Volo in ritardo? Il foro competente per il risarcimento è quello del consumatore
Modifica paginaCommento alla sentenza del 18 giugno 2018 del Giudice di Pace di Trapani in materia di acquisto online di biglietto elettronico di trasporto aereo: il foro competente è quello del luogo di residenza o domicilio del passeggero, trattandosi di un contratto a distanza.
Sommario: 1. Il caso - 2.1 L’art. 33 Convenzione di Montreal del 1999: l’individuazione del foro giurisdizionale - 2.2. Rapporto della norma internazionale con la norma processuale interna - 3.1 Il richiamo alla disciplina del Codice del Consumo ed i contratti a distanza - 3.2 L'art. 63 cod. cons.: l’individuazione del foro competente - 3.3. La vessatorietà della clausola con la quale si individua un foro convenzionale - 4.1 La responsabilità civile da danno da ritardo nel trasporto aereo: il concetto di ritardo - 4.2 Il riparto dell’onere della prova ai fini del risarcimento danni - 5.1 L'art. 7 Regolamento 261/2004/CE: la compensazione pecuniaria - 5.2. La rinuncia al volo da parte del passeggero al momento del ritardo – 6. Considerazioni conclusive.
1. Il caso
La sentenza oggetto di disamina prende le mosse da una vicenda in tema di responsabilità del vettore aereo per danni da ritardo. L’attore, invero, adiva di fronte al Giudice di Pace di Trapani la compagnia aerea, dalla quale aveva acquistato un biglietto elettronico per il trasporto aereo, al fine di ottenere il risarcimento dei danni derivanti da un ritardo di almeno tre ore. L’attore, a tal fine, richiedeva a titolo di risarcimento una compensazione pecuniaria. Sicché, il convenuto, preliminarmente, eccepiva il difetto di giurisdizione dell’organo giudiziario adito, sostenendo che, secondo quando stabilito dalle Condizioni Generali di Trasporto, accettate dal viaggiatore, il foro giurisdizionale era da individuarsi nei “Tribunali Irlandesi”. Nel merito, invece, il vettore si difendeva sostenendo che era da imputarsi all’attore la volontà di non imbarcarsi sul volo, che presentava un ritardo a causa di un guasto tecnico.
Il Giudice di Pace, con la sentenza del 18 giugno 2018, ha rigettato l’eccezione preliminare sollevata dalla compagnia aerea, ponendo chiarezza sui criteri di riparto di giurisdizione e di competenza delineati ad hoc per la materia dalle fonti interne e interazionali, ed indicandone il relativo coordinamento. In primo luogo, il Giudice ha tracciato i criteri da seguire per individuare il foro giurisdizionale nei giudizi di responsabilità per danni derivanti da un ritardo nel trasporto aereo, richiamando la Convenzione di Montreal del 1999. Successivamente, con la pronuncia è stato ribadito che i criteri di collegamento per individuare la competenza devono essere desunti dalle norme interne. Invero, come nel caso di specie, il foro competente deve essere individuato sulla base delle previsioni del Codice del Consumo, data la presenza di un consumatore che stipula un contratto a distanza, quale è l’acquisto online di un biglietto elettronico di trasporto, con un operatore professionale. D’altro canto, nel merito, la sentenza de quo si sofferma nel definire i presupposti della risarcibilità del danno da ritardo, nonché nell’individuare forme forfettarie di erogazione del risarcimento, come la compensazione pecuniaria di cui all’art 7 del Regolamento CE n. 261/2004.
2.1 L’art 33 Convenzione di Montreal del 1999: l’individuazione del foro giurisdizionale
Il Giudice di Pace di Trapani, al fine di individuare il foro avente giurisdizione nella controversia de quo, ha richiamato una norma internazionale, ovvero la Convenzione di Montreal del 1999. Si tratta di una fonte normativa avente ad oggetto la disciplina della responsabilità del vettore aereo internazionale, per il trasporto di cose o persone, a titolo oneroso o gratuito, stipulati da imprese di trasporto aereo, il cui luogo di partenza o destinazione, indipendentemente dalla presenza di uno scalo intermedio, siano collocati nel territorio di due Stati contraenti oppure sul territorio di uno Stato contraente oppure nel territorio di uno Stato contraente, purché sia previsto uno scalo in un altro Stato, contraente o meno. La Convenzione si applica a tutti i voli tra stati membri, nonché ai voli tra uno Stato membro e un paese terzo a condizione che anche quest’ultimo abbia aderito alla Convenzione. Da ultimo, per effetto del rinvio all’art 941.1 cod. nav., questa disciplina trova applicazione ai voli tra aeroporti ubicati sul territorio del nostro paese ed ogni qual volta venga in rilievo la nostra legge italiana[1].
