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Pubbl. Ven, 24 Ago 2018

Matrimonio omosessuale e giurisdizione in materia di trascrizione

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Federica Prato
Dottorando di ricercaUniversità degli Studi di Napoli Federico II


Le Sezioni Unite con la Sentenza n. 16957 del 2018 si sono soffermate sul tema della trascrizione sui Registri di stato civile italiani di un matrimonio gay contratto all´estero, stabilendo che la giurisdizione in materia spetta al giudice ordinario


Sommario: 1. La legge Cirinnà e l’unione civile - 2. Matrimonio di persone dello stesso sesso contratto all’estero: conversione e trascrizione - 3. Competenza in materia di controversie sulla trascrivibilità.

1. La legge Cirinnà e l’unione civile

Con la legge n. 76 del 2016, la c.d. legge Cirinnà[1], viene regolamentata (seppur in ritardo rispetto a molti altri Stati) anche in Italia la complessa e discussa materia delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. Si tratta, indubbiamente, di un intervento legislativo di forte impatto nell’ambito del diritto di famiglia, in grado di mostrarne il suo lato dinamico, aperto agli input derivanti dall’evoluzione sociale.

Per unione civile si intende un nuovo istituto del diritto pubblico adibito al riconoscimento giuridico di una coppia formata da persone dello stesso sesso e di una serie di diritti e doveri all’interno della stessa, si segnalano, inoltre, diverse affinità con l’istituto del matrimonio anche se (molto probabilmente) non si arriverà mai ad un’equiparazione.

Brevemente, le differenze principali tra unione civile omosessuale e matrimonio sono relative all’obbligo del cognome comune, alla separazione e al divorzio (in caso di unione civile sono necessari solo tre mesi di separazione e non sei), all’obbligo di fedeltà (non previsto per le coppie omosessuali) e alla materia delle adozioni – soprattutto il discusso ambito della stepchil adoption[2].

L’unione - tra due persone che hanno raggiunto la maggiore età - viene formalizzata dinanzi ad un ufficiale di stato civile, in presenza di almeno due testimoni, al termine la registrazione avverrà a cura del funzionario nell’archivio dello stato civile.

Questo importante passo computo dal legislatore italiano trova fondamento nel dettato costituzionale, nello specifico nel combinato disposto tra artt. 2 e 3 dove si parla di tutela dei diritti inviolabili dell’uomo e del principio di uguaglianza[3].

L’apertura del nostro legislatore e le disposizioni in materia – non prive di lacune e incongruenze - hanno ben presto sollevato aspre critiche (già in corso d’opera[4]) e dissidi dottrinali e giurisprudenziali.

2. Matrimonio di persone dello stesso sesso contratto all’estero: conversione e trascrizione

E' necessario soffermarsi sugli effetti giuridici e sul discusso tema della trascrizione nei registi di stato civile italiani del matrimonio omosessuale contratto all’estero.

Risulta importante premettere che la disciplina attuale ha subito delle modifiche a seguito del Decreto Legislativo 19 gennaio 2017, n. 5[5], infatti, possono essere trascritti in Italia:

  1. Gli atti dello stato civile redatti all’estero su richiesta dei cittadini stranieri interessati; ovviamente dovranno essere presentati muniti di traduzione italiana e verranno così trascritti presso il comune italiano dove gli interessati risiedono;
  2. gli atti relativi a matrimoni o unioni civili contratte dinanzi alle autorità diplomatiche o consolari straniere in Italia da cittadini stranieri. Si segnala che tale trascrizione, una volta avvenuta, produrrà – dalla data in cui è stato celebrato il matrimonio all’estero, anche se la celebrazione risulta di molto antecedente alla normativa in materia - gli effetti dell’unione civile come previsto dalla normativa italiana.

Nel 2018 la Corte di Cassazione si è pronunciata ben due volte sul tema[6], chiarendo in maniera definitiva i dubbi sorti in materia sulla possibilità di trascrivere in Italia tale tipologia di matrimonio contratto all’estero, e relativamente a chi spettasse la competenza tra giudice ordinario e giudice amministrativo.

Tra le pronunce che hanno sollevato accesi dibattiti, si ricorda la Sentenza n. 11696/2018 con la quale la Suprema Corte non accettava espressamente la trascrizione dei matrimoni gay contratti all’estero, utilizzando piuttosto l’escamotage della conversione in unione civile.

Nello specifico la Corte respinse un ricorso sollevato da una coppia omosessuale (un italiano e un brasiliano) contro un provvedimento della Corte d’Appello di Milano che aveva rifiutato la trascrizione del loro matrimonio contratto negli anni precedenti, prima in Brasile e poi in Portogallo[7].

