Pubbl. Ven, 19 Gen 2018
Il contratto di parcheggio
Modifica paginaUna fattispecie negoziale atipica a prestazione complessa - I limiti alla sussistenza di un interesse meritevole di tutela.
Il contratto di parcheggio rappresenta una fattispecie giuridica non codificata espressamente dal legislatore. Al riguardo, un contratto può essere considerato atipico soltanto nel caso in cui non appartenga a nessuno dei tipi aventi una disciplina particolare (art. 1322, 2° co., c.c.). Conseguentemente, l’atipicità reca con sé il problema dell’individuazione della disciplina applicabile nonché della qualificazione della natura giuridica dell’istituto. Secondo costanti filoni dottrinali e giurisprudenziali, il parcheggio costituirebbe un particolare tipo di sosta lecita “atipica”, che troverebbe la propria qualificazione nell’essere effettuata in zone all’uopo destinate con un provvedimento amministrativo dell’autorità competente.
L’elemento caratterizzante deriverebbe dall’occupazione del suolo destinato a quel particolare scopo. Da ciò si inferirebbe la qualificazione della sosta quale elemento essenziale del parcheggio, mentre quest’ultimo sarebbe un’interruzione della circolazione. Secondo l’articolo 3, n. 34 del Decreto Legislativo n. 285/1992 il parcheggio rappresenterebbe: “area o infrastruttura posta fuori dalla carreggiata, destinata alla sosta regolamentata o non dei veicoli”. All’interno di un parcheggio, sia pubblico sia privato, pertanto, si verifica un transito di veicoli e di pedoni posto che in esso inizia o termina, dinamicamente, la circolazione dei veicoli.
Tra il conducente ed il gestore, nel contratto di posteggio, si instaura un rapporto giuridico in cui si contrappongono il diritto alla prestazione del primo al dovere di eseguire la corretta prestazione del secondo. Risulta necessario, tuttavia, distinguere il parcheggio custodito, in cui tra le parti del contratto si crea un rapporto giuridico di tipo privato, dal parcheggio incustodito in cui, secondo il dettame di cui all’articolo 7, comma primo, lettera F del Decreto Legislativo 285/1992, tra le parti del contratto sorge un’obbligazione di carattere tributario.
Nel caso di contratto di parcheggio di tipo privato, in area custodita, il procedimento di formazione della volontà contrattuale è rappresentato, ai sensi dell’articolo 1336 del Codice Civile, dall’offerta al pubblico. Di fatto, la stessa viene integrata dagli avvisi contenuti negli appositi cartelli segnaletici e l’adesione all’offerta viene integrata dall’immissione del veicolo nell’apposito stallo da parte del proprietario, integrando una manifestazione tacita della volontà del guidatore.
La giurisprudenza ha ritenuto che, la prestazione di parcheggio in area recintata, determina l’affidamento che la custodia sia ricompresa nella prestazione stessa. A nulla rileverebbero le esclusioni di responsabilità da custodia del titolare del parcheggio, contenute in eventuali clausole generali, giacchè l’estrema celerità con cui avviene la conclusione del contratto legittima l’ignoranza del guidatore sulle clausole stesse.
Appare evidente che ricondurre il contratto di parcheggio allo schema succitato determinerebbe il sorgere degli obblighi del custode in capo al titolare della struttura, conseguentemente lo schema contrattuale richiamabile sarebbe quello del deposito ex articolo 1766 del Codice Civile, essendo ravvisabile un’identità di cause tra i due tipi contrattuali.
Appare evidente, pertanto, la necessità di comprendere se il negozio di parcheggio si configuri come un contratto tipico ovvero paia indefettibile individuarne la disciplina regolatrice per relationem ad uno schema contrattuale tipico. Sicuramente è possibile annoverare il contratto di parcheggio tra le figure contrattuali che perseguono particolari interessi di tutela: trattasi, infatti, di un negozio in forza del quale l’autoveicolo viene affidato al titolare del parcheggio al fine di custodirlo all’interno di un apposito spazio. Con riferimento alla natura giuridica, dottrina e giurisprudenza hanno costantemente discordato, ritenendo possibili diverse qualificazioni giuridiche. Si è ritenuto infatti il contratto di posteggio quale contratto di deposito stricto sensu inteso ai sensi dell’art. 1766 cod. civ.; quale contratto di prestazione d’opera secondo il dettato dell’ art. 2222 cod. civ.; quale contratto assimilabile alla locazione; quale contratto atipico.
