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Pubbl. Mer, 9 Ago 2017

I riflessi penalistici della circolazione dei derivati

Salvatore Coppola


I derivati, secondo alcuni ”l´origine del male” che ha colpito i mercati, possono anche integrare gli estremi di condotte penalmente rilevanti. In questo articolo vedremo quali ed a quali condizioni ricorrano.


Sommario: 1. I derivati; 2. Profili penalistici: il caso del Comune di Milano.

Sommario: 1. I derivati; 2. Profili penalistici: il caso del Comune di Milano.

1. I derivati

Con il termine "strumenti derivati" si indicano tutti gli strumenti finanziari il cui valore dipende dall’andamento del prezzo di un altro strumento finanziario, denominato titolo sottostante (in inglese: underlying asset).

Possiamo distinguere tra derivati simmetrici, quando prevedono obblighi per entrambi i contraenti venditore ed acquirente, oppure asimmetrici, quando sono vincolanti per il solo venditore del contratto. Nella prima categoria rientrano i forward e gli swap, nella seconda tutti i contratti che hanno un contenuto di opzione: warrant e covered warrant. E’ possibile un ulteriore classificazione distinguendo tra gli strumenti derivati che sono scambiati nei mercati regolamentati e quelli negoziati fuori borsa (over the counter – derivati OTC). I contratti scambiati nei mercati regolamentati hanno caratteristiche standardizzate tra cui scadenza, modalità di fissazione del prezzo, diritti ed oneri spettanti alle parti contrattuali, mentre i contratti negoziati fuori borsa possono essere adattati di volta in volta alle specifiche esigenze dei contraenti, così facendo vengono sottratti al vaglio degli organi di controllo dei mercati finanziari.

I derivati sono alla base della crisi scoppiata nel 2008 negli Stati Uniti, nota anche come crisi dei mutui subprime. La Federal Reserve, banca centrale degli Stati Uniti, immetteva liquidità nel sistema facendo mantenere i tassi di interesse artificiosamente bassi. Gli istituti di credito concedevano mutui per acquisto di immobili a clienti poco solvibili, il credito veniva esternalizzato dagli istituti cedendolo a società veicolo, collocate in centri off-shore in relazione alla carenza di trasparenza con le autorità giudiziarie. Le società veicolo emettevano delle obbligazioni che diventavano il sottostante, l’entità di riferimento sulla quale sono costruiti altri prodotti finanziari, che vengono venduti su scala mondiale.

I derivati hanno avuto incidenza anche nel nostro ordinamento, coinvolgendo persino un ente locale, il Comune di Milano. A seguito dei vincoli imposti precedentemente col Trattato di Maastricht del 1992 e dal patto di stabilità e crescita del 1997, si impongono forti limitazioni in tema di disavanzo statale e debito pubblico, con l’impossibilita per gli enti territoriali di ricorrere ad indebitamento. Sottoscrivendo un derivato l’ente riceve una somma in up-front, in anticipo, senza necessità di inserire tale somma in bilancio. I contratti sono stipulati sulla base di moduli predeterminati, che la parte contrattuale forte cede alla parte debole, l’offerta dovrebbe essere accompagnata da un prospetto informativo, ma trattandosi di derivati OTC , vengono strutturati fittiziamente come contratti  individuali, sottraendoli alla vigilanza dell’ organo di controllo CONSOB. Ictu oculi emerge un'asimmetria informativa tra chi cede e chi acquista, rispettivamente parte forte e debole dello stesso contratto. Nel 2005 il Comune di Milano emette dei bond trentennali per ristrutturare la propria situazione debitoria, gli istituti di credito agganciano all’operazione dei derivati.

2. Profili penalistici: il caso del Comune di Milano

Per ciò che concerne l’aspetto penalistico non trova applicazione l'art. 173 bis del Testo Unico Finanza, falso in prospetto, in quanto non vige un obbligo informativo in tema di derivati OTC, tuttavia gli istituti di credito con una condotta omissiva celavano il rischio sotteso all’operazione. Tale condotta che si sostanzia nelle forme del silenzio contrattuale, tuttavia rientra nella fattispecie prevista dal art. 640 del codice penale ovverosia la truffa, quale delitto contro il patrimonio compiuto con frode (1). Con la sentenza resa il 19 dicembre 2012 il Tribunale penale di Milano ha condannato alcuni manager bancari nonché i rispettivi istituti di credito. Il processo si è celebrato a carico sia di persone fisiche che di persone giuridiche. Tutti gli imputati (persone fisiche e giuridiche) sono stati giudicati in un simultaneus processus, così come peraltro previsto e richiesto dall’art. 38 del d.lgs. n. 231/01. Le persone fisiche sono state tutte accusate di concorso nel reato di truffa aggravata.

