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Pubbl. Sab, 8 Apr 2017

Il sistema penale messicano: la pena giusta secondo il prof. Raul Andrade Osorio

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Ludovica Di Masi


Quali sono le linee guida del diritto Penale e del diritto Processuale Penale in Messico? Ne abbiamo parlato con il Professor Raul Andrade Osorio.


Sommario: 1. Introduzione; 2. Intervista al prof. Raul Andrade Osorio; 3. Considerazioni

1. Introduzione

Il Messico è una Repubblica federale. Ha una legislazione costituita da leggi federali e leggi locali e ogni singolo stato federale ha un proprio codice civile, codice penale, codice di procedura civile e codice di procedura penale.

La Costituzione messicana risale al 1917 e prevale sulle norme federali [1].

Raúl Andrade Osorio è laureato presso la Benemérita Universidad Autónoma de Puebla. É docente universitario e insegna "El Juicio de Amparo" a difesa dei diritti umani nella sua Alma Mater e nella Escuela Libre de Derecho de Puebla. E' anche professore presso l'Instituto della Judicatura Federal e nel sistema di Casas de la Cultura de la Suprema Corte de Justicia de la Nación in Messico.

Lavora come segretario in un tribunale federale dal 2000. Ha pubblicato numerosi articoli e ha partecipato ad alcune conferenze in: Argentina, Colombia e Perù.

2. Intervista al prof. Raul Andrade Osorio

LDM: Innanzitutto la ringrazio per la sua cordialità e disponibilità. Sono davvero felice di intervistarla perchè il sistema messicano mi desta molto interesse e curiosità. La prima domanda che le faccio è questa: qual è la funzione della pena in Messico?

RAO: In Messico, come nella maggior parte dei paesi dell’America Latina, la pena ha una funzione deterrente, cioè cerca di intimorire i consociati al fine di farli astenere dal commettere atti criminali. Inoltre, la pena cerca di punire chi ha compiuto un delitto.

L’art. 24 del codice penale federale messicano prevede come sanzioni penali, tra le altre, le seguenti:
a) reclusione (privazione della libertà in un centro di riabilitazione sociale o nella propria abitazione per le persone più anziane);
b) trattamento in libertà (si circoscrive il condannato ad un determinato ambito territoriale con l’obbligo di lavorare, presentarsi nel tempo determinato e non tenere condotte illecite);
c) trattamento in semi-libertà (privazione della libertà durante i fine-settimana o nei giorni lavorativi);
d) lavoro in favore della società (effettuare un lavoro non retribuito all’interno di qualche istituzione od organismo governativo);
e) sanzione pecuniaria (pagare una quantità di denaro; anche conosciuta come multa),
f) sequestro di strumenti, oggetti e proventi di reato (lo Stato acquista la proprietà delle cose con cui è stato commesso il reato, fermo restando che è possibile ordinare la loro distruzione, donarli o offrirli in vendita all'asta pubblica merci);
g) ammonizione (rimproverare il colpevole per il suo comportamento illecito);
h) avvertimento (avvertire il reo che, se in futuro incorre in una condotta criminosa gli sarà inflitta una pena più severa);
i) sospensione o privazione dei diritti (l'autore del reato non può esercitare il diritto di voto e non può essere eletto per tutta la durata della sua pena, perciò viene cancellato dalla lista degli elettori);
l) inabilitazione da funzioni o posto di lavoro (il dipendente pubblico non può essere assunto dallo Stato per svolgere un nuovo ruolo);
m) licenziamento (il dipendente pubblico perde la posizione per la quale è stato assunto);
n) sospensione (il dipendente pubblico per un pò non può ricoprire alcune cariche);
o) posizionamento di dispositivi di tracciabilità e sorveglianza.

In Messico è stato fissato un obiettivo: chi ha commesso un reato ed è stato condannato al carcere deve avere un trattamento tale che quando lascia la "prigione" sia in grado di essere "reintegrato" nella società.

Cioè, non solo si deve punire il reato ma bisogna educare i detenuti in modo che tornino in società con una cultura tale da consentire loro di vivere in modo onesto e lontano dalla possibilità di recidivare.