L’art. 33 della Convenzione di Montreal delinea i criteri di collegamento per l’individuazione del foro giurisdizionale in tale materia ed è stata il frutto di un lungo iter iniziato con l’ex art. 28 della Convenzione di Varsavia del 1929[2] e, successivamente, il Protocollo di Guatemala dell’8 marzo 1971, mai entrato in vigore, che all’art. XII consentiva al passeggero di agire di fronte al Giudice dello Stato ove si trova il suo domicilio o la sua residenza permanente, purché il vettore avesse una organizzazione tipica d’impresa. In seguito, venne varato il Regolamento CE 2027/1997 sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti che, pur garantendo un elevato grado di tutela al consumatore, non ha previsto una norma volta a legittimare il passeggero ad incardinare una azione di responsabilità nei confronti del vettore aereo comunitario nel luogo di sua residenza o domicilio, dovendo ripiegare sui criteri indicati all’art. 28 della Convenzione di Varsavia. Sennonché la residenza del passeggero, quale criterio di collegamento per individuare il foro giurisdizionale, rappresentava uno dei punti più dibattuti in conferenza diplomatica durante l’approvazione della Convenzione di Montreal. Furono proprio gli Stati Uniti a spingere per una fifth jurisdiction, mentre gli altri Paesi erano fermi nell’ammettere quattro fori giurisdizionali o tutt’al più puntavano all’introduzione di un ulteriore foro facoltativo. Al momento della redazione della Convenzione di Montreal, il legislatore internazionale all’art. 33 ha optato per la scelta della quinta giurisdizione, affiancandola alle quattro già richiamate dalla Convenzione di Varsavia. È stato stabilito che la quinta giurisdizione, che utilizza quale criterio di collegamento la residenza del passeggero, possa essere invocata solo nei casi di crediti derivanti da morte o da lesione personale, con esclusione di danni relativi a bagagli, merci o ritardo. La quinta giurisdizione si presenta come una eccezione al principio generale del foro del convenuto, giustificato dalla necessità di tutelare maggiormente il passeggero, quale parte contrattuale più debole[3]. Al contrario, può dirsi con certezza che la cittadinanza non viene mai indicata quale criterio di collegamento nell’individuazione del foro giurisdizionale in questa materia.
Nello specifico, oltre alla fifth jurisdiction, l’art. 33 della Convenzione di Montreal prevede quattro fori alternativi: 1) il foro del domicilio del vettore; 2) il foro della sede principale dell’attività del vettore; 3) il foro del luogo in cui il vettore possiede l’impresa che ha provveduto a stipulare il contratto; 4) il foro del luogo di destinazione, da intendersi come luogo indicato originariamente dalle parti[4]. Le cinque giurisdizioni si caratterizzano per il fatto che il foro giurisdizionale si trovi in uno Stato contraente della Convenzione di Montreal, al fine di evitare che la scelta di una giurisdizione in capo ad uno Stato non contraente possa eludere il testo normativo uniforme. Bisogna, infine, ricordare che la scelta del foro giurisdizionale è rimessa all’attore.
2.2. Rapporto della norma internazionale con la norma processuale interna
Il Giudice di Pace di Trapani, dopo aver richiamato la Convenzione di Montreal del 1999 si sofferma a delimitare con precisione il suo ambito di applicazione, individuando le differenze nella determinazione del foro giurisdizionale e del foro competente e, conseguentemente, stabilendo il rapporto sussistente tra la norma internazionale e i criteri processuali interni.
In primo luogo, per fugare incertezze applicative, il Giudice di Pace richiama la giurisprudenza interna che ha già chiarito che i criteri di collegamento individuati all’art. 33 Convenzione di Montreal sono volti unicamente all’individuazione del foro giurisdizionale e non del riparto di competenza, per territorio o per valore, che deve avvenire sempre sulla base delle norme dell’ordinamento italiano. Emblematica, all’uopo, è la sentenza n. 15028 del 2005 della Suprema Corte che ha statuito che “in materia di giurisdizione sulle controversie relative al trasporto aereo internazionale la normativa internazionale uniforme richiama i fori alternativi solo come criteri di collegamento giurisdizionale e non come criteri di competenza, che rimane soggetta al regime interno dello stato in cui l’attore decide di intraprendere giudizio[5].
Da questa affermazione è possibile desumere che sussiste un rapporto di specialità tra la norma pattizia e la norma processuale interna, ma la specialità deve essere contenuta entro limiti ben definiti al fine di non svuotare di contenuto le norme processuali interne. A sostegno di questa ricostruzione il Giudice di Pace di Trapani precisa, richiamando le sentenze del Giudice di Pace di Rapallo del 17.11.2003 e Giudice di Pace di Roma del 07.02.2002, che il tribunale non individua, né determina una competenza funzionale poiché il termine deve essere interpretato come Ufficio Giudiziario e non come specifico ed inequivocabile riferimento all’ufficio giudiziario presente nel nostro territorio. Tale norma, infine, si riferisce a qualsiasi organo giurisdizionale che eserciti la funzione di sua competenza in base alle normali regole processuali del proprio stato di appartenenza.
3.1 Il richiamo alla disciplina del Codice del Consumo ed i contratti a distanza
Al fine di individuare l’organo giudiziario competente bisogna, dunque, richiamare la norma interna, che il Giudice di Pace di Trapani individua, nel caso di specie, nel Codice del Consumo.
