarcitoria, rafforzando la possibilità di soddisfare le pretese del danneggiato. La Corte Costituzionale ha sostenuto che la presenza di un onere di tal tipo in capo al danneggiato non produce alcun aggravio o restrizioni di tutela sostanziale, poiché questi oneri formali producono i loro effetti solo sul piano processuale. In presenza di una domanda improponibile per mancanza di condizione di proponibilità, il danneggiato potrà avanzare una nuova azione di risarcimento, ricordando che la domanda dichiarata improponibile interrompe i termini di prescrizione che iniziano subito a decorrere nuovamente.

Per ultima, conformemente all’orientamento maggioritario, è intervenuta la Corte di Cassazione, III Sez. Civile, con sentenza del 25 gennaio 2018 n. 1829, ad affermare che in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, a norma dell’art 145 d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 l’azione per il risarcimento non può essere proposta dal danneggiato che, in violazione dei principi di correttezza (art 1175 c.c.) e buona fede (art 1375 c.c.) con la propria condotta abbia impedito all’assicuratore di compiere le attività volte alla formulazione di una congrua offerta ai sensi dell’art 148 C.d.a.” [10].

4.  Il significato dell’espressione “per conoscenza” di cui all’art. 145 c.d.a.

Dalla disamina compiuta è possibile affermare che la condizione di proponibilità di cui all’art 145 c.d.a., nonostante la scissione in due commi, si atteggia al medesimo modo, sia che debba precedere la domanda ordinaria di risarcimento ex art 148 c.d.a., sia nel caso di risarcimento diretto ex art 149 c.d.a. Sennonché, alcuni dubbi interpretativi in giurisprudenza, nonché nella vicenda oggetto di commento, sono stati ravvisati in ordine all’espressione “per conoscenza” che sembra essere utilizzata in maniera differente nei due commi dell’art 145 c.d.a. Difatti, dal dato letterale della norma emerge che nel primo caso la lettera raccomandata con avviso di ricevimento possa essere inviata anche per conoscenza all’impresa di assicurazione dell’altro veicolo, mentre nella seconda ipotesi la raccomandata deve essere inviata per conoscenza all’impresa assicuratrice dell’altro veicolo.

Il Tribunale di Firenze, con la presente pronuncia, ha offerto una interpretazione ermeneutica all’espressione oggetto di dibattito, sostenendo che la divergenza tra i due modi di esprimersi va letta tenendo sempre a mente le peculiarità della procedura di risarcimento a cui afferisce. Invero, se nel caso di procedura ordinaria di risarcimento non è importante la scelta del “primo” destinatario della raccomandata, potendo essere indifferentemente o la propria compagnia assicurativa o quella del danneggiante, nell’ipotesi in cui si intenda proporre azione di risarcimento diretto del danno, il primo destinatario dovrà essere necessariamente la propria compagnia assicuratrice, mentre la compagnia assicuratrice del danneggiante sarà il “secondo destinatario” per conoscenza. Secondo il Giudice di seconde cure, dalla differenza terminologica non si deve in alcun modo far conseguire che nell’ipotesi di risarcimento diretto debba escludersi l’imprescindibilità dell’invio della raccomandata alla compagnia assicuratrice dell’altro veicolo, escludendosi così l’operatività della sanzione dell’improponibilità della domanda.

La ratio sottesa all’espressione “per conoscenza” è ben diversa. Difatti, se nella procedura ordinaria di risarcimento il primo destinatario della lettera raccomandata, indifferentemente, potrà essere la propria compagnia assicurativa o quella del danneggiante, lo stesso non può dirsi nei confronti della procedura di risarcimento diretto. Difatti, in quest’ultimo caso è essenziale che il primo destinatario della lettera raccomandata sia la compagnia assicurativa del danneggiato, trattandosi di colui il quale deve contrattualmente tenere indenne il danneggiato, ed il secondo destinatario, o per conoscenza, sarà la compagnia dell’altro veicolo, che dovrà regolare i conti nella “stanza di compensazione” nel momento in cui venga accertata la responsabilità civile del danneggiante. Inoltre, secondo un’altra voce in dottrina, è importante che anche la compagnia assicurativa del danneggiante venga a conoscenza del sinistro, in quanto dell’eventuale risarcimento l’assicurazione dovrà tener in contro ai fini dell’applicazione del malus al proprio assicurato.

