Pubbl. Ven, 30 Giu 2017
Il ruolo dell´avvocato nella mediazione civile e commerciale in Italia e in Spagna
Modifica paginaL´articolo ha lo scopo di analizzare il poliedrico ruolo assegnato all´avvocato nella normativa sulla mediazione civile e commerciale, tenendo conto, in un´ottica comparatistica, della disciplina in materia vigente in Spagna.
Sommario: 1. Introduzione; 2. La figura dell'avvocato-mediatore; 3. L'avvocato nella mediazione: assistenza tecnica obbligatoria?; 4. Efficacia esecutiva dell'accordo e potere certificativo dell'avvocato. Differenze con la normativa spagnola; 5. Questioni interpretative circa l'obbligo di informativa nei confronti del cliente: la disciplina italiana; 6. Conseguenze sanzionatorie; 7. Obbligo di informativa nei confronti del cliente: uno sguardo alla Spagna; 8. L'avvocato in mediazione: un ruolo nuovo?
1. Introduzione
Il decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 in materia finanziaria (cd. Manovrina), approvato definitivamente in Senato il 15 giugno 2017, ha disposto, nell’ordinamento italiano, la stabilizzazione dell'istituto della mediazione obbligatoria e il conseguente superamento del regime sperimentale previsto dall'art. 5, c. 1-bis del d.lgs. 28/2010.
La definitiva consacrazione dell’istituto della mediazione quale proficuo e valido strumento di risoluzione extraprocessuale delle controversie, però, è ancora oggetto di dibattito, in particolare per quel che riguarda la figura e il ruolo dell’avvocato.
Alla luce delle attuali normative italiana e spagnola sulla mediazione civile e commerciale, l’avvocato può rivestire sia il ruolo di mediatore che di supporto ed assistenza della parte durante il procedimento di mediazione. In entrambi gli ordinamenti, l’avvocato, a seconda del ruolo che riveste, è tenuto al rispetto degli obblighi e degli oneri imposti dallo statuto del mediatore, nonché di quelli derivanti dal codice deontologico forense.
2. La figura dell'avvocato-mediatore
In Italia, l'art. 55bis del Codice Deontologico Forense, introdotto il 15 Luglio 2011 ed illustrato dalla Circolare n° 24 del 2011 del Consiglio Nazionale Forense, disciplina i requisiti di imparzialità, cioè di mancanza di conflitti di interesse, che devono sussistere nel caso di avvocato mediatore. La violazione delle regole fissate dall’art. 55bis rappresenta un illecito disciplinare perseguito nei modi e con le sanzioni previste dal Codice Deontologico Forense.
La riforma del 2013, inoltre, ha sancito il riconoscimento del titolo di mediatore a tutti gli avvocati iscritti all’albo professionale, per i quali viene previsto il solo obbligo di una “adeguata” formazione in materia di mediazione e di un aggiornamento professionale, di carattere teorico-pratico, “nel rispetto di quanto previsto dal codice deontologico forense”. Si è così delineata una nuova figura di “mediatore di diritto”: tale attribuzione viene giustificata, nella relazione illustrativa al D.L. 69/2013 (cd. decreto del fare), “in ragione della peculiare formazione professionale” (non a caso il titolo è attribuito agli iscritti all’albo che, quindi, hanno superato l’esame di abilitazione professionale ed esercitano l’attività, con esclusione di quanti hanno conseguito l’abilitazione ma non risultano iscritti all’albo oppure risultano iscritti all’albo dei praticanti).
Sia in Spagna che in Italia il mediatore deve rispondere a precisi obblighi formativi e di aggiornamento continuo. In particolare, in Italia, gli avvocati che utilizzano i metodi di ADR devono essere adeguatamente formati e, nella relazione redatta nel mese di febbraio 2017 dalla Commissione di studio per l’elaborazione di ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato, presieduta dal Prof. Avv. Guido Alpa ed incaricata dal Ministero della Giustizia, è suggerito che gli avvocati che partecipino a corsi di formazione in materia di mediazione e conciliazione possano acquisire crediti ai fini della formazione continua previsti dal regolamento attuativo della L. 31 dicembre 2012, n. 247, pubblicata in G.U. 18 gennaio 13, n.15. Nella proposta di riforma succitata viene altresì precisato che, nella procedura di mediazione, le parti debbano comportarsi secondo buona fede e con spirito di collaborazione, sottolineando come anche nel procedimento di mediazione (analogamente a quanto previsto per la negoziazione assistita) sussista un preciso dovere di cooperare.
