Pubbl. Gio, 15 Mar 2018
La prova necessaria per l´acquisto di un immobile a titolo di usucapione
Modifica paginaAnalisi del regime probatorio previsto per dimostrare l´avvenuto acquisto di un immobile a titolo di usucapione alla luce degli spunti innovativi in tema di apprezzamento delle prove forniti dalla recente pronuncia del Tribunale di Como del 10.01.2018.
1. Breve panoramica.
La proprietà di un bene può acquistarsi sia a titolo derivativo (es. contratto di compravendita) che a titolo originario come nel caso dell’usucapione. Difatti, l’usucapione consente l’acquisto del bene col possesso continuato (ed in particolare, nel caso dei beni immobili con un possesso continuato per un periodo pari almeno a 20 anni). Premesso che sine possessione usucapio contingere non potest, va precisato che non si tratta soltanto di un possesso continuato bensì è necessario che sia un possesso pacifico continuato caratterizzato dall’intenzione di esercitare tutti i diritti di proprietà riconnessi a tale bene (cd. animus possidendi).
L'acquisto della proprietà per usucapione dei beni immobili si fonda, dunque, su una situazione di fatto caratterizzata dal mancato esercizio del diritto da parte del proprietario e dalla prolungata signoria di fatto sulla cosa da parte di chi si sostituisce a lui nella utilizzazione di essa (possesso uti dominus).
L’ordinamento stabilisce che la prova dell’avvenuto usucapione deve essere rigorosa, del resto è necessario vi sia una prova certa per consentire la legittimazione al sacrificio delle regioni del diritto di proprietà (ad. es. la giurisprudenza ha chiarito che non basta dire che il possesso si protrae da “tempo immemorabile” bensì è necessario fornire prova certa della data di inizio del possesso). La prova dei requisiti necessari per la determinazione dell’avvenuto usucapione può essere fornita con tutti i mezzi di prova previsti dal nostro ordinamento tuttavia il mezzo più utilizzato risulta essere la testimonianza insieme alla prova documentale (es. contratti di locazione con terzi; fattura emessa da ditta edilizia; ricevute del pagamento delle spese condominiali, etc.).
2. Il caso de quo.
Nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale di Como, parte attrice evocava in giudizio il Fallimento X s.r.l. al fine di far accertare il possesso pacifico ed incontestato ultraventennale in relazione a taluni appezzamenti di terreno. A sostegno della propria domanda deduceva, in particolare, che l'area di proprietà attorea risultava collegata con gli appezzamenti di terreno oggetto di causa, e che, per tale motivo, erano sempre stati considerati dagli attori parte integrante della striscia di terra di loro proprietà, soprattutto in considerazione della conformazione naturale dei luoghi ed, altresì che in virtù di ciò, l'area oggetto di causa veniva utilizzata, in maniera continuativa, indisturbata e pacifica dagli attori per parcheggiate le proprie autovetture e depositare materiale vario, provvedendo altresì alla sua cura e manutenzione.
Il convenuto si costituiva chiedendo il rigetto delle domande attorea per carenza dell'animus possidendi e del corpus possessionis, evidenziando che nel 2013 gli attori avevano stipulato con la società fallita un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto la medesima area interessata dal presente giudizio, con il quale parte attrice aveva riconosciuto espressamente che la proprietà di tali beni immobili fosse in capo alla società stessa.
In ragione dell’esistenza di tale preliminare di compravendita immobiliare con la società fallita, avente ad oggetto proprio i terreni interessati dall'odierno giudizio, il Giudice ha ritenuto che nel caso di specie non potesse ritenersi sussistente alcun possesso ventennale, continuo e non interrotto sull'area oggetto di causa in capo all’attrice. Difatti, nel corpo del contratto preliminare parte attrice riconosceva con effetto confessorio che la proprietà dei beni immobili oggetto di causa fosse in capo alla suddetta società, che ne avrebbe mantenuto il possesso sino alla data di sottoscrizione del suddetto atto obbligatorio.
Gli attori, pertanto, non possono vantare alcun possesso continuo e non interrotto anche tenuto conto della circostanza da essi addotta in merito ad un utilizzo dei beni oggetto della domanda come parcheggio saltuario in quanto ciò risulta pienamente compatibile con un atteggiamento di mera tolleranza da parte della società poi fallita, è inidoneo a determinare quella “signoria di fatto che costituisce il presupposto dell'acquisto a titolo originario domandato”.
Alla luce del contratto preliminare con cui gli attori avevano, dunque, espressamente riconosciuto che la società convenuta fosse proprietaria dei terreni oggetto di causa, il giudice ha rigettato la domanda di acquisto per usucapione.