Le norme di riferimento vanno dunque rinvenute nell’art. 640, comma 1 (condotta base) e comma 2, n. 1 (circostanza aggravante) del codice penale. La circostanza aggravante in commento prevede, poi, una pena maggiormente afflittiva nel caso in cui la condotta delittuosa venga perpetrata ai danni dello Stato o di un ente pubblico. Dalla lettura del capo di imputazione si apprende che gli “artifici” ed i “raggiri” posti in essere dagli imputati sarebbero consistiti nelle seguenti condotte. Quanto alle banche, queste avrebbero innanzi tutto certificato falsamente la sussistenza delle condizioni di maggior convenienza economica per l’ente territoriale con riferimento ad un’emissione obbligazionaria per la ristrutturazione del debito comunale in luogo della rinegoziazione dei mutui in essere. A tal fine assume rilievo l’art. 41, comma 2 della L. n. 488/01 (Legge Finanziaria 2002), il quale ammette che gli enti pubblici territoriali possano provvedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996 anche mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione ovvero mediante rinegoziazioni dei mutui anche con altri istituti, purché si sia “in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi”.

In particolare, le banche avrebbero dolosamente omesso di prendere in considerazione, ai fini del calcolo della riduzione del valore finanziario delle passività totali di cui all’art. 41, comma 2 citato, l’esistenza di un contratto derivato, stipulato dal Comune in data 5 marzo 2002, connesso a mutui in essere ed estinti in un momento successivo con un’autonoma operazione, a seguito della quale l’ente si vedeva gravato di una passività effettiva per la chiusura pari ad € 96.328.000,00. Per regolare tale passività il Comune di Milano era costretto a combinare un pagamento “cash” con la rinegoziazione di un’importante frazione dell’importo, così andando incontro ad ulteriori gravosi costi di rifinanziamento.La condanna trova fondamento, inoltre, nel  dell'art. 41 della legge finanziaria del 2002 in quanto doveva essere espletato un test di convenienza sul operazione di ristrutturazione, test espletato dagli stessi istituti che sono controparte contrattuale del contratto, inoltre lo stesso ente è stato gravato di costi impliciti ovvero occulti, si riscontra quindi una differenza tra il prezzo pattuito e quello effettivamente pagato per l’operazione economica.

La Corte d’Appello di Milano, il 7 marzo 2014, ribalta la sentenza di primo grado, assolvendo con la formula "perché il fatto non sussiste" i funzionari e gli istituti di credito dal reato di truffa. Con la sentenza la Corte d’Appello di Milano ha anche revocato la confisca stabilita stabilita in primo grado a loro carico, che ammontava complessivamente a 89 milioni di euro. ‘Cancellata’ anche la sanzione di un milione di euro disposta in primo grado.Dagli sviluppi del processo d'appello si ricava che, sulla base di nuovi accertamenti, non sono emersi costi impliciti poiché esposti integralmente, legati anche alla natura non neutrale dell’operazione. Per ciò che concerne il conflitto di interessi, in relazione alla consulenza ex art. 41 della legge finanziaria del 2002, lo stesso ente locale era a conoscenza del conflitto in quanto possiede tutte le personalità di competenza per prevenire qualsiasi conflitto.

Note e riferimenti bibliografici

1) La truffa è il tipico delitto contro il patrimonio, la peculiarità del delitto consiste nell'inganno da parte del deceptor con il quale il deceptus viene indotto a compiere un atto che può essere sia positivo che negativo, da tale condotta deriva una diminuzione del patrimonio della vittima, con profitto per il deceptor. Una concezione giuridica ritiene che il danno si produca con la semplice assunzione dell’obbligazione da parte del deceptus. Secondo la concezione economica, invece, il danno non si produce con il semplice accordo ovvero dall’assunzione dell'obbligazione, ma il momento consumativo consiste nella perdita effettiva del bene giuridico, in quanto il derivato vive diacronicamente, vale a dire nel futuro.