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Obbligatorietà della legge penale e immunità: spunti a margine di una recente pronuncia della Consulta
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Pubbl. Lun, 20 Ott 2025

Obbligatorietà della legge penale e immunità: spunti a margine di una recente pronuncia della Consulta

Giulio Vaccari
Praticante AvvocatoUniversità degli Studi Roma Tre



Una delle ultime ordinanze della Corte Costituzionale, ed in particolare la numero 140 del 2025 (depositata il 29/07/2025), ha (ri)portato alla luce il controverso rapporto che intercorre tra le norme che disciplinano le immunità e l´obbligatorietà della legge penale. Il presente contributo, inserendosi nel solco della tematica, intende delineare la ratio sottesa alla disciplina delle norme di immunità, cercando al contempo di analizzare le forme in cui esse si manifestano nell´ordinamento giuridico, con particolare riguardo alle immunità di rilievo costituzionale che operano a favore del Presidente della Repubblica e dei parlamentari.


Sommario: 1. Introduzione; 2. L’obbligatorietà della legge penale; 3. La ratio e le diverse tipologie di immunità; 4. Le immunità di rilievo costituzionale: artt. 90 e 68 Cost.; 5. L’ordinanza n.140/2025 della Corte costituzionale: il conflitto tra poteri dello Stato; 6. Conclusioni.

Sommario: 1. Introduzione; 2. L’obbligatorietà della legge penale; 3. La ratio e le diverse tipologie di immunità; 4. Le immunità di rilievo costituzionale: artt. 90 e 68 Cost.; 5. L’ordinanza n.140/2025 della Corte costituzionale: il conflitto tra poteri dello Stato; 6. Conclusioni.

1. Introduzione

La relazione, o, più propriamente, il rapporto che intercorre tra le norme disciplinanti le immunità e il principio di obbligatorietà della legge penale rappresenta, da sempre, oggetto tanto di approfondita riflessione dottrinale[1] quanto di acceso confronto politico-istituzionale. Tale rapporto non si esaurisce nella mera individuazione di “eccezioni” alla portata vincolante della legge penale, ma investe più ampiamente il tema dell’equilibrio tra i diversi poteri dello Stato, la garanzia di indipedenza delle cariche pubbliche e parallelamente, la tutela del principio di eguaglianza di fronte alla legge[2]. Le immunità, infatti, si connotano per una peculiare complessità giuridica, in quanto coinvolgono, in maniera trasversale, il diritto costituzionale, internazionale e penale - sia esso sostanziale che processuale - e, al contempo, si innestano nella dimensione politica, tradizionalmente intesa come terreno fertile per alimentare conflitti tra poteri dello Stato. Pertanto, l’analisi della tematica si rivela di particolare attualità, se si considera come, in tempi recenti, la prassi applicativa e la giurisprudenza costituzionale abbiano constantemente manifestato una tensione dialettica tra l'esigenza di garantire le prerogative parlamentari e quella di salvaguardare la funzione giudiziaria.

2. L’obbligatorietà della legge penale   

L’art. 3 c.p., comma 1, sancisce l’obbligatorietà della legge penale per i cittadini[3] e gli stranieri[4] presenti nel territorio della Repubblica[5], “salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale”. La norma si inserisce nel quadro dei più ampi principi di legalità[6] e territorialità[7], delineando un sistema in cui la legge penale trova applicazione uniforme e generalizzata, fatta eccezione per quelle deroghe che lo stesso ordinamento ammette in ragione di specifiche esigenze. Tra queste deroghe spiccano le norme che disciplinano le immunità, le quali possono esser regolate sia da fonti nazionali – si parla a tal proposito di immunità di diritto pubblico interno – sia da fonti sovranazionali, vale a dire le immunità di diritto internazionale.   

