Pubbl. Dom, 11 Feb 2018
Basta il ritardo o la cancellazione del volo per ottenere il risarcimento dei danni
Modifica paginaCon recentissima pronuncia in tema di assolvimento dell’onere probatorio in giudizio di risarcimento danni da cancellazione o ritardo di viaggio aereo, la Corte Suprema ha statuito il principio di diritto secondo cui il passeggero è semplicemente onerato a produrre il biglietto di viaggio o un suo equipollente
Sommario: 1. Contratto di trasporto aereo: profili generali e breve rassegna della normativa in caso di cancellazione o ritardo; 2. Cassazione ordinanza del 23 gennaio 2018 n. 1584: breve commento.
1. Contratto di trasporto aereo: profili generali e breve rassegna della normativa in caso di cancellazione o ritardo.
Ai sensi dell’art. 1678 c.c. con il contratto di trasporto una parte, denominata vettore, si obbliga verso corrispettivo a trasferire persone o cose da un luogo ad un altro.
Per quanto concerne più da vicino il trasporto aereo, si evidenzia, preliminarmente, che la materia è regolata, dal 1929 ad oggi, da una vasta e corposa produzione normativa rappresentata, principalmente, dalle due Convenzioni di Varsavia e Montreal risalenti, rispettivamente, al 1929 e al 1999, oltre, com’è noto, dal codice della navigazione approvato con R.D. 30 marzo 1942, n. 327.
E’ appena il caso di osservare, inoltre, che la disciplina del trasposto aereo prevista dal codice della navigazione, è stata riformata, relativamente di recente, con l’emanazione del d.lgs. 9 maggio 2005, n. 96 e del successivo d.lgs. 15 marzo 2006, n. 151, integrativo del primo, adottati nell’ambito della delega conferita al Governo per il miglioramento e la razionalizzazione del settore dell’aviazione civile, così come previsto dall’art. 2 della legge 9 novembre 2004, n. 265.
La suddetta revisione della parte aeronautica del codice della navigazione rappresenta un’importante novità rispetto al precedente strumento del rinvio alle regole sulla navigazione marittima, con la previsione di una disciplina propria e specifica di alcuni istituti aeronautici, evidentemente più al passo con i tempi, ed al tempo stesso soddisfa l’esigenza di armonizzare ed adeguare detta parte ai nuovi assetti organizzativi ed agli sviluppi normativi comunitari ed internazionali.
In punto di cancellazione o ritardo del volo, tema della pronuncia in rassegna, il Regolamento EU 261/2004, pubblicato su G.U. L. 46/1 del 17/02/2004, ha istituito “Regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione e di ritardo prolungato”.
L’articolo 5 del Regolamento, rubricato sotto la voce “Cancellazione del volo”, prevede gli obblighi del vettore operativo nei confronti del passeggero in caso di cancellazione di volo, consistenti, a norma dell’art. 7, nella compensazione pecuniaria pari a: € 600,00, per tutte le tratte aeree superiori a 3.500 km;€ 400,00, per tutte le tratte aeree comprese tra 1.500 km e 3.500 km; € 250,00, per tutte le tratte aeree inferiori a 1.500 km.
A seguito della sentenza n. 402 del 19/11/2009 della Corte di Giustizia Europea, i passeggeri dei voli ritardati sono stati assimilati a quelli dei voli cancellati (cui é applicabile l’art. 7 del Regolamento CE n. 261/2004) qualora, a causa del ritardo, subiscano una perdita di tempo pari o superiore alle tre ore, ossia quando l’arrivo alla destinazione finale sia di tre ore o più dopo l’orario di arrivo originariamente previsto dal vettore aereo.
Il Regolamento é applicabile ai voli in partenza da tutti i Paesi che fanno parte dell'Unione Europea, indipendentemente dal luogo in cui la compagnia aerea responsabile abbia la sua sede centrale, nonché ai voli che atterrano nella Comunità Europea da paesi terzi a condizione che la compagnia aerea abbia la sua sede centrale nella stessa.
Secondo la normativa prevista dal citato Regolamento, i passeggeri, muniti di un biglietto valido ed arrivati all'aeroporto in tempo utile per eseguire il check-in (non meno di 45 minuti prima della partenza), hanno diritto, quindi, alla compensazione pecuniaria se la compagnia aerea sia responsabile del ritardo (superiore alle 3 ore) ovvero della definitiva cancellazione del volo; rimborso, questo, che dipende unicamente dalla distanza del volo e non dal costo del biglietto. I passeggeri hanno diritto, altresì, ad alcuni servizi dalla compagnia aerea, quali bevande, cibo, telefonate gratuite e, se del caso, ad una sistemazione alberghiera.
