Continuazione fra reati giudicati con rito ordinario e rito abbreviato: il calcolo della pena
Modifica pagina
Elena Sofia Macchia
Rimessa alle Sezioni Unite con l´ordinanza n. 55745 del 13 dicembre 2017, e decisa all´udienza del 22 febbraio 2018, la questione del calcolo della pena nelle ipotesi di reato continuato, con violazioni accertate in distinti giudizi e distinti riti. Quando e come applicare la riduzione di un terzo della pena.
Sommario: 1. Premessa; 2. Il caso; 3. Il dibattito giurisprudenziale; 3.1 Riduzione premiale ex art. 442 c.p.p. sui soli reati oggetto di rito abbreviato; 3.2. Diminuente di rito estesa a tutti i reati contemplati nel vincolo della continuazione: vis attractiva del rito abbreviato; 3.3. Osservazioni critiche .
1. Premessa
Il reato continuato rappresenta nel panorama codicistico una particolare tipologia di concorso materiale, disciplinato all’art. 81 co. II c.p.[1]
Strutturato anch’esso quale realizzazione di una molteplicità di violazioni a mezzo di più condotte, si distingue per la connessione teleologica delle azioni poste in essere (c.d. “medesimo disegno criminoso”); per la distanza temporale, anche significativa, tra una condotta e l’altra; per l’inclusione espressa di ipotesi di continuazione omogenea ed eterogenea (violazioni plurime di una stessa norma o di diverse norme).
Il trattamento sanzionatorio è comune a quello prescritto per il concorso formale e prevede il cumulo giuridico delle sanzioni.
Secondo tale metodo, diversamente dalle ipotesi di concorso materiale ordinario, ove si procede al calcolo della somma delle pene previste per ciascun reato in concorso, ancorché con temperamenti (cumulo materiale temperato), nel reato continuato si pone alla base del calcolo la sanzione concreta per il reato astrattamente più grave[2] (c.d. "reato base") e su di essa è operata una serie di aumenti per ogni reato ritenuto in continuazione (reato satellite), non oltre il triplo della pena calcolata per il reato base.
Altri limiti nella quantificazione della pena risultante dagli aumenti disposti per continuazione sono ravvisabili nell'art. 78 c.p.[3], principio del cumulo materiale temperato, richiamato dallo stesso art. 81 c.p. al terzo comma, che impedisce nel calcolo il superamento della pena irrogabile per concorso materiale ordinario.
La scelta di riti speciali con sconti premiali sulla pena, influisce ulteriormente sul peso della condanna. Nel caso di nostro interesse, infatti, il rito abbreviato scelto dall'imputato comporta la riduzione di un terzo della sanzione.
Il vincolo della continuazione può essere riconosciuto tra reati accertati non solo nel medesimo procedimento, ma anche in distinti giudizi irrevocabili (continuazione c.d. “esterna”), non ostando la diversità del rito applicato. Nell’ambito di queste ipotesi, il giudice può applicare la disciplina del reato continuato, oltre che in fase cognitiva, come nella vicenda in oggetto, anche in executivis, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., a seguito di istanza per incidente di esecuzione.
L'attuale approdo giurisprudenziale sull'ammissibilità piena del reato in continuazione esterna, è stato l'epilogo di un lungo dibattito sulla distanza temporale contemplata dall'art. 81 c.p.,il potere di rideterminazione di una sanzione oggetto di sentenza irrevocabile, nei limiti del giudicato penale. La questione, ormai risolta dalla sentenza Corte Cost. n. 115/1987, appariva particolarmente delicata, allorché il giudicato coprisse l'accertamento dei reati c.d. "satelliti", per i quali la pena ordinariamente comminata sarebbe stata oggetto di un pesante stravolgimento da parte del giudice chiamato ad applicare la continuazione col reato base, sia in fase cognitiva che esecutiva.
Sul punto, il Giudice delle Leggi ha confermato la forza del principio del favor rei che, oltre a delineare i confini del giudicato penale, non può essere sacrificato sua virtù. Come non può cedere il principio di personalità della responsabilità del reo, per esigenze contingenti quali l'ordine tra le condanne per i reati connessi per continuazione.
