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Pubbl. Gio, 24 Mag 2018
Sottoposto a PEER REVIEW

Concorso formale di reati o conflitto di norme? Antiche questioni di parte generale e criteri risolutivi

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Ilaria Mola


Uno degli eterni dilemmi del diritto penale è stabilire se, in presenza di un’unica condotta astrattamente riconducibile a più fattispecie, il concorso di reati sia reale oppure soltanto apparente. Il rischio è quello di un pericoloso ed inammissibile doppio addebito per uno stesso fatto.


Sommario: 1. Introduzione al problema; 2. L’unificazione normativa dei fatti: il reato complesso; 3. Il principio di specialità come criterio risolutivo; 4. I criteri non codificati: sussidiarietà e assorbimento; 5. Brevi riflessioni.

1. Introduzione al problema

Il diritto penale, si sa, descrive e regola comportamenti umani. Nella realtà dei fatti può facilmente accadere che, per semplice caso o per le modalità esecutive scelte dal soggetto, una medesima condotta integri molteplici ipotesi criminose. Ed è noto che, ai sensi dell’art. 81 comma 1 c.p., risponde di più reati in concorso formale chi “con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge” [1].

Il concorso di reati può tuttavia essere apparente quando più fattispecie, o meglio gli elementi strutturali di esse, risultino a prima vista applicabili ad un fatto umano che in realtà è regolato da una norma soltanto [2]. Si dovrà allora stabilire se l’agente debba effettivamente rispondere di plurimi reati in concorso formale oppure se piuttosto il reato da punire sia uno, ma l’assenza di criteri ben certi costringe a fare affidamento sulle soluzioni (spesso altalenanti) offerte dalla giurisprudenza, peraltro restia ad aperture interpretative che escludano il concorso formale.

Può facilmente intuirsi che il rischio è quello di doppio addebito per lo stesso fatto, con ovvia violazione del principio di proporzionalità della pena, previsto dall’art. 49 par. 3 Carta di Nizza [3] quale fondamento del divieto di bis in idem di cui agli artt. 4 Prot. 7 Cedu e 50 Carta di Nizza [4].

2. L’unificazione normativa dei fatti: il reato complesso

Va detto che la sussistenza del concorso di reati è espressamente esclusa ai sensi dell’art. 84 c.p. nelle ipotesi di unificazione normativa, sotto forma di elementi costitutivi o circostanze aggravanti di un solo reato, di fatti che altrimenti costituirebbero autonomi reati [5]. Questa deroga alle regole del concorso è finalizzata proprio a scongiurare il rischio di un ne bis in idem sostanziale, garantendo “un trattamento sanzionatorio equo nel caso in cui un reato ‹‹smarrisca›› la propria autonomia fondendosi in un altro” [6]: è considerato come unico reato [7] e, quindi, ai fini del computo della pena non dovranno tenersi di conto le sanzioni previste per il fatto che resta assorbito [8].

Così, nel caso di appropriazione di beni aziendali, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento della società il reato di infedeltà patrimoniale (art. 2634 c.c.) ed il delitto di bancarotta fraudolenta societaria (art. 223 comma 2 n. 1 l. fall.) per distrazione degli stessi beni configurano una fattispecie complessa, con la conseguenza che non è applicabile la confisca per equivalente specificamente prevista ex art. 2641 c.c. per l’infedeltà patrimoniale, in ragione del principio di tassatività delle sanzioni nonché del divieto di analogia in malam partem [9].

La giurisprudenza considera peraltro irrilevante la collocazione sistematica delle singole fattispecie incriminatrici, sicché nel reato complesso potrebbe aversi una oggettività giuridica plurima: si pensi ai reati di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316ter c.p.) e di falso ideologico (art. 483 c.p.), qualificati come fattispecie delittuosa complessa, pur essendo evidentemente diversi gli interessi tutelati dalle due norme [10]. Perché ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’art. 84 c.p., comunque, è necessario che il reato assorbito abbia con quello in cui si fonde un legame causale con carattere di immediatezza [11].

Ad avviso di parte della dottrina nella previsione dell’art. 84 c.p. rientra altresì la c.d. complessità criminosa in senso lato, in presenza di una norma speciale che ricomprenda esattamente la fattispecie generale con l’aggiunta di elementi ulteriori di per sé non costituenti reato [12]. Ma sembra difficile negare che si tratti di norme in rapporto di specialità, risolvibile ai sensi dell’art. 15 c.p. [13].

Riguardo poi le ipotesi di complessità eventuale in cui il soggetto commetta un reato strumentale alla realizzazione di altro illecito più grave, da alcuni ricondotte all’ambito applicativo dell’art. 84 c.p. [14], la Corte di Cassazione ha evidenziato che soltanto la legge potrebbe prevedere un reato come modalità solo eventuale di consumazione dell’altro [15]. In simili casi, valgono perciò le ordinarie regole sul concorso, con applicazione dell’aggravante dell’art. 61 n. 2 c.p. per il reato-mezzo [16].