La coppia lamentava un vero e proprio trattamento discriminatorio basato sull’orientamento sessuale, ma in realtà, non si può parlare in questi termini in quanto per gli Stati che hanno aderito al Consiglio d’Europa[8], la scelta della veste giuridica da dare alle unioni tra persone dello stesso sesso, rientra nella loro discrezionalità legislativa. (La Corte, infatti, afferma: che “La libertà di scelta del modello di unione omoaffettiva rimessa ai singoli Stati si estende, a fini antielusivi e di coerenza antiscriminatoria del sistema di regolazione interna, anche alla produzione degli effetti degli atti formati all’estero, salva l’ipotesi della totale transnazionalità di essi.[9]).

Dunque, la Corte di Cassazione ha ritenuto la trascrizione nei registri italiani di un matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto all’estero, contraria all’ordine pubblico, non escludendo comunque una tutela per questi legami tramite la conversione in unioni civili (anche nell'ipotesi in cui il matrimonio sia stato celebrato antecedentemente alla legge Cirinnà).

3. Competenza in materia di controversie sulla trascrivibilità

Superati i dubbi iniziali sulla trascrivibilità del matrimonio gay contratto all’estero, la Suprema Corte si trova a dover derimere un’altra questione spinosa relativa all’identificazione del giudice competente a pronunciarsi in caso di controversie relative alla suddetta trascrivibilità sui registri di stato civile italiani.   

Con la sentenza n. 16957/2018 le Sezioni Unite confermano la competenza in capo al giudice ordinario per qualsiasi questione inerente alla trascrivibilità o meno di un matrimonio gay contratto all’estero sui registri di stato civile italiani, in quanto trattasi di decisioni attinenti allo status delle persone.

Questa decisione scaturisce dall’annullamento della trascrizione di un matrimonio (il Sindaco di Roma Capitale aveva provveduto a tale trascrizione nel registro dei matrimoni presso l’ufficio di stato civile del comune) tra due donne contratto a Barcellona, ad opera del Prefetto[10] di Roma, a seguito del quale le donne avevano proposto ricorso al Tar Lazio che in primis disconosceva l’esistenza di un diritto alla trascrizione in questi casi – diritto rivendicato, invece, dalle parti - e riteneva illegittimo il provvedimento del Prefetto. Successivamente sarà il Consiglio di Stato, con la con sentenza n. 4897 del 2015, a riformare la sentenza e a respingere l’originario ricorso della coppia.

Tra i motivi di ricorso si legge, però, che il giudice amministrativo sarebbe incorso in un eccesso di potere giurisdizionale per aver invaso un campo riservato al legislatore, ovvero affermando – sulla base di un’interpretazione creativa dello stesso - l’assenza di una disposizione normativa che attribuisca al prefetto la possibilità di annullare una trascrizione posta in essere dall’ufficiale di stato civile, ma al contempo “l’esistenza di un potere prefettizio e di una limitazione del potere giurisdizionale”, potere che oltre a non essere previsto dal nostro dettato normativo, risulta addirittura escluso alla pubblica amministrazione essendo affidato in via esclusiva al giudice ordinario, per i motivi già indicati.

Risulta necessaria un’ulteriore precisazione. Come segnalano i giudici di legittimità, l’ordinamento dello stato civile è un sistema chiuso e tassativo, dotato di appositi strumenti e procedimenti non derogabili e a tal proposito si segnalano due disposizioni normative che disciplinano appositamente la materia della cancellazione di atti indebitamente trascritti (art. 453 c.c.[11]; art. 95 d.P.R. n. 396/2000[12]) e che l’interpretazione fornita dal giudice amministrativo attribuisce funzioni precluse dal legislatore stesso[13].

La Corte, però, afferma l’infondatezza di tale motivo di ricorso, ritenendo assenti i presupposti per poter parlare realmente di eccesso di potere (figura ritenuta teorica) a seguito di interpretazione creativa, consentendo come da prassi una certa elasticità tollerabile.

Come si legge nella pronuncia delle SS.UU: “la diversità di sesso dei nubendi è condizione di validità e di efficacia del matrimonio nell’ordinamento italiano, potendo un siffatto matrimonio essere ritenuto inesistente per mancanza di un elemento essenziale, e quindi inidoneo, nel vigente sistema di regole, a costituire tra le parti lo status giuridico proprio delle persone coniugate” e quindi questi matrimoni non sono trascrivibili in quanto tali.

