• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Mar, 3 Feb 2015

Diritti civili LGBT: Italia, 20 anni dietro l’Europa

Modifica pagina

Giuseppe Ferlisi
AvvocatoUniversità degli Studi di Salerno


L´Italia è indietro anni luce sul tema dei diritti civili rispetto al resto d´Europa: ecco una attenta analisi comparatistica della disciplina sul punto.


Quella dei diritti civili delle persone dello stesso sesso è una questione che riflette in modo chiaro e lampante la distanza sociale e culturale che esiste  tra il nostro Paese ed il resto dell’Europa, di cui ne condividiamo limiti di bilancio e divisione di competenze, e che, almeno sulla carta,  dovrebbe garantire anche la condivisione di valori ed idee.

Ebbene l’Italia è, in questo momento, il terzo mondo d’Europa se si parla di diritti civili, ricomprendendo in questi  anche tematiche altrettanto delicate come eutanasia, adozioni o reddito di cittadinanza.
Nonostante la laicità dello Stato sia un principio costituzionalmente posto, la presenza e l’influenza della Chiesa Cattolica, in molte delle discussioni su tali delicate questioni, non è d'incentivo a riflessioni scevre da condizionamenti ideologici o di fede, contribuendo al permanere di un deficit di diritti .
Basti pensare alla altrettanto cattolica Spagna, dove, tuttavia, esiste un riconoscimento per le coppie LGBT ( acronimo che riunisce le parole: lesbica, gay, bisessuale e transessuale/transgender) dal 2005.
Eppure dall’ ultimo Sinodo sembrerebbe esserci stata perfino una apertura alle unioni omosessuali, benchè senza una equiparazione ai matrimoni “ordinari”.

Certo, in Italia , esiste il divieto di discriminare le persone sul posto di lavoro per il loro orientamento sessuale, ma ormai questo è un dato minimo di civiltà, il cui riconoscimento è avvenuto pressocchè in tutti gli Stati UE.
Per tutto il resto, solo Italia, Grecia, Cipro e altri Paesi della tradizione comunista non prevedono nessuna forma di unioni civili, né matrimoni, mentre nel resto d’ Europa esiste invece qualche strumento legale che riduce la discriminazione verso chi eterosessuale non è.

In Inghilterra e Galles proprio lo scorso anno la possibilità di sposarsi è stata concessa anche alle coppie gay, per giunta con il voto parlamentare di molti esponenti conservatori.
I Danesi hanno precorso i tempi, facoltizzando addirittura nel 1989 le unioni civili, e nel 2012 il  matrimonio tra persone di identico sesso.
Nel 2014  la Finlandia, dove unioni civili omosessuali e stepchild adoption erano comunque già possibili dal 2002,  è diventato il tredicesimo Paese in Europa a dire sì ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, approvando addirittura una legge di iniziativa popolare, nata sul web lo scorso anno, che regola le nozze gay .
I Paesi scandinavi sono stati sempre pioneri nella materia, con Norvegia e Svezia che approvavano le unioni civili tra persone dello stesso sesso negli anni novanta, per giungere alla previsione del matrimonio negli anni duemila.
L’Olanda fu il primo paese al mondo nel 2001 a dare la possibilità alle coppie LGBT di sposarsi, mentre il Belgio ha “aspettato” il 2003.
Portogallo e Islanda li hanno invece approvati nel 2010, mentre solo recentemente  - 2013- il passo in avanti è stato fatto dalla Francia.
Tra gli Stati Ue, le unioni civili omosessuali sono legali in 10 Stati: AustriaCroaziaEstonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Malta, Repubblica Ceca, Slovenia e Ungheria. Tra quelli extraUE: Australia, Groenlandia, Ecuador, Colombia, e persino il Sud Africa; quanto ai matrimoni, essi sono legali in Canada , Argentina , Uruguay e Messico.

Tutto questo nostro "ritardo" non è stato  immune da doglianze da parte della  Corte Europea: il nostro Paese, infatti, è stato condannato a versare indennizzi per 120 milioni di euro nel 2012, stabilendo il non invidiabile record per la  la cifra più alta mai pagata da uno dei 47 stati membri del Consiglio d’Europa.
Inoltre resta il Paese col tasso più elevato di "inottemperanza" delle sentenze emesse dalla Corte di Strasburgo: ben 2569, contro le 1780 della Turchia e le 1087 della Russia che seguono in graduatoria. A causa dei giudizi inapplicati l’Italia è in testa alla lista dei Paesi “sorvegliati speciali” dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa.