Ciò detto, non esistono fattispecie codificate di reato complesso. È perciò compito dell’interprete coordinare di volta in volta le singole norme di parte speciale (o di legge speciale), stabilendo se il caso specifico rientri nel regime di cui all’art. 84 c.p. oppure se tra i reati si configuri un concorso, con conseguente cumulo delle pene.

Una questione aperta è quella relativa al rapporto intercorrente tra le nuove ipotesi aggravate di omicidio stradale di cui all’art. 589bis comma secondo c.p. (introdotto con l. n. 41/2016) e le omologhe contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di stupefacenti già previste dagli artt. 186 e 187 cod. strad.

Come noto, il vecchio delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione di norme sulla circolazione stradale può concorrere con i menzionati illeciti previsti dal codice della strada [17].

Del tutto diverso appare però il caso dell’art. 589bis comma secondo c.p., che configura come aggravante un fatto già penalmente rilevante ai sensi degli artt. 186 e 187 cod. strad. Sembra allora corretto applicare l’art. 84 c.p., per cui la contravvenzione deve considerarsi assorbita dal reato più grave; a voler ritenere altrimenti, si violerebbe il principio di ne bis in idem sostanziale. L’opinione è peraltro sostenuta (almeno per il momento) dalla giurisprudenza, che esclude il concorso [18].

3. Il principio di specialità come criterio risolutivo

Fuori dalle ipotesi di reato complesso, in caso di conflitto di norme penali astrattamente applicabili al medesimo fatto umano un criterio interpretativo per escludere il concorso è proposto dall’art. 15 c.p., per cui “quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito”.

Le Sezioni Unite hanno chiarito che, in base al principio di specialità ex art. 15 c.p., il concorso è apparente in presenza di una convergenza strutturale di fattispecie in rapporto di continenza [19].

Riguardo al concetto di stessa materia, dovrebbe ormai ritenersi superato il collegamento alla identità di bene giuridico [20], intendendosi invece la stessa fattispecie astratta e cioè lo stesso fatto storico, da considerare in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento e nesso causale) e avuto altresì riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona [21]. Questa conclusione appare d’altronde più conforme alla concezione naturalistica del fatto sviluppata dalla giurisprudenza europea sulla base del canone interpretativo dell’idem factum rilevante per il divieto di doppio giudizio, da intendersi come “insieme di circostanze fattuali concrete che riguardano lo stesso imputato e che sono inestricabilmente avvinte nel tempo e nello spazio” [22].

Ciò chiarito, senza dubbio l’identità di materia sussiste in tutti i casi di specialità unilaterale, ossia quando la norma speciale contiene tutti gli elementi costitutivi della norma generale, con l’aggiunta di uno o più elementi in funzione specializzante eliminati i quali l’ipotesi ricadrebbe nella previsione generale [23]. È, pertanto, certamente possibile escludere il concorso formale dei reati.

L’incertezza si presenta con riguardo alle norme che reciprocamente contengono dati specializzanti.

Un primo indirizzo ritiene che la c.d. specialità reciproca non sia contemplata dall’art. 15 c.p. [24].

Così, una recente pronuncia di legittimità ha riconosciuto il concorso formale tra reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 d. lgs. n. 74/2000) e quello di bancarotta fraudolenta patrimoniale (art. 216 comma 1 n. 1 l. fall.), nonché tra bancarotta fraudolenta documentale (art. 216 comma 1 n. 2 l. fall.) e reato di occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10 d. lgs. n. 74/2000), in quanto le fattispecie sono in rapporto di specialità reciproca [25].

Secondo altro orientamento, invece, anche il conflitto di norme in rapporto di specialità reciproca sarebbe normalmente risolvibile ai sensi dell’art. 15 c.p., spettando poi al giudice decidere se in concreto prevalga la norma più grave oppure quella tra le due che presenti un maggior grado di specializzazione [26].

Esemplificando, in una fattispecie di guida in stato di ebbrezza, si è ritenuto che “l’art. 186, comma 2bis, e l’art. 222 cod. strada nella parte in cui prevedono entrambi la revoca della patente di guida per il conducente in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l che abbia, rispettivamente, provocato un incidente stradale o cagionato lesioni gravissime o un omicidio, si pongono in rapporto di specialità reciproca, con conseguente prevalenza della norma che, di volta in volta, debba qualificarsi nella concreta fattispecie sottoposta all’esame del giudice” [27].

Oppure, in materia di alimenti, siccome “fra l’art. 516 c.p. e le norme della legislazione speciale sui vini (…) sussiste un rapporto di specialità reciproca, poiché la prima disposizione si riferisce alle sole condotte di messa in vendita o in commercio come genuina di qualsiasi sostanza alimentare non genuina, mentre le seconde, specificamente dettate in materia di vini, si estendono anche alle attività di vinificazione e di produzione del vino (…) fatti salvi i casi di riserva specifica della norma generale penale tassativamente previsti, si applica la sola disposizione di legge speciale quando la fattispecie concreta rientri totalmente nella sfera di coincidenza comune fra le norme” [28].