3. L'avvocato nella mediazione: assistenza tecnica obbligatoria?
Per quanto riguarda l’esercizio della professione forense, nel nostro ordinamento, a differenza della Spagna, la procedura di mediazione civile e commerciale si è arricchita, all’indomani e per effetto del cd. decreto del fare (D.L 69/2013, conv. L. 98/2013), di un nuovo elemento: l’assistenza legale obbligatoria delle parti in contesa (art. 8, co. 1 D.Lgs. n. 28/2010 “al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato”). Alla base della scelta sta la considerazione che la procedura di mediazione civile e commerciale, seppur extragiudiziale, si pone comunque nell’ambito del meccanismo di tutela dei diritti e degli interessi dei consociati nell’ordinamento giuridico e come tale riferibile al disposto dell’art. 24 della Costituzione e, pertanto, la difesa tecnica sarebbe imprescindibile per consentire al soggetto che domandi tutela di esercitare al meglio tale fondamentale diritto.
Il Consiglio Nazionale Forense ha rafforzato tale assunto nella circolare n. 25-C-2013, inviata agli organismi di mediazione istituiti presso gli ordini forensi, affermando che alla luce del dettato costituzionale, sarebbe sempre obbligatoria l’assistenza dell’avvocato nel procedimento di mediazione, sia nei casi in cui il tentativo è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, sia quando la mediazione è facoltativa. Il documento afferma, inoltre, che non vi sono ostacoli per l’ammissione dei procedimenti al patrocinio a spese dello Stato, sussistenti i requisiti di legge. Contrario a tale interpretazione dell’art. 8 co. 1, il Ministero della Giustizia, nella circolare del 27 novembre 2013 ha affermato “l’assistenza dell’avvocato è obbligatoria esclusivamente nelle ipotesi di mediazione obbligatoria, ivi compresa quella disposta dal giudice ex art. 5 co.2 ma non anche nelle ipotesi di mediazione facoltativa”.
Ancora più restrittiva è la posizione assunta recentemente dalla Corte di Giustizia UE, sez. I, con la sentenza n° C-75/16 del 14 giugno 2017 che da una parte conferma la compatibilità della normativa italiana (D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 unitamente al D.Lgs. 6 agosto 2015, n. 130), con la direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori nella parte in cui istituisce una procedura di mediazione extragiudiziale e preventiva rispetto all’azione giurisdizionale, dall’altra ha censurato l’art 8, co.1 D.Lgs 28/2010 nella parte in cui viene imposto a chi è parte di una procedura di ADR di essere assistito necessariamente da un avvocato. Infatti, ai sensi dell’articolo 8, lettera b) della direttiva in questione, gli Stati membri garantiscono che i consumatori nelle controversie Business to Consumer abbiano accesso alla procedura ADR senza essere obbligate a ricorrere a un avvocato o a un consulente legale. Inoltre, l’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), della suddetta direttiva, dispone che le parti siano informate del fatto che non sono obbligate a ricorrere a un avvocato o a un consulente legale. Pertanto, una normativa nazionale non può imporre al consumatore, che prende parte a una procedura ADR Business to Consumer, di essere assistito obbligatoriamente da un avvocato.
In ogni caso, a prescindere dall’obbligatorietà o meno dell’assistenza tecnica, sia nel nostro ordinamento che in quello spagnolo l’avvocato non può rivestire il ruolo di dominus della controversia, rimanendo l’incombenza di questo ruolo in capo al soggetto del diritto della cui tutela si verta. Non modifica tale disposto il co.1 dell’art. 12 del D.lgs 28/2010, quando attribuisce valore di titolo esecutivo all’accordo sottoscritto dagli avvocati che assistono le parti in lite.
