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Pubbl. Gio, 21 Giu 2018

Responsabilità da cose in custodia: la condotta colposa del danneggiato esclude il risarcimento

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Ilaria Valentino
Funzionario della P.A.Università degli Studi di Napoli Federico II


Con sentenza pubblicata il 5 aprile 2018, il Tribunale di Pordenone - in tema di responsabilità per danni da cose in custodia ex art. 2051 c.c. - ha escluso la responsabilità del custode e, di conseguenza, il diritto al risarcimento del danno in favore del danneggiato.


Sommario: 1. Premessa; 2. Il caso; 3. La normativa vigente di riferimento; 4. Il caso fortuito; 5. Rilievi conclusivi.

1. Premessa

La materia della responsabilità del custode è stata fortemente modificata ed influenzata da numerosi interventi giurisprudenziali.

La giurisprudenza più recente, seguendo gli orientamenti della Corte di Cassazione, ha, infatti, aderito alla tesi che qualifica l’art. 2051 c.c.in termini di “responsabilità oggettiva[1]ed ha affermato, con larga parte della dottrina, che – ai fini della sua configurabilità – sia necessario che sussista un nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso. 

Tuttavia, tale responsabilità verrebbe esclusa dal caso fortuito, che dovrà avere un’efficacia tale da interrompere completamente il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso, e/o che sia tale da risultare un utile contributo nella produzione del danno.[2]

2. Il caso

Un condòmino, asserendo di esser scivolato nel vialetto comune reso viscido dalla pioggia, conveniva in giudizio il condominio – invocandone la responsabilità ex art. 2051– per sentire accogliere la condanna al risarcimento dei danni. 

Il condominio si costituiva in giudizio, negando qualsiasi responsabilità per l’accaduto.

Il Tribunale, dopo aver escusso un testimone e dopo aver disposto una CTU in via istruttoria, rigettava la domanda e condannava l’attore al pagamento delle spese di giudizio, ritendendo in primische non vi era alcuna prova certa in relazione all’evento dannoso subìto dal condòmino (facendo riferimento al testimone, infatti, quest’ultimo secondo autorevole giurisprudenza, avrebbe dovuto dire di aver visto cadere – e non già caduto – il danneggiato[3]); in secundis«che il danneggiato, per esplicita sua ammissione, risiedeva già da quattro mesi nell’appartamento in condominio, quindi era già a conoscenza dello stato dei luoghi, ma anche della pericolosità del vialetto in caso di pioggia. Inoltre, in relazione alle condizioni metereologiche e alle condizioni di visibilità ottimali – essendo l’incidente avvenuto in pieno giorno – il danneggiato avrebbe dovuto prestare particolare attenzione alla pavimentazione bagnata e prevedibilmente scivolosa […] il sinistro subito dal ricorrente poteva essere evitato tenendo un comportamento ordinariamente cauto, […] conseguentemente, deve essere escluso qualsiasi diritto al risarcimento del danno, essendo nella ipotesi di caso fortuito.»[4]

3. La normativa vigente di riferimento

Nel caso di specie, il Tribunale di Pordenone, quindi, proprio seguendo gli orientamenti della Suprema Corte[5], ha escluso la responsabilità del condominio ed il conseguente risarcimento del danno, sul presupposto della “possibile evitabilità in ora diurna, dell’ostacolo in quanto situazione perfettamente visibile[6], con la conseguenza che, pur se riconosciuta la presenza del pavimento scivoloso, il sinistro era da ascrivere alla disattenzione ed alla condotta poco prudente del danneggiato, quale comportamento riconducibile al caso fortuito

Secondo le più recenti evoluzioni della giurisprudenza di legittimità, l’art. 2051 c.c., stabilendo, che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”, contempla un criterio di imputazione della responsabilità[7]che è comunque volto a far in modo che chi ha il potere di intervenire sulla cosa adotti precauzioni tali da evitare che siano arrecati danni a terzi. 

Ma a ciò, fa pur sempre riscontro un doveredi cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa. 

Ed infatti, quando il comportamento di tale secondo soggetto sia considerabile come incauto, stabilire se il danno sia stato cagionato dalla cosa o dal comportamento dello stesso danneggiato o se vi sia concorso tra i due fattori costituisce una valutazione che va compiuta sul piano del nesso eziologico e che comunque sottende un bilanciamento fra i doveri di precauzione e cautela[8].

In aggiunta, va specificato che la responsabilità del custode, di cui all’art. 2051 c.c., è esclusa anche in presenza di una scelta consapevoledel danneggiato (c.d. rischio elettivo), il quale, pur potendo avvedersi con l’ordinaria diligenza della pericolosità della cosa, accetti di utilizzarla ugualmente[9].

Di conseguenza, nel caso in cui la situazione di possibile pericolo sarebbe stata evitabile mediante l’adozione di un comportamento cauto da parte dello stesso danneggiato, potrà allora escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, e potrà considerarsi integrato il caso fortuito.[10]

4. Il caso fortuito

La Corte di Cassazione, nel tempo, ha ben delineato le varie ipotesi che escludono la responsabilità ex art. 2051 c.c.e che delineano il c.d. caso fortuito.