In realtà, il reinserimento sociale in Messico non si realizza; le carceri sono ampiamente conosciute come le "università del reato", vale a dire: una persona che entra in un carcere come regola generale impara a commettere reati in misura maggiore.

LDM: Quali sono i problemi della giustizia messicana?

RAO: A mio avviso ci sono due grandi problemi che affliggono la giustizia messicana. Il primo è l'impunità, se si considera che del numero totale di reati commessi solo una piccola percentuale è punibile.

Ciò è dovuto principalmente al fatto che le persone non si fidano delle istituzioni, delle forze dell'ordine e, per questo, se qualcuno è vittima di un reato si trattiene dal denunciare.

La semplice mancanza di denuncia genera un ampio spettro di impunità e, la conseguenza è che la finalità della pena- consistente nel dissuadere gli altri dalla commissione dei crimini- risulta essere inefficace.

E’ risaputo che la società messicana crede che sia meglio tenere una condotta contraria al diritto piuttosto che rispettare la legge.

Per fare un esempio, se qualcuno viola una regola del traffico ( per ipotesi, non si arresta davanti alla luce rossa del semaforo) e viene scoperto dalle autorità, il trasgressore della norma cercherà di corrompere con dei soldi l'agente stradale; di certo non gli chiederà di preparare la multa.

Questo è solo un piccolo esempio di una pluralità di cose che accadono tutti i giorni in Messico. L'impunità è parte di una subcultura che rende le sanzioni inefficaci.

Il secondo problema della giustizia in Messico è la mancanza di velocità delle procedure e dei processi, una carenza di formazione giuridica e un alfabetismo disfunzionale gravemente impattante sull'amministrazione della giustizia.

Le procedure e i processi sono lenti perché in genere le persone che se ne occupano, vedono il loro lavoro come un peso, quindi, tendono ad applicare la regola del "minimo sforzo", cioè meno cose fatte meglio e, quindi, l'evolversi del processo è lento.

Relativamente alla mancanza di una cultura giuridica, bisogna considerare l'esistenza di un alta percentuale di avvocati che omettono lo studio quotidiano. Questo si ripercuote sulle loro pianificazioni sbagliate o carenti. Tutto ciò ha una grande risonanza perchè, in molte occasioni, i problemi giuridici hanno una soluzione ma la mancanza di conoscenza implica la promozione di giudizi o ricorsi che non sono idonei o che, nonostante rappresentino la strada giusta per la risoluzione del caso, incorrono in carenza probatoria, quando, invece, bastava semplicemente dar credito ai fatti o ai diritti sui quali la persona fondava la pretesa.

Il sistema di istruzione messicano non ha favorito l'elevazione culturale delle persone che frequentano l'università; infatti, costoro fanno errori di prosa e non comprendono quello che c'è scritto nei testi perchè non hanno l'abitudine di leggere.

Chi si dedica all'attività di avvocato o al servizio pubblico o all'attività di giudice spesso non legge le richieste che vengono fatte alle autorità o non capisce le pretese della persona che si rivolge al tribunale.

Il problema è ambivalente perché da un lato la mancanza di cultura fa si che i documenti siano redatti in una forma incongruente e imprecisa e, in secondo luogo, le risposte che si danno in questi documenti sono imprecisi, oscuri o non riescono ad inquadrare e risolvere quello specifico profilo giuridico.

LDM: Esiste il giusto processo (due process of law) in Messico?

Si, in Messico la Costituzione e le leggi ordinarie prevedono meccanismi procedurali che fanno sì che le persone abbiano un'adeguata difesa tecnica e che i processi siano regolati dalla legge.

L'articolo 14 della Norma Fondamentale dispone che:

Nessuna legge deve avere effetto retroattivo nei confronti di alcuna persona. Nessuno può essere privato della libertà o della proprietà, di beni o diritti, se non mediante un processo davanti ai tribunali precedentemente stabiliti in cui si osserva un giusto processo e in conformità con le leggi emanate prima del fatto.

