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Pubbl. Sab, 22 Lug 2017

La cessione di cubatura e la trascrizione del contratto

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Giusy Tuzza


Priva di riferimenti normativi, la cd. cessione di cubatura è il frutto di elaborazioni giurisprudenziali alla luce della prassi dei consociati. Ne è da sempre derivata una moltitudine di interpretazioni, certamente discordanti tra di loro, che ha generato confusione e incertezze normative. In tal senso sono venuti in aiuto dei giudici di legittimità il D.L. n. 70 del 2011 in materia di trascrivibilità degli atti annessi ai diritti edificatori e, soprattutto, il Consiglio di Stato, le cui sentenze mettono un punto fermo alle questioni inerenti le modifiche urbanistiche sulle aree interessate.


Sommario: 1. Premessa; 2. Prima della riforma; 3. Natura giuridica e contenuto della cessione di cubatura. La differenza con le servitù prediali; 4. Questioni rilevanti; 5. Art. 2643 n. 2bis c.c.; 6. Risvolti in ambito fiscale; 7. Conclusioni.

 

1. Premessa.

Sin dal 1976 è stato introdotto nel nostro ordinamento il concetto di “standard edilizio”, al fine di regolamentare lo sfruttamento degli spazi da costruire e tutelare le esigenze pubblicistiche anche del paesaggio. Ciò ha fatto si che fino ad oggi è possibile costruire solo in presenza di requisiti stabiliti dalla legge e dai piani regolatori. Tra questi requisiti di certo vi rientra la cessione di cubatura, ossia la potenzialità edificatoria di un terreno, variabile a seconda di alcuni indici specifici. La questione ha presentato risvolti problematici laddove ci si è chiesti se fosse possibile trasferire la capacità edificatoria, posseduta da un terreno, da un terreno all’altro.

Dopo una serie di vicissitudini e di interpretazioni susseguitesi nella giurisprudenza e nel dibattito dottrinale, oggi è pienamente ammesso il contratto di cessione di cubatura, con “il quale il proprietario di un terreno edificabile trasferisce ad un altro soggetto di area contigua, avente la stessa destinazione urbanistica,  tutta, o parte, della potenzialità del proprio fondo in modo tale che il cessionario possa utilizzarla per realizzare un immobile di volumetria maggiore” (1). Ciò è possibile perché è irrilevante per il Comune che la potenzialità edificatoria di un terreno sia utilizzata da un unico soggetto o da più titolari di terreni diversi (2). L’ipotesi, quindi, non può essere paragonata al caso di assenza di cessione. Infatti “il vincolo di asservimento rende irrilevante la verifica delle ragioni che hanno indotto il proprietario a cedere la suscettibilità del proprio fondo” (3). Il tutto nel pieno rispetto dell’autonomia contrattuale i cui effetti, in questo caso, avranno carattere definitivo e producono una minorazione permanente della loro utilizzazione da parte dei proprietari.

Da qui il dibattito dottrinale a proposito della natura dei diritti edificatori, se cioè debbano essere considerati beni immateriali suscettibili di valutazione economica e liberamente trasferibili, oppure dei veri e propri diritti reali. Prima dell’introduzione del n. 2 bis, all’art. 2643 c.c., molti autori erano soliti inquadrare la cessione di cubatura o come rinuncia abdicativa oppure come costituzione di servitù piuttosto che trasferimento di diritto reale sui generis.

Vedremo, dunque, come le pronunce del Consiglio di Stato e l’introduzione del principio sulla trasferibilità del contatto suddetto, abbiano messo dei punti fermi alla annosa questione in oggetto.

 2. Prima della riforma.

Due erano le tesi che si erano affermate nel tempo.