Tra i diversi motivi che hanno spinto le donne a ricorrere per Cassazione, quello maggiormente rilevante in questa sede è il presunto (poi accertato[14]) difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (con violazione dell’art. 8 comma 2 del codice del processo amministrativo[15]); in particolare le ricorrenti ritenevano che il giudice amministrativo si fosse pronunciato indebitamente, in via incidentale, sullo status[16] matrimoniale (che non può essere oggetto di accertamento incidentale da parte del giudice amministrativo) delle due donne, nonostante questo tipo di decisioni inerenti allo status personale di un soggetto giuridico rientra nella competenza esclusiva del giudice ordinario.

La scelta della competenza esclusiva riservata al giudice ordinario non è casuale, e ciò è stato più volte sottolineato dalla giurisprudenza: al giudice ordinario, infatti, sono riservate una serie di questioni, come quelle relative allo status delle persone, proprio per garantire il realizzarsi della certezza dei rapporti giuridici e far sì che una determinata statuizione possa avere valenza erga omnes, così evitando, soprattutto, il verificarsi del fenomeno dei giudicati contrastanti. La questione è stata, inoltre, precisata dalla stessa Corte Costituzionale nella sentenza n. 304 del 2011 con la quale si pronunciava sulla presunta illegittimità costituzionale dell’art. 8 c.p.a., affermando che le conclusioni sopra citate derivano dalla “ultracentenaria tradizione - in vario modo risalente al primo impianto codicistico postunitario, civile e di procedura civile, nonché alla stessa legge di unificazione amministrativa (legge 20 marzo 1865, n. 2248 e, in particolare, allegati E e D) ed espressamente proseguita, via via, con le normative di riforma del sistema e degli istituti di giustizia amministrativa degli anni 1889-1890, del 1907, del 1923-1924 e, dopo la Costituzione repubblicana, del 1971 - di riservare al giudice civile la risoluzione delle controversie sullo stato e la capacità delle persone, salvo la capacità di stare in giudizio, nonché la risoluzione dell’incidente di falso, in tema di atti muniti di fede privilegiata”.

A questo punto, risulta importante precisare che lo scopo del giudizio era semplicemente quello di capire se tale matrimonio contratto all’estero potesse o meno essere trascritto nei registri di stato civile italiani. In particolare, quindi, se tale tipologia di matrimonio potesse essere considerata valida in Italia e se tale questione necessitava di essere proposta dinanzi al giudice ordinario, il quale in via incidentale avrebbe potuto esaminare ai fini dell’eventuale disapplicazione l’atto che era stato già impugnato dinanzi al giudice amministrativo; di quest’ultimo non si voleva escludere la competenza ma ne viene solo criticato il modus operandi.

Ritornando al discorso sulla validità di un matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto all’estero, bisogna fare i conti con gli ordinamenti interni dei singoli stati per accertare la compatibilità degli stessi con la particolare tipologia di unione in questione, la quale, almeno per quanto riguarda la normativa italiana, non risponde ad alcuni requisiti definiti essenziali, primo tra tutti la diversità di sesso dei nubendi, per poter parlare di matrimonio e soprattutto per generare effetti giuridici, quindi il matrimonio omosessuale, allo stato dei fatti, dovrebbe essere considerato come un atto inesistente (classificazione considerata dalla Corte come la più appropriata).

Per concludere, nonostante l’Italia rientri ancora tra gli stati che non riconoscono il matrimonio omosessuale, per completezza risulta fondamentale ricordare una sentenza storica della Corte di Giustizia dell’Unione Europea - nella causa C-673/16 - con la quale si allarga la nozione di coniuge anche ai casi di matrimoni tra persone dello stesso sesso, tutto ciò a prescindere dal fatto che lo stato membro autorizzi o meno tale tipologia di unione.