Nell'ordinamento iberico, benché la Ley Organica de mediación en asuntos civiles y mercantiles n. 5/2012, non preveda la difesa tecnica obbligatoria, il ruolo dell’avvocato assume una rilevanza di servicio público. L’avvocato deve cercare di avvicinare quanto più possibile la justicia a lo justo, suggerendo la soluzione della controversia con il minor costo sociale possibile ed, in un’ottica conciliatrice, aiutare le parti in conflitto a trovare una soluzione pacifìca, económica y ágil, al fine di garantire la conservazione delle relazioni interpersonali.
4. Efficacia esecutiva dell'accordo e potere certificativo dell'avvocato. Differenze con la normativa spagnola
Qualora le parti giungano autonomamente alla conciliazione, ai sensi dell’art. 12 della norma in esame, se tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico. Diversamente, in Spagna, la Ley Organica de Mediación n. 5/2012 prevede, al Titolo V, due ipotesi di attribuzione dell’efficacia esecutiva, a seconda che l’accordo di mediazione sia stato raggiunto dalle parti in sede extraprocessuale o in corso di causa.
La prima ipotesi prevede che le parti presentino ad un notaio l’atto contenente l’accordo, in uno alle copie del verbale e degli atti della sessione costitutiva e del verbale conclusivo della mediazione. La norma precisa che occorre l’intervento del mediatore (art. 25.1). Il legislatore spagnolo ha affidato al notaio, in qualità di pubblico ufficiale, il compito di verificare che siano stati adempiuti tutti gli oneri ed obblighi di legge e che il contenuto non sia contrario al Diritto. Passato il vaglio, il notaio provvede a redigere in atto pubblico l’accordo (25.2). Se l’esecuzione dovesse essere svolta in altro Stato, oltre agli adempimenti di cui all’art 25 nn. 1 e 2, dovranno essere rispettate anche le prescrizioni sancite in accordi internazionali di cui la Spagna è parte e la normativa dell’Unione Europea (25.3). In linea con questo disposto, il legislatore spagnolo ha modificato l’art. 517 2.2. LEC, che, nella formulazione attuale, attribuisce efficacia di titolo esecutivo a “gli accordi di mediazione, elevati ad atto pubblico secondo la legge di mediazione nelle controversie civili e commerciali”.
5. Questioni interpretative circa l'obbligo di informativa nei confronti del cliente: la disciplina italiana
In entrambi gli ordinamenti, è previsto un preciso obbligo per l’avvocato di informativa nei confronti del cliente circa l'opportunità di partecipare alla mediazione prima dell'instaurazione del giudizio, in ossequio a quanto previsto nel Considerando n. 25 della Direttiva 2008/52/CE, che invita gli Stati membri ad “incoraggiare i professionisti del diritto a informare i loro clienti delle possibilità di mediazione”.
In particolare, in Italia, l’art. 4, co.3 del decreto legislativo 28/2010 al fine di promuovere l’accesso alla mediazione ha istituito un nuovo obbligo a carico dell’avvocato, sancendo che all’atto del conferimento dell’incarico questi è tenuto a informare l'assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione e delle previste agevolazioni fiscali di cui può beneficiare. L’avvocato ha l’obbligo, inoltre, di informare l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informazione deve essere fornita al cliente per iscritto, contestualmente all’atto di conferimento dell’incarico. Il documento che contiene l’informazione deve essere sottoscritto dall’assistito e dovrà essere allegato all’atto introduttivo del giudizio.
Secondo parte della dottrina, l’informativa sarebbe prescritta nei soli casi in cui la parte possa esperire il procedimento di mediazione previsto dal decreto legislativo n. 28/2010 (o altro analogo procedimento previsto da leggi speciali) e possa pervenire ad una definizione della controversia mediante uno strumento di ADR. L’obbligo di informativa andrebbe, quindi, limitato ai casi in cui la lite può essere definita mediante conciliazione. Poiché la conciliazione è consentita nel solo caso di controversie relative a diritti disponibili, deve escludersi l’obbligo di informativa laddove la controversia abbia ad oggetto diritti ed obblighi che per loro natura non rientrano nella disponibilità delle parti, come ad esempio in caso di controversie concernenti diritti ed obblighi sui quali le parti non hanno facoltà di addivenire ad un accordo vincolante in base alla pertinente legge applicabile, ovvero in materia di stato di famiglia e delle persone.