Secondo l’orientamento pubblicistico, la cessione di cubatura era un contratto atipico ad effetti obbligatori avente natura di atto preparatorio e procedimentale, senza oneri di forma pubblica o di trascrizione, finalizzato al trasferimento di volumetria, la cui fonte era ritenuta esclusivamente il provvedimento amministrativo (4). Era, dunque, sufficiente l’adesione del cedente: sottoscrivendo l’istanza e/o il progetto del cessionario; o rinunciando alla propria cubatura a favore di questi; o notificando al comune tale sua volontà. Mentre si riteneva che il c.d. vincolo di asservimento rispettivamente a carico e a favore del fondo si costituisse, sia per le parti che per i terzi, per effetto del rilascio del titolo abilitativo edilizio, che legittimava lo ius aedificandi (5) del cessionario sul suolo attiguo.

Secondo un l’orientamento privatistico, invece, vi era necessità di strumenti negoziali privatistici (atto d’obbligo o servitù, e trascrizione), quando il proprietario di un terreno intendeva asservirlo a favore di un altro proprietario limitrofo, configurandosi in tale ottica un atto “assimilabile al trasferimento di un diritto reale immobiliare” (6).

Ne derivava la seguente valutazione. Se la tesi pubblicistica legittimava la conformazione ope legis per effetto del rilascio del titolo abilitativo edilizio, la tesi privatistica privilegiava, invece, la sicurezza della circolazione giuridica attraverso la trascrizione e gli strumenti privatistici, tutelava il terzo acquirente del vincolo “reale” gravante sul fondo asservito.

3. Natura giuridica e contenuto della cessione di cubatura. La differenza con le servitù prediali.

La giurisprudenza è ancora divisa sulla natura obbligatoria  o  reale  dell’istituto  in  esame.  La  Suprema Corte, laddove si è pronunciata in materia  fiscale,  ha  proposto diverse ricostruzioni volte  a ritenere  che la cessione  di cubatura assuma comunque le caratteristiche di realità. La riconducibilità ai diritti reali costituisce il presupposto per l’applicazione del tributo  di  cui  alla  tariffa  allegata  al  D.P.R.  n.  634 del  1972,  al  n.  1,  la  quale  prevede  l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e agli atti traslativi o costitutivi di diritti reali di godimento, compresa la rinuncia agli stessi.

L’art. 2643, n. 2-bis, c.c., ha ad oggetto i “diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale”. In tal modo dette situazioni giuridiche vengono incluse nella generale categoria dei c.d. “diritti immobiliari”, caratterizzati da diritto di seguito ed opponibili a terzi. Non solo ma viene delineata una linea di differenza tra i diritti edificatori e le sevitù prediali. Per comprenderne, dunque, gli aspetti caratteristici è opportuno, a questo punto, identificarne i caratteri distintivi. Innanzitutto a differenza della servitù che, in quanto peso a carico del fondo servente non può avere un contenuto positivo, ma solo quello negativo di “non edificare”, il “diritto edificatorio” attribuisce un’utilità positiva a colui che lo acquista. In secondo luogo oltre alla vicenda costitutiva ed a quella modificativa (che sono le sole) contemplate in materia di servitù prediali, anche la vicenda “traslativa” ne fa parte, cioè il diritto edificatorio può essere attribuito ad una determinata persona, piuttosto che vincolato ad un determinato “fondo dominante”. Pertanto è consentito all’acquirente di “disporne”, sia alienandolo ulteriormente, sia utilizzandolo a beneficio di qualsiasi fondo di sua proprietà.

Si tratta, poi, di un diritto caratterizzato sia dal diritto di seguito e della conseguente opponibilità ai terzi acquirenti, sia da immediatezza e da assolutezza (tutelabilità erga omnes). A differenza di altri “diritti immobiliari” che non posseggono tali qualità, il “diritto edificatorio” configura pertanto un vero e proprio diritto reale di godimento.

Ed ancora è un diritto reale “nominato”, in quanto espressamente contemplato da una norma di legge, l’art. 2643, n. 2-bis, c.c. per l’appunto, il tutto nel rispetto del principio di tipicità dei diritti reali pur in assenza di una espressa e compiuta disciplina di detto diritto reale, la quale deve essere quindi ricavata mediante l’interpretazione sistematica delle norme del codice, oltre che delle leggi speciali (7).