Il richiamo dettato dal Giudice di Pace deriva dalla circostanza che il viaggiatore quando si accinge a stipulare contratti siffatti assume la veste di consumatore, trovandosi in una posizione di debolezza contrattuale fisiologica, derivante da una asimmetria informativa nel rapporto con il professionista o imprenditore, sua controparte contrattuale. Il legislatore comunitario, mediante le Direttive 85/577 e 97/7/CE poi abrogate dalla Direttiva n. 83/2011/UE, hanno dettato delle indicazioni volte a proteggere i consumatori contro l’ulteriore rischio di trovarsi di fronte a tecniche di vendita che implicano una particolare insidia per il consumatore. Difatti, ricevono una disciplina particolare quei contratti tra professionista e consumatore, negoziati fuori dai locali commerciali o a distanza. La maggior tutela offerta deriva dal fatto che l’operazione contrattuale si svolge inter absentes, senza possibilità di esaminare direttamente la res né interloquire con colui che offre il bene e servizio. Affinché un contratto possa essere definito a distanza è, dunque, necessario che il professionista abbia utilizzato esclusivamente tecniche di comunicazione a distanza, intendendosi con questa formula qualunque mezzo che possa impiegarsi per la conclusione del contratto senza la presenza fisica e simultanea del professionista e consumatore. Difatti secondo quando previsto dell’art. 50 cod. cons. i contratti a distanza sono quelli conclusi senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, ma esclusivamente mediante l’uso esclusivo di mezzi di comunicazione a distanza. Dagli atti in causa e dalla prassi commerciale odierna risulta come spesso i contratti di trasporto aereo vengano stipulati online per mezzo del sito della compagnia aerea. Sicché, la giurisprudenza maggioritaria in presenza di contratti online conclusi da un consumatore e un professionista ha ritenuto concluso il contratto nel luogo in cui il passeggero riceve conferma dell’acquisto del biglietto, ossia il luogo di residenza del consumatore (Cass. Civ. 13642/2006 Cass. Civ. 11282/2001).
3.2 L'art. 63 cod. cons.: l’individuazione del foro competente
Il Codice del consumo, nelle controversie avente ad oggetto i contratti a distanza, per agevolare la tutela giurisdizionale del consumatore prevede che il giudice competente sarà quello del luogo in cui il consumatore risieda o abbia il domicilio al momento della proposizione della domanda. Il legislatore ha così fissato una competenza territoriale inderogabile, scoraggiando la predisposizione di fori convenzionali. Ad oggi si ritiene che la competenza territoriale inderogabile prevista per i contratti a distanza va individuata per tutte le tipologie di controversie che li riguardano, anche nelle ipotesi di procedimento monitorio per ingiunzione (come stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza del 3.10.05 n. 19304).
Nell’ambito dei contratti conclusi a distanza, la regola del foro competente inderogabile è sancita all’art. 63 cod. cons. Invero, la clausola con la quale venga indicata una competenza differente rientra nell’elenco grigio delle clausole vessatorie di cui all’art. 33, secondo comma, lett. u) cod. cons. L’art. 63 cod. cons. ha lo scopo di ridurre ai minimi termini l’eventualità che a seguito di una pattuizione tra le parti in tema di competenza possa determinarsi a carico del consumatore un significativo squilibrio di diritti o obblighi di natura processuale nei confronti dell’imprenditore. La previsione normativa, difatti, tutela il consumatore sia quando riveste la posizione di attore, mettendolo al riparo dall’utilizzo, ad opera del fornitore, di fori meno favorevoli, sia quando assume le vesti di convenuto, consentendogli di adire il giudice in casa propria con maggiori facoltà di controllo e di gestione della lite, andando magari incontro a costi più contenuti. La garanzia del foro viciniore è un rimedio agli ostacoli in termini di costi e disagi, che il consumatore incontrerebbe per partecipare al giudizio (in qualità di attore o di convenuto) fuori dalla propria residenza o domicilio[6].
In passato l’art. 63 cod. cons. poneva una lacuna interpretativa in presenza di un dato testuale che richiama quale ambito di applicazione le “controversie civili inerenti all’applicazione del presente capo”. Difatti, la precedente elaborazione dottrinale sosteneva che la norma trovasse applicazione unicamente nelle controversie in tema di informazioni o di recesso. Ad oggi, l’inderogabilità di cui all’art. 36 cod. cons. è letta dalla giurisprudenza di legittimità in modo più favorevole al consumatore, riferendosi a qualsiasi controversia che possa nascere da un contratto concluso con un professionista, e non limitata al solo esercizio del diritto di recesso (a partire dalla pronuncia della Corte di Cassazione del 29 ottobre 1998 n. 10809 e, più recentemente, Corte di Cassazione con sentenza del 14 luglio 2003 n. 10983).
Permangono perplessità legate al riferimento alternativo al luogo di residenza o domicilio, costituenti fori selettivamente concorrenti. Qualora il consumatore non abbia residenza o domicilio in Italia, l’art. 63 non trova applicazione e dovrà farsi ricorso agli ordinari criteri stabiliti dal codice civile.
Bisogna, però, ricordare che l’inderogabilità del foro del consumatore è riconosciuta espressamente solo con riferimento alle ipotesi di cui agli artt. 63 e 79, ma non con riferimento all’ipotesi generale di cui all’art. 33, ove la derogabilità è prevista attraverso trattativa individuale delle parti idonea a vincere la presunzione di vessatorietà della clausola sul foro.
3.3. La vessatorietà della clausola con la quale si individua un foro convenzionale
La compagnia area, nel caso di specie, individuava il foro competente nei Tribunali Irlandesi, secondo quando stabilito dalle condizioni generali di contratto accettate dal passeggero al momento dell’acquisto del biglietto elettronico. Sennonché, tali condizioni sono state stabilite unilateralmente dalla compagnia aerea mediante moduli standard, poi accettate senza possibilità di contrattazione dal passeggero. Inoltre, non bisogna trascurare la circostanza che il viaggiatore nella stipula di contratti online con un operatore professionale assume le vesti di consumatore. A tal fine, per valutare la validità di una pattuizione siffatta, bisogna richiamare la disciplina di cui agli artt. 1469 bis e s.s. c.c.
