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Pubbl. Lun, 16 Mar 2015

La donazione e le azioni per impugnarla. L’azione di revoca, le azioni a difesa della legittima, la revocatoria ordinaria e fallimentare.

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Lucio Orlando


Una selezione delle sentenze di merito più innovative.


PREMESSA: LA DONAZIONE IN GENERALE

Il codice civile all’art. 769 definisce la donazione come “il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra,  disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione”. La donazione è quindi un contratto e pertanto, una volta conclusa, essa è di norma irrevocabile ad opera di una delle parti. Gli elementi essenziali della donazione sono due, ossia lo spirito di liberalità (animus donandi) e l’arricchimento del donatario. La donazione ha necessariamente la forma dell’atto pubblico alla presenza di due testimoni. La necessità dell’atto pubblico si giustifica con l’importanza dell’atto di donazione e per gli effetti sul patrimonio del donante che deve essere, oltre che capace d’intendere e di volere, pienamente consapevole dell’atto che sta facendo e di tutte le conseguenze che ne derivano.  La donazione è uno strumento idoneo per il raggiungimento di diversi scopi e per soddisfare varie tipologie di interessi. Infatti, è possibile inserire apposite clausole, c.d. “condizioni” o “oneri”. Tipico è il caso di un immobile donato con riserva di usufrutto a vantaggio del donante, che si spoglia anticipatamente della nuda proprietà del bene, limitandosi a rimanere titolare dell’usufrutto, che al momento della morte o al termine stabilito, si estinguerà automaticamente, rendendo piena la proprietà in capo al donatario.

1) LE AZIONI DIRETTE ALL’IMPUGNAZIONE DELLA DONAZIONE

La donazione, come detto, essendo un contratto è di norma irrevocabile ad opera di una delle parti. Il legislatore però prevede, in base a motivazioni la cui natura varia di volta in volta, tutta una serie di rimedi di ordine giudiziario atti a rendere inefficace la donazione.

Il primo di questi rimedi, la revocazione o revoca, può essere esperito direttamente dal donante o dai suoi aventi causa. In particolare, può essere revocata per ingratitudine del donatario, ossia qualora il donatario abbia commesso atti particolarmente gravi nei confronti del donante o del suo patrimonio oppure per sopravvenienza di figli, qualora il donante abbia figli o discendenti ovvero scopra di averne successivamente alla donazione.

La seconda tipologia di rimedi è collegata al rapporto tra la donazione e la futura successione del donante. La legge, infatti, tutela alcune categorie di familiari - i legittimari -, riservando loro una quota di eredità definita legittima, anche contro una volontà del defunto espressa in una donazione, collegando a questo diritto dei rimedi giudiziari.

La terza tipologia di rimedio è invece collegata alla difesa delle pretese creditorie, essendo diretta al ripristino della consistenza della garanzia patrimoniale del donante, rappresentata dal suo patrimonio personale. Tale rimedio è rappresentato dall’azione revocatoria prevista dall’art. 2901 c.c..

L’ultimo rimedio, volto all’impugnazione delle donazioni, è invece previsto in un momento che il diritto definisce patologico per definizione, ossia nel fallimento e nelle procedure concorsuali. La legge, infatti, prevede dei mezzi per la curatela affinché si possano rendere inefficaci tramite revocatoria fallimentare le donazioni effettuate a danno dei creditori.

2) LA REVOCA DELLA DONAZIONE PER INGRATITUDINE E PER SOPRAVVENIENZA DI FIGLI

Anche dopo che la donazione è perfezionata e ha iniziato a dispiegare i suoi effetti, la legge prevede due ipotesi in cui può divenire inefficace, a seguito della pronuncia giudiziale di revocazione o “revoca”, con sentenza di tipo costitutivo, qualora il donante oppure i suoi aventi causa decidano di esercitare l’azione prevista dal codice civile.

Le due ipotesi in cui è possibile esperire tale rimedio giudiziario sono del tutto eterogenee, infatti la prima è volta a sanzionare, sia pure indirettamente, il comportamento “irriconoscente” del donatario, l’“ingratitudine” del donatario come previsto dall’art. 801 c.c..