Il secondo comma dell’art. 3 c.p. prosegue estendendo l’obbligatorietà della legge penale agli stranieri e ai cittadini che “si trovano all’estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla legge medesima o dal diritto internazionale[8]”. Nello specifico, per casi stabiliti dalla legge medesima” si intendono quelli espressamente previsti dagli artt. 7,8,9 e 10 c.p., che rappresentano applicazioni extraterritoriali (della legge penale) fondate su interessi particolarmente rilevanti per lo Stato. In questo senso, il sistema si presenta coerente con l’idea che la giurisdizione penale non sia illimitata ma circoscritta da criteri razionali, i quali, tuttavia, devono sempre conciliarsi con la presenza di spazi di immunità riconosciuti da norme che trovano il loro fondamento nella Costituzione o nel diritto internazionale.

3. La ratio e le diverse tipologie di immunità  

Ne consegue, dunque, che le norme di immunità sono anzitutto norme di esenzione dall’obbligatorietà della legge penale e si fondano su di una ratio squisitamente politica, prima ancora che giuridica. Esse, infatti, rispondono all’esigenza di preservare l’autonomia e l’indipedenza delle istituzioni da possibili condizionamenti da parte di altri poteri dello Stato, in questo senso le norme di immunità devono esser viste come funzionali al respingimento di pressioni o delegittimazioni. Si pensi, ad esempio, alle immunità previste per i componenti del Parlamento, le quali sono volte a tutelare l’indipendenza e la libertà dell’organo legislativo da possibili attacchi della magistratura, in un’ottica di bilanciamento tra funzioni e prerogative costituzionali.

Per quanto attiene alla tipologia, le immunità possono avere natura sostanziale, se volte ad esentare i destinatari dall’applicazione della sanzione penale, tendenzialmente anche dopo la cessazione della carica ricoperta; differenziandosi così dalle immunità di natura processuale, volte invece a sospendere il processo penale, che riprenderà il suo corso una volta cessata la carica[9].  Tale distinzione, di chiara ascendenza dottrinale, trova riscontro anche nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, la quale ha più volte sottolineato la necessità di interpetrare restrittivamente l’istituto delle immunità per evitare indebite espansioni che possano confliggere con il principio di uguaglianza di cui all’art.3 Cost[10].

Inoltre, le immunità possono distinguersi in base alla tipologia di reati “coperti” dalla norma di esenzione: in tale prospettiva si suole classificare, da un lato, le immunità di carattere funzionale, attinenti pertanto ai reati commessi nell’esercizio della funzione concretamente svolta; dall’altro, le immunità di carattere extra-funzionale, volte a coprire anche i reati che non sono strettamente commessi nell’esercizio della funzione[11]. Questa distinzione, tutt’altro che meramente teorica, assume particolare rilievo in sede di conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, laddove si discute se un determinato atto o comportamento possa esser ricondotto all’attività istituzionale in senso stretto.

Come accennato precedentemente, le norme di immunità possono ulteriormente distinguersi a seconda della fonte che le disciplina, dividendosi così tra immunità di diritto internazionale (a titolo meramente esemplificativo, quelle previste a favore del Sommo Pontefice, dei Capi di Stato o di Governo esteri) e immunità di diritto pubblico interno, prime fra tutte quelle consacrate nella Costituzione, ed in particolare quelle previste a favore del Presidente della Repubblica ai sensi dell’art. 90 Cost. e dei componenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ai sensi dell’art. 68 Cost. Tale dualismo testimonia un punto di intersezione tra diritto pubblico interno e diritto internazionale, rafforzando la concezione “ibrida” e la complessa natura delle immunità.

4. Le immunità di rilievo costituzionale: artt. 90 e 68 Cost.

Si tratta, in entrambi i casi, di immunità giuridiche di natura sostanziale a carattere funzionale.Tuttavia, quella prevista dall’art. 90 Cost., comma 1, è volta ad esentare il Capo dello Stato dall’obbligatorietà della legge penale solo ed esclusivamente in relazione agli “atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione”.  Tale previsione si radica nella particolare posizione del Presidente della Repubblica quale organo di garanzia chiamato a rappresentare l’unità nazionale[12] al di sopra delle contingenze politiche.