L’art. 1469 bis, terzo comma, n. 19, c.c. la cui disposizione oggi è stata trasferita all’art. 33, secondo comma, lett. u, cod. cons. è stato oggetto di un ampio dibattito, in ragione dell’infelice formulazione del punto 19, che inserisce nella lista grigia delle clausole vessatorie (clausole con presunzione di vessatorietà fino a prova contraria), la pattuizione con cui si stabilisce come sede con foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore. Per quanto riguarda la portata della disposizione in esame, nel tempo, si sono contrapposti in dottrina ed in giurisprudenza due orientamenti: uno favorevole volto a riscontrare nell’art. 1469 bis, terzo comma, n. 19 c.c. la previsione di un foro esclusivo a favore del consumatore, derogabile dalle parti solo a seguito di una trattativa individuale, l’altro volto a riconoscere la presunzione di vessatorietà della clausola con cui si stabilisce come sede del foro competente località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore, superabile tramite prova contraria. La prova contraria consisterebbe per il professionista la dimostrazione che la clausola, in concreto, non è idonea a determinare quel significativo squilibrio di diritti ed obblighi per il consumatore. I contrasti interpretativi intorno alla disposizione di cui all’art. 1469 bis, terzo comma, n. 19 c.c. sono stati superati con l’ordinanza delle Sezioni Unite della Suprema Corte n. 14669/ 2003, stabilendo che la norma ha stabilito la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, presumendo vessatoria la clausola che preveda una diversa località come sede del foro competente, ancorché coincidente con uno di quelli individuabili sulla base del funzionamento dei vari criteri di collegamento stabiliti dal codice di procedura civile per le controversie nascenti da contratto.
La Suprema Corte, ad oggi mantiene l’indirizzo ermeneutico adottato dalla Cassazione a Sezioni Unite. Difatti, “ai sensi dell’art. 1469 bis c.c. la presunzione di vessatorietà della clausola che stabilisce come sede del foro competente una località diversa da quella della residenza o del domicilio elettivo del consumatore […] in assenza di trattativa individuale, la clausola derogatoria abusiva o vessatoria è colpita da inefficacia” (Cass. 21 maggio 2008 n. 13051, Cass. 6 settembre 2007 n. 18743, Cass. 23 febbraio 2007 n. 4208).
Da questa disamina ben si comprende la ragione per la quale il Giudice di Pace non ha ritenuto ammissibile l’individuazione del foro competente nei “Tribunali Irlandesi”, non avendo la compagnia aerea in alcun modo provato che le condizioni generali di contratto fossero state oggetto di trattativa individuale. A tal fine, il Giudice di Pace di Trapani ha ritenuto sussistente la propria competenza funzionale e territoriale nella controversia.
4.1 La responsabilità civile da danno da ritardo nel trasporto aereo: il concetto di ritardo
Nel merito, il Giudice di Pace di Trapani, si è soffermato nell’esaminare la legittimità e la fondatezza della domanda di risarcimento danni da ritardo nel trasporto aereo avanzata dal passeggero.
A tal fine, risulta necessario esaminare questa forma peculiare di responsabilità civile da inadempimento contrattuale. Caposaldo in materia è l’art. 19 della Convenzione di Montreal che afferma che il vettore è responsabile per i danni da ritardo a meno che non provi che lui stesso e i suoi dipendenti e preposti abbiano preso tutte le misure che si sarebbero potute ragionevolmente richiedere per evitare il danno o che sarebbe stato loro possibile prendere. Dal dettato normativo è desumibile che l’ambito di applicazione della previsione è limitato ai soli danni da ritardo, ma non ai casi di mancata esecuzione del trasporto, per i quali trova applicazione la lex fori, che nel nostro caso è l’art. 949 bis cod. nav. Il vettore, secondo la previsione normativa, sarà responsabile per il danno derivante dal ritardo nel trasporto aereo di passeggeri, bagagli o merci. La responsabilità de quo si applica per il solo fatto che il sinistro si sia verificato a bordo dell’aereo, durante le fasi di imbarco e sbarco, ed è escluso l’esonero di responsabilità qualora i danni non superino il valore di 100.000 diritti speciali di prelievo (d.s.p.). Per quanto riguarda i danni eccedenti tale limite il vettore non sarà ritenuto responsabile qualora il danno non derivi da colpa propria ma dai suoi ausiliari o preposti, o quando il danno debba considerarsi esclusivamente derivante dalla condotta colposa di un terzo. La prova della causa alternativa dovrà essere fornita dal vettore che potrà anche esonerarsi, parzialmente o totalmente dalla responsabilità provando la condotta colposa del soggetto danneggiato[7].