La seconda ipotesi, prevista dall’ art. 803 c.c., invece, tende a tutelare anche a posteriori la piena libertà di scelta del donante, nel senso che il legislatore presume che se il disponente, al tempo della donazione, avesse saputo che sarebbero sopravvenuti dei figli, non avrebbe deciso di compiere il negozio di cui trattasi.

Il contenuto della sentenza è la condanna del donatario alla restituzione dei beni. Sono escluse dall’ambito di applicazione di tale rimedio le donazioni obnuziali o remuneratorie ovvero liberalità d’uso o quelle contemplate dall’art. 742 del codice civile. Nel caso in cui il donante abbia alienato la res donata è tenuto a versare una somma equivalente al valore che questo aveva al tempo della domanda e a restituire i frutti maturati dal tempo della domanda.

Quindi, sono tutelati gli interessi di chi ha acquistato diritti sui beni oggetto della donazione, a meno che il donante non abbia trascritto la propria domanda di revoca anteriormente alla trascrizione dell’acquisto da parte del terzo ove si tratti di beni immobili o di mobili registrati.

3) LE AZIONI A TUTELA DELL’EREDITÀ

I legittimari - per i quali la legge riserva una quota dell’eredità del donante se le donazioni, valide ed efficaci, dovessero risultare, al momento della morte del donante, lesive dei diritti di un legittimario e della sua quota - potranno agire in giudizio per renderle inefficaci con la cosiddetta azione di riduzione, prevista dagli artt. 553 e ss. c.c., volta a far dichiarare invalidi (integralmente o parzialmente) gli atti, inter vivos o mortis causa, che hanno prodotto la lesione stessa.

La tutela del legittimario, inoltre, può coinvolgere anche terzi che abbiano acquistato diritti dal donatario. Infatti, qualora il donatario non abbia beni sufficienti per soddisfare le eventuali pretese del legittimario, si potrà chiedere la restituzione del bene all’acquirente stesso, con l’azione di restituzione. L’acquirente avrà la facoltà di liberarsi con il versamento di una somma corrispondente. I legittimari non possono rinunciare al loro diritto di agire in giudizio, finché colui della cui eredità si tratta è ancora in vita, neanche prestando il loro assenso alla donazione; solo quando il donante sarà morto, potranno prestare acquiescenza alla donazione compiuta.

4) LA REVOCATORIA ORDINARIA DELLE DONAZIONI E DEGLI ATTI DI LIBERALITÀ

Le donazioni e gli atti di liberalità possono essere resi inefficaci anche tramite l’azione revocatoria tesa a ripristinare la garanzia patrimoniale, qualora l’atto di liberalità sia stata disposta in pregiudizio dei creditori.
L'azione revocatoria è la domanda giudiziale con la quale il creditore intende far dichiarare inefficaci nei suoi confronti atti di disposizione del patrimonio da parte del suo debitore che abbiano l'effetto di diminuirne la garanzia patrimoniale, pregiudicandone le ragioni. Il pregiudizio alle ragioni del creditore, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, sussiste anche allorchè l'atto dispositivo renda più difficile il soddisfacimento delle ragioni del creditore.

Le condizioni dell'azione revocatoria, ai sensi dell'art. 2901 c.c., sono, in caso di atto dispositivo a titolo gratuito anteriore al credito dell'attore in revocatoria, che il debitore abbia posto in essere l'atto di donazione preordinatamente al fine di pregiudicare le ragioni del suo futuro creditore. Invece, in caso di atto dispositivo a titolo gratuito posteriore al credito dell'attore in revocatoria, la condizione è che il debitore fosse consapevole del pregiudizio che l'atto dispositivo recava alle ragioni del suo creditore.

L'onere della prova con riferimento agli stati psicologici del debitore e del terzo è a carico dell'attore (tale prova viene spesso definita “probatio diabolica”) e sono, in ogni caso, fatti salvi gli effetti degli acquisti fatti da terzi in buona fede prima della trascrizione della domanda di revocatoria. Non è soggetto all'azione revocatoria l'adempimento di un debito scaduto. L'azione revocatoria è, inoltre, soggetta al vincolo del termine di prescrizione di cinque anni dal momento in cui è stato posto in essere l'atto dispositivo. L'effetto dell'azione revocatoria non è quello di rendere invalido l'atto dispositivo ma quello di rendere inefficace nei confronti dell'attore in revocatoria l'atto stesso, con la conseguenza che lo stesso, in caso di esito positivo della sua iniziativa giudiziale, potrà promuovere l'esecuzione forzata sul bene immobile oggetto dell'atto dispositivo anche se lo stesso fa parte non già del patrimonio del debitore ma di quello del suo avente causa. In tal senso l'azione revocatoria può essere promossa anche se il credito è sottoposto a termine o a condizione ed anche se vi sia contestazione giudiziale sull'an e sul quantum.