Da ciò emerge la necessità e l’imprescindibilità dell’invio della raccomandata ad entrambe le compagnie assicurative, la cui mancanza soggiace sempre alla medesima condizione di improponibilità. Ciò in conformità alla ratio dell’intera riforma e al rispetto dei principi di buona fede e correttezza, che promuovono tra le parti oggetto di controversia uno spirito partecipativo e collaborativo al fine di risolvere in via stragiudiziale la controversia. Pertanto, affinché ciò sia possibile sarà necessario che tutte le parti siano debitamente informate ed edotte circa gli elementi essenziali del sinistro, tale da poter esercitare le relative contestazioni, se e nel caso in cui dovessero esserci.

Dunque, l’art 145, al secondo comma, c.d.a. va interpretato nel senso che nella procedura di risarcimento diretto del danno, la condizione di proponibilità della domanda sarà soddisfatta solo nel momento in cui sarà inviata una duplice lettera raccomandata, che sarà indirizzata in primo luogo alla compagnia assicurativa del danneggiato e per conoscenza a quella del danneggiante. Il Tribunale di Firenze, infine, ribadisce che la condizione verrà rispettata solo nel momento in cui vi sia l’effettivo invio.

In sintesi, come affermato dal Tribunale di Firenze nella presente pronuncia, l’invio per conoscenza garantisce piena partecipazione alle trattative stragiudiziali alla compagnia assicuratrice del danneggiante, al fine di incentivare il dialogo tra tutte le parti fino a raggiungere la composizione bonaria della controversia. Inoltre, non si tratta di un onere particolarmente gravoso in quanto basterà inviare la medesima lettera raccomandata alla propria compagnia assicuratrice in via principale ed alla compagnia assicuratrice dell’altro veicolo per conoscenza. Lo scopo della disposizione è quello di riequilibrare le posizioni del danneggiato e dell’assicuratore, stimolando le trattative stragiudiziali. Questa ratio si ricomprende nel più ampio rispetto dei principi generali di cui ex art 2 Cost, ma anche i principi genali di buona fede e correttezza, nella prospettiva di cooperazione tra danneggiato – creditore e assicuratore – debitore.

5. Tra litisconsorzio necessario preprocessuale ed intervento volontario

Come si desume dall’art 145 c.d.a. la richiesta di risarcimento per mezzo di lettera raccomandata deve essere inoltrata sia alla propria compagnia assicurativa che a quella dell’altro veicolo. A partire da questa circostanza, parte della dottrina ha ritenuto che l'impresa assicuratrice dell'altro veicolo possa essere qualificato come litisconsorte necessario preprocessuale della compagnia assicurativa del veicolo danneggiato, a prescindere del tipo di azione che si intenda intraprendere.

Tuttavia, nel momento in cui il danneggiato agisca giudizialmente per richiedere l'indennizzo diretto, potrà proporre la relativa azione solo nei confronti della propria impresa di assicurazione. Ciononostante, ai sensi dell’art. 149, sesto comma, c.d.a., la compagnia assicurativa del responsabile civile ha la facoltà di intervenire nel giudizio, estromettendo l’altra impresa, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato ed assumendo su di sé l’intera difesa, sia in ordine all’an che al quantum debeatur, nel regolare contraddittorio delle parti. Secondo parte della dottrina, nell’ipotesi di intervento volontario con conseguente richiesta di estromissione della compagnia assicurativa del danneggiato, dovrebbe essere instaurato il contraddittorio nei confronti del danneggiante. L’impresa interveniente dovrebbe, dunque, formulare la richiesta di chiamare in causa il proprio assicurato responsabile, atteso il litisconsorzio necessario tra assicurato e assicurazione ex art 144, terzo comma, c.d.a. Una volta estromessa l’impresa assicuratrice del danneggiato, l’azione da diretta e contrattuale tornerebbe ad essere quella tradizionale di tipo extracontrattuale ex art 2043 e 2054 c.c.