All’art. 19 della Convezione è previsto che i passeggeri possano richiedere il risarcimento dei danni subiti per non essere giunti in orario o a destinazione. Essa disciplina il ritardo all’arrivo provocato dal ritardo alla partenza, ossia la situazione in cui il vettore aereo nell’adempiere all’obbligazione di trasferimento del passeggero non rispetti i termini contrattuali, tali da provocare il ritardo del passeggero a destinazione[8]. Bisogna però ricordare che un certo margine di ritardo da parte del passeggero deve essere tollerato non potendo comportare alcuna responsabilità per le compagnie aeree. Difatti, deve evidenziarsi che generalmente nei titoli di viaggio è espressamente stabilito che l’orario di arrivo è meramente indicativo, e che solo un discostamento notevole può comportare la responsabilità del vettore. Bisogna dunque verificare la soglia oltre il quale il ritardo assume rilevanza sul piano giuridico in assenza di una precisazione da parte della Convenzione di Montreal. Gran parte della dottrina aderisce ad un concetto oggettivo di ritardo, secondo alcuni invece basterebbe il superamento previsto di arrivo del volo indicato sul biglietto, mentre secondo altri, partendo dal presupposto che il vettore vende la rapidità del trasporto, il ritardo consiste nel superamento considerevole dei normali tempi medi di percorrenza di un volo, tesi che appare oggi essere prevalente. In assenza di un parametro normativo cui rapportarsi spesso vengono applicate analogicamente le soglie previste dall’art. 6 Reg. CE 261/2004 per il caso di ritardata partenza. Mancando un preciso concetto di ritardo, spetterà all’organo giudicante valutare se sussista o meno un ritardo rilevante fonte di responsabilità del vettore. Il problema del ritardo è di rilevanza particolare nel trasporto perché il fatto che il trasferimento venga eseguito entro il periodo di tempo predeterminato rappresenta l’interesse del creditore del trasporto, ovvero il passeggero. Il ritardo deve essere in ogni caso riconoscibile e potrebbe atteggiarsi in maniera differente a seconda del tipo di trasporto considerato. Si ritiene che per il trasporto aereo o marittimo, a differenza di quello ferroviario, il ritardo sarebbe facilmente individuabile dal momento che il passeggero deve presentarsi in un tempo utile in relazione all’orario di partenza indicato contrattualmente nel biglietto.
4.2 Il riparto dell’onere della prova ai fini del risarcimento danni
La Convenzione di Montreal del 1999 all’art. 19, dunque, afferma il principio secondo cui il vettore è responsabile del danno derivante da ritardo a meno che non dimostri di aver adottato tutte le misure idonee che potevano essere ragionevolmente richieste per evitare il danno oppure che era impossibile adottarle. Relativamente all’onere della prova, essendo la responsabilità del vettore sottoposta alle medesime regole previste per la responsabilità di inadempimento, il viaggiatore dovrà provare sia l’esistenza del contratto di trasporto che il danno conseguente al ritardo, mentre il vettore dovrà fornire la prova liberatoria di cui all’art. 1218 c.c. Sennonché, nel caso di specie, dal tenore dell’art. 19 appare evidente che si è in presenza di un regime di responsabilità vettoriale soggettiva per colpa presunta, dato che il vettore sarà responsabile salvo che riesca a dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie e possibile, secondo la normale diligenza, per evitare il danno. Il passeggero, invece, sarà onerato della prova della sua legittimazione attiva, consistente nell’avvenuta stipula del contratto di trasporto aereo, da cui deriva il diritto ad essere trasferito nei tempi previsti, nonché l’esistenza e l’ammontare del danno patito, il nesso di causalità che lega danno e ritardo, nonché il fatto che il ritardo si sia prodotto durante l’arco temporale di responsabilità del vettore aereo. Sennonché, la giurisprudenza ha evidenziato la difficoltà per il viaggiatore di provare il danno conseguente da ritardo. A tal fine, è stata registrata nella prassi giurisprudenziale dei Giudici di Pace quella di riconoscere al passeggero, indipendentemente dalla loro prova, i danni esistenziali derivanti dal ritardo, sulla base dell’equazione disagio – danno. La stessa Suprema Corte, con pronuncia del 25 agosto 1992 n. 9854, ha affermato che “la risarcibilità dei danni patiti dagli utenti di compagnie aeree per il ritardo o l’inadempimento nell’esecuzione del contratto di trasporto, allorquando il vettore non dimostri di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno ex art. 942 cod. nav., ovvero non provi l’impossibilità della prestazione derivata da causa a lui non imputabile ex art. 1218 c.c.”.
5.1 L'art. 7 Regolamento 261/2004/CE: la compensazione pecuniaria
Sennonché, l’attore con la propria domanda richiede una forma forfettaria di risarcimento del danno, ovvero una compensazione pecuniaria, la cui disciplina trova riferimento nel Regolamento CE n. 261/04. Invero, il Regolamento CE n. 261 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 Febbraio 2004 ha istituito regole comuni in materia di compensazione, assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato, abrogando al contempo il Regolamento CEE n. 295/91. Il Regolamento CE n. 261 dell’11 febbraio 2004 ha, inoltre, il merito di aver rafforzato in modo sostanziale la tutela del passeggero viaggiatore, sia in termini di risarcimento danni che in termini di assistenza del vettore[9]. Con il medesimo fine, la Corte di Giustizia europea è a più riprese intervenuta al fine di interpretare le norme maggiormente controverse e coordinare il Regolamento con le norme della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999. Difatti, il Regolamento CE n. 261/2004 prevede una serie di misure a carico del vettore aereo e quello dei passeggeri per alleviare i ritardi, senza risultare incompatibili con le misure della Convenzione di Montreal.