Altresì, riguardo al rapporto tra i delitti di violenza sessuale (art. 609bis c.p.) e maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), le Sezioni Unite hanno ammesso la convergenza di norme in presenza di condotte vessatorie finalizzate al reato sessuale, che quindi assorbirebbe l’altro reato [29].

Pur dovendosi evidenziare, nel merito della questione, che l’instabilità dell’interpretazione giurisprudenziale deriva anche dall’ampia varietà di situazioni che possono presentarsi al riesame della Corte di Cassazione, non può negarsi l’insufficienza del principio di specialità come unico criterio risolutivo del conflitto di norme penali.

4. I criteri non codificati: sussidiarietà e assorbimento

L’esigenza di proporzionalità della pena, che non tollera mai addebiti plurimi per un medesimo fatto, ha condotto la dottrina più accorta a sostenere la validità di criteri diversi da quello definito dall’art. 15 c.p., fondati su valutazioni normativo-sociali del fatto concreto [30]. Si tratta dei criteri di sussidiarietà e assorbimento, che prescindono dalla identità strutturale del fatto di reato, a differenza del principio di specialità basato invece su un riscontro di precisa corrispondenza tra fattispecie astrattamente considerate [31].

In definitiva, il fatto è ritenuto identico perché avvertito dalla coscienza sociale come espressione di un disvalore penale omogeno, apparendo quindi già adeguata la sola sanzione prevista per il reato qualificato come più grave sulla base del superiore minimo edittale oppure in considerazione del rango del bene giuridico [32].

Dunque, nel caso di norme complementari che prevedano stati o gradi diversi di offesa ad un medesimo bene (spie sono le clausole espresse “salvo che il fatto costituisca più grave reato” o “al di fuori dalle ipotesi di …”), in applicazione del principio di sussidiarietà la violazione maggiore assorbe quella minore [33]. Similmente, per il principio dell’assorbimento si applica la norma che esaurisce in sé l’intero disvalore dell’altra concorrente [34].

Proprio facendo leva sul principio dell’assorbimento, la giurisprudenza ha recentemente escluso il concorso tra abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) e falso in atto pubblico (art. 479 c.p.) [35].

Un’altra recente applicazione giurisprudenziale del criterio dell’assorbimento è stata effettuata in tema di bancarotta semplice documentale per omessa tenuta delle scritture contabili (art. 217 comma 2 l. fall.), che assorbe il disvalore oggettivo del reato di omesso deposito delle scritture contabili obbligatorie (artt. 220 e 16 n. 3 l. fall.) [36].

Specifiche esemplificazioni del principio dell’assorbimento sono la progressione criminosa, l’antefatto ed il postfatto non punibili [37]. In tali ipotesi, caratterizzate da una analogia sostanziale [38], più atti naturalistici sono d’altronde unificati per un giudizio di valore normativo-sociale, in deroga alle regole del concorso di reati [39].

5. Brevi riflessioni

Per concludere, le Sezioni Unite continuano ad affermare che il principio di specialità ex art. 15 c.p. è il criterio euristico di riferimento in materia di concorso apparente di norme [40], mentre i criteri di elaborazione dottrinale non possono operare perché fondati su “elementi incerti quale dato di discrimine, come l’identità del bene giuridico tutelato dalla norma in comparazione e la sua astratta graduazione in termini di maggiore o minore intensità, di non univoca individuazione e per questo suscettibili di opposte valutazioni da parte degli interpreti” [41]. In sostanza, dicono le Sezioni Unite, i giudizi di valore alla base dei principi di sussidiarietà e assorbimento contrasterebbero con il principio di legalità e tassatività delle fattispecie penali, qui da intendersi come prevedibilità della sanzione [42]; potrebbe al limite ammettersi il criterio della sussidiarietà espressa, in presenza di una clausola di riserva che individui la norma incriminatrice prevalente secondo una logica legislativa ben precisa, consentendo quindi di derogare alla disciplina del concorso di reati [43].

Tuttavia, in un’epoca caratterizzata da frenetica attività legislativa nella materia penale la sovrapposizione di fattispecie criminose determina dubbi interpretativi sempre maggiori, provocando il vivo timore che un individuo possa subire plurime iniziative punitive per lo stesso fatto. La netta chiusura all’accoglimento di criteri ulteriori e diversi da quello codificato, che per contro consentano di apprezzare la dimensione concreta del fatto, potrebbe semmai giustificarsi in un “sistema penale più razionale e meno pleonastico, incentrato su fattispecie incriminatrici realmente dotate di autonomi spazi di tutela” [44].