Nei casi in cui il ritardo superi le cinque ore, è riconosciuta, inoltre, al passeggero la facoltà di rinunciare al volo e di ottenere il relativo rimborso.
Sono fatti salvi, tuttavia, i casi in cui ricorrendo circostanze eccezionali come, ad esempio, scioperi, cattive condizioni meteorologiche e chiusura dell'aeroporto o dello spazio aereo, è da escludersi la responsabilità della compagnia aerea.
L’assimilazione della fattispecie del ritardo a quella della cancellazione è stata riaffermata, più di recente, dalla Corte di Giustizia Europea con sentenza del 23 ottobre 2012, resa nelle cause riunite C- 581/10 e C-629/10, secondo cui in virtù del principio della parità di trattamento, la situazione dei passeggeri di voli in ritardo deve essere considerata paragonabile, per quanto riguarda l’applicazione del diritto ad una compensazione pecuniaria, a quella dei passeggeri di voli cancellati «all’ultimo momento», poiché tali passeggeri subiscono simile disagio in termini di perdita di tempo (in tal senso, se pur con particolare riferimento al volo con una o più coincidenze, Corte di Giustizia, Grande Sezione, 26 febbraio 2013, C-11/11).
Invero, come si legge nella parte motiva della superiore sentenza, “gli articoli 5-7 del regolamento n.261/2004 devono essere interpretati nel senso che i passeggeri di voli ritardati hanno diritto ad una compensazione pecuniaria in forza di detto regolamento quando, a causa di siffatti voli, subiscono una perdita di tempo pari o superiore a tre ore, vale a dire quando giungono alla loro destinazione finale tre ore o più dopo l’orario di arrivo originariamente previsto dal vettore aereo. Tuttavia, un siffatto ritardo non dà diritto ad una compensazione pecuniaria a favore dei passeggeri se il vettore aereo è in grado di dimostrare che il ritardo prolungato è dovuto a circostanze eccezionali che non si sarebbero potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso, ossia circostanze che sfuggono all’effettivo controllo del vettore aereo”.
La Corte osserva, altresì, che “l’obbligo derivante dal regolamento n.261/2004 e diretto a risarcire i passeggeri di voli in ritardo prolungato risulta compatibile con l’articolo 29 della Convenzione di Montreal”, anzi, perchè complementare, “tale obbligo di compensazione pecuniaria non osta di per sé a che i passeggeri coinvolti, qualora il medesimo ritardo causi loro anche danni individuali che diano diritto a indennizzo, possano comunque intentare le azioni dirette ad ottenere il risarcimento del danno su base individuale alle condizioni previste dalla Convenzione di Montreal”.
2. Cassazione ordinanza del 23 gennaio 2018 n. 1584: breve commento
Svolta questa breve premessa, vediamo, laddove sussista il diritto alla compensazione pecuniaria ovvero, più in generale, il rimborso, in qual guisa può ritenersi assolto l’onere probatorio incombente sul passeggero che abbia intentato un giudizio al fine di veder tutelate le proprie ragioni.
E’ a questo punto della presente e breve indagine che si colloca la recente ordinanza della Suprema Corte, in rassegna, secondo cui “Il passeggero che agisca per il risarcimento del danno derivante dal negato imbarco o dalla cancellazione (inadempimento) o dal ritardato arrivo dell’aeromobile rispetto all’orario previsto (inesatto adempimento), deve fornire la prova della fonte (negoziale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, ossia deve produrre il titolo o il biglietto di viaggio o altra prova equipollente, potendosi poi limitare alla mera allegazione dell’inadempimento del vettore. Spetta a quest’ultimo, convenuto in giudizio, dimostrare l’avvenuto adempimento, oppure che, in caso di ritardo, questo sia stato contenuto sotto le soglie di rilevanza fissate dall’art. 6, comma 1, del Regolamento CE n. 261/2004. All’affermazione di tale principio non è d’ostacolo il principio c.d. di “prossimità della prova”, poiché, nei rapporti fra passeggero e vettore aereo è vero semmai il contrario. Mentre il passeggero di regola non ha disponibilità di una prova diretta del ritardo dell’aeromobile su cui viaggiava (tranne, in ipotesi, la riproduzione fotografica dei tabelloni informativi dell’aeroporto), il vettore aereo che opera in un regime di controllo e verifica, da parte delle autorità aeroportuali, del tracciato aereo di ogni volo ha agevole facoltà di accesso alla prova ufficiale dell’orario esatto in cui il veicolo è atterrato“.
