Pubbl. Dom, 1 Lug 2018
Separazione: fratelli e sorelle devono restare insieme
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Federica Prato
Tra le conseguenze derivanti dalla separazione dei coniugi, la giurisprudenza ha prestato particolare attenzione alla disgregazione del nucleo familiare, soffermandosi sull´esistenza di un interesse dei figli a conservare i legami con fratelli e sorelle e soprattutto a proseguirne la convivenza, salvo che ciò sia contrario ai loro interessi.
La separazione dei coniugi è un fenomeno giuridico, ormai, molto diffuso e ampiamente regolato dal diritto positivo e da una corposa giurisprudenza.
In tale ambito, però, una delle questioni più discusse, e indubbiamente più delicate, è quella dell’affidamento dei figli, soprattutto se minori (in quanto i figli maggiorenni hanno la facoltà di scegliere con quale genitore andare a convivere). Nello specifico ci si chiede se risulta possibile parlare dell’esistenza di un vero e proprio diritto in capo ai fratelli di essere affidati allo stesso genitore e quindi di mantenere le medesime condizioni di vita antecedenti alla separazione.
La risposta a tale interrogativo è stata fornita dai giudici della Suprema Corte con una recentissima ordinanza, anche se, già in passato gli orientamenti giurisprudenziali sul tema erano ben definiti.
La Corte di Appello di Bari nel 2016 (1) aveva elaborato il principio del “mantenimento dell’unità” in base al quale in caso di separazione dei genitori, e in presenza di più figli, questi ultimi avevano diritto ad essere affidati allo stesso genitore – dopo essere stati ascoltati dal giudice, il quale risulta obbligato a tener conto dell’opinione del minore - in virtù della prevalenza del loro interesse supremo a vedersi garantita una continuità nell’ambito delle relazioni parentali (2).
L’ago della bilancia, dunque, risulta costituito dal momento dell’audizione del minore (si ricorda che il diritto del minore capace di discernimento di essere ascoltato nell’ambito dei procedimenti che lo riguardano è previsto dall’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (3) ). In tale fase quest’ultimo è chiamato ad esprimere la sua preferenza in merito al genitore con il quale vorrebbe proseguire la convivenza dopo la separazione; in questa fase e nel successivo momento decisorio (improntato sull’esclusivo interesse dei figli), ciò che risulta di primaria importanza è la volontà del minore e le sue esigenze affettive.
Ciononostante, qualora egli non abbia espresso alcuna preferenza, il giudice sarà tenuto ad effettuare delle valutazioni adibite ad evitare che oltre alla separazione dei genitori, e quindi alla sgretolamento della famiglia, la situazione risulti aggravata da “un ulteriore smarrimento e disgregazione dell’unione familiare” (4), infatti prevarrà l’affidamento di tutti i fratelli e sorelle allo stesso genitore (tale modus operandi trova riconoscimento anche nell’art. 8 CEDU (5)).
Tuttavia, tale principio di salvaguardia dell’unità familiare può subire delle deroghe e non essere utilizzato ai fini dell’affidamento della prole quando ad esempio, i figli in sede di audizione esprimano preferenze differenziate oppure in presenza di circostanze contrarie all’interesse del minore, le quali devono essere rigorosamente motivate dal giudice.
Un ulteriore passo in avanti è stato compiuto dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 12957 del 24 maggio 2018.
La S. C. in tale circostanza, si trova ad accogliere un ricorso relativo ad una causa di separazione e all’affidamento della figlia minore.
La sentenza verrà, infatti, cassata proprio per consentire alla Corte d’Appello una nuova analisi delle circostanze familiari, dell’idoneità dei genitori, partendo proprio dall’audizione della minore, affinché la decisione sia presa nel rispetto del principio di “conservazione del legame e della condivisione di vita con la sorella”.
Nei fatti, la sentenza di primo grado, emanata dal Tribunale di Roma (6), nell’affidare la minore ai servizi sociali, ne aveva anche stabilito la residenza presso il padre con vari oneri di mantenimento a carico della madre (versamento mensile di Euro 300 a titolo di contributo al mantenimento della figlia, pagamento in misura pari al 50% delle spese straordinarie e pagamento di Euro 1.000 in favore della Cassa Ammende) e a dimostrazione della particolare attenzione verso il supremo interesse della prole, il giudice richiedeva ai due ex-coniugi di assumere comportamenti “di maggiore cooperazione”.
