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Pubbl. Gio, 5 Mar 2015

Il ciclista che "guidi" la bicicletta in stato d´ebbrezza commette reato?

Alessia Gargione


"Il reato di guida in stato di ebbrezza ben può essere commesso attraverso la conduzione di una bicicletta, a tal fine rivestendo un ruolo decisivo la concreta idoneità del mezzo usato a interferire sulle condizioni di regolarità della sicurezza della circolazione stradale". La Cassazione si pronuncia ancora una volta sulla configurabilità della guida in stato d´ebbrezza per i conducenti di biciclette. Qui di seguito l´analisi dell´applicabilità delle sanzioni accessorie previste dallo stesso art. 186 del Codice stradale.


Anche alla guida di una bicicletta si può configurare il reato di guida in stato d'ebbrezza. E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4893/2015,  la quale ha ritenuto che: “il reato di guida in stato di ebbrezza ben può essere commesso attraverso la conduzione di una bicicletta, a tal fine rivestendo un ruolo decisivo la concreta idoneità del mezzo usato a interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale”.   La sentenza, che conferma un orientamento già consolidato, non esclude dunque l'applicazione delle norme previste dal Codice della Strada per i conducenti di un velocipede, in particolare dell'art. 186 rubricato "Guida sotto l'influenza dell'alcool" che al primo comma prevede: "E' vietato guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche.".    Ciò che a primo impatto porterebbe ad escludere la punibilità della condotta in esame sarebbe l'essenza di un esplicita menzione ad essa, intendendosi comunemente come "guida" la conduzione di un mezzo a motore. Essendo la bicicletta un mezzo a pedali spinto solo dalla forza umana la sua inclusione per l'applicazione dell'art. 186 è desumibile dal combinato disposto degli artt. 46, 47, 50 e 140 del Cds. In particolare l'art. 46 fornisce la nozione di veicolo: "Ai fini delle norme del presente codice, si intendono per veicoli tutte le macchine di qualsiasi specie, che circolano sulle strade guidate dall'uomo." ed esclude espressamente da tale novero solo le macchine per uso di bambini (le cui caratteristiche non superano i limiti stabiliti dal regolamento) e le macchine per uso invalidi, anche se asservite da motore (rientranti tra gli ausili medici secondo le vigenti disposizioni comunitarie). In tale definizione quindi non vi è motivo di escludere le biciclette, che anzi rientrano espressamente nell'elencazione dell'art. 47 alla lettera c) del comma 1. Il termine velocipede è chiarito nell'art 50, che enuncia: "I velocipedi sono i veicoli con due ruote o più ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano sul veicolo; sono altresì considerati velocipedi le biciclette a pedalata assistita, dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 KW la cui alimentazione e' progressivamente ridotta ed infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare".   Quindi anche i ciclisti rispondono al principio generale enunciato all'art.140 CdS che prevede l'obbligo di comportarsi in modo da non costituire pericolo od intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale, per la quale prescrizione, una della conseguenze pratiche, è proprio l'applicazione della norma che disciplina la guida in stato di ebbrezza.   Il riferimento all'art. 186 CdS in caso di conduzione di velocipede non è nuovo ai giudici di Cassazione che, con sentenza n. 10684/2012, avevano condannato all'arresto per un mese e mezzo (e mille euro di ammenda) un padre per essersi messo alla guida del velocipede portando con sè il proprio figlio minore, dopo aver abbondantemente "alzato il gomito", al punto da risultare al test alcolemico molto oltre la soglia massima (se fosse stato trovato alla guida della macchina sarebbe scattata anche la sanzione accessoria della sospensione della patente). In questo caso fu eccepita, da parte della difesa, addirittura un'illegittimità Costituzionale ai sensi dell'art. 3.   Un ulteriore aspetto da analizzare in questi casi attiene alla scelta del giudice di escludere o meno l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida. L'imposizione di una tale sanzione presuppone, però, un’interpretazione di strettissima legalità della norma vigente, che potrebbe portare, in concreto, ad una elusione del senso teleologico e filologico del testo normativo poiché la patente di guida non è titolo abilitativo per la guida dei veicoli in questione.   Per contro, osserviamo che l’art. 186 CdS, testualmente prevede la sanzione amministrativa della sospensione della patente in maniera del tutto indiscriminata, cioè senza che vi sia un vincolo di ancoraggio diretto tra violazione commessa ed ascritta e tipologia della patente di guida. Il codice non prevede che debba essere sospesa la sola patente abilitativa della conduzione del tipo di veicolo guidato all'atto dell'infrazione, ma parla genericamente di patente di guida. Se infatti, per fare un esempio, una persona viene trovata in sella ad una motocicletta in stato di ebbrezza, le verrà ritirata la patente di cui è in possesso effettivo, cioè essa non potrà condurre non solo la moto, ma anche qualsiasi altro veicolo (automobile, autocarro etc.) che pure sia abilitata a guidare.   La Suprema Corte con sentenza n. 13085 del 21 marzo 2013 aveva stabilito che “secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte di legittimità, in tema di violazioni al codice della strada, nel caso di guida in stato di ebbrezza di un veicolo per la conduzione del quale non è richiesta la patente, non si applica la sanzione amministrativa della sospensione della patente medesima, atteso che non sussiste alcun collegamento diretto tra il mezzo con il quale il reato è stato commesso e l'abuso dell'autorizzazione amministrativa in conseguenza del quale va applicata la sanzione accessoria”. Per tale principio, dunque, anche le sanzioni che prevedano la decurtazione di punti dalla patente non saranno applicabili al ciclista, in virtù della mancanza del collegamento diretto.   In sostanza, mettersi alla guida di un veicolo comporta sempre un pericolo per sè e per gli altri, ed il conducente non può mai esimersi dalle responsabilità che derivano dalla sua circolazione imprudente, ma allo stesso tempo un'applicazione indiscriminata delle norme stradali non sempre risponde alle concrete finalità perseguite del sistema.         
Anche alla guida di una bicicletta si può configurare il reato di guida in stato d'ebbrezza. E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4893/2015,  la quale ha ritenuto che: “il reato di guida in stato di ebbrezza ben può essere commesso attraverso la conduzione di una bicicletta, a tal fine rivestendo un ruolo decisivo la concreta idoneità del mezzo usato a interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale”.
 