L’obbligo di informativa, per converso, non dovrebbe ritenersi escluso quando, pur trattandosi di diritti inerenti la persona o la famiglia, vengano in rilievo esclusivamente profili di natura economica che rientrano nella piena disponibilità delle parti.
L’avvocato sarà tenuto ad assolvere i propri obblighi di informazione utilizzando un linguaggio semplice e chiaro, scevro da eccessivi tecnicismi, facilmente comprensibile anche dal cliente privo di conoscenze giuridiche ed evitare clausole di stile.
Gli obblighi di informazione incombono sia sull’avvocato dell’attore, sia sull’avvocato del convenuto, il quale sarà tenuto ad allegare l’informativa alla comparsa di costituzione e risposta. Tale interpretazione ha trovato conferma anche nell’orientamento assunto dal Consiglio Nazionale Forense, il quale ha chiarito che “l’informazione dovrà essere fornita tanto alla parte attrice che a quella convenuta”.
La dottrina prevalente ritiene che l’obbligo nasce al momento dell’effettivo conferimento dell’incarico che coincide, di fatto, con il conferimento della procura alle liti. Al momento del conferimento della procura alle liti, l’avvocato ha preso consapevolezza della fattispecie sottoposta alla sua attenzione, ha studiato le possibili forme di tutela e potrà, quindi, dare al proprio assistito tutte le indicazioni per il compiuto esercizio del proprio diritto di difesa. L’informativa però deve essere tenuta ben distinta dalla procura alle liti. L’onere imposto all’avvocato di allegare l’informativa non potrebbe considerarsi assolto ove l’informazione venga inserita nella procura, trattandosi di due atti, il documento informativo e la procura, autonomi e distinti.
6. Conseguenze sanzionatorie
Per quanto concerne le conseguenze sanzionatorie previste dall’ordinamento nel caso di violazione dei predetti obblighi, la normativa in esame distingue due ipotesi: la violazione degli obblighi di informazione al cliente (omessa informazione) e la mancata allegazione del documento informativo, debitamente sottoscritto, all’atto introduttivo del giudizio o alla comparsa di costituzione e risposta. Nel primo caso, la violazione degli obblighi di informazione ha una incidenza diretta sul rapporto tra avvocato e cliente, determinando l’annullabilità del contratto d’opera professionale. L’azione di annullabilità, rimessa alla discrezionalità della parte che vi ha interesse, soggiace alle norme di cui al Codice Civile. Nel caso in sui si verta su controversie per le quali la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, ai sensi dell’articolo 4 del Decreto Legislativo n. 28/2010, il giudice, nell'ipotesi di mancata allegazione del documento informativo ovvero di mancato esperimento della procedura di mediazione, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell’istanza di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di tre mesi previsto per la definizione della procedura di mediazione, decorrente dalla data di deposito dell’istanza presso la segreteria dell’Organismo di mediazione adito (art. 5 co.1).
Nell’ipotesi in cui, invece, la parte abbia omesso di allegare l’informativa ma abbia effettivamente esperito la procedura di mediazione per come si evince dalla documentazione prodotta in giudizio, l'inosservanza del disposto di cui all’articolo 4 ovvero la mancata allegazione del documento potrebbe considerarsi non rilevante.
Nelle mediazioni facoltative, invece, qualora il giudice accerti la mancata allegazione del documento informativo, dovrà informare la parte della possibilità di avvalersi della procedura di mediazione. Nel caso in cui le parti siano assenti, il giudice potrebbe anche disporre la comparizione personale, al fine di illustrare alle parti le potenzialità della procedura di mediazione ovvero onerare l’avvocato di produrre l’informativa, appositamente sottoscritta all’udienza successiva.