La possibilità di intervento volontario prevista all’art 149, sesto comma, c.d.a. è giustificata dalla particolarità dell’azione di risarcimento diretto, che rappresenta una deroga al principio del “chi sbaglia paga”. Difatti, la facoltà di intervento riconosciuta all’assicuratore dell’altro veicolo è volta a riequilibrare il rapporto nascente dal fatto illecito, liberando la compagnia assicuratrice del mezzo danneggiato che risponde solo in presenza di una norma speciale, salva poi la successiva regolamentazione tra assicurazioni, dopo aver individuato l’effettiva responsabilità.

Proprio in ragione del possibile e legittimo intervento da parte della compagnia assicurativa del responsabile del sinistro, la stessa deve essere messo nella condizione di poter valutare l’interno in causa e ciò sarà possibile solo nel caso in cui sia debitamente informata dal danneggiato circa la verificazione dell’evento, le modalità dell’accadimento dei fatti e la sussistenza di eventuali danni risarcibili. Queste informazioni devono, quindi, essere desunte dal contenuto dell’istanza di messa in mora, al cui invio il danneggiato è obbligato. In altre parole, la lettera raccomandata con l’indicazione delle caratteristiche del sinistro rappresenta uno strumento necessario per la compagnia assicurativa dell’altro veicolo per contestare l’an o il quantum del danno lamentato o riferire la propria versione dei fatti o mettere a disposizione prove o documenti in suo possesso. (Giudice di Pace Roma, 14.11.2012, N. 50441; si veda anche Giudice di Pace Bari, 31.8.2010, N. 6798; Giudice di Pace Torino, 28.11.2007, N. 11700; Giudice di Pace Pomigliano D’Arco, 7.11.2007).

6. Considerazioni Conclusive

Per le ragioni sopra esposte, il Tribunale di Firenze accoglieva l’appello incidentale, e per l’effetto riformava la sentenza di primo grado, dichiarando l’improponibilità della domanda giudiziaria azionata in primo grado dall’Autocarrozzeria. La pronuncia in commento si presenta come degna di nota perché si inserisce a pieno titolo in quel panorama legislativo e giurisprudenziale inaugurato negli ultimi anni che tende a dare risalto ai principi di buona fede e correttezza come caposaldi che reggono il nostro sistema, soprattutto in tema di risarcimento danni. Le scelte del legislatore, difatti, sono volte a valorizzare il comportamento delle parti e ciò non solo sul piano sostanziale, ma anche su quello processuale, e, nello specifico, in ambito stragiudiziale. La soluzione scelta dal legislatore e quella interpretativa della giurisprudenza maggioritaria hanno lo scopo specifico di valorizzare l’interesse di tutte le parti coinvolte, così da evitare lungaggini e costi processuali.

Principali Fonti Normative

  • Artt. 145, 147, 148, 150 del Codice delle Assicurazioni
  • Artt. 1175, 1375, 2054 c.c.
  • Artt. 5 e 6 D.P.R 18 luglio 2006 n. 254

Giurisprudenza

  • Cass. Civile, Sez III, sentenza n. 9700 del 21 maggio 2004;
  • Cass. Civile, sentenza n. 4003 del 2006;
  • Cass. Civile, sez III, sentenza n. 12376 del 13 Febbraio 2007;
  • Cass. Civile, Sez III, sentenza n. 23907 del 25 Novembre 2010;
  • Corte Costituzionale, sentenza n. 111del 3 maggio 2012;
  • Cass. Civile, S.U., sentenza n. 8620 del 29 aprile 2015;
  • Cass. Civile, Sez. VI, Ordinanza n. 19354 del 30 Settembre del 2016;
  • Cass. Civile, Sez. III, sentenza n. 18940 del 31 luglio 2017;
  • Cass. Civile Sez, III., sentenza n. 1829 del 25 gennaio 2018.

Bibliografia

-  A. TORRENTE, P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Giuffrè Editore, 2017;

- B. NIGRO, L. NIGRO, Il risarcimento nell’infortunistica stradale, Ratio – commento – giurisprudenza – mappa – formulario, Maggioli Editore, 2011.