Tale elemento, infatti, può consistere: 

  1. in un evento imprevedibile e inevitabile che si verifica indipendentemente dalla volontà e dall’agire di una persona, rendendo impossibile l’adempimento di una obbligazione o il riconoscimento di una responsabilità; 
  2. nellavis maior cui resisti non potest, cioè quella forza (cd.“forza maggiore”) esterna che spinge la persona a compiere un’azione a cui non può opporsi(come potrebbe essere un evento atmosferico di eccezionale gravità);
  3. nel comportamento dello stesso danneggiato, in applicazione (estensiva e generica) dell'art. 1227 c.c., primo comma.

Proprio in relazione a quest’ultimo, osserva la Suprema Corte che: “quando la cosa svolge solo il ruolo di occasione dell’evento, ed è svilita a mero tramite del danno in effetti provocato da una causa ad essa estranea, che ben può essere integrata dallo stesso comportamento del danneggiato, si verifica il cosiddetto fortuito incidentale, idoneo ad interrompere il collegamento tra la cosa ed il danno.[11]” 

La giurisprudenza, quindi, ritiene che nel caso di cadute o scivolate su un pavimento o sulle scale o comunque sull’altrui proprietà, quest’ultima non può ritenersi “causa” del danno perché l’immobile e/o bene mobile riveste un ruolo del tutto passivo nella produzione dell’evento e, dunque, la fattispecie può essere disciplinata unicamente – ricorrendone i presupposti – dall’art. 2043 c.c..

Occorre rilevare che, volendo applicare l’art. 2043 c.c. al caso di specie, tale norma impone, nell’osservanza della norma primaria del “neminem laedere”, la verifica che, non vi sia per l’utente una situazione di pericolo occulto. 

La responsabilità è, pertanto, configurabile a condizione che venga provata dal danneggiato l’esistenza di una situazione insidiosa, caratterizzata dal doppio e concorrente requisito della non visibilità oggettiva del pericolo e della non prevedibilità soggettiva del pericolo stesso. 

In aggiunta, la Cassazione stessa ha più volte precisatoche affinchésussista una responsabilità sono necessari due requisiti: un’alterazione del bene condominiale tale da costituireun’insidiaper il passante e l’imprevedibilità(e conseguente inevitabilità) del pericolo[12]

In altre parole, laddove l’evento dannoso sia (invece) prevedibile ed evidente – nel caso di specie, il condòmino pur essendo a conoscenza del fatto (ed essendo del tutto evidente) che il cortile condominiale, in quel preciso momento ed in quel preciso punto, fosse scivoloso, decide ugualmente di percorrerlo (rischio elettivo) – viene meno il diritto al risarcimento del danno, a fronte di una condotta poco prudente ed incautaposta in atto dal danneggiato. 

Nel caso di specie, i Giudici, hanno ben ritenuto che l’insidia dedotta era, al momento del fatto, assolutamente visibile e del tutto prevedibile, e che quindi, di conseguenza, non si configurava in alcun modo responsabilità del condominio ex art. 2051, né tantomeno era possibile il risarcimento del danno in applicazione dell’art. 2043.

5. Rilievi conclusivi

In conclusione, a parere di chi scrive, con sentenza pubblicata il 5 aprile 2018, il Tribunale di Pordenone – escludendo la responsabilità del custode e, di conseguenza, il diritto al risarcimento del danno in favore del danneggiato, specificando che la condotta colposa tenuta da quest’ultimo era idonea a recidere il nesso eziologico tra la cosa e l’evento, integrando essa stessa gli estremi del caso fortuito – ha fornito un’interpretazione del tutto e pienamente conforme alle concordanti spiegazioni fornite della dottrina e della giurisprudenza più recenti nell’ambito di applicazione dell’art. 2051 c.c.e di riflesso della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.in materia risarcitoria. 

Note e riferimenti bibliografici

[1]Per una rassegna delle ipotesi di responsabilità oggettiva si rimanda a M.Franzoni, La responsabilità oggettiva, (Padova 1995).
[2]cfr., tra le varie, Cass. n. 5578/2003.
[3]Un caso simile è stato recentemente deciso dalla Cassazione (cfr. Cass. ord. n. 2256/2017) secondo cui, ove sia accertato, in «mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento».
[4]cfr. Paolo Accoti in “C.d.c.c. – Centro di Cultura Condominiale”.
[5]cfr. Corte Cass. n.2662/13.
[6]cfr. Corte Cass. n.2662/13.
[7]Per una ricognizione dei modelli della responsabilità civile in chiave comparatistica v. G. Ponzanelli, La responsabilità civile. Profili di diritto comparato (Bologna 1992).
[8]così Corte di Cass., Sez. III Civile – Sent. 20 dicembre 2013, n. 28616.
[9]cfr. Cass. n. 13681 del 31/07/2012; in termini, Cass. 23 marzo 2011 n.6677 e Cass. 16 gennaio 2009 n.993 in tema di caso fortuito come condotta colposa esclusiva o determinante del danneggiato.
[10]cfr. Cass. n. 23584 del 17/10/2013.
[11]cfr. Corte Cass.5031/98.
[12]cfr. Corte Cass. n.11592/10.