È vero che l’intento della c.d. riserva di codice prevista dal nuovissimo art. 3bis c.p. [45], per cui “nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell’ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia”, è proprio quello di “innescare un processo virtuoso che ponga fine alla proliferazione della legislazione penale”, in prospettiva di una “futura riduzione dell’area dell’intervento punitivo, secondo un ragionevole rapporto tra rilievo del bene tutelato e sanzione penale” [46]. Ma il semplice inserimento nella parte speciale di numerosi reati, già previsti da leggi complementari, senza alcuna ulteriore modifica o abrogazione, lascia presagire molteplici problemi di coordinamento.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] Non dovrebbe qui essere necessario ribadire che il trattamento sanzionatorio sarà quello del cumulo giuridico delle pene, con applicazione della sanzione prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo (ma entro i limiti del massimo applicabile in base alle regole del cumulo materiale, salvi ovviamente i casi di recidiva ex art. 99 comma 4 c.p.). Sulla individuazione della violazione più grave ai fini del computo della pena, in particolare, Corte Cost., 26/11/2015, n. 241 e Cass., Sez. Un. Pen., 13/6/2013, n. 25939: i parametri sono, di regola, il superiore minimo edittale oppure il bene giuridico di rango più elevato.
Va però evidenziato che secondo la giurisprudenza il regime del cumulo giuridico può riguardare soltanto le pene diverse per specie, in quanto l’unificazione della sanzione non inciderebbe in concreto sulla posizione dell’imputato e sarebbe dunque rispettato il principio di legalità: ex plurimis, Cass., Sez. V Pen., 24/4/1996, n. 1953, riprendendo Corte Cost., 17/3/1988, n. 312. Per le pene diverse per genere dovrebbe invece applicarsi il cumulo giuridico per assimilazione, convertendo la sanzione pecuniaria in pena detentiva: così, Cass., Sez. I Pen., 2/4/2009, n. 15986 e Cass., Sez. I Pen., 4/6/2004, n. 28514. Però contra, in dottrina, E. Mezzetti, Diritto penale. Casi e materiali, II ed., Bologna, 2017, p. 564, che ritiene preferibile il cumulo per addizione.
Imprescindibile è poi la lettura di G. Vassalli, La riforma penale del 1974. Lezioni integrative del corso di diritto penale, vol. I, Milano, 1975; G. Marini, voce Concorso di reati e di pene, in Noviss. dig. it., App., 1980; S. Prosdocimi, Contributo alla teoria del concorso formale di reati, Padova, 1984; Id., voce Concorso di reati e di pene, in Dig. disc. pen., II, Torino, 1988; G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale. Parte generale, VI ed., Bologna, 2010, p. 659 ss.; E. Mezzetti, Diritto penale, cit., p. 559 ss.
[2] In materia, ampiamente, A. Pagliaro, voce Concorso di norme, in Enc. dir., VIII, Milano, 1961; F. Mantovani, Concorso e conflitto di norme nel diritto penale, Bologna, 1966, p. 352 ss.; R.A. Frosali, Concorso di norme e concorso di reati, Milano, 1971, p. 69 ss.; G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, cit., p. 679 ss.
[3] Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7/12/2000 e a Strasburgo il 12/12/2007.
[4] Si leggano, per queste considerazioni, Corte Edu, Grande Camera, 15/11/2016, A. e B. contro Norvegia e Corte Cost., ord. 24/10/2016, n. 230.
[5] A titolo esemplificativo, dà luogo ad una fattispecie complessa ex art. 84 c.p. la commissione di una rapina in edificio o altro luogo di privata dimora, che assorbe il delitto di violazione di domicilio: Cass., Sez. II Pen., 30/9/2014, n. 40382. Oppure, la giurisprudenza esclude il concorso tra il reato di riciclaggio e quello di ricettazione, che resta assorbito nel primo ai sensi dell’art. 84 c.p.: così, Trib. Milano, 3/5/2011. Altresì, Cass., Sez. I Pen., 16 luglio 1981, n. 7097; Cass., Sez. V Pen., n. 2608 del 1979, Schiavone; Cass., Sez. IV Pen., n. 1103 del 1971, Bacci; Cass., Sez. I Pen., n. 1638 del 1971, Antonelli. Inoltre, sul tema, Corte Cost., n. 124 del 1974.
In dottrina, fondamentali sono i contributi di S. Prosdocimi, voce Reato complesso, in Dig. disc. pen., XI, Torino, 1996, p. 212 ss.; Id., Delitti aggravati dall’evento e reato complesso, in Indice pen., 1985, p. 281 ss.; G. Vassalli, voce Reato complesso, in Enc. Dir., XXXVIII, Milano, 1987, p. 816 ss.; A. Santoro, Reato complesso e concorso di reati, in Rass. st. pen., 1951, p. 354 ss.; U. Delogu, Reato accessorio e reato complesso, in Giust. pen., 2, 1947, p. 221 ss.; E. Contieri, Sul reato complesso, in Foro pen., 1946, p. 633 ss.; S. Ranieri, Il reato complesso, Milano, 1940.