Il Regolamento si applica sia ai voli di linea che a quelli charter e riguarda sia i passeggeri in partenza da un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro quanto quelli in partenza da un aeroporto situato in un paese terzo sia un vettore comunitario. Non rientrano nell’ambito di applicazione del Regolamento i passeggeri che pur rientrando in queste categorie abbiano viaggiato gratuitamente o beneficiato di una tariffa ridotta non accessibile al pubblico[10].
Sennonché, di particolare interesse è la circostanza secondo la quale il reg. CE n. 261/2004 prevede dei puntuali limiti risarcitori che, da una parte, evitano al passeggero l’onere di provare il danno subito in concreto e, dall’altra parte, consentono al professionista di superare i rischi di accertamenti particolarmente diversificati rispetto ai singoli casi. A fronte di una attività organizzativa parcellizzata in cui non è sempre facile operare un contemperamento dei contrapposti interessi si delinea un sistema che si indirizza verso una semplificazione legata ad un processo di standardizzazione che non assiste più solo il contratto, ma anche i suoi effetti. Questa disciplina si pone in linea con quanto previsto dagli artt. 94 e 95 cod. cons. e dalle altre discipline di settore.
Invero, l’art. 7[11], par. 1, lett. b) del Regolamento Comunitario 261/2004, statuisce che “in caso di cancellazione del volo il passeggero ah diritto ad una compensazione pecuniaria a carico del vettore aereo operativo, ammontante a 250.000 euro per tutte le tratte aeree inferiori a pari a 1.500 km”.
Difatti, il Regolamento CE 261/2004 stabilisce che, in caso di cancellazione del volo, il vettore operativo oltre ad essere in ogni caso obbligato, a seconda della scelta del passeggero, al rimborso del biglietto o all’imbarco su un volo alternativo, e a prestare assistenza, anche a corrispondere al passeggero una forma di compensazione pecuniaria, non essendo altro che una forma forfettaria del risarcimento del danno, determinabile sulla base dell’art. 7.
La compensazione pecuniaria è dovuta dal vettore salvo che questi riesca a dimostrare che la cancellazione del volo è dovuta a circostanze eccezionali che non si sarebbero potute evitare anche in presenza di tutte le misure del caso. In merito a cosa debba intendersi per circostanze eccezionali ex art. 5 del Regolamento, la Corte di Giustizia CE ha ritenuto che non possano rientrarvi i semplici problemi tecnici dell’aeromobile e che la prova liberatoria per la compagnia aerea non può consistere nel aver rispettato i requisiti minimi di manutenzione del veicolo[12].
Per quanto attiene la ritardata partenza, l’art. 6 del Regolamento prevede che se la stessa superi una determinata soglia (due ore per le tratte aeree pari o inferiori a 1500 km, tre ore per le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1500 km e per tutte le altre tratte aeree comprese tra i 1500 e 3500 km o di quattro o più ore per le altre) il vettore debba fornire tutta l’assistenza necessaria (pasti, bevande, permettergli di effettuare gratuitamente due telefonate, e se il ritardo è di un giorno offrire ospitalità alberghiera). Se il ritardo superi le cinque ore il vettore sarà tenuto, inoltre, a rimborsare al passeggero il costo del biglietto aereo. In ogni caso, per le ipotesi avanzate, l’art. 12 del regolamento riconosce il diritto al passeggero della risarcibilità dei danni ulteriori, che devono essere provati nel loro preciso ammontare. Ciononostante, riguardo al risarcimento da ritardo il regolamento non dispone nulla, ed a tal fine si richiama l’art. 19 della Convenzione di Montreal del 1999. Se per molto tempo è stata esclusa la possibilità per i passeggeri dei voli ritardati di richiedere un indennizzo forfettario, ad oggi la giurisprudenza comunitaria sembra aver cambiato orientamento. Invero, la Corte di Giustizia Europea, con sentenza del 19 novembre 2009, ha affermato che “gli artt. 5, 6, 7 del Regolamento n. 261/2004 devono essere interpretati nel senso che i passeggeri di voli ritardati possono essere assimilati ai passeggeri di voli cancellati ai fini dell’applicazione del diritto alla compensazione pecuniaria e che essi possono pertanto reclamare il diritto alla compensazione pecuniaria previsto dall’art 7 di tale regolamento quando, a causa di un volo ritardato, subiscono una perdita di tempo pari o superiori a tre ore, ossia quando giungono alla loro destinazione finale tre ore o più dopo l’orario di arrivo originariamente previsto dal vettore aereo. Tuttavia, un siffatto ritardo non implica il diritto alla compensazione pecuniaria per i passeggeri se il vettore aereo è in grado di dimostrare che il ritardo prolungato è dovuto a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso, ossia le circostanze che sfuggono all’effettivo controllo del vettore aereo”.
Nel caso di specie, il vettore non ha fornito alcuna prova liberatoria relativa a circostanze eccezionali, imputando la causa del ritardo ad un mero guasto tecnico. Sicché, il Giudice di Pace di Trapani ha riconosciuto la responsabilità per l’inadempimento contrattuale in capo alla compagnia aerea.
