Pubbl. Dom, 15 Mar 2015
Il ”principio immodificabile” di Spooner
Modifica paginaGiustizia, natura e diritto: il "principio immodificabile" di Lysander Spooner.
“Se mai è esistito un principio come quello di giustizia esso è necessariamente il solo principio politico che sia mai esistito e mai esisterà.” (Lysander Spooner, Natural Law)
Ci sono battaglie ideologiche che si combattono, in cui si professano assunti contrapposti, arroccati, nei casi più famosi, all’interno di uno di due “team” in una sfida spesso centenaria. Così come per sfide infinite quali, ad esempio, capitalismo vs anticapitalismo, fede vs laicità, Milan vs Inter, per chi ama il calcio, etc, si può parlare della disputa “eterna” tra gli accoliti del giusnaturalismo e del positivismo giuridico che, con drammatiche spaccature, amicizie ritrovate e falsi ritorni, non fanno mai annoiare, o forse lo fanno spesso, chi ha la intenzione di seguirne li sviluppi.
Oggi, come la volta scorsa, prenderò le parti di Lysander Spooner nell’esposizione della parte giusnaturalistica e, con l'aiuto di qualche provocazione, spero di far riflettere i miei lettori.
Esiste una scienza della giustizia? Anzi, più in generale, esiste “la giustizia”? Per il pensatore americano non solo esiste ma è auto-evidente. Ora, va da sé che nel 2015, dopo l’influenza di filosofi del ‘900 come Bertrand Russell e di filosofie come il positivismo logico, pare piuttosto difficoltoso che la giustizia, e quindi un concetto etico (o meta-etico), sia da considerarsi una scienza.
Certo è che la condizione umana richiede, bene o male o, comunque più o meno numerosi, concetti etici su cui basare delle regole o da cui far discendere la legislatura, come nel caso dello schema di Hans Kelsen, con la Grundnorm: in fondo mi pare che, tutti gli ordinamenti, Italia compresa, ne hanno alcune, desumibili, con precisione o meno, dalle costituzioni e dei principi fondamentali.
Quello che vuole dire Spooner, o quello che credo voglia trasmetterci, in ossequio a quello che sono i principi del giusnaturalismo è la necessità di basarsi sull’osservazione della “natura” per proporre le regole su cui basare un ordinamento, in una contrapposizione totale al positivismo deciso, bene o male, dai leader politici e dai sovrani.
Dicendola con Spooner, l’unico principio di giustizia vero e proprio è, quindi, individuato in un singolo principio: “Vivere con onestà, non arrecare danno ad alcuno, dare ciascuno ciò che gli è dovuto” (tratta dalla massima di Ulpiano "honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere", ndr).
Da questo semplice principio, viene tutto il resto: dalla associazione volontaria alla possibilità di punire chi limita o si oppone a questa etica, mentre l’aiuto degli indigenti fino alle scelte morali sono “principi morali” attribuiti agli uomini. Tutti gli obblighi, a contrario, che non si ricavano da questo principio, sono in sé inattuabili e “contrari alla natura”.
Sempre da questo semplice principio, il costituzionalista americano individua come anti-giuridica e innaturale un associazione come lo Stato, contraria alla volontaria associazione e determinata a imporre principi contrari a questo principio “immodificabile”.
In pratica, nonostante le numerose critiche che si possono rivolgere a questo principio (ad esempio, cosa significa a ciascuno il dovuto? Ed onestà?), la finalità di questa costruzione teorica, ricalca quella che è lo scontro teorico eterno da cui siamo partiti, e cioè dal positivismo vs giusnaturalismo: quest’ultimo si contrappone al vedere il diritto come una punizione, tentando di attribuire ai singoli cittadini più terreno libero possibile e meno obblighi coercitivi.
La sua filosofia, quindi, è “diritto come volontaria associazione” e in questa equazione sta tutta la base della teoria spooneriana.
Ci sarebbe molto da dire sulla effettiva possibilità o attuazione di questa teoria, ripresa in vario modo da vari autori e con altrettanto vari risultati ma, nel nel tratteggiare una conclusione, vorrei proporre una piccola riflessione.
Spooner individua il principio base poc’anzi proposto, dalla osservazione dei bambini e dalla storia, egli dice infatti: “Nel corso di ogni epoca […] dovunque gli uomini… hanno riconosciuto e stabilito, quale condizione indispensabile, l’obbedienza a quest’unico e solo obbligo universale” e “i bambini gli apprendono prima di imparare che tre più tre è uguale a sei […]”.
Quindi, riassumendo, egli recepisce questo principio come un uomo che osserva “l’essere umano” (e la sua presunta storia). C’è però più di un problema. ben più pressanti e “a monte” rispetto a tutto ciò. Proviamo a definirli.
Siamo sicuri che l’Uomo è un essere naturale, come i cani, cavalli, pesci e piante?
Siamo sicuri che basta “esistere” per essere naturale?
E in parziale conseguenza, l’osservazione di un uomo, di un altro uomo produce principi e comportamenti “naturali” allo stesso modo, e con la stessa efficacia, dell’istinto animale?
L’uomo è abbastanza eterno agli uomini per capire se egli è naturale, e stabilirne regole efficaci per lui, o forse sarebbe meglio osservare altro?
In conclusione, forse, sarebbe meglio provare a risolvere prima questi problemi più pressanti, e solo dopo incaponirsi all’interno di distinzioni secondarie, no?
Bibliografia
Lysander Spooner, “I vizi non sono crimini”, Liberilibri, 1998