Un’ipotesi speciale è il reato progressivo. Sull’argomento, si veda S. Ranieri, Reato progressivo e progressione criminosa, Milano, 1942, p. 13 ss.; G. Vassalli, voce Progressione criminosa e reato progressivo, in Enc. dir., XXXVI, Milano, 1987, p. 1150; D. Del Rosso, Spunti problematici in tema di reato progressivo e progressione criminosa, in Riv. it. dir. proc. pen., 1976, p. 623 ss.; C. Bellora, Ne bis in idem e reato progressivo: un pericoloso orientamento giurisprudenziale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, p. 1635 ss.
[6] Nei termini, Cass., Sez. IV Pen., 28/1/2010, n. 3559, Corridoni, in Dir. pen. proc., 6, 2010, p. 714 ss., con nota di D. D’Auria, Omicidio colposo aggravato dalla “violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale” e contravvenzione del codice della strada: concorso di reati o reato complesso? e in Cass. pen., 4, 2011, p. 1399 ss., con nota di D. Potetti, Relazioni tra le nuove aggravanti degli artt. 589 e 590 cod. pen. (d. l. n. 92 del 2008) e gli artt. 186 e 187 c. strad.
[7] In tale ottica si spiega l’art. 170 comma 2 c.p., in base al quale la causa estintiva di un reato, che è elemento costitutivo o circostanza aggravante di un reato complesso, non si estende al reato complesso. G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, cit., p. 691, riportano al proposito l’esempio dell’amnistia (ma vale lo stesso per la prescrizione) applicabile al reato di furto ma inapplicabile alla rapina, della quale il furto è elemento costitutivo.
Però, ai sensi dell’art. 131 c.p., “nei casi preveduti dall’art. 84, per il reato complesso si procede sempre d’ufficio, se per taluno dei reati che ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti, si deve procedere di ufficio”.
[8] Ai sensi dell’art. 84 comma 2 c.p., anche qualora la legge, nella determinazione della pena per il reato complesso, si riferisca alle pene stabilite per i singoli reati che lo costituiscono, non possono essere superati i limiti massimi indicati negli artt. 78 e 79 c.p.. Tuttavia, precisa F. Mantovani, Concorso e conflitto di norme nel diritto penale, cit., p. 101, andrebbero comunque rispettati i c.d. limiti di continenza, in virtù del principio di proporzione per cui un reato più grave non può confluire in un reato minore: qualora il reato complesso risultasse punito meno gravemente, dovrebbe quindi applicarsi la pena prevista per la singola fattispecie oppure configurarsi un concorso formale. Sul punto, G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, cit., p. 691, nota 24, rilevano che “in realtà, mancando nel codice ipotesi del tipo di quelle indicate dall’art. 84 cpv., trattasi di una disciplina che potrebbe trovare applicazione soltanto nell’ambito della legislazione speciale”.
[9] Cass., Sez. V Pen., 6/5/2015, n. 18775, P.M. in proc. Scalera, che nella specie ha ritenuto legittima la revoca del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente.
Invero, come stabilito da un consolidato orientamento, “qualora il delitto di appropriazione indebita sia stato oggetto di sentenza di condanna prima della dichiarazione di fallimento, non è preclusa nel successivo procedimento per bancarotta la contestazione del reato fallimentare, ma in tal caso il giudice deve, in sede di eventuale condanna per tale ultimo reato, considerare assorbito quello sanzionato ai sensi dell’art. 646 c.p., secondo un principio di equità”: così, Cass., Sez. V Pen., 3/10/2003, n. 37567. Nello stesso senso ma più recenti, precisando che ai fini della contestazione è fatto diverso e non fatto nuovo, Cass., Sez. V Pen., 5/6/2015, n. 24324; Cass., Sez. V Pen., 20/1/2016, n. 2295; Cass., Sez. V Pen., 24/11/2014, n. 48743.
[10] Cass., Sez. II Pen., 24/1/2013, n. 17300: l’assorbimento del reato di falso ideologico si realizza “anche quando la somma indebitamente percepita o non versata dal privato, non superando la soglia minima dell’erogazione, integri la mera violazione amministrativa prevista dall’art. 316ter co. 2 c.p.”. Conformi, Cass., Sez. Un. Pen., 16/12/2010, n. 7537 e Cass., Sez. Un. Pen., 27/4/2007, n. 16568, Carchivi. Altresì, Cass., Sez. VI Pen., 26/6/2007, n. 30155; Cass., Sez. VI Pen., 17/5/2007, n. 30528; Cass., Sez. III Pen., 31/5/2006, n. 27598.
[11] Cass., Sez. IV Pen., 28/1/2010, n. 3559, Corridoni.
[12] F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 490; F. Antolisei, Manuale di diritto penale. Parte generale, XVI ed., Milano, 2003, p. 531 ss.; Id., Reato composto, reato complesso e progressione criminosa, in Arch. pen., 1, 1949, p. 67 ss.