-  C. DI FEO, L. NIGRO, La mediazione obbligatoria nell’infortunistica stradale, Maggioli Editore, 2012.

- G. BUFFONE, Responsabilità civile automobilistica, Risarcimento e Liquidazione dei danni alle cose e alle persone, Wolters Kluwer, 2016.

-  G. CASSANO, Trattato dell’infortunistica stradale, Maggioli Editore, 2008.

- G. PONGELLI, Il risarcimento diretto nel codice delle assicurazioni, Giuffrè Editore, 2011

[1] In tema di circolazione dei veicoli è intervenuta anche la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con sentenza n. 8620 del 29 aprile 2015, che ha chiarito che nel concetto di circolazione, ai fini della definizione di rischio coperto vadano intese anche le operazioni compiute a veicolo fermo.
[2] Legittimato attivo a proporre l’azione di risarcimento è il proprietario del veicolo danneggiato, nonché, a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 4003 del 2006, il possessore dell’automobile nel caso in cui il suo possesso sia giuridicamente qualificabile ex art 1140 c.c. L’attore dovrà dimostrare, sulla base di prove idonee, l’esistenza della situazione di possesso.
[3] La giurisprudenza maggioritaria, interpretando l’art 149 c.d.a. ha ribadito che l’azione diretta contro il proprio assicuratore è da considerarsi una facoltà, una alternativa all’azione tradizionale per far valere la responsabilità dell’autore del danno. Il risarcimento diretto del danno rimane sempre facoltativo, e non obbligatorio, non essendo in alcun modo stravolti i principi che reggono la responsabilità civile. L’azione diretta contro l’assicuratore del danneggiato deve essere considerata come un ulteriore rimedio a disposizione del danneggiato. Ciò significa che il danneggiato rimane sempre libero, in presenza dei presupposti, di agire in via extracontrattuale.
[4] In relazione alla struttura della azione diretta il danneggiato nel proporla, richiede preliminarmente l’accertamento della fattispecie di responsabilità d per il sinistro a carico del responsabile ai sensi dell’art 2054, comma 3, c.c. e di seguito l’accertamento dell’esistenza del rapporto assicurativo fra l’assicuratore ed il responsabile e dell’obbligo dell’assicuratore di rispondere del danno direttamente nei suoi riguardi. Per questo secondo aspetto la legge attribuisce al danneggiato, rispetto al rapporto assicurativo una legittimazione straordinaria ad esercitare un diritto nascente da un rapporto rispetto al quale egli sarebbe terzo e un non legittimato all’esercizio delle pretese che ne nascono. “Qualora il danneggiato abbia agito in un primo giudizio soltanto contro il responsabile del danno ed abbia visto accolta la domanda con condanna del responsabile al risarcimento nei suoi confronti, non gli è preclusa la possibilità di successivamente esercitare l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile con una nuova richiesta di accertamento della responsabilità del soggetto responsabile, che è funzionale all’affermazione della responsabilità dell’assicuratore, mentre gli è preclusa la possibilità di chiedere una nuova condanna del responsabile al risarcimento del danno in suo favore”. (Cass. Civile, sez III 13 Febbraio 2007 n. 12376).
[5] Cass. Civile Sez III 21.05.2004 n. 9700 “l’onere che l’art 22 della legge pone a carico del danneggiato per la richiesta di risarcimento del danno va osservato anche nei confronti dei terzi chiamati in causa dal convenuto, quando l’attore estenda a costoro la domanda di risarcimento, senza che tale onere possa considerarsi soddisfatto mediante l’atto di chiamata in causa da parte del convenuto, atteso che il chiaro tenore letterale della norma non consente alcuna distinzione a seconda delle modalità con cui il danneggiato proponga la propria domanda contro il danneggiante. Né la mancata equiparazione dell’atto di citazione notificato al terzo chiamato in causa alla lettera raccomandata di richiesta del risarcimento viola gli artt 3, 24, 111 Cost., poiché la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestatamente infondata la relativa questione di costituzionalità”.