3. Analisi della pronuncia.
Come si è premesso, la prova in materia di usucapione può essere fornita con qualsiasi mezzo previsto dall’ordinamento (seppur nella maggioranza dei casi si faccia ricorso alla testimonianza!). Nel caso de quo, il Giudice ha tenuto conto della presenza di un contratto preliminare ed in particolare ha ritenuto che rappresentasse il riconoscimento dei diritto di proprietà in capo alla convenuta estromessa, stabilendo, altresì, il valore confessorio di tale scrittura. Trattasi, difatti, di un caso di confessione stragiudiziale resa alla parte, come disciplinato dall'art. 2735 c.c., che ha valore di prova legale vincolante.
II Giudice, invero, non si è discostato dall’orientamento espresso dalla S.C. secondo la quale la confessione stragiudiziale nei confronti della parte, "una volta provata (con qualsiasi mezzo, ivi compresa la confessione, valendo in tal caso le ordinarie regole probatorie), ha il medesimo valore di prova legale della confessione giudiziale, ed è dotata di efficacia vincolante sia nei confronti della parte che l'ha resa falla quale non è riconosciuta alcuna facoltà di prova contraria), sia nei confronti del giudice, che, a sua volta, non può valutare liberamente la prova, ne' accertare diversamente il fatto confessato" (cfr. Cass. 10581/2000).
Invero l’On. Giudice adito ha specificato come “nel procedimento per usucapione, il riconoscimento del diritto di proprietà presente nel corpo del contratto preliminare di compravendita sottoscritto dalle parti, ha valore confessorio ed, in particolare, integra un caso di confessione stragiudiziale resa alla parte disciplinato dell’art. 2735 c.c., che ha valore di prova legale vincolante, quanto agli effetti, per il Giudice”. Sul punto, è interessante anche rammentare che con la sentenza n. 23673/2015, la Corte di Cassazione aveva stabilito che, in osservanza a quanto già enunciato dalle SS.UU., “la cosiddetta "immissione in possesso" all'atto del preliminare di vendita di immobile (immobile, la cui proprietà ed il connesso pieno possesso si trasferisce compiutamente solo con l'atto definitivo traslativo) non può costituire - di per sè - titolo idoneo abilitativo al fine di una eventuale usucapione del bene.”: pertanto il bene acquisito sulla base di un contratto preliminare non può essere usucapito in quanto tale possesso non è “uti dominus” bensì trattasi, piuttosto, di detenzione.
In ogni caso, stante quanto stabilito dal Tribunale di Como, la sottoscrizione di un contratto preliminare di vendita non consente il verificarsi dell’acquisto per usucapione in quanto si ha il riconoscimento (come si è visto, con confessione stragiudiziale che ha valore di prova legale vincolante) della proprietà in capo alla controparte.
4. I mezzi probatori ammessi per l’usucapione di un bene immobile.
Come si è avuto modo di accennare, la prova dell’usucapione può avvenire con qualsiasi mezzo eppure è bene evidenziare come il ricorso maggiore sia alla prova testimoniale. A tal proposito, è bene evidenziare che, stante la necessità di una prova rigorosa e certa, la giurisprudenza ha ritenuto di dover precisare che, qualora vi siano legami di amicizia ovvero inimicizia tra le parti, la testimonianza non potrà essere presa in considerazione. Soprattutto la giurisprudenza di merito si è, infatti, espressa circa la necessità di valutare con “la massima cautela le prove di natura orale” (in particolare il Trib. Milano con la pronuncia n. 2433/2009 aveva addirittura ritenuto si dovesse escludere la valutazione della testimonianza orale!). Ragion per cui, la prova testimoniale in tema di usucapione dovrebbe avvenire da parte di terzi estranei alla vicenda ed ai soggetti coinvolti. La ratio del consolidarsi di un simile orientamento nella prassi giurisprudenziale è quello di garantire che la violazione di diritto riconosciuto dalla nostra carta fondamentale quale il diritto alla proprietà privata che si avrebbe con l’applicazione dell’usucapione si abbia soltanto in presenza di prove assolutamente certe, Ragion per cui, l’orientamento giurisprudenza maggioritario ha ritenuto che, pur potendosi ammettere la prova per testi, questa debba essere valutata con una certa “cautela”. Inoltre, si tenga ben presente, che l’usucapione non può essere provato a mezzo di consulenza tecnica in quanto avrebbe finalità esclusivamente esplorativa, ossia perseguirebbe unicamente lo scopo di supplire alla deficienza di allegazioni e di prove, ed è granitico l’orientamento della giurisprudenza che vieta tale tipo di consulenza tecnica d’ufficio. Difatti, è pacifico che la finalità della CTU sia esclusivamente di coadiuvare il Giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni particolari che necessitino di specifiche conoscenze e non di sopperire all’onere probatorio che risiede invero in capo alle parti (Cass. n. 3130/2011; Cass. n. 27621/2017).