Pubbl. Mer, 6 Dic 2017
Lo stalking ai danni del vicino
Modifica paginaNota di commento a Corte di Cassazione, Sez. V Penale, sentenza n. 50438 del 2017, in tema di stalking ai danni dei vicini.
Sommario: 1. Introduzione; 2. Il fatto; 3. Profili di diritto penale sostanziale e processuale; 4. Conclusioni.
1. Introduzione
I Giudici della Corte di Cassazione (Sez. V.° Penale) fanno luce, con la sentenza 50438/2017, sulle condotte moleste e palesemente persecutorie (violative dei rapporti di buon vicinato e, di conseguenza, del pacifico godimento del diritto di proprietà (art. 832 c.c.), quali ad esempio:imbrattamento con vernice delle pareti antistanti le abitazioni; scarico di letame, chiodi sparsi; massi collocati nella parete antistante il cancello per limitare o ostruire il passaggio), ponibili in essere da parte dei soggetti agenti, quali strumenti attuativi del reato previsto e punito all’articolo 612-bis, nei confronti dei vicini di casa.
Il Collegio giudicante giunge ad affermare, nella suindicata sentenza, che: “Sussiste una connotazione sistematica delle condotte persecutorie che connota la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 612 bis c.p. nel comportamento dell'imputato che, per impedire alle persone offese il regolare passaggio lungo una strada oggetto di controversia civilistica tra le parti, aveva imbrattato le pareti antistanti le abitazioni con vernice, scaricato letame, sparso chiodi, collocato massi nella parte antistante il cancello per limitare od ostruire il passaggio.”
Al fine di poter illustrare, compiutamente, i profili sia sostanziali che processuali relativi al principio giurisprudenziale "forgiato" dai Giudici della Quinta Sezione Penale del Supremo Consesso, con riferimento alla specifica vicenda processuale, è necessario premettere, brevemente, il fatto.
2. Il fatto
M.B. ricorre in Cassazione avverso l'ordinanza emessa il 13/09/2016 dal Tribunale della libertà di Venezia, che rigettava l'istanza di riesame proposta avverso l'ordinanza del Gip del Tribunale di Vicenza applicativa della misura cautelare del divieto di avvicinamento, in relazione ai reati di atti persecutori e lesioni aggravate.
Deduce il vizio di motivazione, lamentando che l'ordinanza abbia operato un acritico rinvio per relationem all'ordinanza genetica, con una valutazione stereotipata del narrato delle persone offese, riscontrato soltanto da due testimoni affetti da disabilità mentale; inoltre, nessuna delle denunce proposte dall'indagato (e dalla convivente coindagata) nei confronti delle persone offese risulta essere stata archiviata.
La motivazione sarebbe mancante o erronea, inoltre, anche con riferimento all'attualità delle esigenze cautelari, in quanto l'unica pretesa aggressione fisica risalirebbe al (OMISSIS), e vi sarebbe poi un tentativo di percossa del (OMISSIS).
Con un secondo motivo deduce il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 612 bis c.p., non ricorrendo la reiterazione delle condotte, trattandosi di fatti episodici ed isolati, ascrivibili a modeste questioni "di cortile" tra vicini; non potrebbe, infine, integrare la fattispecie contestata il c.d. "stalking giudiziario", consistente, secondo la contestazione, nella reiterata proposizione di denunce.
Con memoria depositata il 07/09/2017 il difensore del ricorrente ha ribadito le doglianze concernenti l'attualità delle esigenze cautelari e l'insussistenza del reato di stalking.
Ciò premesso, si può passare ad esaminare i profili sostanziali e processuali della vicenda in esame.
3. Profili di diritto penale sostanziale e processuale
Stante tutto quanto sin qui illustrato, non residua, dunque, alcun dubbio che lo stalking possa essere, pacificamente, classificato, quale "reato abituale" (Trib. Milano, 17 aprile 2009), con potenzialità lesiva, talmente elevata, della "libertà morale delle persone", così da cagionare alle vittime "un perdurante stato patologico" incidente, con effetti molto negativi, sulla loro "serenità" ed "equlibrio" (Cass. pen., sez. V°, 26 marzo 2010, n.° 11945).
