Pubbl. Mar, 16 Gen 2018
La liquidazione di diritti e onorari degli avvocati mediante il rito sommario di cognizione
Modifica paginaGli orientamenti della giurisprudenza di legittimità circa la liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato ex art. 702-bis ss. c.p.c., a seguito della riforma apportata dal d.lgs. n. 150 del 2011, denominato “taglia-riti”, in materia di procedimenti civili.
Sommario: 1. Introduzione; 2. La L. 794/42 e la giurisprudenza di merito; 3. La riforma del D.Lgs n. 150/11; 4. Orientamento giurisprudenziale a seguito della riforma; 5. Conclusioni.
1. Introduzione
Il legislatore, con il D.Lgs. n. 150/11, è intervenuto con un'importante riforma in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione.
A tal fine, sono stati ricondotti a tre i riti che regolano i procedimenti civili, ed in particolare così riporta l'art. 1 del D.Lgs in questione:
“a) Rito ordinario di cognizione: il procedimento regolato dalle norme del titolo I e del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile;
b) Rito del lavoro: il procedimento regolato dalle norme della sezione II del capo I del titolo IV del libro secondo del codice di procedura civile;
c) Rito sommario di cognizione: il procedimento regolato dalle norme del capo III bis del titolo I del libro quarto del codice di procedura civile.”
Oggetto della riforma è stato anche il procedimento inerente la liquidazione degli onorari e dei diritti degli avvocati, regolato, fino alle modifiche intervenute, dall'art. 29 e ss. della l. 794/42 ed ora ricondotto al rito sommario di cognizione ex art. 702-bis e ss. c.p.c.
2. La L. 794/42 e la giurisprudenza di merito
Questione ampiamente dibattuta riguardava l'applicazione dello speciale rito camerale previsto dalla l. 794/42 (1).
Per giurisprudenza costante (tra le tante, Cass. n. 6225 del 2010; Cass. n. 6578 del 2005; Cass. n. 7652 del 2004; Cass. n. 10426 del 2000; Cass n.17622 del 10/08/2007, Cass. n. 23344 del 09/09/2008, Cass. n 13640 del 04/06/2010, Cass. n.17053 del 05/08/11) questo veniva ritenuto applicabile solo per procedimenti che vertevano sul quantum della pretesa creditoria, e non sull'an debeatur (2), al quale era applicabile il rito ordinario, con conseguente dichiarazione di inammissibilità o trasformazione del rito, se le questioni inerenti a quest'ultimo aspetto venivano promosse con lo speciale rito camerale ex art. 29 L. 794/42.
L'orientamento suddetto era giustificato, oltre che dal tenore letterale della norma -che fa emergere un procedimento informato a criteri di semplicità e speditezza- anche dall'inappellabilità delle ordinanze che decidevano la controversia, come specificato dall'art. 29 sopracitato.
Trattandosi di provvedimenti non appellabili, veniva ribadito che tali ordinanze erano impedite a decidere circa l'an della pretesa poiché non si poteva negare a priori un riesame in appello della parte soccombente, in considerazione della complessità, in via generale, del suo accertamento.
La semplicità e speditezza del procedimento per come emergeva dalla normativa e la mancata previsione del secondo grado di giudizio comportavano, quindi, la necessità di limitare il ricorso ex l. 794/2017 al solo quantum della pretesa creditoria.
Era sufficiente allora che chi resisteva in giudizio, chiedesse un'istruzione non sommaria o ampliasse il thema decidendum con eccezioni perché il ricorso promosso venisse dichiarato inammissibile.
Queste conclusioni comportavano anche un altro effetto.
Difatti, se un giudizio veniva definito con ordinanza, ma questa involgeva anche aspetti riguardanti l'an della pretesa, veniva considerata tout court una sentenza e quindi appellabile.
Al contrario, se una sentenza statuiva solo in ordine al quantum, questa veniva considerata come un'ordinanza non appellabile sussumibile al dettato normativo ex art. 29 l. 794/42.
Prevaleva, in altri termini, la sostanza rispetto al nomen del provvedimento decisorio.
3. La riforma del D.Lgs n. 150/11
La riforma sopracitata riconduce la liquidazione dei diritti e degli onorari degli avvocati al rito sommario di cognizione con alcune peculiarità (art. 14 D.Lgs. 150/11)(3).
Innanzitutto, viene confermata la non appellabilità dell'ordinanza decisoria e la circostanza che le parti possano stare in giudizio personalmente.
Inoltre, per specifica previsione normativa, giudica il tribunale in composizione collegiale e non è applicabile l'art. 702-ter. c.p.c., terzo comma, che prevede la mutazione del rito, da sommario ad ordinario, qualora il giudice ritenga che la causa necessiti di un'istruzione non sommaria (art. 3, co.1, D.Lgs 150/11).
4. Orientamento giurisprudenziale a seguito della riforma
A seguito della riforma sopracitata, legittimo è il quesito se quanto sancito dalla Cassazione in materia fosse ancora applicabile.
Alcune pronunce ritengono attuali gli orientamenti pre-riforma (Cass. n. 19873 del 2015 e Ordinanza Cass.,VI Sez Civ., n.12248/16) e quindi tutto quanto sopra meglio descritto sull'inammissibilità o sulla trasformazione del rito (quest'ultima esclusa tra l'altro dalla riforma in esame, che non prevede l'applicazione dell'art. 702-ter c.p.c., terzo comma)(4).