5.2. La rinuncia al volo da parte del passeggero al momento del ritardo
Il Giudice di Pace di Trapani si trova ad affrontare un ulteriore questione, ovvero quella relativa all’incidenza del mancato imbarco dell’attore in tutta la vicenda risarcitoria. Sennonché, mediante la pronuncia in commento viene condiviso quell’orientamento della giurisprudenza di merito, tra cui la sentenza n. 1713 del 2017 del Giudice di Pace di Bari, mediante il quale si afferma che la rinuncia al volo da parte del passeggero al momento dell’avvenuta conoscenza del ritardo di almeno tre ore, non costituisce una rinuncia al diritto all’indennizzo. Difatti, il contratto di trasporto aereo è pur sempre un contratto a prestazioni corrispettive e se una parte non esegue la propria prestazione per cause a lui imputabili, inerenti ad esempio alla sua sfera di organizzazione e controllo, l’altra parte ha diritto alla risoluzione del contratto ex art 1452 c.c., fatto salvo il diritto al risarcimento danno.
Con questa ultima precisazione, il Giudice di Pace di Trapani riconosce il diritto al risarcimento dei danni da ritardi, a titolo di compensazione pecuniaria, a favore del passeggero.
6. Considerazioni conclusive
Alla luce della disamina compiuta risulta chiaro come la scelta del foro competente individuato sulla base delle norme interne, e nel caso di specie per mezzo di una norma speciale, come quella del Codice del Consumo, ha la funzione di tutelare maggiormente la parte debole del rapporto contrattuale che potrebbe subire un significativo squilibrio di diritti ed obblighi anche da pattuizioni che abbiano ad oggetto regole di tipo processuale.
Principali fonti normative
- Convenzione di Montreal del 1999
- Codice del Consumo
- Regolamento CE n. 261/2004
Giurisprudenza
- Cass. Civile, sentenza n. 15028 del 2005.
- Giudice di Pace di Rapallo del 17.11.2003.
- Giudice di Pace di Roma del 07.02.2002.
- Cass. Civile, sentenza n. 13642 del 2006.
- Cass. Civile, sentenza n.11282 del 2001.
- Cass. Civile, sentenza del 3.10.05 n. 19304.
- Cass. Civile, sentenza del 29 ottobre 1998 n. 10809.
- Cass. Civile, sentenza del 14 luglio 2003 n.10983.
- Cass. Civile, Sezioni Unite, ordinanza n. 14669 del 2003.
- Cass. Civile, sentenza del 25 agosto 1992 n. 9854.
- Corte Giust. CE, Sez IV, 22 Dicembre 2008 n. 549
Bibliografia
- M. P. RIZZO, La gestione del traffico aereo: profili di diritto internazionale, comunitario ed interno, Giuffrè editore, 2007
- U. LA TORRE, AA. VV., Studi in memoria di Elio Fanara, Volume 1, Giuffrè Editore, 2006
- C. DI MAURO, M. BRIGNARDELLO, Diritto dei trasporti la disciplina contrattuale, Giuffrè Editore, 2007
- A. PALMIGIANO, Il regolamento CE n. 261/2004 Regole comuni in materia trasporto aereo, Key Editore, 2015.
- M. CASANOVA, M. BRIGNARDELLO, Diritto dei trasporti – La disciplina contrattuale, Giuffè Editore, 2007.
- V. CUFFARO, Codice del Consumo, Giuffrè Editore, 2012
- M. BRIGNARDELLO, La tutela dei passeggeri in caso di negato imbarco, cancellazione del volo e ritardo prolungato, Normativa vigente e prospettive di riforma, Giappichelli Editore, 2013.
- L. FIANDACA, Trasporto, spedizione e deposito. Percorsi giurisprudenziali, Giuffrè Editore, 2012
[1] M. BRIGNARDELLO, La tutela dei passeggeri in caso di negato imbarco, cancellazione del volo e ritardo prolungato, Normativa vigente e prospettive di riforma, Giappichelli Editore, 2013, pag. 96.
[2] U. LA TORRE, AA. VV., Studi in memoria di Elio Fanara, Volume 1, Giuffrè Editore, 2006 pag. 336 “Nella precedente versione della Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, l’art 28 prevedeva quattro giurisdizioni possibili, a scelta dell’attore, ove poteva essere incardinata l’azione di responsabilità nei confronti del vettore aereo in caso di danni alle persone dei passeggeri, purché l’autorità giudiziaria adita appartenesse ad uno Stato contraente la Convenzione. Dette giurisdizioni coincidevano con il domicilio del vettore, con la sede principale dello stesso, con la sede di dipendenza del vettore per mezzo della quale era stato concluso il contratto di trasporto aereo e, in ultimo, con il luogo di destinazione del trasporto che risulterà dal titolo omesso”.
[3] Questa facoltà è condizionata dalla circostanza che il vettore aereo da un lato svolga il trasporto di passeggeri da o verso tale Stato sia con aeromobili di sua proprietà o di proprietà di un altro vettore sulla base di un accordo commerciale e dall’altro, eserciti in quello Stato la propria attività in edifici di cui sia proprietario o che siano da lui locati o siano di proprietà di un altro vettore con il quale ha stipulato un accordo commerciale.
[4] In caso di trasporto eseguito da un vettore effettivo, l’art 46 aggiunge il tribunale del domicilio e quello della sede principale dell’attività del vettore effettivo.
[5] Conformemente: Giudice di Pace di Caserta 11.04.2007, Giudice di Pace di Roma, sez V, 29.09.2006, Giudice di Pace di Udine 02.03.2006, Giudice di Pace di San Donà di Piave 20.01.2006.