I parlamentari, invece, godono – analogamente al Capo dello Stato – sia di un’immunità giuridica di natura sostanziale, avente carattere funzionale, dal momento che, ai sensi dell’art. 68 Cost., comma 1, “non possono esser chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”; sia anche di un’immunità giuridica di natura processuale. Difatti, il secondo comma dell’art. 68 Cost. prosegue richiedendo l’autorizzazione della Camera di appartenenza per poter procedere nei confronti del parlamentare a perquisizione personale, domiciliare, arresto o ad altre misure di privazione della libertà personale, “salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna”, ovvero se il parlamentare viene colto “nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza”. Infine, il terzo ed ultimo comma dell’art. 68 Cost. estende l’autorizzazione parlamentare anche alle intercettazioni e al sequestro di corrispondenza.   

Originariamente, l’articolo 68 della Costituzione ampliava l’operatività dell’autorizzazione a procedere ogniqualvolta l’autorità giudiziaria intendesse avviare un procedimento penale nei confronti di un membro del Parlamento, o volesse procedere al suo arresto, anche quando questo fosse finalizzato ad eseguire una sentenza di condanna definitiva nei cui confronti si fosse formato idoneamente il giudicato. Tale originaria impostazione, oggetto di critiche per la sua idoneità a traslarsi come “scudo protettivo" nei confronti della classe politica, era pensata per garantire l’autonomia del Parlamento in un contesto politico-istituzionale diverso da quello odierno.

A seguito degli scandali emersi nel periodo comunemente noto con il termine di Tangentopoli[13], il legislatore, mediante la L. Cost. 29 ottobre 1993, n. 3, ha modificato l’art. 68 Cost., introducendo da un lato l’autorizzazione per sottoporre i parlamentari ad intercettazioni e sequestro di corrispondenza, dall’altro abolendo la c.d. autorizzazione a procedere per: a) sottoporre il parlamentare ad un procedimento penale; b) arrestare o comunque assoggettare il membro del Parlamento ad una qualsiasi misura di privazione della libertà personale, se finalizzata all’attuazione di una sentenza irrevocabile di condanna. La novella ha segnato un momento di svolta, ridimensionando significativamente il regime delle prerogative parlamentari, rispondendo alle esigenze di maggior trasparenza e responsabilità della classe politica.

5. L’ordinanza n. 140/2025 della Corte costituzionale: il conflitto tra poteri dello Stato

Il Tribunale ordinario di Potenza, sezione penale, promuoveva dinanzi al giudice delle leggi un ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica. Quest’ultimo, mediante l’adozione di una delibera[14], qualificava come insindacabili – ai sensi dell’art. 68 Cost., primo comma – le dichiarazioni rese da un senatore[15] nel corso di una trasmissione televisiva[16], ritenendole costitutive di opinioni espresse nell’esercizio della sua funzione parlamentare. Tali dichiarazioni erano (e sono tutt’oggi) oggetto di un procedimento penale pendente dinanzi al Tribunale di Potenza, a carico del senatore, per il delitto di diffamazione aggravata, ex art. 595 c.p., terzo comma. La parte ricorrente contestava come il Senato della Repubblica avesse esteso l’immunità giuridica sostanziale, avente carattere funzionale, di cui all’art. 68 Cost., primo comma, a dichiarazioni extra moenia (rese in un programma televisivo, dunque al di fuori del Parlamento) e non collegate funzionalmente all’attività parlamentare. A detta del Tribunale, spetterebbe solo ed esclusivamente all’autorità giudiziaria verificare se quelle dichiarazioni integrino o meno il delitto di diffamazione. Pertanto, il ricorrente lamentava come la delibera adottata dal Senato avesse leso l’autonomia e la sfera di attribuzioni garantite dal Costituente al potere giudiziario.   