5) LA REVOCATORIA FALLIMENTARE DEGLI ATTI A TITOLO GRATUITO  

Un’altra azione che di certo non può essere esclusa dall’ambito delle azioni che possono essere esperite nei confronti delle donazioni è la revocatoria fallimentare. Parlando di azione revocatoria fallimentare sarebbe opportuno parlare al plurale in quanto la legge fallimentare, R.D. 267/1942, contempla una prima tipologia di revocatorie automatiche, per le quali non si pone neppure la necessità di pronuncia giudiziale di revoca ed una seconda tipologia, che invece prevede come passaggio obbligato la sentenza di revoca, la quale avendo, secondo la prevalente giurisprudenza, natura costitutiva, non costituisce accertamento di un'efficacia originaria. Le revocatorie in precedenza definite come automatiche si riferiscono ad una serie di atti ritenuti privi di efficacia per presunzione assoluta di frode, in quanto di evidente antieconomicità per il fallito. L

e norme di riferimento sono costituite dagli artt. 64, 65 e 69, R.D. 267/1942 e riguardano atti a titolo gratuito, pagamenti di crediti non scaduti e atti compiuti fra coniugi. Gli atti a titolo gratuito sono privi di effetto rispetto ai creditori se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, a prescindere da qualsiasi altra condizione, ivi compresa la sussistenza della condizione di insolvenza e la sua conoscenza da parte del terzo beneficiario. Unica condizione è quella temporale, relativa alla data di perfezionamento dell'atto e ciò a prescindere dalla data di formalità accessorie. Rimangono esclusi dalla revocabilità solo i regali d'uso, gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità  purché la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante.

6) LE SENTENZE DI MERITO PIU’ INNOVATIVE

Cassazione Civile, sez. VI, 18 luglio 2014, n. 16498. Per la revocatoria del fondo patrimoniale ad integrare l'animus nocendi previsto dalla norma è sufficiente che il debitore compia l'atto dispositivo nella previsione dell'insorgenza del debito e del pregiudizio (da intendersi anche quale mero pericolo dell'insufficienza del patrimonio a garantire il credito del revocante ovvero la maggiore difficoltà od incertezza nell'esazione coattiva del credito medesimo) per il creditore. E' pur vero che l'elemento psicologico va provato dal soggetto che lo allega, ma può essere accertato anche mediante il ricorso a presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito, ed è incensurabile in sede di legittimità in presenza di congrua motivazione.

Cassazione Civile, sez. III, 07 maggio 2014, n. 9855. Ai fini dell'accoglimento dell'azione revocatoria ordinaria, è sufficiente la titolarità di un credito eventuale, quale quello oggetto di un giudizio ancora in corso, fermo restando che l'eventuale sentenza dichiarativa dell'atto revocato non può essere portata ad esecuzione finché l'esistenza di quel credito non sia accertata con efficacia di giudicato.

Cassazione Civile, sez. I, 10 aprile 2013, n. 8678. Le attribuzioni di beni mobili o immobili disposte, nell'ambito degli accordi di separazione personale, da un coniuge in favore dell'altro rispondono, di norma, ad un intento di sistemazione dei rapporti economici della coppia che sfugge, da un lato, alle connotazioni di una vera e propria donazione e, dall'altro, a quelle di un atto di vendita e svela, dunque, una sua tipicità, che può colorarsi dei tratti propri dell'onerosità o della gratuità a seconda che l'attribuzione trovi o meno giustificazione nel dovere di compensare e/o ripagare l'altro coniuge del compimento di una serie di atti. Spetta dunque al giudice del merito, investito della domanda di inefficacia dell'atto dispositivo svolta da un terzo creditore ai sensi dell'art. 2901 c.c. (o, come nella specie, dal fallimento del coniuge disponente, ai sensi dell'art. 64 l. fall.), di accertare, in concreto, se l'attribuzione del cespite debba ritenersi compiuta a titolo oneroso od a titolo gratuito.