Tale situazione angosciosa, costringe le vittime ad alterare, o quantomeno, a modificare, significativamente, le "loro abitudini di vita" (Cass. pen., sez. V°, 21 settembre 2010, n. ° 34015), in virtù dei "ripetuti danneggiamenti sui beni" (come accaduto nella specifica vicenda processuale, analizzata dai Giudici di Piazza Cavour), classificabili quali atti idonei ad incidere sul loro "stato psichico", visto e considerato che "la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 612 bis non costituisce una duplicazione del reato di lesioni (art. 582 c.p.), il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica" (sez. V° 11/16864) (Cass.pen., sez. V°, 7 marzo 2011, n.° 8832).
In altri termini: i Giudici della Suprema Corte di Cassazione (Sez. V° Penale), hanno ripercorso e preso spunto dalla precedente giurisprudenza di legittimità in materia di atti persecutori, nel forgiare la massima giurisprudenziale precedentemente riportata, in quanto, nelle pronunce del passato concernenti il reato di "atti persecutori", è stato sancito che: "lo stalking è un reato abituale di evento assistito dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dall’abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione a tali condotte – evento non previsto sul fronte della tipicità normativa – potendo questa ultima, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l’occasione" (Cass. Pen., 29 maggio 2016, n.° 21407).
Trasportando i profili di diritto penale sostanziale sin qui illustrati nell’ambito del diritto penale processuale, ne deriva, con riferimento con riguardo alla specifica vicenda processuale relativa alla sentenza in oggetto, che va affermata la censurabilità e quindi la nullità sia della tesi relativa alla invalidità della motivazione per relationem (Sez. 2 n.° 3289 del 14/12/2015 dep. 2016 Astolfi Rv. 265807 e Sez. 3, n. 840 del 17/12/2015, dep. 2016, Tinnirello, Rv. 265645; Sez. 3, n. 28979 del 11/05/2016, Sabounjian, Rv. 267350), in quanto non risulta essere stata attuata nessuna violazione dell’articolo 606, primo comma, lett. e) c.p.p., che della tesi inerente alla violazione di legge, fondata sulla motivazione derivante da erronea valutazione dell’impianto probatorio, in quanto tale eventuale verifica è riservata al giudice di merito (e non a quella dei Giudici della Corte di Cassazione), per cui va ritenuta censurabile, all’interno della sentenza, soltanto l’apparato motivazionale posto a fondamento della decisione del giudice (Cass. pen, sez. III°, 30 marzo 2010, n. ° 12464 (c.c. 4 marzo 2010), P.M. in proc. C. ed altri [RV 246465] conforme: Cass.pen., Sez. VI°, 24 aprile 2007, n.° 16532 (ud. 13 febbraio 2007), Cassandro. [RV237145]).
4. Conclusioni
Dall’analisi congiunta dei profili di diritto penale sostanziale e processuale sin qui riportati, ne deriva che risulta una misura cautelare applicata in maniera idonea, nei confronti degli stalkers dei vicini di casa, quella del divieto di avvicinamento (art. 282-ter c.p.p.), in quanto l’adozione della medesima risulta, in casi del genere, è idonea a "prevenire i reati le cui condotte si sostanziano nella persistente ed invasiva ricerca di contatto con la vittima in qualsiasi luogo in cui la stessa si trovi", per cui il giudice ha la possibilità di "individuare la stessa persona offesa e non i luoghi da essa frequentati, come riferimento attuale del divieto di avvicinamento" (Cass. pen., sez. V°, 11 aprile 2012, n. ° 13568).
Note e riferimenti bibliografici
1) Luigi Tramontano, Codici Civile e Penale Annotati Con La Giurisprudenza Per L’esame Di Avvocato 2013 Cedam
2) Cass. pen., sez. V°, 7 marzo 2011, n.° 8832
3) Codice Civile e Codice Penale - I Codici Superiori 2016 diretti da Guido Alpa e Roberto Garofoli, NelDiritto Editore: Cass. Pen., 23 maggio 2016, n.° 21407
4) Piermaria Corso – Codice Di Procedura Penale E Processo Minorile - 32a Edizione – CELT Casa Editrice LaTribuna: Art. 606, comma I, lett. e), c.p.p.: Cass. pen, sez. III°, 30 marzo 2010, n. ° 12464 (c.c. 4 marzo 2010), P.M. in proc. C. ed altri [RV 246465] conforme: Cass.pen., Sez. VI°, 24 aprile 2007, n.° 16532 (ud. 13 febbraio 2007), Cassandro. [RV237145]) (pag. 1858).