ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Mar, 11 Set 2018

Segretezza della corrispondenza del detenuto

Ludovica Di Masi


Il difficile bilanciamento tra sicurezza e rieducazione, che è sempre alla base di una carcerazione, incide molto sulla fruibilità del diritto alla libertà e alla segretezza della corrispondenza di un detenuto. Quali sono i poteri del Magistrato di Sorveglianza e come incidono sul diritto de quo? In capo a quale Magistrato si radica la competenza (ad adottare provvedimenti limitativi del diritto) quando a scambiarsi lettere sono due detenuti ristretti in diversi Istituti Penitenziari?


Introduzione

Introduzione

L'art. 15 Cost. dispone che: “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”. La corrispondenza epistolare (insieme ai colloqui), rappresenta un importante ponte tra il detenuto e il mondo esterno. Infatti, la corrispondenza ha lo scopo di preservare i rapporti con familiari e conoscenti. Quando, però, sussistono determinate circostanze, questo diritto può subire delle limitazioni. Nella fattispecie, l'art. 18-ter O.P. stabilisce che: “per esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell'istituto, possono essere disposti, nei confronti dei singoli detenuti o internati, per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi: a) limitazioni nella corrispondenza epistolare e telegrafica e nella ricezione della stampa; b) la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo; c) il controllo del contenuto delle buste che racchiudono la corrispondenza, senza lettura della medesima”. Secondo la Suprema Corte di Cassazione (sentenza n° 20228 del 23 maggio 2008) “il provvedimento con cui il pubblico ministero ordina al direttore della Casa Circondariale di esibire alla polizia giudiziaria tutta la corrispondenza relativa ad un detenuto e di consentire l’estrazione di copia, dà luogo, in assenza di un precedente ordine di sottoposizione a visto di controllo disposto con le modalità e le garanzie di legge di ordinamento penitenziario, ad una forma atipica di intercettazione del contenuto della corrispondenza epistolare, con conseguente inutilizzabilità probatoria della corrispondenza per mancanza dell’autorizzazione del giudice”.

Questa massima ci fa comprendere in modo chiaro che per incidere sul diritto alla corrispondenza di un detenuto è necessario un atto motivato che renda legittima e costituzionale la violazione della segretezza.

Infatti, il 3° comma dell'art. 18-ter O.P. statuisce che “i predetti provvedimenti possono essere adottati con decreto motivato, su richiesta del pubblico ministero o su proposta del direttore dell'istituto”.

Ruolo del Magistrato di Sorveglianza 

I provvedimenti indicati dall'art. 18-ter alle lettere a), b) e c) vengono adottati dal Magistrato di Sorveglianza nei confronti di condannati, internati, nonché imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado. Il provvedimento del Magistrato deve essere sempre motivato, mentre l'autorità amministrativa può muoversi alla luce del mero sospetto (art. 38, comma 6, d.P.R. 30-06200, n° 230).

Il quesito che ci poniamo è afferente alla plausibile plurima competenza, in capo cioè a più Magistrati di Sorveglianza. Mi spiego con un esempio. L'autorità amministrativa blocca la corrispondenza in entrata di un detenuto e il direttore dell'Istituto penitenziario invia la proposta di adottare i provvedimenti predetti al Magistrato di Sorveglianza del luogo competente. In tal caso, non viene leso soltanto il diritto alla corrispondenza del detenuto che sta per riceve la lettera ma anche il diritto alla corrispondenza di colui che la invia. Se il mittente è a sua volta un detenuto ma circoscritto in altro istituto penitenziario, ci si potrebbe chiedere se anche il Magistrato di Sorveglianza competente per il detenuto-mittente debba emanare qualche provvedimento che blocchi la corrispondenza nei confronti del detenuto-destinatario.

A parere dello scrivente, sul punto la normativa è chiara e tesa ad escludere tale ipotesi. In primis, anche se è vero che il provvedimento andrà ad incidere su entrambi i detenuti, sia destinatario che mittente, la norma dell'art. 18-ter O.P. specifica che “i provvedimenti possono essere disposti nei confronti dei singoli detenuti”.

Ciò vuol dire che il provvedimento viene adottato nei confronti di un solo detenuto a prescindere se il “compagno di penna” sia un altro detenuto o meno. Inoltre, l'art. 38, co. 6 d.P.R. 230/2000 dispone che “la direzione, quando vi sia sospetto che nella corrispondenza epistolare, in arrivo o in partenza, siano inseriti contenuti che costituiscono elementi di reato o che possono determinare pericolo per l'ordine e la sicurezza, trattiene la missiva, facendone immediata segnalazione, per i provvedimenti del caso, al magistrato di sorveglianza, o, se trattasi di imputato sino alla pronuncia della sentenza di primo grado, all'autorità giudiziaria che procede”. Il fatto che la corrispondenza di un detenuto possa essere limitata sia in uscita che in entrata è ancora una volta sintomo del fatto che il legislatore pone l'attenzione solo sul singolo detenuto e non anche sul suo interlocutore. Inoltre, il Magistrato di Sorveglianza è tenuto ad emanare il provvedimento sulla scorta di una richiesta del Magistrato del Pubblico Ministero oppure di una proposta del direttore dell'istituto penitenziario; non può emanarlo d'ufficio. La richiesta del direttore dell'istituto (o del Magistrato del Pubblico Ministero) è una vera e propria condicio sine qua non all'emanazione del decreto motivato del Magistrato di Sorveglianza. A suffragio di questa opinione vi è anche il dato di fatto che il decreto con cui il Magistrato di Sorveglianza proroga le limitazioni, senza ulteriore proposta da parte del direttore dell'istituto o del pubblico ministero, è illegittimo. Concludendo, un Magistrato di Sorveglianza non può emanare d'ufficio un provvedimento limitativo della corrispondenza sulla base di una proposta presentata ad un altro Magistrato di Sorveglianza per la vicenda giuridica di altro detenuto.