Appare, tuttavia, difficoltoso ricomprendere il contratto di parcheggio nell’alveo del contratto di deposito. Tale operazione interpretativa determinerebbe, come anticipato, il sorgere dell’obbligo in capo al depositario, di custodia della cosa con la diligenza del buon padre di famiglia ai sensi dell’articolo 1768 del codice civile. È chiaro che una diversa scelta di carattere ermeneutico non condurrebbe ai medesimi profili di responsabilità qualora il contratto di parcheggio fosse ricompreso nell’ambito della locazione d’area.
A dirimere la vexata quaestio sono intervenute le Sezioni Unite con la sentenza 29 giugno 2011, numero 14319.
Secondo la Suprema Corte, sarebbe ravvisabile un duplice interesse di tutela nelle aree urbane connotate da alta densità, giacchè alla finalità pubblica e sociale di fluidificare il traffico corrisponderebbe l’interesse principale del titolare del veicolo di poter parcheggiare il mezzo in aree sorvegliate. A ciò farebbe da sostrato ontologico il pubblico interesse volto ad incentivare la sosta degli automezzi a tariffazione modesta, creando così un sistema sostenibile sia dal punto di vista del parcheggiatore, sia dal punto di vista dell’utente comune.
La scelta tra parcheggio custodito e non custodito, nel rispetto dei limiti normativamente fissati, è rimessa, pertanto all’utente finale ed al suo concreto interesse.
Qualora, quest’ultimo sia quello di addivenire alla conclusione di un contratto che gli garantisca uno stallo per il veicolo che sia prossimo ai mezzi di trasporto pubblici, accessibili così senza il rischio di incorrere in divieti sanzionati dal codice della strada a fronte del pagamento della somma corrispettiva della prestazione del parcheggiatore, si configura il contratto di parcheggio non custodito ogni volta in cui il parcheggio dell’auto non trasferisca la detenzione dello stesso al personale di sorveglianza e purchè gli avvisi di esclusione della custodia siano esposti in modo tale da consentirne una immediata percezione preventivamente alla conclusione del contratto stesso.
Poiché, tra l’altro, le caratteristiche del servizio da erogare secondo le modalità indicate non sono determinate successivamente alla conclusione del contratto stesso, né attengono ai suoi effetti o garanzie legali, ovvero alla limitazione di adempimento di obblighi o esonero di responsabilità, non è necessaria la sottoscrizione ai sensi dell’articolo 1341, comma secondo, del Codice Civile. Ciò in quanto si tratterebbe di proposta negoziale manifestata prima dell’accettazione e, pertanto, efficace a norma della legge 6 febbraio 1996 n. 52, non potendosi presumere nessuna vessatorietà della stessa.
La Corte ritiene inoltre che qualora, invece, l’utente intenda assicurarsi non solo l’utilizzazione dell'area, ma anche la conservazione e la restituzione del veicolo nello stesso stato in cui lo ha consegnato - anche senza le chiavi, se il posteggiatore non è incaricato del posizionamento di esso, e ancorché chiuso con inserimento di sistemi di allarme e sicurezza, accorgimenti di solito necessari ai fini della validità della polizza assicurativa e idonei ad escludere la custodia degli oggetti all'interno dell'abitacolo – si configura il contratto di parcheggio con custodia a cui è applicabile la disciplina sul deposito, contratto a struttura reale perché funzione prevalente dei contratto ed obbligazione caratteristica del gestore del parcheggio è l’espletamento della custodia dell'auto, e perciò egli deve adottare cure e cautele – come ad esempio apporre videocamere o personale per la sorveglianza a distanza, installare sistemi dotati di allarme per l’uscita da vie diverse da quelle indicate - e svolgere attività idonee all'adempimento di tale obbligo e a tutelare l’utente dal rischio di furto del veicolo (art. 1177 cod.civ.), il cui costo questi paga anche in proporzione al valore del veicolo, che incide sulla difficoltà della prestazione, ed in cui il danaro è anche misura della diligenza nell'esecuzione di essa (criterio analogico desumibile dall'art. 1768, secondo comma, cod. civ.).