Al contrario, altre sentenze, tra cui la recentissima Cass. n. 12847/17 e Cass. n. 4002/16, stabiliscono l'applicazione del rito sommario di cognizione anche per le statuizioni riguardanti l'an della pretesa, senza possibilità di dichiarare l'inammissibilità.
L'ordinanza decisoria, inoltre, viene ritenuta inappellabile come da specifico dettato normativo.
La perdita del secondo grado di giudizio verrebbe compensata con la collegialità del giudice (5) ai sensi dell'art. 14 co. 2 del D.Lgs. n.150/11 e dalla possibilità, in ogni caso, ai sensi del 702-ter c.p.c, quinto comma, dell'istruzione probatoria: “Se non provvede ai sensi dei commi precedenti, alla prima udienza il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande ”.
5. Conclusioni
La Cassazione quindi supera, con alcune recentissime pronunce, gli orientamenti pre-riforma, riconoscendo l'applicabilità del rito sommario di cognizione anche per gli aspetti inerenti l'an della pretesa creditoria, ritenendo l'ordinanza decisoria inappellabile. L'inappellabilità trova conforto in due bilanciamenti: il primo, riguardante l'attività istruttoria esperibile ai sensi del 702-ter c.p.c, quinto co. (in particolare per quanto riguarda l'accertamento dell'an), la seconda sulla collegialità del giudice.
Altre pronunce al contrario, ritengono attuali i principi pre-riforma, rimanendo più aderenti alla relazione governativa del D. Lgs 150/11 che afferma, in modo piuttosto chiaro, che:”Al riguardo, non è stato ritenuto necessario specificare che l’oggetto delle controversie in esame è limitato alla determinazione degli onorari forensi, senza che possa essere esteso, in queste forme, anche ai presupposti del diritto al compenso, o ai limiti del mandato, o alla sussistenza di cause estintive o limitative. Tale conclusione, ormai costantemente ribadita dalla giurisprudenza di legittimità, non viene in alcun modo incisa dalla presente disciplina, in assenza di modifiche espresse alla norma che individua i presupposti dell’azione, contenuta nella legge 13 giugno 1942 n. 794.”
Note e riferimenti bibliografici
1.Così la l. n. 792/42: “Art. 28 – Forma dell’istanza di liquidazione degli onorari e dei diritti
Per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente l’avvocato o il Procuratore, dopo la decisione della causa o l’estinzione della procura, deve, se non intende seguire la procedura di cui all’art. 633 e seguenti del codice di procedura civile, proporre ricorso al capo dell’ufficio giudiziario adito per il processo.
Art. 29 – Procedimento di liquidazione
Il Presidente del Tribunale o della Corte di appello ordina, con decreto in calce al ricorso, la comparizione degli interessati davanti al collegio in Camera di consiglio, nei termini ridotti a norma dell’art. 645, ultima parte, del codice di procedura civile.
Il decreto è notificato a cura della parte istante.
Non è obbligatorio il Ministero di difensore.
Il collegio, sentite le parti, procura di conciliarle. Il processo verbale di conciliazione costituisce titolo esecutivo.
Si applica per le spese l’art. 92, ultimo comma, del codice di procedura civile.
Se una delle parti non comparisce o se la conciliazione non riesce, il collegio provvede alla liquidazione con ordinanza non impugnabile la quale costituisce titolo esecutivo anche per le spese del procedimento.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si osservano, in quanto applicabili, davanti al conciliatore e al Pretore quando essi sono rispettivamente competenti a norma dell’art. 28.
Art. 30 – Non impugnabilità dell’ordinanza che decide l’opposizione a decreto ingiuntivo
L’opposizione proposta a norma dell’art. 645 del codice di procedura civile contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati e Procuratori per prestazioni giudiziali è decisa dal Tribunale o dalla Corte di appello in Camera di consiglio oppure dal conciliatore o dal Pretore, con ordinanza non impugnabile la quale costituisce titolo esecutivo anche per le spese.
Il procedimento è regolato dall’articolo precedente.”
2. “An debeatur “ si traduce con “se sia dovuto”. Con tale termine si indica quindi il fondamento della pretesa creditoria che deve essere oggetto di prova. A sua volta la controparte giudiziale fornisce le prove contrarie, dando vita al contraddittorio, che può essere più o meno complesso a seconda della dell'oggetto trattato. Una volta accertato il diritto si procede alla sua quantificazione, al “quantum”.
I giudizi promossi ex l. 794/42 secondo la Cassazione dovevano vertere solo sul “quantum” della pretesa.
In altri termini, il diritto che si faceva valere non doveva essere contestato dalla controparte.
3. L'art. 30 della l. 794/42 prevedeva l'applicazione del rito speciale camerale anche nei casi di opposizione proposta a norma dell'art. 645 c.p,c. avverso il decreto ingiuntivo riguardanti onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali . La riforma apportata dal decreto “taglia-riti” ora prevede, in questi casi, l'applicazione del rito sommario di cognizione (art. 14 D.Lgs 150/11).
4.Ulteriore elemento che corrobora tali tesi è la circostanza immutata che le parti possano stare in giudizio personalmente. Ciò vuol dire che si deve trattare di un rito caratterizzato da semplicità ed immediatezza ab origine, con la conseguenza che qualora sia necessaria un'istruzione non sommaria, e considerata l'inapplicabilità dell'art. 702-ter c.p.c., terzo co., il giudice non possa che dichiarare inammissibile il ricorso.
5. Sulla portata di tale bilanciamento, sentenza Corte Costituzionale n. 65/2014. Il doppio grado di giudizio non gode di copertura costituzionale.