Nel processo penale è vietato irrogare, per semplice analogia, o per qualsiasi altra ragione, una pena che non sia prevista da una legge esattamente applicabile a quel delitto.
Nei processi civili, la sentenza definitiva dovrá essere conforme alla lettera o all'interpretazione giuridica della legge, in mancanza di ciò, si fonderà sui principi generali del diritto>.

Il dovuto processo legale è stato interpretato in Messico nel senso che affinché si privi qualcuno di un diritto è necessario che ci sia un processo in cui si compiano alcune formalità:
a) che si citi correttamente l'interessato, cioè, che la persona sappia con certezza che ci sia un giudizio contro di lui e quali siano i fatti su cui si basa la pretesa, così come le prove che sostengono la domanda o l'accusa;
b) la possibilità di offrire e presentare prove;
c) la possibilità di formulare allegazioni una volta che si presentino le prove;
d) il dettato di una sentenza che analizzi tutti i punti giuridici materia della controversia; che si valorizzino tutte le prove presenti nel fascicolo; che la sentenza rispecchi una coerenza tra ciò che è stato chiesto e ciò che è stato pronunciato, fermo restando che le norme vigenti devono essere applicate ai fatti; così come è necessario che il giudice motivi in modo chiaro la sua pronuncia.
e) la possibilità di proporre, con istanza, un mezzo ordinario d'impugnazione in cui un tribunale superiore può verificare se sono state osservate le regole processuali, verificare se le norme sono state applicate al caso particolare e se la motivazione è argomentata sulla base delle circostanze del fatto oggetto del processo.

LDM: Quale relazione c'è tra il "giusto processo" e la "giusta pena"?

Da un punto di vista dogmatico la relazione è sostanziale, perchè se durante un processo si seguono le formalità basilari della procedura e si dimostra che la persona deve essere privata di qualche diritto, allora, la sanzione imposta si trova in concordanza con quella stabilita dalla legge applicabile.

La domanda ha un ulteriore significato che non va trascurato. Il parlare di una pena giusta ci porta obbligatoriamente nel campo della filosofia del diritto, nel senso che, la concezione del termine "giustizia" è molto ampia e tutt'ora non si è riusciti a renderla concreta.

La conseguenza è che, in un processo dove non siano state rispettate le norme processuali e la persona non abbia avuto una difesa tecnica adeguata, non necessariamente si avranno ripercussioni sulla giusta pena.

Un esempio che di solito propongo a lezione, è:

"Chi copia durante una prova scritta, sarà punito con l'estirpazione di un occhio" .

Per ipotesi, pensiamo di portare a processo uno studente che abbia copiato durante la prova.

Nel processo sono state rispettate le "formalità basilari" del processo, lo studente conosceva la natura della sua accusa, le prove incriminanti e come è accaduto il fatto illecito.

Inoltre, lo studente ha potuto presentare tutte le prove, le quali sono state richieste seguendo strettamente le regole previste per la presentazione.

L'imputato - studente- ha allegato in completa libertà tutto ciò che ha considerato pertinente e la sentenza si è attenuta a tutti i requisiti necessari per considerare che non abbia violato nessun diritto umano; tuttavia, il giudice ha deciso di condannare l'imputato perchè ha effettivamente commesso il fatto.

Lo studente ha presentato ricorso contro la sentenza di condanna, senonchè la corte di appello, dopo aver analizzato il ricorso, decide di confermare la condanna.

Se vediamo il caso dal punto di vista formale, si potrebbe affermare che la pena che viene irrogata allo studente è giusta perchè in precedenza si è svolto un processo, dove non gli è stato negato alcun diritto umano e, di conseguenza, deve essere eseguito ciò che è previsto dalla norma per aver copiato in classe.

Ecco, se adesso consideriamo la nozione di "giustizia" da un punto di vista filosofico andremo a ritenere che la pena non è giusta, tenendo conto che in realtà, si tratta di un comportamento deplorevole e che deve essere punito ma la punizione prevista dalla norma risulta eccessiva poichè non è proporzionata all'attività illecita che sanziona.