La CGUE afferma che bisogna garantire ai cittadini dell’UE la piena libertà di circolazione e di soggiorno, ragion per cui non è possibile negare o ostacolare tali libertà ad un cittadino dell'Unione rifiutando di concedere al suo coniuge - in questo caso, dello stesso sesso -  cittadino di un paese terzo, un diritto di soggiorno derivato sul territorio di uno stato membro che non riconosce – ancora – tale tipologia di matrimonio.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”.
[2] Con l’espressione “stepchild adoption” derivante dal diritto anglosassone (tradotta letteralmente "adozione del figlio affine"), indica una forma particolare di adozione in base alla quale è consentito al figlio di essere adottato dal partner (unito civilmente o sposato) del proprio genitore.
Tutto questo è reso possibile grazie ad una disposizione della L. 4 maggio 1983, n.184, ovvero l’art. 44 relativo ai casi particolari di adozione (“I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7: a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell'ambito di un prolungato periodo di affidamento, quando il minore sia orfano di padre e di madre; b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge; c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre; d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo. 2. L'adozione, nei casi indicati nel comma 1, è consentita anche in presenza di figli. 3. Nei casi di cui alle lettere a), c), e d) del comma 1 l'adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Se l'adottante è persona coniugata e non separata, l'adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi. 4. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l'età dell'adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare.”).
[3] L. 20 maggio 2016, n. 76, art. 1, comma 1: “La presente legge istituisce l'unione civile tra persone dello stesso sesso quale SPECIFICA FORMAZIONE SOCIALE ai  sensi  degli articoli 2  e  3  della  Costituzione  e  reca  la  disciplina  delle convivenze di fatto.”
[4] Cfr. Tra tutti: F. Romeo-C. Venuti, Relazioni affettive non matrimoniali: riflessioni a margine del d.d.l. in materia di regolamentazione delle unioni civili e disciplina delle convivenze, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2015.
[5] Tale decreto è stato pubblicato sulla G.U. in data 27 gennaio 2017 recante "Adeguamento delle disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, nonché' modificazioni ed integrazioni normative per la regolamentazione delle unioni civili, ai sensi dell'articolo 1, comma 28, lettere a) e c), della legge 20 maggio 2016, n. 76".
[6] Cass. civ,, sez. I, sentenza n. 11696, 14 maggio 2018; C. Cass., Sez. Un., sent. n. 16957, 27 giugno 2018.
[7] Alla fine, nel 2018, la coppia ha ottenuto la trascrizione dell’unione civile nel registro dell’anagrafe del Comune di Milano.
[8] “(…) il divieto dell’ordinamento nazionale di equiparazione del matrimonio omosessuale a quello eterosessuale non poteva ritenersi confliggente con i vincoli contratti dall’Italia a livello Europeo o internazionale.” Così, SS. UU. sent. n. 16957/2018.
[9] Così, Cass. civ., sent. n. 11696/2018.
[10]Come indicato nel corpo della sentenza di cui si discute, il Consiglio di Stato osserva l’esistenza di un rapporto di subordinazione del Sindaco al Prefetto (ovvero al Ministero dell’interno), quindi il Sindaco risulta assoggettato ai poteri di direttiva e di vigilanza del Prefetto, tutto ciò anche per garantire “l’uniformità di indirizzo nella tenuta dei registri dello stato civile su tutto il territorio nazionale, che resterebbe vanificata se ogni Sindaco potesse decidere autonomamente sulle regole generali di amministrazione della funzione o, peggio, se potesse disattendere, senza meccanismi correttivi interni all’apparato amministrativo, le istruzioni ministeriali impartite al riguardo. (...).
E solo gli interventi dei Prefetti in autotutela gerarchica valgono, in effetti, a rimuovere, con garanzie di uniformità su tutto il territorio nazionale, un’apparenza di atto e, quindi, in definitiva, ad assicurare la certezza del diritto connessa a questioni relative allo stato delle persone, non risultando la medesima esigenza garantita dalla riserva in via esclusiva del potere di cancellazione delle trascrizioni al giudice ordinario che, proprio per il carattere diffuso e indipendente della sua attività, rischia di vanificare, con interpretazioni diverse e contrastanti, l’esigenza di uniformità di indirizzo su una questione così delicata.”

[11] “Nessuna annotazione può essere fatta sopra un atto già iscritto nei registri se non è disposta per legge ovvero non è ordinata dall'autorità giudiziaria”.
[12] D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396; “Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127.”
Art. 95: “Chi intende promuovere la rettificazione di un atto dello stato civile o la ricostituzione di un atto distrutto smarrito o la formazione di un atto omesso o la cancellazione di un atto indebitamente registrato, o intende opporsi a un rifiuto dell'ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento, deve proporre ricorso al tribunale nel cui circondario si trova l'ufficio dello stato civile presso il quale è registrato l'atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che sia eseguito l'adempimento.
Il procuratore della Repubblica può in ogni tempo promuovere il procedimento di cui al comma 1.
L'interessato può comunque richiedere il riconoscimento del diritto al mantenimento del cognome originariamente attribuitogli se questo costituisce ormai autonomo segno distintivo della sua identità personale.”
[13] Cfr.: Cass., S.U., n. 27341 del 2014; Cass., S.U., n. 20698 del 2013; Cass., S.U., n. 24411 del 2011; Cass., S.U., n. 2068 del 2011.
[14] Viene accolto, infatti, il vizio relativo al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo perciò, la sentenza impugnata viene cassata con rinvio ad un’altra sezione del Consiglio di Stato.
[15] Cognizione incidentale e questioni pregiudiziali.
“1. Il giudice amministrativo nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva conosce, senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale.
2. Restano riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso.”
[16]posizione soggettiva dell’individuo come cittadino o nell’ambito della comunità civile o familiare