Cassazione Civile, sez. II, sentenza 31 marzo 2011 n. 7487. Va confermata la pronuncia di merito con cui è stato escluso che possa essere oggetto di revocazione per ingratitudine la donazione di una somma di denaro da parte dei genitori alla figlia per l'acquisto di un immobile destinato a casa familiare, laddove la donataria abbia intimato formalmente al padre di allontanarsi dai suddetto immobile a causa della sopravvenuta conflittualità tra i genitori che, in pendenza di un giudizio di separazione personale tra i medesimi, rendeva insostenibile la prosecuzione della convivenza nella stessa abitazione.

Cassazione Civile, sez. II, 17 maggio 2010, n. 12045. In tema di azione revocatoria ordinaria, una volta che in sede di separazione personale sia stato attribuito ad uno dei coniugi, tenendo conto dell'interesse dei figli, il diritto personale di godimento sulla casa familiare, la successiva costituzione per donazione, in favore dello stesso coniuge affidatario, del diritto di usufrutto vita natural durante sul medesimo immobile, compiuta dall'altro coniuge, costituisce atto avente funzione dispositiva e contenuto patrimoniale, soggetto ad azione revocatoria ai sensi dell'art. 2901 c.c. L'azione revocatoria ordinaria di atti a titolo gratuito non postula che il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore sia conosciuto, oltre che dal debitore, anche dal terzo beneficiario, il quale ha comunque acquisito un vantaggio senza un corrispondente sacrificio e, quindi, ben può vedere il proprio interesse posposto a quello del creditore.

Cassazione Civile, sezione II, sentenza 7 novembre 2008 n. 26827. In tema di revocazione della donazione per ingratitudine, il termine di un anno previsto dall'articolo 802 cod. civ. per la proposizione della domanda - decorrente dal momento in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione - è fissato a pena di decadenza e presuppone che la domanda stessa, per dispiegare i propri effetti, sia completa in tutti i suoi elementi costitutivi e sia portata ritualmente a conoscenza del destinatario nelle forme di legge attraverso una valida notifica. Ne consegue che la perenzione del termine di decadenza non è impedito né dalla notifica nulla di un atto di citazione (perchè effettuata dall'altro coniuge presso il domicilio coniugale da cui la convenuta si era allontanata per andare a vivere altrove) né dalla notifica di un atto di citazione nullo (perchè contenente un termine a comparire inferiore a quello di cui all'articolo 163 bis cod. proc. civ.) non essendo sufficiente che gli atti siano venuti di fatto a conoscenza del destinatario.

Cassazione Civile, sez. 09 marzo 2006, n. 5105. Poiché l'azione revocatoria ordinaria tutela non solo l'interesse del creditore alla conservazione della garanzia patrimoniale costituita dai beni del debitore, ma anche all'assicurazione di uno stato di maggiore fruttuosità e speditezza dell'azione esecutiva diretta a far valere la detta garanzia, il riconoscimento dell'esistenza dell' "eventus damni" non presuppone una valutazione sul pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore istante, ma richiede soltanto la dimostrazione da parte di quest'ultimo della pericolosità dell'atto impugnato, in termini di una possibile, quanto eventuale, infruttuosità della futura esecuzione sui beni del debitore.

Cassazione Civile, sez. III, 26 luglio 2005, n. 15603. L'art. 2740 c.c., dispone che il debitore risponde con tutti i suoi beni dell'adempimento delle proprie obbligazioni, a prescindere dalla loro fonte, e quindi anche se le stesse derivino dalla legge, come l'obbligo di mantenimento del coniuge e dei figli minori; contemporaneamente, l'art. 2901 c.c. tutela il creditore, rispetto agli atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, senza alcun discrimine circa lo scopo ulteriore avuto di mira dal debitore nel compimento dell'atto dispositivo; sono pertanto soggetti all'azione revocatoria anche gli atti aventi un profondo valore etico e morale, come quello con cui il debitore, per adempiere il proprio obbligo di mantenimento nei confronti dei figli e del coniuge, abbia trasferito a quest'ultimo, a seguito della separazione, la proprietà di un bene.