Pubbl. Dom, 5 Nov 2017
Usura sopravvenuta: le Sezioni Unite chiudono la questione
Modifica paginaLe Sezioni Unite risolvono in maniera definitiva il contrasto fra le tesi che riguardano l´usura sopravvenuta e la sua configurabilità.
Con la sentenza n. 24675 del 2017, le Sezioni Unite hanno risolto l’importante contrasto sulla questione relativa all'incidenza del sistema normativo antiusura, introdotto dalla legge 7 marzo 1996, n. 108 sui contratti stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore, anche alla luce della norma di interpretazione autentica di cui all'art. 1, comma 1, d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, conv. dalla legge 28 febbraio 2001, n. 24.
La soluzione raggiunta dal massimo consesso nomofilattico è stata nel senso che, in continuità con il primo dei due orientamenti giurisprudenziali in contrasto, deve essere negata la configurabilità dell'usura sopravvenuta. Il giudice è, invero, vincolato all'interpretazione autentica degli artt. 644 c.p. e 1815, secondo comma, cod. civ., come modificati dalla legge n. 108 del 1996 (rispettivamente all'art. 1 e all'art. 4), imposta dall'art. 1, comma 1, d.l. n. 394 del 2000, cit.; interpretazione della quale la Corte costituzionale ha escluso la sospetta illegittimità, per violazione degli artt. 3, 24, 47 e 77 Cost., con la sentenza 25 febbraio 2002, n. 29.
La massima
Allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell'usura come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l'inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all'entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto.
Il caso
La E. s.p.a. convenne in giudizio la Banca M. s.p.a. chiedendo dichiararsi nulla la previsione del tasso d'interesse del 7,75 % fisso semestrale, contenuta nel mutuo decennale di 14 miliardi di lire concluso con la convenuta il 19 gennaio 1990, perché detto tasso era superiore al tasso soglia determinato secondo le previsioni dalla legge 7 marzo 1996, n. 108 in materia di usura, entrata in vigore nel corso del rapporto; chiese, conseguentemente, la condanna della convenuta al rimborso degli interessi già riscossi, dovendo il mutuo considerarsi gratuito, o comunque al rimborso della parte di tali interessi eccedente il tasso legale o quello ritenuto giusto, nonché al risarcimento dei danni, anche morali, conseguenti al reato di usura commesso dalla banca, rifiutatasi di rinegoziare il tasso a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 108, cit.
La convenuta resistette e il Tribunale di Milano accolse la domanda, condannando la banca al rimborso degli interessi riscossi per la parte eccedente il tasso soglia.
La sentenza di primo grado è stata integralmente riformata dalla Corte d'appello su impugnazione della banca soccombente.
Qualificato il rapporto come mutuo fondiario, la Corte ha ritenuto applicabile il d.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7sulla disciplina del credito fondiario; dal che deriva, a suo giudizio, la legittimità del contratto di mutuo, con la relativa determinazione del tasso d'interesse, e l'assorbimento di ogni altra questione.
L'ordinanza di rimessione e le questioni di diritto
La prima Sezione civile, investita della cognizione del ricorso, con ordinanza interlocutoria n. 2484 del 31 gennaio 2017, ha rilevato un contrasto al suo stesso interno in ordine alla questione dell’efficacia della normativa antiusura sui contratti sorti anteriormente all'entrata in vigore della l n. 108 del 1996 ma che hanno avuto vigenza anche successivamente ad essa.
Una delle opzioni interpretative esclude che, all'esito dell'interpretazione autentica intervenuta ex art. l d.l. n. 394 del 2000 convertito nella l. n. 24 del 2001, il superamento del tasso soglia degli interessi corrispettivi originariamente convenuti in modo legittimo (senza oltrepassare il limite dell'usurarietà), in corso di esecuzione del rapporto possa determinarne ex artt. 1339 e 1418 cod. civ. la riconduzione entro il predetto tasso soglia stabilito dalla legge così come integrata dal d.m. periodicamente emanati al riguardo. Viene valorizzato, da quest'orientamento, il dato testuale dell'art. l del d.l. n. 394 del 2000 ed in particolare la locuzione "indipendentemente dal loro pagamento". La legittimità iniziale del tasso convenzionalmente pattuito spiega la sua efficacia per tutta la durata del contratto nonostante l'eventuale sopravvenuta disposizione imperativa che, per una frazione o per tutta la durata del contratto successiva al suo sorgere, ne rilevi la natura usuraria a partire da quel momento in poi.
Questo orientamento, formatosi su fattispecie consistenti in contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della l. n. 108 del 1996 ha trovato recente conferma nella sentenza 19 gennaio 2016 n. 801 così massimata: "I criteri fissati dalla legge n. 108 del 1996, per la determinazione del carattere usurario degli interessi, non si applicano alle pattuizioni di questi ultimi anteriori all'entrata in vigore di quella legge, siano esse contenute in mutui a tasso fisso o variabile, come emerge dalla norma di interpretazione autentica contenuta nell'art. 1, comma 1, del d.l. n. 394 del 2000 (conv., con modif., dalla l. n. 24 del 2001), che non reca una tale distinzione”.
