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Pubbl. Mer, 18 Feb 2015

Il diritto all’informazione nei procedimenti penali: la direttiva 2012/13/UE

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Eleonora De Angelis


Di recente, il Parlamento e il Consiglio europeo hanno adottato la direttiva 2012/13/UE, relativa al diritto all’informazione nei procedimenti penali. Attraverso questo testo, l’Unione europea ha previsto norme minime comuni da applicare in materia di informazione relativa ai diritti e all’accusa, da fornire alle persone indagate o imputate per un reato, fermo restando la possibilità, concessa agli Stati, di offrire una tutela maggiore, ampliando i diritti ivi contenuti. L’obiettivo è chiaro e ribadito con forza: rafforzare la fiducia reciproca tra gli Stati membri nei sistemi di giustizia penale.


Di recente, il Parlamento e il Consiglio europeo hanno adottato la direttiva 2012/13/UE, relativa al diritto all’informazione nei procedimenti penali. Attraverso questo testo, l’Unione europea ha previsto norme minime comuni da applicare in materia di informazione relativa ai diritti e all’accusa, da fornire alle persone indagate o imputate per un reato, fermo restando la possibilità, concessa agli Stati, di offrire una tutela maggiore, ampliando i diritti ivi contenuti. L’obiettivo è chiaro e ribadito con forza: rafforzare la fiducia reciproca tra gli Stati membri nei sistemi di giustizia penale.
Per quanto concerne il campo di applicazione della direttiva in esame, l’art. 2 prevede che destinatari specifici del diritto all’informazione sono le persone indagate e imputate, indipendentemente dal loro status giuridico edalla loro nazionalità o cittadinanza, “fino alla conclusione del procedimento”. Le informazioni, che devono essere fornite tempestivamente, riguardano una serie  di diritti processuali, vale a dire il diritto ad un avvocato, condizioni per beneficiare del gratuito patrocinio, il diritto di essere informato dell'accusa, il diritto all'interprete e alla traduzione e il diritto al silenzio. Secondo la direttiva, queste informazioni devono essere fornite oralmente o per iscritto, in un linguaggio semplice ed accessibile e considerando la situazione di particolare “vulnerabilità” delle persone indagate od imputate.

L’attitudine fortemente garantistica dello strumento si irrobustisce in relazione al caso di arresto, caratterizzato da uno stato di restrizione della libertà del soggetto. In questa ipotesi, infatti, l’art. 4 della direttiva concepisce una “Comunicazione dei diritti” (“Letter of rights”) da consegnare, in forma scritta, alle persone che, nel corso del procedimento, si trovino in stato di arresto o detenzione (“arrested or detained”), le quali potranno conservare tale documento per tutto il periodo di privazione della libertà. La Comunicazione, che deve avvenire in una lingua comprensibile, dovrebbe includere informazioni di base circa la possibilità di contestare la legittimità dell’arresto, di ottenere un riesame della detenzione o dichiedere la libertà provvisoria se tale diritto esiste nel diritto nazionale.
L’art. 6, inoltre, riserva attenzione anche al diritto all’informazione sull’accusa cioè all’informazione dell’addebito elevato a carico dei soggetti sospettati o accusati di aver commesso un reato. Le informazioni al riguardo, secondo la direttiva, devono essere dettagliate, in modo tale da assicurare l’“equità” del procedimento e l’“esercizio effettivo dei diritti della difesa”.

È di pochi mesi fa il d.lgs. 1° luglio 2014 n.101 che dà attuazione alla direttiva 2012/13/UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali. Con questo testo normativo, il Governo italiano è intervenuto sul sistema processuale nazionale su due specifici fronti. In primis, sono state oggetto di modifica alcune norme del codice di procedura penale e cioè gli artt. 293, 294, 369, 369 bis, 386, 391 c.p.p. In secondo luogo, sono stati apportati dei cambiamenti alla legge 22 aprile 2005 n.69 , attuativa della Decisione quadro sul mandato d’arresto europeo e sulle procedure di
consegna tra Stati membri. Lo scopo è quello di porre l’indagato o l’imputato nelle condizioni di venire a conoscenza di tutti i diritti di cui egli può avvalersi nei diversi stadi e gradi del procedimento di cognizione a suo carico, nonché nel procedimento di esecuzione di un mandato d’arresto europeo. Le informazioni rilevanti dovranno essere fornite sempre in un linguaggio chiaro e preciso e, se l’indagato o l’imputato non conosce la
lingua italiana, in una lingua a lui comprensibile. È evidente, dunque, la correlazione con le previsioni di cui alla direttiva 2010/64/UE sul diritto
all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali,
  recentemente trasposta con d. lgs. 4 marzo 2014, n. 32.