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Pubbl. Gio, 21 Set 2017

Dolo eventuale e colpa cosciente in tema di circolazione stradale

Riccardo Giuseppe Carlucci


Riflessioni giurisprudenziali sulla distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente, in particolare, in tema di circolazione stradale.


Sommario: 1. Premessa; 2.  Le varie forme del dolo; 3. Una particolare species di dolo: il dolo eventuale; 4. Il dolo eventuale e la colpa cosciente nella circolazione stradale; 5. Conclusioni.

Sommario: 1. Premessa; 2.  Le varie forme del dolo; 3. Una particolare species di dolo: il dolo eventuale; 4. Il dolo eventuale e la colpa cosciente nella circolazione stradale; 5. Conclusioni.

1. Premessa.

Il legislatore del 1930, nel delineare il quadro normativo del codice penale, ha ancorato espressamente la punibilità di un determinato soggetto, ad una struttura tripartita: tipicità, antigiuridicità e colpevolezza.

In particolare, tale ultimo elemento costituisce un principio cardine dell’intero sistema penale, affondando le sue radici all’interno della stessa Carta Costituzionale, precisamente nell’articolo 27, comma 1 secondo cui: la responsabilità penale è personale.

Tale enunciato assume una duplice veste: infatti mentre da un lato cristallizza un primo principio, facilmente individuabile prima facie (ossia dell’impossibilità di rispondere penalmente di un reato commesso da un altro soggetto), dall’altro, nel suo significato più pregnante, indica il principio della responsabilità per fatto proprio colpevole. Il legislatore, indi, ha espresso il principio secondo cui l’applicazione della norma incriminatrice presuppone pur sempre l’attribuibilità psicologica del singolo fatto di reato alla volontà antidoverosa del soggetto.

D’altronde il principio secondo cui è necessario un legame di natura psicologica tra l’autore e l’elemento materiale del reato, risulta ormai consacrato non solo all’interno del nostro ordinamento, ma anche a livello internazionale, primo fra tutti, dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo. Difatti, la Corte Edu, in varie pronunce, ha affermato come «l’articolo 7 non menziona espressamente un legame morale fra l’elemento materiale del reato ed il presunto autore. Ciò nonostante, la logica della pena e della punizione così come la nozione di “guilty” (nella versione inglese) e la nozione corrispondente di “personne coupable” (nella versione francese) sono nel senso di una interpretazione dell’articolo 7 che esiga, per punire, un legame di natura intellettiva (coscienza e volontà) che permetta di rilevare un elemento di responsabilità nella condotta dell’autore materiale del reato»[1].

L’idea di colpevolezza, così delineata, implica il rifiuto della responsabilità per l’evento (c.d. responsabilità oggettiva), bandendo di fatto ogni forma di responsabilità per accadimenti dovuti al mero caso fortuito. D’altronde, il rimprovero di colpevolezza implica che si presupponga come esistente una possibilità di agire diversamente da parte del soggetto a cui il fatto è addebitato.

Indi, la colpevolezza, quale parametro di valutazione della relazione psicologica fatto-autore, non può non riflettere le differenze riscontrabili nelle diverse forme di partecipazione interiore al fatto: dolo (volontarietà del fatto) e colpa (involontarietà del fatto).

2.  Le varie forme del dolo.

Indubbiamente, il delitto doloso costituisce il modello fondamentale di illecito penale, posto che il dolo rappresenta il normale criterio di imputazione soggettiva.

Tale affermazione trova riscontro normativo nell’articolo 42, comma 2 del codice penale, laddove si stabilisce che “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvo i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge”. Tale norma palesa chiaramente l’intento del legislatore di configurare le singole fattispecie incriminatrici, presupponendo (e senza esplicitarlo di volta in volta) il criterio soggettivo (dolo) di attribuzione della responsabilità. Per quanto concerne gli altri criteri di attribuzione della responsabilità indicati all’interno della norma (colpa e preterintenzione), il legislatore li configura mediante un criterio negativo, ossia soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge.