Le parti impugnano la sentenza e il giudice d’appello, a seguito di una serie di richieste come l’aumento del contributo di mantenimento, la restituzione di una somma di denaro percepita dalla madre a titolo di mantenimento poi revocato, la richiesta di ottenere affidamento condiviso della minore, accoglie solo la richiesta di restituzione della somma indebitamente percepita dalla donna e respinge le restanti domande.
Con il successivo ricorso al giudice di legittimità si ottiene l’enunciazione del principio supremo in base al quale “la tutela del diritto fondamentale di sorellanza e fratellanza impone che, in caso di separazione dei genitori, i fratelli e le sorelle debbano essere collocati presso il medesimo genitore, salvo che emerga la contrarietà in concreto di tale collocamento al loro interesse”.
Come sopra indicato, uno dei passaggi fondamentali risulta essere quello dell’audizione del minore adibita a coadiuvare la decisione del giudice sull’affidamento; l’assenza di tale audizione è uno dei motivi di impugnazione, per l’importanza fondamentale attribuita alla volontà del minore capace di discernimento.
Risulta inoltre, a seguito di una consulenza tecnica d’ufficio (quindi non c’è stata alcuna audizione da parte del giudice), che la minore avrebbe preferito convivere con la madre e la sorella piuttosto che col padre, e che una risoluzione in tal senso sarebbe stata maggiormente appropriata alla salvaguardia della stessa salute psicologica della figlia in seguito ad un peggioramento scaturito dalla separazione dalla madre e dalla sorella e quindi che, in questo caso, la madre fosse il genitore più adatto alla salvaguardia degli interessi della figlia.
Come indicato nel provvedimento della S.C. una mera consulenza tecnica non è ragguagliabile in alcun modo all’audizione obbligatoria – “L'ascolto è infatti una relazione tendenzialmente diretta fra il giudice e il minore che dà spazio, all'interno del processo, alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda” - nelle cause di separazione, dei figli minori infradodicenni capaci di discernimento; addirittura, la mancata audizione è causa di nullità dell’eventuale provvedimento riguardante i minori.
L’unico caso in cui viene meno tale obbligatorietà è quando lo stesso giudice la ritiene superflua o lesiva all’interesse del minore, magari quando non lo ritiene capace di discernimento, ma in tal caso dovrà fornire una specifica e circostanziata motivazione (7).
All’esito di tale audizione, nella quale i minori possono anche esprimere la propria volontà in merito al genitore al quale essere affidati, il giudice non è in alcun modo tenuto a dare seguito alle richieste del minore o eventualmente, alle risultanze delle indagini peritali e anche in questo caso ha l’obbligo di motivare accuratamente la sua decisione, in altre parole: la volontà espressa dal minore può essere disattesa solo con rigorosa motivazione.
Nel caso portato dinanzi alla Corte di Cassazione, vi era una chiara e precisa volontà della figlia minore di continuare la convivenza con la madre e la sorella, sulla base di un “rapporto affettivo importante e di reciproco sostegno”.
In tale circostanza viene precisato che: in caso di separazione tra coniugi con figli minori, ciò che deve essere preservato è il legame affettivo tra fratelli e sorelle, cerando, quando possibile e non contrastante con gli interessi dei suddetti (è richiesta, infatti, una “rigorosa verifica della contrarietà al suo interesse”), di affidarli allo stesso genitore, evitando così di aggravare la situazione di sfaldamento della famiglia.
Note e riferimenti bibliografici
(1) Corte d'Appello di Bari, decreto 16 dicembre 2016.
(2) In breve, il caso di specie era caratterizzato, in primis, da una particolare situazione di conflittualità tra i due coniugi e la presenza di tre figli. Nell’ambito del giudizio di primo grado, i due fratelli erano stati affidati al padre mentre la sorella minore alla madre, nonostante la volontà espressa di voler vivere con i fratelli. Il giudice d’Appello decide, invece, di far prevalere l’interesse al mantenimento dell’unità tra fratelli e sorelle.
(3) Convenzione di New York sui diritto del fanciullo, art. 12:
“Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.
A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale.”
(4) Così sub (1).
(5) CEDU, art. 8 - Diritto al rispetto della vita privata e familiare:
“Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.”
(6) Trib. Roma, sent. n. 20755/2013
(7) Già specificato in: Cass. civ. sez. I, sent. n. 19327 del 29 settembre 2015