Secondo i rilevamenti dell’associazione Ilga Europe, il Regno Unito risulta il Paese in cui la popolazione LGBT è maggiormente "rispettata", col 77% di atteggiamenti non discriminanti, mentre l’Italia è tra le ultime classificate, con un 19% che la vede al livello di Bulgaria, Bosnia, Turchia, Lituania e Lettonia.
Nel 2010 la Consulta ha emanato una sentenza (la numero 138) che esclude l’incostituzionalità delle norme che impediscono il matrimonio a persone dello stesso sesso, ma affermando che l’unione omosessuale ha il diritto al “riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri” secondo quanto sancito dall’articolo 2 della Carta Costituzionale, esortando perciò il Parlamento ad “individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette”. Il che significa che se le Camere non legifereranno, le coppie omosessuali potranno rivolgersi ai giudici ordinari per rivendicare un trattamento omogeneo con le coppie eterosessuali sposate.
Una delle ultime questioni aperte su tale fronte nel nostro Paese è quella relativa alla trascrizione dei matrimoni (anche gay) contratti all’estero, ordinata, nel caso di specie, dal Tribunale di Grosseto.
Per sostenere la tesi favorevole al riconoscimento in sede nazionale viene citato un precedente illustre della Suprema Corte di Cassazione: la sentenza 15 marzo 2012, n. 4184, in cui la medesima Corte aveva deciso sulla richiesta di trascrizione di un matrimonio consacrato in Olanda da parte di una coppia omosessuale. Seppur respingendo la richiesta, la Cassazione affermava la non contrarietà all’ordine pubblico della stessa, in quanto “anche i componenti di una coppia omosessuale stabilmente convivente sono considerati titolari del diritto a una vita familiare” e del “diritto di vivere liberamente una condizione di coppia” in quanto formazioni sociali ex art. 2 Cost.
La Suprema Corte ha, infatti, riconosciuto come valido il principio espresso nella sentenza del 24 giugno 2010 della Corte Europea dei diritti dell'uomo, con la quale è stato stabilito che il diritto al matrimonio, sancito all'art. 12 della Convenzione, non deve essere limitato ai casi di matrimonio tra persone di sesso opposto, ma deve avere un nuovo e più ampio contenuto, che include il matrimonio contratto tra due persone dello stesso sesso.
La disposizione deve essere letta in correlazione anche con l’art. 14 che vìeta ogni discriminazione nell'attribuzione e nel godimento dei diritti dell’uomo individuati nella Convenzione stessa.
Dopo la sentenza suddetta, molti sindaci di stampo progressista, sensibili al tema, hanno ottemperato alla registrazione di loro pugno, occasionando l'intervento del Ministro dell’Interno Alfano, che ha emanato una Circolare Ministeriale di revoca delle trascrizioni (ad onor del vero, alcuni sindaci hanno rifiutato di applicare la circolare, divenendo passibili di contestazione dell' omissione di atti di ufficio, come nel caso del Sindaco di Milano, Pisapia).

La Cassazione, tuttavia, si è spinta anche più in là, difendendo il diritto di una coppia omosex ad avere dei figli, e ribadendo che "non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale".
Ancora più importante è stata la pronuncia della Corte Costituzionale n. 170 del 2014  sul tema dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.
La sentenza trae origine dalla vicenda di un uomo che in costanza di matrimonio, si sottopone ad un procedimento di rettificazione dell’attribuzione di sesso, volendo continuare, però, a mantenere in vita il proprio matrimonio con la moglie e con il consenso di quest’ultima.
Si verifica così una situazione paradossale: mentre chi vuole divorziare può rivolgersi in piena consapevolezza all’autorità giudiziaria per ottenere la separazione, nel caso di specie , il divorzio viene imposto dalla legge.
Ebbene la Corte Costituzionale, sollecitata in questo caso dalla Corte di Cassazione, ha ritenuto che, essendo in gioco due diritti degni di bilanciamento, fosse incostituzionale imporre il divorzio a due persone sposate, di cui una avesse rettificato il sesso anagrafico.
Non solo, la Corte ne ha approfittato per sollecitare il legislatore ad intervenire  “con la massima sollecitudine per superare la rilevata condizione di illegittimità della disciplina in esame per il profilo dell’attuale deficit di tutela dei diritti dei soggetti in essa coinvolti”.

In altre parole, il Parlamento dovrà approvare subito una legge che preveda una forma di convivenza registrata per le coppie dello stesso sesso, la quale, come aveva sottolineato la stessa Corte nella precedente sentenza n. 138, dovrà consistere in una disciplina robusta, completa e priva di sbavature sotto il profilo dell’uguaglianza con i diritti e i doveri già previsti per la coppia coniugata.
Il governo Renzi ha da tempo promesso una legislazione in materia sul modello tedesco, ma alle parole non sono seguiti i fatti.
Ed in effetti, il nostro è uno Stato in cui ancora non riesce a vedere la luce una legge contro l'omofobia, che stabilisca come aggravante tale atteggiamento dispregiativo al pari della discriminazione sessuale o di razza o di religione (non a caso un recentissimo sondaggio dell'Unione Europea, assegna all'Italia il non felice primato di Paese più omofobo d'Europa, in relazione a parametri vari, quali l'uso di un linguaggio discriminatorio, la limitazione della libertà sessuale e dell'accesso ai servizi).

Troppo forte ancora è, infatti, nel nostro Paese il retroterra culturale di stampo cattolico-conservatore, che ineluttabilmente finisce per condizionare la discussione politica sulle questioni "etiche", impedendo che diritti positivamente accolti in tutti i Paesi maggiormente civilizzati del mondo, possano ricevere adeguata e legittima "cittadinanza" nel nostro.