7. Obbligo di informativa nei confronti del cliente: uno sguardo alla Spagna
In Spagna l’obbligo di informativa al cliente in tema di ADR trova la sua fonte nel codice deontologico. In particolare, l’art. 30 del Estatuto General de la Abogacía impone all’avvocato il dovere di cooperare con l’amministrazione della giustizia attraverso l’attività non solo di difesa tecnica degli interessi particolari ma anche attraverso l’assistenza ed un diffuso favor conciliationis.
Pertanto, deotolgicamente, l’avvocato è tenuto a promuovere il ricorso ai metodi di ADR per la risoluzione delle controversie attraverso un’opera di informazione e consulenza al cliente previa all’eventuale contenzioso e guardando a tale soluzione come un aspetto pregnante e doveroso della propria attività professionale.
In questo senso, il Consejo General Abogacía Española, in un documento del 26 maggio 2016, afferma che la mediazione dovrebbe essere considerata come la prima via naturale di soluzione dei conflitti che l’avvocato dovrebbe promuovere quotidianamente nell’esercizio della professione forense. Il ruolo dell’avvocato nella mediazione è stato puntualizzato dal Taller Civil en el Taller de Derivación a la Mediación, organizzato dal Consejo General de Poder Judicial, nel maggio 2012, nei cui lavori emerge l’esigenza di un avvocato che assuma la responsabilità sociale di perseguire una soluzione dei conflitti non più legata alla regola del diritto sostanziale e processuale ma utilizzi la profonda conoscenza giuridica al servizio di una risoluzione delle controversie pronta ed efficiente e che preservi i rapporti tra le parti.
8. L'avvocato in mediazione: un ruolo nuovo?
Per quanto concerne il ruolo dell’avvocato nel corso del procedimento di mediazione, sia in Italia che in Spagna si ritiene che non si tratti difesa tecnica. L’avvocato, nella mediazione, svolge una funzione più ampia, che nei paesi anglosassoni viene definita “mediation advocacy” o “advocacy in mediation”. Con il termine “mediation advocacy” o “advocacy in mediation” si identificano quelle serie di attività e tecniche di supporto (soprattutto negoziali, relazionali, psicologiche e sociali) con cui l’avvocato della parte in mediazione partecipa al procedimento e che tendono a realizzare il soddisfacimento degli interessi del proprio cliente, in modo “non-avversariale”. D’altra parte, nella mediazione, le tradizionali tecniche di tipo “avversariale”, che di solito sono impiegate dagli avvocati nel procedimento contenzioso, non rappresentano sempre la scelta migliore.
L’avvocato, in questo nuovo ruolo, dovrebbe acquisire competenze nel campo della mediazione come parte integrante del proprio bagaglio di conoscenze. Infatti, egli dovrebbe essere in grado di stabilire quando la disputa risulta essere “matura” per la mediazione, coadiuvare il proprio assistito nella scelta dell’organismo e del mediatore, preparare la mediazione e non solo adempiendo agli obblighi di informativa imposti per legge ma preparando il proprio assistito ai negoziati, ottenere i necessari poteri (procura) atti a risolvere la controversia, preparare una dichiarazione di apertura della mediazione che sia di presentazione alla negoziazione. Il ruolo di advocacy del legale si dipana per tutta la durata della mediazione ed al momento dell’accordo si sostanzia nel tradurre in termini legali l’accordo raggiunto.
L’assistenza in mediazione, dunque, è un’attività professionale dell’avvocato che ha diritto al compenso per il lavoro prestato. In particolare, in Spagna, il Consejo General de la Abogacía è in procinto di approntare un tariffario ad hoc che tenga conto di ogni attività di assistenza e consulenza soggetta ad onorario svolta dall’avvocato durante le varie fasi della mediazione.
L’attività di mediazione è da scrivere tra quelle proprie di tutela dei diritti e quindi nel caso in cui sia svolta attività di assistenza ad un soggetto ammesso al gratuito patrocinio, l’avvocato ha diritto alla liquidazione del compenso a spese dello Stato, in ossequio all’art. 24 Cost. italiana, ovvero alla Justicia Gratuita ai sensi dell’art. 119 Cost. spagnola (Ley 1/1996 de Asistencia Jurídica Gratuita).
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