Invero, se facciamo ricorso al diritto costituzionale il problema si risolve nel rifiutare la costituzionalità della norma sostenendo che la pena è sproporzionata o che l'articolo 22 della Costituzione proibisce espressamente la pena per mutilazione. L'argomento sarebbe di sicuro valido e di conseguenza lo studente non sarebbe punito con la perdita di un'occhio.

Quanto detto in precedenza invece, ci porta all'estremo opposto: di fatti, per l'eccesso in cui si è imbattuto il legislatore, lo studente che ha agito in maniera illecita non sarà punito, il che sarebbe comunque ingiusto.

LDM: Secondo lei, quali caratteristiche deve avere una pena per definirsi giusta?

E' molto difficile rispondere a questa domanda per i motivi indicati nella risposta precedente. Questa è una domanda che forse preesiste all'esistenza del diritto stesso.

Non avendo una definizione universale di ciò che è giusto, è molto difficile dire quando una sanzione sia giusta.

Dal mio punto di vista, in primo luogo penso che dovremmo riformulare il concetto di pena nel senso che non dovremmo più considerarlo necessariamente come un castigo per un illecito commesso.

Castigo e pena sono due concetti che sono radicati nella nostra cultura per l'influenza della filosofia giudaico-cristiana. Al centro di entrambi i concetti c'è la colpa, la quale deve essere espiata attraverso il castigo ( o punizione).

Io non sono contro questa parte della nostra cultura, perché dal mio punto di vista tutto ciò è servito a che la società mantenesse l'ordine e di conseguenza si giungesse alla civilizzazione.

Tuttavia, l'idea di riformulare questo concetto nasce dalla necessità di attualizzarlo. E' un fatto noto che molti dei paradigmi alla base della nostra cultura siano crollati per l'avanzamento dei gruppi minoritari che hanno raggiunto il riconoscimento dei loro diritti.

Inoltre, c'è stato un cambiamento di prospettiva in merito all'uso del potere pubblico nei confronti della persona.

In tale ottica, ritengo che per avvicinare il concetto di giustizia al concetto di pena sia necessario allontanare quest'ultimo dal concetto di castigo perché credo che il castigo stigmatizzi coloro a cui lo si impone.

La pena mi sembra stia mutando in un concetto di responsabilità e piena consapevolezza che ciò che viene fatto non aiuta la convivenza nella società.

Per responsabilità intendo che le persone che delinquono devono necessariamente affrontare le conseguenze delle loro azioni; ma non come un castigo, bensì è necessario ripristinare l'equilibrio che si è rotto a seguito del danno causato ad un'altra persona o ai suoi beni. Sulla base di questa idea di ripristino dell'equilibrio, potremmo trovare una soluzione diversa da quella tradizionale. Per esempio, se una persona ruba 100 euro ad un'altra, allora, chi ha commesso il furto potrebbe lavorare e con il guadagno restituire quanto rubato alla vittima.

Obbligare una persona a lavorare, quando quello che pretende è non farlo (è probabile che è per questo che ruba) mi pare sia molto più dissuasivo di privarlo della libertà. Per quanto riguarda la piena consapevolezza, credo che le persone che commettono delitti debbano essere educati in modo da comprendere che il loro comportamento va a rompere quell'equilibrio che è auspicabile esista dove convivono molte persone.

L'esperienza mi ha insegnato che in realtà esiste una subcultura individualista, un'abitudine di pensare solo a se stessi, che fa sì che in molti casi la commissione di un reato venga ritenuto “normale”. Allora, deve essere insegnato fin dall'infanzia che non siamo soli al mondo e che se vogliamo vivere in pace e in tranquillità è necessario tenere in considerazione gli altri. Penso che sarebbe di grande aiuto per prevenire la commissione di reati. Nel caso di persone che hanno commesso un delitto, è necessario che gli si faccia comprendere tutto ciò che scaturisce dal quel comportamento illecito. In molti casi, una rapina su una strada pubblica non si limita allo spossessamento del danaro ma la vittima, a causa delle emozioni vissute dall'aggressione, indubbiamente violenta, si ammala.