La fattispecie sottoposta all’esame degli Ermellini trae origine dal giudizio, intentato da un passeggero di una nota compagnia aerea, teso ad ottenere una pronuncia di condanna, nei confronti di quest’ultima, al pagamento della compensazione pecuniaria di euro 400,00, prevista dall’art. 7, primo comma, lett. b, del Regolamento CE n. 261/2004, nonché al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, ai sensi degli artt. 19 e 22 della Convenzione di Montreal del 1999.
A sostegno della domanda l’istante deduceva il ritardo di 4 ore subito dal volo con partenza da Berlino e destinato a Roma, per il cui effetto aveva subito l’ulteriore danno del mancato imbarco sul secondo volo, da Roma a Palermo, per raggiungere la propria residenza.
Il Giudice di Pace di Roma, in contumacia della compagnia aerea convenuta in giudizio, rigettava la domanda per difetto di prova.
Il passeggero proponeva, quindi, appello innanzi al Tribunale di Roma che, a seguito dello svolgimento del giudizio, in cui si costituiva anche la compagnia aerea, respingeva il gravame ritenendo, alla luce di una interpretazione sistematica della normativa in materia, il passeggero onerato a dimostrare, e non semplicemente ad allegare, la circostanza del ritardo subito dal volo.
Avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma, in sede d’appello, il passeggero ricorreva in Cassazione che si è pronunciata, con la recentissima ordinanza in rassegna, per la fondatezza del ricorso offrendo articolata e compiuta motivazione.
La Corte, invero, precisa che “costituisce, infatti, ormai vero e proprio ius receptum il principio di diritto secondo cui, in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento” (Sezione Unite, sentenza n. 13533 del 30/10/2001; tra le più recenti, Cassazione, sentenza n. 826 del 20/01/2015; sentenza n. 15659 del 15/07/2011).
La principale ed assorbente argomentazione offerta dalla Corte Suprema è rappresentata dalla affermata ricorrenza, nei casi come quello in esame, di una responsabilità contrattuale e, conseguentemente, dell’applicabilità dei principi generali in tema di onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., articolo, questo, che, come osservato dalla stessa Corte, ben si concilia, in una ricostruzione sistematica, con la disciplina comunitaria.
Inoltre, la Corte osserva, che la prova liberatoria “opera sul piano della imputabilità soggettiva dell’inadempimento, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., mentre il problema dell’onere della prova sta sul piano del fatto oggettivo costituito, a seconda dei casi, dal negato accesso, dalla cancellazione del volo o dal ritardato arrivo”.
Pertanto, “non è vero che il passeggero deve dimostrare, e non semplicemente allegare, l’inadempimento del vettore, la cui responsabilità poi si presume, salva la prova liberatoria. Al contrario, il passeggero deve dimostrare solamente la fonte del proprio diritto e può limitarsi ad allegare l’inadempimento del vettore, il quale potrà difendersi su due piani differenti: o dimostrando che l’inadempimento non vi è stato o che, se v’è stato, non ha superato (in caso di ritardo) le soglie di rilevanza fissate dal Regolamento CE; oppure dimostrando che l’inadempimento, pur essendosi obiettivamente consumato, è dipeso da forza maggiore o da caso fortuito, che rendono il fatto non imputabile al suo autore”.
In conclusione, alla luce della normativa vigente secondo l’interpretazione anche sistematica offerta dalla Corte Suprema con la recente ordinanza passata in rassegna, in caso di ritardo di volo aereo, il passeggero che intenda agire in giudizio per far valere le proprie ragioni, è tenuto semplicemente ad allegare il verificarsi dell’inesatto adempimento ed a produrre in giudizio il biglietto, senza dover ulteriormente provare l’effettivo orario di arrivo a destinazione, spettando, eventualmente, alla compagnia aerea dimostrare il contrario ovvero la ricorrenza di una causa di esclusione di responsabilità.