In conclusione c’è da dire che l’espressa regolamentazione della trascrizione delle vicende riguardanti i diritti edificatori non preclude, ovviamente, la possibilità di fare ancora ricorso all’istituto della servitù prediale, in particolare alla servitù di non edificare. Infatti ricorrere alle servitù sarà necessario tutte le volte che non esista una norma di legge statale o regionale, o una previsione di strumento urbanistico, che contempli la possibilità di disporre del “diritto edificatorio”. Cosi come si può ricorrere ad essa tutte le volte che non ricorrano esigenze ulteriori quali, ad esempio, quella di “sganciare” la volumetria acquistata da un determinato fondo dominante.

4. Questioni rilevanti

A questo punto bisogna precisare che la conseguenza dell’affermata perdita, da parte del fondo asservito,  della  sua  capacità  edificatoria  va intesa,  non come sopravvenuta inedificabilià assoluta, ma come consumazione della sua autonoma suscettibilità di sfruttamento edilizio. Sulla base della presente premessa logica deve concludersi per la validità “dell’acquisto, da parte dello stesso,  della  potenzialità edificatoria  cedutagli  da  un  altro  fondo” (8). 

Più articolata è la  questione  inerente  la  possibilità che le aree asservite possano, o  meno,  essere destinatarie di eventuali incrementi (o riduzioni) degli  indici  edificatori  previsti  da  un  nuovo  strumento urbanistico. A fronte di un orientamento giurisprudenziale più datato (9), che distingueva tra indici edificatori più restrittivi (non applicabili) e in melius (sempre applicabili), si è fatta strada una giurisprudenza più recente e oggi maggioritaria (10), secondo la quale prevale il principio dell’indice attuale, ossia sulla base della successione delle leggi nel tempo la volumetria debba essere adeguata alle nuove previsioni siano esse in melius che in peius.

5. Art. 2643 n. 2bis c.c.  L’art. 5, comma 3, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 ha inserito nel codice civile, all’art. 2643, il n. 2-bis che cosi recita:  i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale.  In tal modo, il legislatore ha soddisfatto la richiesta del Consiglio di Stato ( sentenza 13 luglio 2010, n. 4545), di un intervento statale volto a “disciplinare in maniera chiara ed esaustiva la perequazione urbanistica” alla luce delle nnovazioni recenti in materia urbanistico-amministrativa.

Dall’analisi della norma in oggetto è evidente come il legislatore abbia optato per la tesi privatistica, determinando, in tal modo, l’applicazione dell’art. 2644 c.c., con l’effetto principale di rendere inopponibili ai terzi acquirenti di diritti sull’immobile asservito la costituzione, il trasferimento o la modificazione del diritto edificatorio, qualora non trascritti. Non solo ma ha anche espressamente incluso questo diritto tra i diritti immobiliari, permettendo cosi di disciplinare l’intera materia seppur ha inserito una sola disposizione, in materia di trascrizione per l’appunto.

Entrando nello specifico della norma introdotta, c’è immediatamente da dire che sono soggetti a trascrizione:

  • i contratti con i quali il proprietario del fondo “asservito” costituisce per la prima volta il diritto edificatorio a favore di un altro soggetto;
  • i contratti “modificativi” di un diritto edificatorio già costituito e, quindi, vi possono essere ricomprese, tra l’altro, anche le convenzioni urbanistiche, con le quali il titolare del diritto edificatorio e l’ente locale regolamentano il relativo esercizio;
  • i contratti che “trasferiscono” il diritto edificatorio precisando che, ai sensi dell’art. 2644 c.c., tra più acquirenti di un diritto edificatorio da un medesimo autore, prevale colui che ha trascritto anteriormente il proprio acquisto;
  • In forza del rinvio ai “diritti menzionati nei numeri precedenti”, o più in generale ai“diritti reali immobiliari”, sono poi soggetti a trascrizione gli atti tra vivi di rinunzia al diritto edificatorio già costituito (art. 2643, n. 5, c.c.), i provvedimenti traslativi nell’esecuzione forzata (art. 2643, n. 6, c.c.), i contratti di conferimento del godimento in società e consorzi (art. 2643, nn. 10 e 11 c.c.), le transazioni (art. 2643, n. 13, c.c.), le sentenze che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione dei suddetti diritti (art. 2643, n. 14, c.c.);
  • In forza del disposto dell’art. 2645 c.c., deve essere poi trascritto ogni altro atto o provvedimento che produca in relazione ai diritti edificatori taluno degli effetti dei contratti menzionati nell’art. 2643, n. 2-bis, c.c.

Per completezza di esposizione è importante sottolineare che posto che i diritti edificatori sono assoggettati alla disciplina dei beni immobili, essi sono suscettibili di essere vincolati a fondo patrimoniale, di divisione, di vincoli di destinazione, di cessione cosi come è possibile un contratto preliminare di alienazione degli stessi e certamente sono trasferibili mortis causa.

6. Risvolti in ambito fiscale

Le innovazioni apportate richiedono necessariamente una valutazione di ordine fiscale inerente soprattutto la varietà morfologica dei nuovi strumenti di pianificazione del territorio quali la perequazione, la  compensazione e gli  incentivi  premiali  di  capacità  edificatoria. Tutto ciò si proietta evidentemente sui profili di natura fiscale.

Come si desume dall’art. 20 del TUR n. 131/86, non  si può prescindere dalla natura intrinseca e  dagli  effetti  giuridici delle  fattispecie  aventi  ad  oggetto  il  trasferimento,  la costituzione o la modifica di diritti edificatori. Ne consegue che la disciplina dovrebbe essere diversamente individuata a seconda della natura giuridica dell’atto di trasferimento. Pertanto se  il  diritto edificatorio  sia considerato un  diritto  soggettivo, a relativa fattispecie sarebbe tassata con le gravose aliquote di cui all'art. 1  della  tariffa  Parte  prima  allegata al D.P.R. n. 131/86, per l’imposta di registro, e con l’imposta ipotecaria di euro 50,00 di cui all’art. 10 comma 3 del d.lgs n. 23/2011. Al contrario se venisse considerato un interesse legittimo,  si  dovrebbe coerentemente  optare  per  l'applicazione  dell'imposta  di  registro  con  l'aliquota  del  3% , ex  art.  2 della  tariffa  parte  prima  allegata  al  TUR,  ove  è  prevista  appunto  la  tassazione  di  beni  'diversi'  da quelli indicati  nello  stesso  articolo  1 comma 1, o ex art. 9 che afferisce alle prestazioni a contenuto patrimoniale, qualora si esaltasse la valenza  solo  obbligatoria  dei  negozi  aventi  ad  oggetto  tali  diritti; nonché dell’imposta ipotecaria in misura fissa di euro 200,00 (11).

Se la negoziazione dei diritti edificatori non comporta alcun evento traslativo/costitutivo, ma solo modificativo, saranno dovute evidentemente solo le imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa di euro 200,00 cadauna.  Quanto all'imposta di donazione e successione, il riferimento (anziché ai criteri di cui all'art. 14 del T.U. n. 346/90 dettati per i beni immobili e i diritti reali immobiliari) all'unico criterio del valore  in  comune  commercio, di  cui  all'art.  19,  ove  si  tratta  appunto dei  beni  e  diritti diversi  da  quelli  contemplati nell'art. 9 comma 2 e negli articoli da 14 a 18.