La Corte costituzionale, valutata preliminarmente in modo positivo sia l’esistenza del requisito soggettivo (ossia la legittimazione attiva del Tribunale e passiva del Senato), sia l’esistenza del requisito oggettivo (ossia la materia oggetto del conflitto, la cui risoluzione spetta alla Consulta), dichiarava ammissibile il ricorso.Tale pronuncia, seppur interlocutoria, si inserisce nell’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale[17], la quale ha più volte richiamato la necessità di interpretare in modo rigoroso il nesso funzionale richiesto dall’art.68 Cost., evitando un’estensione indiscriminata dell’immunità che finirebbe per tradursi in un privilegio personale e non più in una garanzia costituzionale.

6. Conclusioni

Sebbene le immunità si configurino quali strumenti eccezionali e derogatori rispetto al principio generale dell’obbligatorietà della legge penale, esse non possono essere considerate privilegi di natura personale, bensì garanzie funzionali alla preservazione dell’equilibrio istituzionale. Proprio per tale ragione, si impone un’interpretazione costituzionalmente orientata, idonea ad assicurare che la loro applicazione non si traduca in un uso distorto o arbitrario, ma rimanga ancorata alla finalità originaria di salvaguardia delle istituzioni repubblicane.

La vicenda oggetto di analisi dimostra come il tema delle immunità, lungi dal costituire un retaggio storico privo di attualità, rappresenti tuttora un banco di prova per l’ordinamento giuridico, in quanto riflette la costante tensione tra l’esigenza di tutela della funzione politica e il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale.

La persistente assenza di una disciplina organica in materia non appare, del resto, frutto del caso: le immunità si collocano in un ambito nel quale la dimensione giuridica si intreccia in modo inestricabile con quella politica, e nel quale il rischio di conflitti fra poteri dello Stato si rivela costantemente attuale, come emblematicamente evidenziato dai fatti sottesi all’ordinanza n. 140/2025.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Soprattutto da parte della dottrina costituzionalistica e internazionalistica, come osservato da C. MELONI, Immunità dell’individuo-organo di fonte internazionale nel diritto penale, in La legislazione penale, 2025, 1 ss.

[2] Art.3 Cost.

[3] Vd., primo comma dell’art. 4 c.p. “agli effetti della legge penale, sono considerati cittadini italiani, gli appartenenti per origine o per elezione ai luoghi soggetti alla sovranità dello Stato e gli apolidi residenti nel territorio dello Stato".

[4] Per tali si intendono coloro che non sono cittadini italiani, la definizione di “straniero” si ricava per sottrazione da quella di cittadino italiano ai sensi dell’art.4 c.p., secondo comma.

[5]Vd., secondo comma dell’art.4 c.p. “agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il territorio della Repubblica e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio dello Stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera".

[6] Secondo comma, art.25 Cost.

[7] Art. 6 c.p.

[8] I casi stabiliti dal diritto internazionale possono esser disciplinati sia da fonti fatto (consuetudinarie) sia da fonti atto (accordi o trattati internazionali).

[9] Questa impostazione è stata ripresa da E. MEZZETTI, Diritto penale. Dottrina, casi e materiali, Zanichelli, 2020,110 ss.

[10] La Consulta è intervenuta più volte sul punto dichiarando incostituzionali per violazione dell'art.3 Cost. dapprima con Sent. n.24/2004 il c.d. Lodo Schifani  (art.1 L. n.140/2003) e successivamente con Sent. n.262/2009  il c.d. Lodo Alfano ( L. n. 124/2008).

[11] Cfr., E. MEZZETTI, Diritto penale. Dottrina, casi e materiali, Zanichelli, 2020, 110 ss.

[12] Art. 87 Cost.

[13] Per un approfondimento sul punto vd. D. DELLA PORTA, Tangentopoli, Enciclopedia Italiana, VII Appendice 2007, treccani.it.

[14] In particolare, la delibera adottata il 7 maggio 2024 dal Senato della Repubblica.

[15] L'allora (ed attuale) On. Matteo Renzi.

[16] Il programma televisivo “Non è l’arena” del 22 maggio 2022.

[17] Sul punto vd., Corte Cost., Sentt. nn.10 e 11/2000 e più di recente Corte Cost., Sent. n.104/2024.