[13] Così ritiene, ad esempio, E. Mezzetti, Diritto penale, cit., p. 579; similmente, G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, cit., p. 691 e G. Vassalli, Nuove e vecchie incertezze sul reato complesso, in Riv. it. dir. proc. pen., 1978, p. 410 ss. Al proposito, anche G. Neppi Modona, Inscindibilità del reato complesso e ne bis in idem sostanziale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1966, p. 200 ss.; Id., Sulla posizione della “violenza” e della “minaccia” nella struttura delle fattispecie criminose, ivi, 1964, p. 522 ss.
Per la giurisprudenza, Cass., Sez. II Pen., 16/12/2010 n. 6462 e Cass., Sez. II Pen., 10/12/2008, n. 48992, sulla fattispecie di illecita concorrenza con violenza o minaccia di cui all’art. 513bis c.p.
[14] La tesi è esposta, in particolare, da F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 492.
[15] Nei termini, Cass., Sez. V Pen., 11/3/2004, n. 16267, che afferma: “la complessità è un rapporto che può intercorrere solo tra fattispecie, quando sia la legge a prevedere un reato come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro, non quando siano le particolari modalità di realizzazione in concreto del fatto tipico a determinare un’occasionale convergenza di più norme e, quindi, un concorso di reati”; conforme Cass., Sez. II Pen., 13/12/2012, n. 2074.
[16] Il rinvio è soprattutto a E. Mezzetti, Diritto penale, cit., p. 579.
[17] Tra le tante, Cass., Sez. IV Pen., 19/11/2015, n. 1880, Greco; Cass., Sez. IV Pen., 3/10/2012, n. 46441, Cioni; Cass., Sez. IV Pen., 28/1/2010, Corridoni.
[18] Nello specifico, Trib. Grosseto, Ufficio G.i.p., 28/8/2017. Ma in tal senso si legga anche Cass., Sez. IV Pen., 18/1/2017, n. 2403, Minutillo, che afferma la configurabilità del concorso tra l’omicidio colposo aggravato e l’illecito contravvenzionale stradale, riconoscendo però la necessità di un revirement con riferimento alla nuova fattispecie di omicidio stradale.
[19] Cass., Sez. Un. Pen., 19/1/2011, n. 1235, Giordano, che nella specie ha escluso il concorso formale tra reati fiscali e truffa aggravata ai danni dello Stato: “in caso di concorso di norme penali che regolano la stessa materia, il criterio di specialità richiede che, ai fini della individuazione della disciplina prevalente, il presupposto della convergenza di norme può ritenersi integrato solo in presenza di un rapporto di continenza tra le norme stesse, alla cui verifica deve procedersi mediante il confronto strutturale tra le fattispecie astratte configurate e la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definirle”. Si pensi, ad esempio, agli artt. 610 e 611 c.p., oppure agli artt. 624 e 626 c.p.
[20] Attribuendo immediata rilevanza alla identità del bene tutelato dalle norme confliggenti, il reato di peculato dà luogo ad un concorso formale con quello di falso ideologico, poiché ben diverse sono le condotte incriminate e diversi sono i beni giuridici protetti: Cass., Sez. V Pen., 10/7/2014, n. 30512, P.M. in proc. Pongelli. Altresì, il reato di violenza sessuale mediante abuso delle qualità e dei poteri concorre formalmente con il reato di concussione, essendo differenti gli interessi tutelati, quali la libertà di autodeterminazione della persona ed il buon andamento della pubblica amministrazione: Cass., Sez. III Pen., 1/7/2015, n. 27554. Ed ancora, in considerazione della diversità dei beni protetti, il reato di malversazione ai danni dello Stato concorre con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche: Cass., Sez. Un. Pen., 23/2/2017, n. 20664, Stalla; Cass, Sez. II Pen., 16/6/2015, n. 29512, Sicilfert s.r.l.; Cass., Sez. III Pen., 27/10/2011, n. 43349, Bonaldi; Cass., Sez. VI Pen., 2/12/2003, n. 4313, Gramegna; Cass., Sez. I Pen., 7/11/1998, n. 4663, Saccani; Cass., Sez. VI Pen., 15/12/1992, n. 3362, Scotti.
[21] Da ultimo, Cass., Sez. Un. Pen., 22/6/2017, n. 41588, La Marca, che nella specie ha escluso il concorso tra i reati di porto o detenzione di arma comune e porto o detenzione di arma clandestina. Inoltre, Cass., Sez. Un. Pen., 21/1/2011, n. 1963, P.G. in proc. Di Lorenzo; Cass., Sez. Un. Pen., 27/4/2007, n. 16568, Carchivi; Cass., Sez. Un. Pen., 28/6/2005, n. 34655, Donati. Così, pure Cass., Sez. V Pen., 4/10/2016, n. 47683, Robusti.