Appare pertanto evidente che l’operazione ermeneutica preliminare funzionale ad individuare la disciplina applicabile è quella di accertare il tipo di contratto di parcheggio concluso - con o senza custodia - in base alla volontà manifestata dalle parti che si integra e si coordina, funzionalmente, giuridicamente ed economicamente con le prestazioni individuanti l’oggetto di esso: offerta di godimento di un'area a pagamento - riservata per legge con provvedimento dell'autorità competente (artt. 4, secondo comma, lettera a) del d.P.R. del 1959 n. 393 e 3 del Regolamento approvato con d.P.R. del 1959 n. 420) - per parcheggiare per prevalenti finalità di pubblico interesse - e cioè decongestionare il traffico privato nelle grandi città e agevolare il collegamento pubblico da e con località limitrofe - desumibili anche dall'ubicazione dell'area in prossimità di servizi di trasporto pubblico (stazioni auto pubbliche o ferroviarie, metropolitane) - o offerta di area di sosta per parcheggiare un'auto in uno spazio in cui, ancorché sussista un interesse collettivo ad accedere ad un servizio limitrofo, pubblico o privato, il costo remuneri il gestore dal rischio del trafugamento del veicolo, che egli assume.
Ne consegue che se invece le parti si sono accordate sulla qualificazione del contratto come parcheggio senza custodia, significa che hanno escluso l’obbligo del gestore di controllare che il veicolo venga prelevato soltanto da colui che lo ha parcheggiato, e perciò non può essergli richiesta in fase esecutiva del rapporto una prestazione ulteriore a quella offerta ed accettata dall'utente, rimasta estranea al procedimento di contrattazione, e su cui è stato parametrato il corrispettivo da pagare, né, in presenza di tale espressa volontà negoziale, la responsabilità ex recepto del gestore può trovare il suo fondamento nel criterio sussidiario della buona fede dell'utente, ovvero esser originata dall'obbligo di protezione del medesimo derivante dall'art. 1177 cod.civ. sul presupposto che comunque nel contratto di parcheggio è ravvisabile una funzione prevalente di deposito derivante dal controllo altrui sul luogo in cui è lasciato il veicolo, che perciò è esposto ad uno specifico rischio di danno, non essendo ipotizzabile tale principio di ordine generale prevalente sul perseguimento di un interesse pubblico sociale rilevante qual è lo stazionamento di un veicolo in una zona di sosta a costo sostenibile, senza custodia.
Ciò premesso, le sezioni unite della corte di cassazione fanno un’ulteriore precisazione laddove afferma che, in ogni caso, non può ritenersi che i presupposti per tutelare l’affidamento incolpevole dell'utente sulla custodia sono costituiti dalle modalità con cui è offerta al pubblico la prestazione, e cioè l’apparente predisposizione del servizio - area recintata o chiusa, autosilo, sbarra meccanica di entrata e uscita del parcheggio - perché se la custodia è univocamente esclusa, le strutture ed i meccanismi predisposti costituiscono modalità organizzativa del gestore per lo stazionamento dei veicoli, volte a delimitare l’area ad esso destinata per escluderla dalla viabilità - come prescrive la normativa innanzi richiamata del codice della strada - e ad impedire, mediante meccanismi automatizzati di controllo o personale a tal fine addetto, la gratuita utilizzazione dell'area, garantendo invece al gestore la riscossione del corrispettivo della sosta - progressivo e differenziato secondo la durata, e perciò rapportato al tempo dell'occupazione del suolo altrui - prima di consentire l’uscita del veicolo, conformemente alle indicazioni solitamente scritte nello scontrino, automatizzato e non personalizzato - poiché non è richiesto nessun riconoscimento personale per ritirare il veicolo – tipico mezzo per lo scambio delle prestazioni negli affari di massa a conclusione rapida e semplice (mass market transactions), senza possibilità di adottare particolari accorgimenti identificativi del fruitore del servizio - e documento di prova del tempo dell'utilizzazione dello spazio messo a disposizione.
Bibliografia
CHINDEMI D., Il contratto di parcheggio di autovettura in area recintata. Contratto di deposito o locazione d’area? (nota a App. Milano 1.2.2000), in NGCC, 2000, I, 444-447.
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ROPPO V., Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di Iudica – Zatti, Milano, Giuffrè, 2001, 387 ss.
MONESI D., Responsabilità del posteggiatore e diritti dell’utente in Consumatori Diritto e Mercato numero 2/2009.