L’articolo 43, comma 1 del codice penale, stabilisce che un delitto è doloso “quando l'evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”.

Non soffermandosi sulla struttura del dolo e sul suo oggetto, che meriterebbero un’autonoma e ampia trattazione, ciò su cui ci si vuole soffermare in tale esposizione è rappresentato dalle varie forme del dolo, così come individuate nel corso del tempo dall’elaborazione dogmatica.

In particolare è definibile:

  • dolo intenzionale: quando il soggetto ha di mira proprio la realizzazione della condotta criminosa o la causazione dell’evento;
  • dolo diretto: si configura ogni qualvolta l’agente si rappresenta con certezza, gli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice, e si rende conto che la sua condotta sicuramente la integrerà. In tale ipotesi, a differenza del dolo intenzionale, la realizzazione del reato non è l’obiettivo che dà causa alla condotta, ma costituisce soltanto uno strumento necessario affinché l’agente realizzi lo scopo perseguito;
  • dolo alternativo: si configura quando l’agente prevede, come conseguenza certa o possibile della sua azione, il verificarsi di due eventi, ma non sa quale si realizzerà in concreto.

Un’ulteriore distinzione diffusa prevalentemente nella prassi è tra:

  • dolo generico: che corrisponde alla nozione tipica di dolo, ossia consiste nella coscienza e volontà di realizzare gli elementi costitutivi di un reato;
  • dolo specifico: consiste, invece, in uno scopo o in una finalità particolare che l’agente deve prendere di mira, ma che non è necessario che si realizzi effettivamente affinché il reato si configuri.

Ultima distinzione è tra:

  • dolo di danno: che consiste nella volontà di realizzare un fatto che provoca la completa lesione dell’interesse protetto;
  • dolo di pericolo: che consiste nella volontà di provocare la semplice esposizione a pericolo del bene.

3. Una particolare species di dolo: il dolo eventuale.

Al centro del dibattito dottrinale e giurisprudenziale che si è sviluppato negli ultimi anni, si colloca una particolare species di dolo, ossia il dolo eventuale.

In particolare le criticità di tale forma di dolo, sono riscontrabili nel suo collocarsi in una zona-limite con la colpa cosciente, che ai sensi dell’articolo 61 n. 3 del codice penale, comporta un aggravamento di pena.

Affinché trovi configurazione tale forma di dolo, è necessario che il soggetto agisca senza il fine di commettere il reato, configurandosi a contrario il dolo intenzionale. Il soggetto agente, piuttosto, in tale ipotesi, deve rappresentarsi la commissione di un reato soltanto come conseguenza “possibile” di una condotta diretta ad altri scopi.

Il requisito minimo del dolo eventuale, consiste nella necessità che l’agente preveda la concreta possibilità di verificarsi di un evento lesivo. Se ciò sia sufficiente ai fini della configurazione del dolo de quo, non è univoco in dottrina, essendovi al riguardo diverse teorie:

  1. teoria della possibilità: secondo cui agisce già dolosamente chi prevede la concreta possibilità di provocare la lesione di un bene giuridico e, ciononostante, agisce ugualmente.
  2. teoria della probabilità: che costituisce una variante della prima teoria, secondo cui occorre che l’agente si rappresenti non soltanto come concretamente possibile, ma come probabile la verificazione dell’evento lesivo.
  3. teoria del consenso: secondo cui rileverebbe un approvazione interiore della realizzazione dell’evento preveduto come possibile.

A fronte di tali teorie, l’opinione prevalente si è orientata nell’acoogliere la cd. teoria dell’accettazione del rischio: secondo cui, affinché il soggetto agisca a titolo di dolo eventuale, non basta la rappresentazione mentale della concreta possibilità di verificazione dell’evento, occorrendo un quid pluris. In particolare, è necessario che l’agente faccia seriamente i conti con tale possibilità e, ciononostante, decida di agire anche a costo di provocare un evento criminoso. Tale consapevole accettazione del rischio, in sede di valutazione penalistica, si avvicina alla vera e propria volizione del fatto. Nell’eventualità, invece, in cui il soggetto si rappresenti la possibilità dell’evento lesivo, ma confidi nella sua concreta non verificazione, si avrà colpa cosciente.