E' probabile che il denaro rubato servisse per pagare una cosa molto importante e trascendente la vita della vittima e il fatto di non avere più il denaro, può comportare che la vittima rimanga senza casa, senza lavoro e così via. Il grado di mancanza di considerazione degli altri fa sì che le persone non siano consapevoli di quello che possono causare, quindi, è necessario informare ampiamente coloro che commettono un errore delle possibili conseguenze.

In tal senso, ritengo che un problema importante nella nostra società sia la mancanza di comunicazione tra gli esseri umani. Anche se abbiamo le capacità cognitive e del linguaggio, il fatto è che siamo inclini a nascondere le nostre intenzioni e volontà "cattive" che spesso sfociano in illeciti.

Per riassumere, la pena per considerarsi giusta non deve essere più considerata come un castigo ma convogliare nel concetto di riequilibrio; deve cercare di riparare il danno materiale o morale e informare le persone dell' importanza delle loro azioni, per renderle consapevoli del fatto che le azioni spesso producono danni maggiori di quelli prevedibili.

Isolare la persona dal resto del mondo non è una pena che ha funzionato anche se mi rendo conto che ci sia un numero limitato di persone che commettono delitti per il piacere di farlo, in altre parole sono delinquenti malati (psicopatici).

In questi casi, quello che potrebbe ristabilire l'equilibrio che si rompe a causa della commissione del reato è un trattamento psichiatrico che serva a bloccare la volontà di delinquere. Non escludo che ciò che ho scritto possa sembrare una chimera.

3. Considerazioni

LDM: Innanzitutto, mi ha molto colpito l'insieme delle pene messicane e l'obligación de trabajar quale elemento del trattamento in libertà. Dalla nostra conversazione è emerso che in Messico questo obbligo di lavorare ha una funzione più afflittiva che rieducativa. In Italia, invece, il lavoro per il detenuto non è visto in modo afflittivo e soprattutto rappresenta un elemento fondamentale per il trattamento rieducativo. C'è da precisare però, che in Messico il condannato può chiedere, per determinati reati, che al posto di scontare la pena in carcere, lavori. Questa scelta nella commutazione della pena rappresenta un diritto del condannato.

Singolare per il sistema italiano è anche la previsione, tra le pene principali, del licenziamento e della sospensione. Infatti, in Italia l'interdizione da una professione o da un'arte è una pena accessoria.

Da un punto di vista processuale, non incorrono molte differenze con il giusto processo italiano regolato dall'art. 111 della Costituzione.

Non concordo con lei sull'idea che non necessariamente ci sia un legame tra giusto processo e giusta pena. Il legame tra diritto sostanziale e diritto processuale si legge proprio in quello che ha detto. Se una norma è stata già emanata a monte con i caratteri della ingiustizia, l'ingiustizia della norma stessa si ripercuoterà sul processo e di conseguenza sulla pena. A contrario, se un processo è viziato perchè non sono state rispettate le regole processuali e le garanzie per l'imputato, anche se la norma a monte risulta avere i caratteri della giustezza, l'ingiustizia del processo potrà comunque riverberarsi sulla norma a monte e di conseguenza sulla pena. A mio avviso, il diritto è uno e lo si divide solo a scopo di semplificazione nello studio. Non si può negare il legame tra processo e norma sostanziale, sono due facce della stessa medaglia.

Concordo con lei sull'idea che la pena non debba essere vista come un castigo. Il reo, però, la deve sempre immaginare come la conseguenza delle proprie azioni da un lato e come un percorso di risocializzazione dall'altro. Ad ultimo, mi allontano dalle sue osservazione in merito a coloro che delinquono per il gusto di farlo. Sarebbe troppo pericoloso asserire che tutte le persone che provano gusto a delinquere sono psicopatici. In Italia abbiamo il sistema del doppio binario, per il quale alle persone pericolose vengono applicate delle misure di sicurezza, che comunque restano l'extrema ratio; e tale deve essere considerata anche la pena in generale.

Note e riferimenti bibliografici

1. Cfr. Guida informativa legale Messico 2014, Cannizzo, Ortìz & Asociados; vedi PDF allegato al presente articolo.