La sentenza, che conferma un orientamento già consolidato, non esclude dunque l'applicazione delle norme previste dal Codice della Strada per i conducenti di un velocipede, in particolare dell'art. 186 rubricato "Guida sotto l'influenza dell'alcool" che al primo comma prevede: "E' vietato guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche.". 
 
Ciò che a primo impatto porterebbe ad escludere la punibilità della condotta in esame sarebbe l'essenza di un esplicita menzione ad essa, intendendosi comunemente come "guida" la conduzione di un mezzo a motore. Essendo la bicicletta un mezzo a pedali spinto solo dalla forza umana la sua inclusione per l'applicazione dell'art. 186 è desumibile dal combinato disposto degli artt. 46, 47, 50 e 140 del Cds.
In particolare l'art. 46 fornisce la nozione di veicolo: "Ai fini delle norme del presente codice, si intendono per veicoli tutte le macchine di qualsiasi specie, che circolano sulle strade guidate dall'uomo." ed esclude espressamente da tale novero solo le macchine per uso di bambini (le cui caratteristiche non superano i limiti stabiliti dal regolamento) e le macchine per uso invalidi, anche se asservite da motore (rientranti tra gli ausili medici secondo le vigenti disposizioni comunitarie).
In tale definizione quindi non vi è motivo di escludere le biciclette, che anzi rientrano espressamente nell'elencazione dell'art. 47 alla lettera c) del comma 1. Il termine velocipede è chiarito nell'art 50, che enuncia: "I velocipedi sono i veicoli con due ruote o più ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano sul veicolo; sono altresì considerati velocipedi le biciclette a pedalata assistita, dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 KW la cui alimentazione e' progressivamente ridotta ed infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare".
 
Quindi anche i ciclisti rispondono al principio generale enunciato all'art.140 CdS che prevede l'obbligo di comportarsi in modo da non costituire pericolo od intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale, per la quale prescrizione, una della conseguenze pratiche, è proprio l'applicazione della norma che disciplina la guida in stato di ebbrezza.
 
Il riferimento all'art. 186 CdS in caso di conduzione di velocipede non è nuovo ai giudici di Cassazione che, con sentenza n. 10684/2012, avevano condannato all'arresto per un mese e mezzo (e mille euro di ammenda) un padre per essersi messo alla guida del velocipede portando con sè il proprio figlio minore, dopo aver abbondantemente "alzato il gomito", al punto da risultare al test alcolemico molto oltre la soglia massima (se fosse stato trovato alla guida della macchina sarebbe scattata anche la sanzione accessoria della sospensione della patente). In questo caso fu eccepita, da parte della difesa, addirittura un'illegittimità Costituzionale ai sensi dell'art. 3.
 
Un ulteriore aspetto da analizzare in questi casi attiene alla scelta del giudice di escludere o meno l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida. L'imposizione di una tale sanzione presuppone, però, un’interpretazione di strettissima legalità della norma vigente, che potrebbe portare, in concreto, ad una elusione del senso teleologico e filologico del testo normativo poiché la patente di guida non è titolo abilitativo per la guida dei veicoli in questione.
 
Per contro, osserviamo che l’art. 186 CdS, testualmente prevede la sanzione amministrativa della sospensione della patente in maniera del tutto indiscriminata, cioè senza che vi sia un vincolo di ancoraggio diretto tra violazione commessa ed ascritta e tipologia della patente di guida.
Il codice non prevede che debba essere sospesa la sola patente abilitativa della conduzione del tipo di veicolo guidato all'atto dell'infrazione, ma parla genericamente di patente di guida.
Se infatti, per fare un esempio, una persona viene trovata in sella ad una motocicletta in stato di ebbrezza, le verrà ritirata la patente di cui è in possesso effettivo, cioè essa non potrà condurre non solo la moto, ma anche qualsiasi altro veicolo (automobile, autocarro etc.) che pure sia abilitata a guidare.
 
La Suprema Corte con sentenza n. 13085 del 21 marzo 2013 aveva stabilito che “secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte di legittimità, in tema di violazioni al codice della strada, nel caso di guida in stato di ebbrezza di un veicolo per la conduzione del quale non è richiesta la patente, non si applica la sanzione amministrativa della sospensione della patente medesima, atteso che non sussiste alcun collegamento diretto tra il mezzo con il quale il reato è stato commesso e l'abuso dell'autorizzazione amministrativa in conseguenza del quale va applicata la sanzione accessoria”.
Per tale principio, dunque, anche le sanzioni che prevedano la decurtazione di punti dalla patente non saranno applicabili al ciclista, in virtù della mancanza del collegamento diretto.
 
In sostanza, mettersi alla guida di un veicolo comporta sempre un pericolo per sè e per gli altri, ed il conducente non può mai esimersi dalle responsabilità che derivano dalla sua circolazione imprudente, ma allo stesso tempo un'applicazione indiscriminata delle norme stradali non sempre risponde alle concrete finalità perseguite del sistema.