[6] V. CUFFARO, Codice del Consumo, Giuffrè Editore, 2012, pag. 376.
[7] M. P. RIZZO, La gestione del traffico aereo: profili di diritto internazionale, comunitario ed interno, Giuffrè editore, 2007, pag. 307
[8] Qualche dubbio invece potrebbe porsi per il solo ritardo alla partenza ossia il caso in cui nonostante il volo parta in ritardo, il passeggero riesca a giungere in orario nel luogo di destinazione in quanto, soprattutto nelle lunghe tratte, il ritardo alla partenza viene recuperato, oppure, nel caso di voli in coincidenza, nonostante il ritardo del primo volo, il passeggero riesca a comunque ad imbarcarsi sul secondo volo che parte e arriva in orario. Controverso potrebbe anche essere il caso in cui il passeggero non viene fatto imbarcare sul volo prenotato e viene riavviato su un successivo volo che parte e arriva puntualmente. Sulla questione l’applicabilità della Convenzione di Montreal del 1999 appare divisa. Una parte della dottrina dà risposta affermativa sulla base che è vero che il volo giunge in orario, però non si può tenere conto che il passeggero arriva in ritardo rispetto all’orario inizialmente programmato per cui il vettore non ha esattamente adempiuto alle obbligazioni contrattuali. Il confine tra l’inadempimento e l’inesatto ritardato adempimento del vettore aereo nella circostanza che sia o meno possibile riproteggere il passeggero su un volo successivo e tale riproiezione risulti o meno utile dal punto di vista del passeggero.
[9] Corte di Giustizia, sentenza 10 gennaio 2006, causa C – 344/04 “occorre anzitutto rilevare che le disposizioni degli artt. 5 e 6 del regolamento 261/2004 fissano con precisione e in modo chiaro gli obblighi a carico del vettore aereo operativo in caso di cancellazione o di ritardo prolungato del volo. L’obiettivo di tali disposizioni risulta, altrettanto chiaramente, dal primo e dal secondo “considerando” di tale regolamento, secondo cui l’intervento della Comunità nel settore del trasporto aereo dovrebbe mirare, in particolare, a garantire un elevato livello di protezione per i passeggeri e tenere in debita considerazione le esigenze in materia di protezione dei consumatori in generale, poiché la cancellazione del volo o i ritardi prolungati sono causa di gravi disagi per i passeggeri … d’altronde, è pacifico che i diversi danni di cui sono vittime i passeggeri in caso di cancellazione o di ritardo prolungato di un volo esistono”.
[10] A. PALMIGIANO, Il regolamento CE n. 261/2004 Regole comuni in materia trasporto aereo, Key Editore, 2015, pag. 9
[11] Articolo 7, Diritto a compensazione pecuniaria 1. Quando è fatto riferimento al presente articolo, i passeggeri interessati ricevono una compensazione pecuniaria pari a: a) 250 EUR per tutte le tratte aeree inferiori o pari a 1 500 chilometri; b) 400 EUR per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1 500 chilometri e per tutte le altre tratte comprese tra 1 500 e 3 500 chilometri; c) 600 EUR per le tratte aeree che non rientrano nelle lettere a) o b). Nel determinare la distanza si utilizza come base di calcolo l'ultima destinazione per la quale il passeggero subisce un ritardo all'arrivo rispetto all'orario previsto a causa del negato imbarco o della cancellazione del volo. 2. Se ai passeggeri è offerto di raggiungere la loro destinazione finale imbarcandosi su un volo alternativo a norma dell'articolo 8, il cui orario di arrivo non supera: a) di due ore, per tutte le tratte aeree pari o inferiori a 1 500 km; o b) di tre ore, per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1 500 km e per tutte le altre tratte aeree comprese fra 1 500 e 3 500 km; o c) di quattro ore, per tutte le tratte aeree che non rientrano nei casi di cui alle lettere a) o b), l'orario di arrivo previsto del volo originariamente prenotato, il vettore aereo operativo può ridurre del 50 % la compensazione pecuniaria di cui al paragrafo 1. 3. La compensazione pecuniaria di cui al paragrafo 1 è pagata in contanti, mediante trasferimento bancario elettronico, con versamenti o assegni bancari, o, previo accordo firmato dal passeggero, con buoni di viaggio e/o altri servizi. 4. Le distanze di cui ai paragrafi 1 e 2 sono misurate secondo il metodo della rotta ortodromica.
[12] Corte Giust. CE, Sez IV, 22 Dicembre 2008 n. 549 (Wallentin Hermann c. Soc. Alitalia). “Un problema tecnico occorso ad un aeromobile che comporta la cancellazione di un volo non rientra nella nozione di circostanze eccezionali di cui all’art 5 del Regolamento CE n. 261/04, salvo che detto problema derivi da eventi che, per la loro natura o per la loro origine, non sono inerenti al normale esercizio dell’attività del vettore aereo in questione e sfuggono al suo effettivo controllo. Né, peraltro, il rispetto dei requisiti minimi di manutenzione di un aeromobile è di per sé sufficiente per dimostrare che il vettore abbia adottato tutte le misure del caso ai sensi dell’art 5 Reg. CE n. 261/04 e tale pertanto da liberare il detto vettore dall’obbligo di pagare una compensazione pecuniaria previsto dagli artt. 5. N. 1 lett c) e 7 n. 1 del citato regolamento”.