[22] Ex plurimis, Corte Edu, Grande Camera, 10/2/2009, Zolotoukhine contro Russia e Corte Edu, Sez. IV, 20/5/2014, Nykanen contro Finlandia, per cui il giudizio sull’identità del fatto va svincolato dall’inquadramento giuridico della fattispecie. L’abbandono del criterio dell’identità giuridica è stato imposto anche da Corte Cost., 21/7/2016, n. 200, in Cass. Pen., 1, 2017, p. 60 ss., con commenti di D. Pulitanò, La Corte Costituzionale su ne bis in idem e di P. Ferrua, La sentenza costituzionale sul caso Eternit: il ne bis in idem tra diritto vigente e diritto vivente.
[23] Cass., Sez. Un. Pen., 21/1/2011, n. 1963, P.G. in proc. Di Lorenzo: “nel caso di specialità unilaterale non sorgono problemi per l’applicazione del principio di specialità od ostacoli per ritenere apparente il concorso di reati”, proprio in quanto “nella specialità per specificazione l’ipotesi speciale è addirittura già ricompresa in quella generale per cui sarebbe comunque punibile in base all’ipotesi generale; ma anche nell’ipotesi per aggiunta (nella quale l’ipotesi speciale non era già prevista dall’ipotesi generale) la condotta posta in essere ricade comunque in quella generale perché sono presenti tutti gli elementi della fattispecie generale”. Anche, Cass., Sez. Un. Pen., 19/1/2011, n. 1235, Giordano.
[24] Cass., Sez. Un. Pen., 20/12/2005, n. 47164. Altresì, Cass., Sez. V Pen., 10/9/2013, n. 37088, che ha affermato il concorso formale tra il delitto di abuso d’autorità contro persone in stato d’arresto o detenzione ed il delitto di abuso d’ufficio. Ed inoltre, Cass., Sez. III Pen., 1/12/2011, n. 12455; Cass., Sez. V Pen., 6/5/2008, n. 26083; Cass., Sez. VI Pen., 28/11/2007, n. 2168; Cass., Sez. V Pen., 7/3/2007, n. 25548; Cass., Sez. V Pen., 11/5/2005, n. 39977; Cass., Sez. V Pen., 16/2/2000, n. 3752.
[25] Cass., Sez. V Pen., 20/6/2017, n. 35591, Fagioli.
[26] Nel senso riferito, Cass., Sez. Un. Pen., 21/1/2011, n. 1963, P.G. in proc. Di Lorenzo: l’identità di materia potrebbe sussistere nella specialità reciproca per specificazione, ma mai in quella per aggiunta.
[27] Cass., Sez. II Pen., 25/2/2015, n. 3824.
[28] Cass., Sez. III Pen., 15/10/2013, n. 5906.
[29] In questo senso, Cass., Sez. Un. Pen., 23/3/2005, n. 17843. Conformi Cass., Sez. III Pen., 22/10/2008, n. 45459; Cass., Sez. III pen., 12/7/2007, n. 36962; Cass., Sez. III Pen., 24/6/2004, n. 35849.
È al contrario configurabile il concorso formale quando i maltrattamenti non si esauriscano nell’episodio di violenza sessuale: Cass., Sez. I Pen., 17/5/2012, n. 13349 e Cass., Sez. III Pen., n. 46375/2008.
[30] Il riferimento è soprattutto a M. Romano, Commentario sistematico del codice penale, vol. I, Milano, 1995, p. 165: “anche in assenza di una previsione espressa, un criterio generale ulteriore – come d’altra parte avviene in ordinamenti positivi nei quali per il concorso apparente di norme non si è ritenuto opportuno introdurre alcuna norma apposita, neppure sul principio di specialità (…) – può essere egualmente ricavato dal sistema, come risultato normativo dell’elaborazione dogmatica di un’istanza-guida di giustizia materiale che non tollera l’addebito plurimo di un medesimo fatto”. Si rinvia inoltre ad A. Pagliaro, Relazioni logiche ed apprezzamenti di valore nel concorso di norme penali, in Atti dell’Accademia di scienze, lettere e arti di Palermo, serie 4, vol. 35, parte II, Palermo, 1977, p. 335 ss. nonché ovviamente a G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, cit., p. 685 ss.
[31] Per tutti, G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, cit., p. 685 ed E. Musco, Il mendacio all’autorità tra favoreggiamento personale e falsa testimonianza, in Riv. it. dir. proc. pen., 1981, p. 811.
[32] Così, G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, cit., p. 687 ed E. Musco, Il mendacio all’autorità, cit., p. 812.
[33] Cass., Sez. VI Pen., 12/5/2009, n. 23063, Bilotti: “il principio di sussidiarietà (…) opera quando due fattispecie criminose sanzionino due comportamenti diversi che offendono stati o gradi diversi dello stesso bene, uno più gravemente e l’altro in misura minore, così che il secondo fatto-reato rimane assorbito nel primo”. Altresì, Cass., Sez. II Pen., 18/9/2014, n. 42934, Messina e Cass., Sez. II Pen., 9/7/2004, n. 39644, Ambrosio.
Sul punto, G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, cit., p. 685; G. Bettiol – L. Pettoello Mantovani, Diritto penale. Parte generale, XII ed., Padova, 1986, p. 718 ss.; A. Grispigni, Diritto penale italiano, Milano, 1952, p. 416 ss.