In conclusione una breve valutazione in ordine alle imposte indirette ed in particolare nella consapevolezza dell’assenza, di regola, di strumenti di definizione certa della entità del “prezzo di acquisto”, si può affermare come l’A.F. con risoluzione n. 210/E del 22 maggio 2008 abbia ritenuto in una fattispecie in parte analoga che “il prezzo di acquisto originario...debba essere estrapolato dal prezzo complessivo di acquisizione dell'immobile e di costituzione della servitù a suo tempo pagato da colui che...rinuncia alla servitù. Al riguardo può essere utilizzato un criterio di  tipo  proporzionale,  fondato  sul  rapporto  tra  il  valore  complessivo  attuale  dell'immobile  e  della  rinuncia  alla  servitù  e  il corrispettivo percepito per la rinuncia alla servitù”. Rimane peraltro impregiudicata l'applicazione di eventuali regimi impositivi speciali laddove  ne dovessero ricorrere i presupposti.

7. Conclusioni

La cessione di cubatura ottiene senz’altro realizzazione solo mediante la instaurazione di due relazioni giuridiche: la prima tra privati ed ha natura marcatamente privatistica, la seconda tra il soggetto privato e la p. A., di natura necessariamente amministrativa. Di certo, seppur è stata terreno fertile per dibattiti ed interpretazioni, è innegabile la sua utilità economica nonché i risvolti sociali che essa ha avuto nella prassi dell’autonomia contrattuale. La possibilità, infatti, di utilizzazione della capacità edificatoria di un fondo è indubbiamente fonte di una valore economico potenziale notevole.

 

Note e riferimenti bibliografici

  1. Cass. Pen. Sez. III 20.05.2009 n. 21177, in PLURIS Cassazione penale.
  2.  Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2006, n. 2488; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 16 dicembre 2011, n. 5867.
  3. Vedi nota 1.
  4. T.A.R. Veneto 10 settembre 2004, n. 3263; Cons. Stato 28 giugno 2000, n. 3637.
  5. Lo jus aedificandi che inerisce alla proprietà del suolo si attua perciò secondo le previsioni degli atti di pianificazione i quali ne stabiliscono,oltre che la destinazione, anche gli indici di edificazione, di modo che ogni area non è idonea ad  esprimere  una  cubatura  maggiore  di  quella consentita dalla legge e dallo strumento urbanistico (Cons. Stato, sez. IV, 26 novembre 2008, n. 4647).
  6. Cons. Stato 29 luglio 2008, n. 3766; Cons. Stato 23 marzo 2004, n. 1525.
  7. A. Savatteri,  La cessione di cubatura alla luce delle ultime pronunce del Consiglio di Stato e delle recenti norme in materia di trascrizione, Urbanistica ed appalti, 4, 2013, pagg. 378-383.
  8. Cons. Stato,  sez. IV, 14  maggio 2006,  n. 2488.
  9. T.A.R. Lombardia, Brescia, 7 aprile 1983, n. 118; T.A.R. Veneto, 18 novembre 1982, n.877; T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 17 gennaio 1981, n. 10.Contra: Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 1973, n. 178; T.A.R. Campania, 10 novembre 1982, n. 612.
  10. Da ultimo hanno espressamente aderito a tale impostazione T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 25 novembre 2011, n. 1629 affermando che  “per il caso in cui sia intervenuta variazione degli indici edificatori, si deve fare riferimento sempre all’indice edificatorio attuale anche se si sono avute variazioni di tale indice”;  e T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 25 novembre 2001, n. 1807, affermando che “nel rapporto tra piani urbanistici succedutisi nel tempo, un nuovo strumento generale e libero di attribuire capacità edificatoria ad un fondo che l’abbia in passato espressa anche interamente rientrando ciò nell’ampia discrezionalità del pianificatoria”.
  11. Circolare n. 3E/2008 “… sebbene enunciata in materia di imposta di registro, deve considerarsi applicabile in linea di principio anche per le altre imposte indirette (risoluzione 1 agosto 2000, n. 126/E;  risoluzione 26 aprile 1988, n. 310088)."