In precedenza il medesimo principio è contenuto nella sentenza 19 marzo 2007 n. 6514 (in motivazione) e 27 settembre 2013 n. 22204 in motivazione.
Parallelamente all'orientamento illustrato se ne sviluppato uno speculare, di recente confermato dalla pronuncia 17 agosto 2016 n. 17150 così massimata: "Le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano la misura degli interessi in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell'usura(introdotte con l'art. 4 della l. n. 108 del 1996), pur non essendo retroattive, comportano l'inefficacia "ex nunc" delle clausole dei contratti conclusi prima della loro entrata in vigore sulla base del semplice rilievo, operabile anche d'ufficio dal giudice, che il rapporto giuridico, a tale momento, non si era ancora esaurito".
Questa pronuncia, unitamente a molte altre relative a fattispecie identiche, non contiene nello sviluppo motivazionale, il riferimento espresso alla citata norma d'interpretazione autentica (art. 1 d.l. n. 394 del 2000) ed al successivo avallo della Corte Costituzionale (si richiamano al riguardo anche le sentenze 14 marzo 2013 n. 6550, n. 602 del 2013; n. 17854 del 2007). Nella pronuncia 31 gennaio 2006 n. 2140 si fa, invece, espresso riferimento, a differenza che nelle altre, all'intervenuta legge d'interpretazione autentica degli artt. 1 e 4 della l. n. 108 del 1996 e alla sentenza della Corte Costituzionale n. 29 del 2002. Ugualmente il richiamo si ritrova nella sentenza n. 11638 del 2016.
La soluzione e le motivazioni delle Sezioni Unite
Le Sezioni unite – con la segnalata sentenza – hanno risolto il contrasto accreditando l’orientamento che nega la configurabilità dell'usura sopravvenuta, essendo il giudice vincolato all'interpretazione autentica degli artt. 644 c.p. e 1815, secondo comma, cod. civ., come modificati dalla legge n. 108 del 1996 (rispettivamente all'art. 1 e all'art. 4), imposta dall'art. 1, comma 1, d.l. n. 394 del 2000, cit.; interpretazione della quale la Corte costituzionale ha escluso la sospetta illegittimità, per violazione degli artt. 3, 24, 47 e 77 Cost., con la sentenza 25 febbraio 2002, n. 29, e della quale non può negarsi la rilevanza per la soluzione della questione in esame.
È priva di fondamento, infatti, la tesi della illiceità della pretesa del pagamento di interessi a un tasso che, pur non essendo superiore, alla data della pattuizione (con il contratto o con patti successivi), alla soglia dell'usura definita con il procedimento previsto dalla legge n. 108, superi, tuttavia, tale soglia al momento della maturazione o del pagamento degli interessi stessi.
La ragione della illiceità risiederebbe nella violazione di un divieto imperativo di legge quale è il divieto dell'usura e, in particolare, il divieto di pretendere un tasso d'interesse superiore alla soglia dell'usura come fissata in base alla legge.
Sennonché, il divieto dell'usura è contenuto nell'art. 644 c.p.; le (altre) disposizioni della legge n. 108, cit., non formulano tale divieto, ma si limitano a prevedere un meccanismo di determinazione del tasso oltre il quale gli interessi sono considerati sempre usurari a mente, appunto, dell'art. 644, comma terzo, c.p. novellato.
L'art. 2, comma 4, legge n. 108, cit. definisce, sì, il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, ma si tratta appunto del limite previsto dal terzo comma dell'art. 644 del codice penale, essendo la norma penale l'unica che contiene il divieto di farsi dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità.
Deve, perciò, concludersi che è impossibile affermare, sulla base delle disposizioni della legge n. 108 del 1996, diverse dagli artt. 644 c.p. e 1815, secondo comma, cod. civ. come da essa novellati, che il superamento del tasso soglia dell'usura al tempo del pagamento, da parte del tasso convenzionale inferiore a tale soglia al momento della pattuizione, comporti la nullità o l'inefficacia della corrispondente clausola contrattuale o, comunque, l'illiceità della pretesa del pagamento del creditore.
Va pertanto enunciato il seguente principio di diritto: «Allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell'usuracome determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l'inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all'entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto».
La sentenza in rassegna mette, dunque, la parola fine alla teorica sulla cosiddetta “usurarietà sopravvenuta”, valorizzando il dettato normativo della legge di interpretazione autentica e, dunque, l’attenzione dell’interprete, ai fini della valutazione dell’usura, soltanto sul momento della pattuizione degli interessi.