[6] L’art 148, quinto comma, c.d.a. prevede che in caso di richiesta incompleta l'impresa di assicurazione richiede al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni; in tal caso i termini di cui ai commi 1 e 2 decorrono nuovamente dalla data di ricezione dei dati o dei documenti integrativi. I termini indicati sono stati recepiti all’art 8 del Regolamento di Esecuzione e Attuazione del Risarcimento Diretto. Nell’ambito di questa procedura il termine potrà essere prorogato se la richiesta non è completa nei suoi elementi: l’impresa entro trenta giorni dalla ricezione, offrendo l’assistenza tecnica e l’informativa prevista dal regolamento, invita il danneggiato a fornire le informazioni e i chiarimenti necessari per regolare la richiesta. In questa ipotesi i termini vengono sospesi fino alla data di ricezione delle integrazioni e dei chiarimenti richiesti.
[7] Art 149, comma 6 c.d.a. “In caso di comunicazione dei motivi che impediscono il risarcimento diretto ovvero nel caso di mancata comunicazione di offerta o di diniego di offerta entro i termini previsti dall'articolo 148 o di mancato accordo, il danneggiato può proporre l'azione diretta di cui all'articolo 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione”.
[8] L’art 149, comma 1, c.d.a. dispone che la procedura di risarcimento diretto si applica nel caso in cui si verifichi un sinistro tra due veicoli a motore identificati ed assicurati. Il numero di due veicoli porta all’esclusione dell’applicabilità della procedura diretta a incidenti di più grande portata. Allo stesso modo la procedura si applica solo ai veicoli a motore, escludendo l’applicazione per i sinistri con veicoli non a motore o tra veicoli e pedoni. Il comma 1, inoltre, dispone la possibilità di avviare il risarcimento diretto per il danno sia a cose che a persone. I danneggiati devono rivolgere la richiesta di risarcimento all’impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato. Il risarcimento è diretto perché indirizzato all’impresa di assicurazione che ha stipulato contratto con il danneggiato e non in via extracontrattuale contro il responsabile del sinistro in solido con la rispettiva società di assicurazione. Il secondo comma dell’art 149 limita, inoltre, il risarcimento diretto al solo danno alla persona subito dal conducente non responsabile, se risulta contenuto nel limite previsto dall’art 139 c.d.a., ovvero il danno biologico di lieve entità, cd. micropermanente. Il risarcimento diretto potrà essere attivato solo quando il responsabile presenti una denunzia di sinistro indicante la propria responsabilità, cd. CID, o quando vi sia un rapporto dell’autorità o dichiarazioni di testimoni comprovanti la responsabilità. La ratio sottesa a queste condizioni consiste nella possibilità di attivare la procedura di risarcimento diretto a cose o persone, solo se il danneggiato prova di non essere responsabile. Infine, se la norma prevede la possibilità di avviare una procedura di risarcimento diretto per danni delle cose trasportare, la esclude nel caso di danni del terzo trasportato, per il quale si applica l’art 141 del codice stradale.
[9] G. CASSANO, Trattato dell’infortunistica stradale, Maggioli Editore, 2008, pag. 668 “Secondo l’autorità garante della concorrenza e del mercato, che su tale meccanismo ha espresso un articolato parere, un sistema di indennizzo diretto permette l’instaurazione di un rapporto diretto tra l’impresa di assicurazione ed il proprio cliente con l’auspicabile conseguente riduzione delle spese legali e di condotte opportunistiche, ciò che dovrebbe consentire un contenimento dei costi dei risarcimenti, con effetti positivi sulla riduzione dei premi polizza. Sempre a detta dell’authority, l’attuazione integrale del sistema di indennizzo diretto potrebbe contribuire a rafforzare la concorrenza tra le imprese di assicurazione, creando le condizioni per un più ampio confronto competitivo tra gli operatori del settore, a beneficio dei consumatori”.
[10] Nello stesso senso: Corte di Cassazione, Sez. VI, Ordinanza n. 19354 del 30 Settembre del 2016, Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza n. 18940 del 31 luglio 2017.