4. Il dolo eventuale e la colpa cosciente nella circolazione stradale.

La distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente costituisce, indubbiamente, un classico esempio scolastico del diritto penale generale. In particolare tale tematica è stata più volte affrontata dalla stessa Corte di Cassazione, che ha avuto modo di precisarne limiti e contenuti delle rispettive nozioni, mediante una serie di pronunce sia in tema di eventi disastrosi (vedasi il processo Thyssengroup), sia in altri ambiti. In particolare, oggetto di interesse in tale contesto sono le numerose pronunce giurisprudenziali che hanno ricostruito la distinzione de quo in tema di circolazione stradale.

Tra le varie pronunce della Corte di Cassazione sul tema, assume particolare rilievo la sentenza n. 37606 del 26 marzo 2015, ove la Sezione I della Suprema Corte si è espressa su un caso di omicidio cagionato da un soggetto alla guida di una vettura e in evidente stato di ebbrezza.

In particolare,  l’imputato è stato condannato all’esito di giudizio abbreviato, riconosciuto colpevole di tutti i reati ascrittigli e condannato alla pena di anni 12 di reclusione, con le pene accessorie di legge e le statuizioni circa il risarcimento del danno in favore delle parti civili. Avverso tale sentenza, l’imputato ha poi proposto appello contestando la qualificazione della condotta operata in prime cure, la ricostruzione dell'incidente, la quantificazione della pena e le modalità del suo calcolo, nonché la mancata concessione delle attenuanti generiche. Tuttavia, la Corte di assise di appello ha rigettato il gravame confermando ogni decisione di prime cure.

Pertanto l’imputato, assistito dal difensore di fiducia, ha presentato ricorso per cassazione, sviluppando quattro motivi di impugnazione.

Motivo principale sviluppato dalla difesa è stato l’errata qualificazione giuridica della condotta dell’imputato, sottolineando come la condotta dell’imputato fosse contraddistinta dalla volontà di evitare danni a terzi, integrando quindi nel caso di specie la condotta prevista e punita dall’articolo 589 c.p. e non quella di omicidio volontario.

Tale motivo di gravame ha consentito alla Suprema Corte, anzitutto, di ricostruire la nozione di dolo eventuale nei seguenti termini: «si contrappone tradizionalmente al dolo alternativo (e diretto) il dolo eventuale, figura questa di giurisprudenziale conio, che si individua, secondo tralaticia definizione, quando l'agente, rappresentandosi l'eventualità dell'evento più grave, non avrebbe agito diversamente anche se di esso avesse avuto la certezza (cfr. Sez. un., n. 12433 del 26/11/2009, Nocera, Rv. 246324) e dell'evento non voluto ha, comunque, accettato il rischio che si verificasse.» Indi, la Corte ha precisato come la linea di demarcazione tra dolo eventuale e colpa cosciente, secondo costante insegnamento, è individuata nel diverso atteggiamento psicologico dell'agente che, nel primo caso, accetta il rischio che si realizzi un evento diverso non direttamente voluto, mentre nella seconda ipotesi, nonostante l'identità di prospettazione, respinge il rischio, confidando nella propria capacità di controllare l'azione.

Pertanto, da una parte sussiste l'accettazione del rischio dell'evento causato dalla condotta che riporta la condotta al dolo eventuale, dall'altra invece la ragionevole speranza che l'evento rappresentatosi all'agente non si verifichi, caratterizzante la colpa con previsione.

