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Pubbl. Ven, 20 Feb 2015

Una vita su due ruote: quando la legge incontra la problematica.

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Angela Cuofano


La legge n. 13/1989 ha previsto l´abolizione delle c.d. barriere architettoniche, stabilendo il libero accesso delle persone disabili in tutti gli edifici, pubblici e non. Andiamo nello specifico ad analizzare i requisiti trattati e le varie leggi che dovrebbero essere d´aiuto al cittadino ”speciale”.


Ammettiamolo: la vita di oggi è già abbastanza difficile. Figurarsi poi cosa può diventare quando il vecchio destino decide di donarti - generosamente, eh, ci mancherebbe - un paio di gambe che di funzionale non hanno quasi nulla e che, per questo, devono essere assistite da due ruote che, diciamocelo pure, non rendono certo la quotidianeità più rosea.
Posto che non si è qui per fare denunce di tipo discriminatorio o polemico, sembra corretto chiarire, o forse ripassare, cosa ha inventato il Legislatore  per "semplificare" la vita ai disabili.

L'accessibilità dei luoghi pubblici alle persone disabili - l'abbattimento delle c.d. barriere architettoniche - trova la sua ragion d'essere addirittura nella "vecchia" Costituzione, all'art. 3, quando si sostiene che  "è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando, di fatto, le libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il primo sviluppo della persona umana".
Per la prima legge vera e propria sul tema, si dovrà aspettare la legge n.13/1989, la quale concede ai privati cittadini contributi per l'abbattimento delle barriere architettoniche su immobili privati già esistenti ove risiedono  portatori di menomazioni e limitazioni funzionali permanenti (in parole spicciole: il disabile motorio e il cieco).
E' però il D.M. 236/1989, attuativo della legge in commento, ad analizzare nello specifico la situazione, prevedendo requisiti specifici da osservare, quali accessibilità, intesa come possibilità per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruire di spazi ed attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia.

Per ciò che concerne il secondo requisito, la visitabilità,  con essa si intende la possibilità , anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione e ad almeno un servizio igienico di ogni unità immobiliare. Per spazi di relazione s'intendono gli spazi di soggiorno o pranzo dell'alloggio privato e quelli corrispondenti del luogo di lavoro, servizio e incontro. In altre parole, la persona può accedere in maniera limitata alla struttura, che comunque le consente ogni tipo di relazione fondamentale.

Infine, si parla di adattabilità quando vi sia la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito, intervenendo senza costi eccessivi, per rendere completamente e agevolmente fruibile lo stabile o una parte di esso anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale. Un edificio si considera adattabile quando, con l'esecuzione di lavori differiti, che non modificano né la struttura portante né la rete degli impianti comuni, può essere reso accessibile.

Per quanto riguarda l'accessibilità dei luoghi pubblici, vi sono diverse norme che trattano l'argomento, tutte che spiegano nello specifico come rispettare i suddetti requisiti. 

Ecco le principali:

  • Decreto del Ministero per i Beni e le attività culturali 114 del 16/05/2008
    Linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale.

  • Legge n. 41 del 28 febbraio 1986 (Legge Finanziaria 1986)
    Imponeva agli Enti Locali territoriali, allo Stato, agli Uffici periferici dello Stato, agli Enti Pubblici, di dotarsi di un piano per l'abbattimento delle barriere architettoniche e di destinare a tal fine una quota annuale del bilancio d'esercizio;

  • D.P.R. n. 503 del 24 luglio 1996
    Disciplina l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici, con particolare riferimento all'accessibilità diretta ai servizi. Regolamenta anche le soluzioni che la pubblica amministrazione deve adottare per garantire comunque l'accesso ai servizi erogati alla popolazione;

  • Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 (legge quadro sull'handicap). 
    Alcuni commi della legge si occupano nello specifico delle barriere architettoniche, introducendo tutele in diversi campi (sanità , assistenza, scuola, formazione, lavoro, trasporti, giustizia, ecc.). In ogni caso se ne evince che le persone con disabilità in nessun caso possono essere escluse dal godimento di servizi, prestazioni e opportunità ordinariamente goduti da ogni cittadino.

Ricordiamo che, ad oggi, sono pochissime le strutture, siano esse pubbliche o private, realmente funzionali per persone con varie "specialità". Tale circostanza dimostra un dato incontrovertibile. Una persona in carrozzina, ancora adesso, incontra negozianti che non le rivolgono la parola - o, piuttosto, fanno riferimento all'eventuale persona che la accompagna -, anche quando è la diretta interessata all'acquisto; uomini e donne che, per salutarla, la accarezzano sulla testa; selezionatori che, nei colloqui di lavoro, si stupiscono della sua proprietà di linguaggio o del fatto che abbia una patente di guida e raramente incontra per strada qualcuno che la guardi negli occhi senza essere passato prima dai piedi e dalla gambe.
Questo a dimostrazione che le leggi ad hoc e i neologismi - "diversamente abile" - per quanto creati in buona fede con l'intento di non offendere, non sono sufficienti a cambiare il pensiero che sta nella testa di chi li pronuncia .
E' un problema di pari opportunità negate: sino a che la persona disabile non sarà vista, vissuta e, di conseguenza, accettata come una persona a tutto tondo che ha gli stessi diritti di qualsiasi altro, la disabilità rimarrà un problema e, per di più, un problema irrisolto.