Pubbl. Gio, 12 Mar 2015
S.P.A: con le azioni a voto plurimo, superato il principio "una azione, un voto"
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Giuseppe Ferlisi
Introdotta nel nostro ordinamento la possibilità per le società di prevedere all´interno del proprio statuto l´emissione di azioni con valori di voto diversi. Di seguito i dettagli.
Durante la scorsa estate, precisamente con il d.l 21/06/2014, n. 91 - convertito con modifiche nella L. 11/08/2014 n. 116 (qui in allegato) - è stato scardinato il principio che fino a quel momento aveva retto il diritto commerciale, in special modo, quello della disciplina delle Società per Azioni (S.P.A.), ossia quello per cui ad ogni azione corrispondesse un solo voto.
I più maliziosi hanno colto le ragioni di tale riforma nella necessità, da parte del Governo italiano, di evitare la fuga di altre società dal nostro Paese, quindi con conseguente diminuzione delle entrate fiscali, come accaduto proprio in quei giorni con FCA (Fiat Chrysler Automobiles, ex FIAT) che ha operato il trasferimento della sede legale in Olanda, anche alla ricerca di un regime migliore per il controllo societario.
L'Italia, infatti, era fino a quel momento uno dei pochi Paesi che non permettevano la possibilità, poi introdotta dalla riforma in analisi, di poter inserire nello statuto delle società, quotate e non, diritti di voto diversi in termini di peso per determinate azioni.
Tali azioni risultano essere di rilevante importanza, giacchè si prestano ad essere stumento di controllo e garanzia del controllo stesso per le holdings che intendono preservare il proprio potere all'interno di una S.P.A .
La legge in esame ha sostituito l'intero quarto comma dell'art. 2351 c.c., ed ha previsto un regime diverso per le società quotate e non, nei fatti rispettando l'intento del Governo per il raggiungimento dell'obiettivo sopraindicato.
Per le società non quotate è stata data la possibilità di inserire nello Statuto le "azioni a voto plurimo", con attribuzione al massimo di tre voti per ogni azione, "per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di determinate condizioni non meramente potestative".
Naturalmente, sono destinatarie della riforma anche le società esistenti, che potranno emettere tali azioni attraverso una deliberazione di assemblea a maggioranza dei due terzi.
Per le società quotate, invece, sono inseriti nel TUF (Testo Unico Finanza) l'art. 127quinquies, rubricato "Maggiorazione del voto", che introduce le loyalty shares che attribuiscono diritto di voto maggiorato a chi possiede le azioni per un determinato periodo di tempo, e l'art. 127sexies, rubricato "Azioni a voto plurimo", che fa salvo il divieto di emissione di nuove azioni a voto plurimo, ma consente la conservazione di quelle già esistenti e la emissione di azioni di tale tipo con le medesime caratteriche di quelle già in circolazione.
Il nuovo art. 127 TUF determina alcuni limiti quali quelli di poter attribuire "massimo due voti per ogni azione" e "solo per azioni appartenute al medesimo soggetto per almeno ventiquattromesi in modo continuativo", stabilendo quindi le stesse come premio fedeltà.
Le azioni a voto maggiorato, inoltre, non costituiscono categoria speciale di azioni ai sensi dell'art. 2348 c.c., e ciò determina che nel caso di trasferimento, il vantaggio della "maggiorazione del voto" venga perso, però, consentendosi per statuto la conservazione del vantaggio in caso di successione a causa di morte o fusione/scissione.
Naturalmente di tale maggiorazione, che è rinunciabile dai possessori, si tiene conto per i quorum deliberativi e costitutivi dell'assemblea, ma non rileva per le soglie di quote di capitale sociale necessarie per la convocazione delle stesse o per le azioni sociali di responsabilità avverso gli amministratori.
Con le riforme analizzate cade quindi il divieto per le società di emettere azioni che attribuiscano più di un diritto di voto, con lo scopo di incentivare la quotazione, mantenendo per il gruppo di controllo la possibilità di conservare la posizione di azionista di riferimento.