Le vicende in commento hanno proprio ad oggetto la sintesi di decenni di contrasti ermeneutici sul corretto metodo di calcolo della pena per continuazione esterna, di cui ad esser oggetto di giudizio irrevocabile sono proprio i reati satelliti, mentre il reato base sub iudice è stato accertato in rito abbreviato.
2. Il caso
La questione al vaglio della Suprema Corte, Sezione Quinta, vede interessato un imputato condannato in abbreviato per i delitti di associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/1990), detenzione e porto illegale di arma comune da sparo (artt. 2, 4 e 7 L. n. 895/1967) aggravati ex art. 7 D.L. n. 152/1991.
Al termine di una tortuosa vicenda giudiziaria, la Corte di Appello di Napoli, in sede di secondo rinvio, aveva riconosciuto la continuazione tra i reati suddetti e quelli oggetto di due precedenti condanne, ormai irrevocabili, a seguito di rito ordinario.
La pena era stata così rideterminata, in applicazione degli artt. 81 co. II c.p. e 78 c.p., in ventisei anni di reclusione, ponendo alla base del calcolo il reato ex art. 74 D.P.R. n. 309/1990, giudicato in abbreviato, ritenuto astrattamente più grave.
La quantificazione aveva seguito il presente criterio: determinata la pena base per il reato più grave in ventiquattro anni di reclusione, era stato applicato l’aumento di un terzo per la recidiva, di ulteriori sei anni per continuazione con i reati satellite oggetto del medesimo procedimento (art. 416 bis c.p. e artt. 2, 4 e 7 L. 895/1967), successivamente la riduzione a trent’anni in virtù del criterio moderatore ex art. 78 c.p. e di un terzo per la diminuente di rito, totalizzando vent’anni.
La sanzione era stata infine incrementata di tre anni per ciascuno dei reati accertati nei due giudizi ordinari per i quali fosse ravvisabile la continuazione, giungendo così ai complessivi ventisei anni di reclusione.
Dei due motivi di censura su cui si struttura il ricorso dell’imputato, è solo il primo a essere esaminato nell’ordinanza e a costituire oggetto del quesito rimesso alle Sezioni Unite, evidentemente per implicito assorbimento del secondo.
In tale censura, la difesa del ricorrente lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 81 c.p., 442 co. 2 c.p.p.[4] e 533 co. 2 c.p.p.[5], contestando il computo svolto dalla Corte partenopea. La riduzione per giudizio abbreviato è stata infatti operata sui soli reati oggetto del rito speciale e non sulla pena complessivamente considerata, comprensiva di tutti gli incrementi ex art. 81 co. II c.p., - per continuazione con i reati addebitati, sia sub iudice che nei precedenti giudicati.
Parte ricorrente argomenta la propria doglianza sulla scorta di un orientamento della stessa Suprema Corte, individuato nella sentenza n. 37848/2015 della Terza Sezione. Orientamento favorevole a tale diverso metodo di calcolo, ma tutt’altro che consolidato, in quanto parallelo a un diverso filone interpretativo di opposto avviso. Nelle conclusioni, il ricorrente invoca l’applicazione dell’interpretazione più favorevole al reo o, in via subordinata, stante il contrasto giurisprudenziale de quo, la rimessione della questione alle Sezioni Unite penali.
Le conseguenze pratiche in materia di dosimetria della pena sono evidenti in un trattamento sanzionatorio più favorevole.
Le implicazioni di principio, d’altronde, comportano una complessa riconsiderazione dei limiti del giudicato penale nella rideterminazione della pena e dell’accordo sotteso alla concessione del beneficio premiale a seguito di richiesta di rito abbreviato.
3. Il dibattito giurisprudenziale
3.1. Riduzione premiale ex art. 442 c.p.p. sui soli reati oggetto di rito abbreviato
La Corte di legittimità procede così a una compiuta rassegna della giurisprudenza più rilevante per gli indirizzi interpretativi in esame, selezionando le pronunce progressivamente più aderenti alla specificità del caso concreto.