[34] G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, cit., p. 686; G. Bettiol – L. Pettoello Mantovani, Diritto penale, cit., p. 718 ss.; A. Pagliaro, voce Concorso di norme, cit., p. 551; Id., Principi di diritto penale. Parte generale, VIII ed., Milano, 2003, p. 197.
[35] Cass., Sez. VI Pen., 21/3/2017, n. 13849, Trombatore. Conformi, ex plurimis, Cass., Sez. II Pen., 11/10/2012, n. 1417, Platamone; Cass., Sez. VI Pen., 22/9/2009, n. 42577, Fanuli; Cass., Sez. V Pen., 9/11/2005, n. 45225, Bernardi; Cass., Sez. VI Pen., 19/5/2004, n. 27778, Piccirillo; Cass., Sez. V Pen., 21/10/1998, n. 12226, D’Asta. Per Cass., Sez. V Pen., 15/11/2005, n. 1491, Cavallari, “il concorso tra i delitti di abuso d’ufficio e falso ideologico in atto pubblico deve escludersi solo quando la condotta addebitabile si esaurisca nella commissione di un fatto qualificabile come falso ideologico in atto pubblico”.
Sul presupposto della diversità dei beni giuridici, hanno invece escluso la sussistenza di un rapporto di assorbimento con conseguente affermazione del concorso di reati, Cass., Sez. II Pen., 11/12/2013, n. 5546, Cuppari; Cass., Sez. V Pen., 1/2/2000, n. 3349, Palmegiani; Cass., Sez. V Pen., 5/5/2009, n. 7581, Graci.
[36] Cass., Sez. V pen., 28/2/2017, n. 14846, Ilaqua. Conforme Cass., Sez. V Pen., 12/11/2014, n. 2809, Ronchese.
Contra Cass., Sez. V Pen., 25/6/2013, n. 49789, Cinquepalmi; Cass., Sez. V pen., 8/6/2006, n. 42260, Di Meo; Cass., Sez. V Pen., 5/12/2005, n. 5504.
[37] Tanto scrivono G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, cit., p. 690.
[38] Il termine è di G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, cit., p. 690.
[39] Così, G. Fiandaca – E. Musco, Diritto Penale, cit., p. 690: “appare criticabile il rigorismo di quella giurisprudenza che esclude il concorso apparente, in favore del concorso di reati, ad esempio tra la falsità in scrittura privata (art. 485) e la truffa (art. 640) se la prima è finalizzata alla realizzazione della seconda; tra la spendita delle monete falsificate (art. 455) e la truffa o il millantato credito (art. 346); ovvero ancora tra il reato di furto e quello di soppressione, distruzione od occultamento di atti veri (art. 490), se l’atto è stato sottratto allo scopo di eliminarne l’effetto probatorio”.
Vale la pena ricordare che si definisce antefatto non punibile il reato meno grave, che secondo l’id quod plerumque accidit appare necessaria premessa logica di un più grave reato. La condotta costituisce invece un postfatto non punibile quando essa è, per la comune esperienza, la prevedibile conseguenza di un reato più grave.
Allo stesso modo, dà luogo ad unico reato anche la progressione criminosa, che si configura quando l’agente realizza offese di gravità crescente nei confronti dello stesso bene, per effetto di decisioni contestualmente susseguenti.
Sull’argomento, V. Pacileo – G.P. Volpe, voce Antefatto e postfatto non punibile, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, p. 2; G. Vassalli, voce Antefatto non punibile. Postfatto non punibile, in Enc. dir., II, Milano, 1958, p. 505; G. Lozzi, Fatto antecedente e successivo non punibile nella problematica dell’unità e pluralità di reati, in Riv. it. dir. proc. pen., 1959, p. 940 ss.; S. Ranieri, La progressione criminosa ancora una volta riconosciuta dalla giurisprudenza, in Scuola pos., 1964.
[40] Ultimamente, Cass., Sez. Un. Pen., 22/6/2017, n. 41588, La Marca e Cass., Sez. Un. Pen., 23/2/2017, n. 20664, Stalla. Ma già Cass., Sez. Un. Pen., 21/1/2011, n. 1963, P.G. in proc. Di Lorenzo; Cass., Sez. Un. Pen., 19/1/2011, n. 1235, Giordano; Cass., Sez. Un. Pen., 27/4/2007, n. 16568, Carchivi; Cass., Sez. Un. Pen., 20/12/2005, n. 47164, Marino; Cass., Sez. Un. Pen., 9/5/2001, n. 22902, Ndiaye; Cass., Sez. Un. Pen., 28/3/2001, n. 23427, Tiezzi. Altresì, in questo senso, Cass., Sez. V Pen., 20/6/2017, n. 35591, Fagioli.
[41] Così, Cass., Sez. Un. Pen., 23/2/2017, n. 20664, Stalla, che nella specie ha affermato il concorso tra malversazione ai danni dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
[42] Lo afferma soprattutto Cass., Sez. Un. Pen., 19/1/2011, n. 1235, Giordano, richiamando l’art. 7 Cedu che impone la garanzia dell’accessibilità della norma penale contestata.
[43] In questo senso, Cass., Sez. Un. Pen., 22/6/2017, n. 41588, La Marca e Cass., Sez. II Pen., 6/12/2012, n. 10994.
[44] L’espressione è di G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, cit., p. 689.
[45] Introdotto con d. lgs. 1/3/2018 n. 21, in G.U. Serie Generale n. 68 22 marzo 2018, in vigore dal 6 aprile 2018.
[46] Così afferma la Relazione illustrativa al decreto.