Premesso ciò, la Prima Sezione della Corte ha proseguito il suo iter logico-giuridico riferendosi ad una precedente sentenza delle Sezioni Unite (n. 33343 del 24/04/2014), che pur costituendo un arresto chiarificatore in tema di distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente, proprio al fine della sua distinzione dalla colpa cosciente, ha fornito, sul piano probatorio, l'indicazione degli elementi sintomatici del dolo eventuale affermando: "in tema di elemento soggettivo del reato, per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l'agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa e a tal fine l'indagine giudiziaria, volta a ricostruire l'"iter" e l'esito del processo decisionale, può fondarsi su una serie di indicatori quali:

a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa;
b) la personalità e le pregresse esperienze dell'agente;
c) la durata e la ripetizione dell'azione;
d) il comportamento successivo al fatto;
e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali;
f) la probabilità di verificazione dell'evento;
g) le conseguenze negative anche per l'autore in caso di sua verificazione;
h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l'azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l'agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento (cosiddetta prima formula di Frank)".

Tra le varie altre pronunce sulla distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente in tema di circolazione stradale, rileva anche la pronuncia della Suprema Corte, con la sentenza n. 20465/13, secondo cui «il dolo eventuale si deve riconoscere laddove l'agente pone in essere la sua condotta delittuosa a costo di causare un ulteriore evento criminoso anche più grave dell'evento principale e, quindi, si tratta di accertare se egli lo ha accettato. Il dolo vuole l'evento (quel determinato evento) e così lo vuole il dolo eventuale. La colpa cosciente non vuole l'evento, ma lo provoca per negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline»,  rilevando come in occasione di un sinistro stradale con esito mortale, l'alterazione psicofisica del responsabile dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti non vale a trasformare la colpa cosciente in dolo eventuale.

In un ulteriore caso, la Sezione IV della Suprema Corte con la sentenza n. 7389/14, ha affermato come «ricorre il dolo eventuale quando chi agisce si rappresenta come seriamente possibile (ma non come certa) l'esistenza di presupposti della condotta ovvero il verificarsi dell'evento come conseguenza dell'azione e, pur di non rinunciare all'azione e ai vantaggi che se ne ripromette, accetta che il fatto possa verificarsi, decidendo di agire "costi quel che costi", mettendo cioè in conto la realizzazione del fatto» (nel caso di specie durante un ordinario servizio di vigilanza stradale era stato predisposto un primo luogo di controllo e gli Ufficiali di P.G. operanti nella circostanza avevano intimato inutilmente ad un ciclomotore, con due giovani a bordo, di arrestarsi, sicché questi avevano cambiato strada sottraendosi al controllo. Sicché gli Operanti avevano predisposto un secondo blocco stradale e lo stesso ciclomotore investì un’agente di polizia, al fine di sfuggire anche al secondo controllo. In tale caso i giudici di merito hanno condannato l'imputato per lesioni dolose - dolo eventuale - e la condanna è stata confermata dalla Cassazione, secondo la quale integra l'elemento psicologico del delitto di lesioni volontarie anche il dolo eventuale, ossia la mera accettazione del rischio che la manomissione fisica della persona altrui possa determinare effetti lesivi).

5. Conclusioni.

La distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente solleva molti dubbi in dottrina e giurisprudenza. Si tratta, certamente, di un tema particolarmente importante, che possiede numerose problematicità intrinseche. Ne è un esempio la sentenza n. 33343 del 24/04/2014 delle Sezioni Unite della Suprema Corte che, nell'andare ad elaborare gli elementi sintomatici del dolo eventuale, rende palese la difficoltà, nella ricostruzione dell'elemento soggettivo nel caso di specie incontrata dai giudici di merito.

Note e riferimenti bibliografici

[1] Corte EDU, caso Sud-Fondi e altri c. Italia, 20 gennaio 2009.
D. PULITANÒ, Diritto Penale, Torino, 2011.
G. FIANDACA-E. MUSCO, Diritto penale- parte generale, Bologna, 2010.