L’orientamento osservato dalla Corte di merito -e osteggiato dall’imputato- limita l’operato dello sconto premiale ex art. 442 c.p.p. ai soli reati giudicati in abbreviato[6], sia in fase esecutiva che cognitiva.
Tra le argomentazioni a favore della scelta, nelle pronunce citate nell'ordinanza, si adduce in primis la natura processuale della concessione premiale ex art. 442 c.p.p.[7] e la sua ratio ontologica residente nella "stretta economia", che caratterizza il rito a cd. prova contratta (vds. Cass. Sez. I, sent. n. 17890/2017, Zagaria, in materia di continuazione rilevata in executivis).
In secondo luogo, l'opinione ivi rappresentata valorizza i confini del rapporto processuale tra l'imputato optante e l'Autorità Giudiziaria. Rapporto caratterizzato da reciproche concessioni - evidenti nel godimento del beneficio premiale per il reo e nell'economia delle risorse processuali, per l'ordinamento giudiziario - e che in tale sinallagma vede la propria causa prima. A sua volta, il vantaggio conseguibile dall'imputato è inscindibile dallo svantaggio di una cognizione limitata al materiale probatorio raccolto sino all'udienza preliminare, fascicolo del PM incluso, salvo successive integrazioni disponibili nel rito abbreviato c.d. condizionato, comunque nei limiti dell'indispensabilità della prova e compatibilità dell'assunzione con l'economia processuale.
Il reo affronta pertanto il rischio di un accertamento complessivamente basato sullo stato degli atti, limitando la partita del contraddittorio a poche mosse e fronteggiando gli atti contenuti nel fascicolo del PM. Tanto giustifica il rilevante sconto sulla pena eventualmente subita.
Nel caso in esame, pertanto, l'applicazione della diminuente di rito estesa alle sanzioni inflitte a seguito di rito ordinario conferirebbe benefici cui tuttavia non è conseguito un proporzionato sacrificio, inteso come rinuncia a una piena istruzione probatoria, con correlato risparmio di risorse per l’Autorità Giudiziaria.
Il principio così delineato dalle Sezioni aderenti a tale fronte, prevede che queste diverse e più vantaggiose modalità di calcolo, dovute alla scelta del giudizio alternativo, siano riservate ai soli reati oggetto di tale rito.
3.2. Diminuente di rito estesa a tutti i reati contemplati nel vincolo della continuazione: vis attractiva del rito abbreviato
L’opinione più favorevole al reo prende le mosse dal principio affermato nelle Sezioni Unite del 2007 (sent. n. 45583 del 25/10/2007, Volpe et al.), di anteposizione del criterio moderatore ex art. 78 c.p. rispetto alla riduzione per rito abbreviato ex art. 442 c.p.p., nel calcolo della pena[8].
Il principio così enucleato mira a tutelare gli imputati che abbiano optato per il rito abbreviato da irragionevoli disparità di trattamento. Il temperamento nell’art. 78 c.p. è infatti strutturato come una serie di limiti massimi per ciascun tipo di pena, derivante da concorso di reati; il suo eventuale collocamento “a valle” nella metodologia di calcolo priverebbe di significato lo sconto processuale da rito abbreviato, poiché tutti i condannati a pena superiore a trent’anni di reclusione (o sei anni di arresto o € 15.493 di multa, etc.), a prescindere dalla scelta del rito, otterrebbero lo stesso ridimensionamento di pena. Il metodo del limite massimo tende per l’appunto a livellare i risultati a prescindere dalla base di calcolo, mentre lo sconto proporzionale del rito abbreviato è commisurato alla pena base. Ne deriva la sua maggiore incidenza quale criterio finale di quantificazione della sanzione.
Dalla linea tracciata dalle Sezioni Unite del 2007, la giurisprudenza più incline al favor rei ha distinto le ipotesi nelle quali il principio di posposizione dello sconto processuale meritasse applicazione.
Nel caso di reato satellite giudicato in abbreviato e reato base in rito ordinario, nulla quaestio: la riduzione di un terzo per i delitti riguarderà i soli addebiti oggetto della pronuncia ex art. 442 c.p.p. Diversamente, l’applicazione estesa della diminuente di rito appare giusta e doverosa.
Tra gli argomenti posti a fondamento della tesi minoritaria, il dato testuale del secondo comma dell’art. 442 c.p.p., trova un suo immediato referente nell’art. 533 secondo comma c.p.p., che sembra prescrivere l’applicazione dello sconto in caso di pluralità di condanne, quale coefficiente finale, successivo alla “scansione, questa, da cui si desume […] che, con riguardo alla condanna concretamente inflitta, la commisurazione delle singole componenti della pena complessiva attiene ad una fase precedente la deliberazione finale” (Cass. Pen. Sez. III, sent. n. 37848/2015).
La potestà modificativa del giudice di cognizione del diverso reato è anche giustificata dall’esigenza di una più profonda riconsiderazione del reato satellite, anche ai fini dello studio del vincolo del medesimo disegno criminoso.
3.3. Osservazioni critiche
Sulla scorta di quanto espresso dalle diverse voci della giurisprudenza, l’orientamento più restrittivo, sicuramente maggioritario ma non per questo anche consolidato, appare più sensibile alla valorizzazione dell’accordo tra imputato e autorità giudicante e senza dubbio coerente nel confinare gli effetti di un istituto processuale nel suo ambiente natio.
Si evidenzia inoltre che la posposizione della riduzione ex art. 442 c.p.p. nel calcolo della pena, quale coefficiente finale, operante sul totale delle sanzioni inflitte per reato continuato, sortirebbe un effetto a catena mutando a sua volta l’ambito applicativo del principio del cumulo materiale temperato (art. 78 c.p.).
Quest’ultimo criterio moderatore, che nella vicenda in analisi ha comportato la riduzione della pena a trent’anni (cui è seguito lo sconto di un terzo in abbreviato), è stato applicato prima della diminuente di rito, benché sia prevista dal Legislatore quale temperamento incidente sulla somma di tutte le pene comminate per concorso di reati, formale e materiale ex art. 73 e ss. c.p.
Ne deriva che l’estensione del beneficio premiale di rito al cumulo totale delle sanzioni, nel superare il suo ambito applicativo originario renderebbe il temperamento, ai sensi dell’art. 78 c.p., applicabile anch’esso alla somma delle sanzioni, benché prima della riduzione per scelta del rito, risultando un vantaggio tale, in termini di entità della condanna, da costituire una palese disparità di trattamento rispetto ad altri imputati. Questi ultimi, infatti, per ragioni del tutto casuali e non prevedibili, avevano optato per il rito abbreviato in relazione non già alla violazione più grave, bensì a reati ritenuti satelliti, così da non avere potuto beneficiare della vis attractiva dell’art. 442 c.p.p.
Estendere anche a costoro il trattamento di favore significherebbe, ancor peggio, vanificare del tutto i termini dell’accordo alla base del rito abbreviato e l’efficacia di contenimento dell’attività processuale.
Di contro, l'orientamento più favorevole all'imputato offre un maggior rigore nell'ordine di applicazione di aumenti e riduzioni di pena, proponendo un metodo di calcolo più lineare e che tenga conto del respiro più generalistico del criterio moderatore nell'art. 78 c.p., che per costruzione opera sul cumulo totale delle pene sommate e che, nella sola ipotesi di continuazione esterna con violazione più grave giudicata in abbreviato, vede il suo ambito ristretto ai soli reati sub iudice.
Si attende, col deposito delle motivazioni, la prudente valutazione delle Sezioni Unite, a seguito dell’udienza del 22 febbraio.
Note e riferimenti bibliografici
[1] Art. 81 c.p. - Concorso formale. Reato continuato - I. È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge.
II. Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.
III. Nei casi preveduti da quest'articolo, la pena non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.
IV. Fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, l'aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave.
[2] La giurisprudenza di legittimità appare ormai concorde, sin dalla Cass. pen., SSUU sent. n. 25939/2013, nel qualificare la violazione più grave sulla base di un criterio astratto, ossia individuando l'illecito con la pena edittale più elevata nel massimo e, in caso di parità tra massimi, sarà dirimente il minimo edittale più elevato.
[3] Art. 78 c.p. - Limiti degli aumenti delle pene principali - I. Nel caso di concorso di reati preveduto dall'articolo 73, la pena da applicare a norma dello stesso articolo non può essere superiore al quintuplo della più grave fra le pene concorrenti, né comunque eccedere:
1) trenta anni, per la reclusione;
2) sei anni per l'arresto;
3) 15.493 euro per la multa e 3.098 euro per l'ammenda; ovvero 64.557 euro per la multa e 12.911 euro per l'ammenda, se il giudice si vale della facoltà di aumento indicata nel capoverso dell'articolo 133-bis.
II. Nel caso di concorso di reati, preveduto dall'articolo 74, la durata delle pene da applicare a norma dell'articolo stesso non può superare gli anni trenta. La parte di pena, eccedente tale limite, è detratta in ogni caso dall'arresto.
[4] Art. 442 c.p.p. - Decisione – 1. Terminata la discussione, il giudice provvede a norma degli articoli 529 e seguenti.
1-bis. Ai fini della deliberazione il giudice utilizza gli atti contenuti nel fascicolo di cui all'articolo 416, comma 2, la documentazione di cui all'articolo 419, comma 3, e le prove assunte nell'udienza.
2. In caso di condanna, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita della metà se si procede per una contravvenzione e di un terzo se si procede per un delitto. Alla pena dell'ergastolo è sostituita quella della reclusione di anni trenta. Alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, è sostituita quella dell'ergastolo.
3. La sentenza è notificata all'imputato che non sia comparso.
4. Si applica la disposizione dell'articolo 426, comma 2.
[5] [6] Art. 533 c.p.p. - Condanna dell'imputato - 1. Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio. Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza.
2. Se la condanna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione. Nei casi previsti dalla legge il giudice dichiara il condannato delinquente o contravventore abituale o professionale o per tendenza.
3. Quando il giudice ritiene di dover concedere la sospensione condizionale della pena o la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, provvede in tal senso con la sentenza di condanna.
3-bis. Quando la condanna riguarda procedimenti per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), anche se connessi ad altri reati, il giudice può disporre, nel pronunciare la sentenza, la separazione dei procedimenti anche con riferimento allo stesso condannato quando taluno dei condannati si trovi in stato di custodia cautelare e, per la scadenza dei termini e la mancanza di altri titoli, sarebbe rimesso in libertà.
[6] In adesione all'orientamento più restrittivo (applicazione riduzione sui soli reati giudicati in abbreviato), con particolare riferimento alle ipotesi di continuazione esterna in fase esecutiva, la Corte ha evidenziato le seguenti pronunce:
- Sez. I, n. 17890 del 14/02/2017, Zagaria, Rv. 270012;
- Sez. I, n. 3764 del 21/10/2015, dep. 2016, Napolano, Rv. 266002;
- Sez. V, n. 47073 del 20/06/2014, Esposito, Rv. 262144;
- Sez. V, n. 26593 del 29/04/2014, Rinzivillo, Rv. 260573;
- Sez. VI, n. 33856 del 09/07/2008, P.G. in proc. Capogrosso, Rv. 240798;
- Sez. I, n. 43024 del 25/09/2003, Carvelli, Rv. 226595.
[7] Configurazione evidentemente limitata agli effetti in tema di dosimetria della pena, di cui si discute, alla luce dell'ormai noto insegnamento della Corte EDU in Scoppola c. Italia, 17 settembre 2009, e Corte cost., sent. n. 210/2013 sui profili di sostanzialità della diminuente di rito ex art. 442 c.p.p. e suo necessario adeguamento al principio di retroattività favorevole previsto dall'art. 7 CEDU.
[8] Tra le pronunce considerate dalla Corte in rappresentanza dell’orientamento in commento
- Sez. V, n. 12592 del 28/11/2016, dep. 2017, Alma e altri, Rv. 269706;
- Sez. V, n. 20113 del 27/11/2015, dep. 2016, Moreo, Rv. 267244;
- Sez. III, n. 37848 del 19/05/2015, Cutuli e altri, Rv. 264812.