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Pubbl. Mer, 22 Mar 2017
Sottoposto a PEER REVIEW

Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale

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Fiorella Floridia


Le novità introdotte dal Regolamento (Ce) n. 2201-2003 in materia di divorzio, separazione e responsabilità genitoriale. La Commissione Europea propone di far confluire in un unico testo normativo tutta la normativa europea attuale riguardante il diritto internazionale privato del diritto di famiglia.


Sommario: 1. Premessa: il regolamento (CE) n. 1347/2000 ed il successivo Regolamento (CE) n. 2201/2003; 2. Il Regolamento (CE) n. 2201/2003. Ambito di applicazione; 2.1. Materia matrimoniale e Responsabilità genitoriale; 2.2.  La sottrazione internazionale di minori all’interno dell’Unione Europea; 2.3. Cooperazione tra le autorità centrali e le autorità giurisdizionali; 3. Prospettive di riforma.

1. Premessa: il regolamento (CE) n. 1347/2000 ed il successivo Regolamento (CE) n. 2201/2003 in materia di competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi.

Il regolamento è un atto giudico dell’Unione, avente portata generale, obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Questa la nozione di regolamento desumibile dall’articolo 288 del TFUE. Come primo elemento caratterizzante, il regolamento ha portata generale, in quanto possiede il carattere dell’astrattezza e si rivolge a categorie considerate astrattamente e nel loro insieme. Secondo elemento fondamentale è l’obbligatorietà in tutti i suoi elementi. Nessuno Stato membro può applicare un qualsivoglia regolamento in modo incompleto. L’ultimo elemento consiste nella sua diretta applicabilità in tutti i suoi elementi. Questo vuol dire che il regolamento acquista efficacia all’interno di ogni stato membro senza che sia necessario un atto di ricezione o di adattamento da parte di ogni singolo ordinamento (cosiddette norme self-executing). Il 29  maggio del 2000 il Consiglio dell’Unione Europea, utilizzando lo strumento del regolamento, approvava il Regolamento (CE) n. 1347/2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (1). Nell’ultimo periodo storico, l’evoluzione registratasi nel diritto europeo della famiglia è stata notevole.  Per comprendere l’evoluzione normativa in materia è opportuno un breve excursus storico. Nel linguaggio giuridico il regolamento n. 2201/2003 viene denominato “Bruxelles II”. Questo denota la relativa complessità del percorso normativo attraverso il quale l’Unione Europea è giunta ad occuparsi della responsabilità genitoriale ed i problemi riguardanti gli istituti della separazione e del divorzio. La Convenzione di Bruxelles del 1968 (2)  era un testo normativo che si occupava solamente di problemi di diritto processuale internazionale, fissando regole di competenza giurisdizionale e stabilendo il principio del riconoscimento automatico delle sentenze pronunciate negli Stati membri nella materia civile e commerciale. La Convenzione di Bruxelles del 1968 non si applicava tuttavia alla separazione, al divorzio, allo stato e alla capacità delle persone fisiche e quindi, in generale, alle questioni di diritto di famiglia (con l'eccezione degli assegni periodici di mantenimento). Al fine di avere una disciplina maggiormente organica in materia, gli Stati membri adottavano nel 1998 una nuova Convenzione nella quale si introducevano regole uniformi di giurisdizione in materia di nullità del matrimonio, di separazione e di divorzio e si affermava il principio per cui le sentenze pronunciate in tali materie dovevano essere immediatamente riconosciute in tutti gli Stati membri. Il regolamento in esame riprendeva il contenuto della Convenzione, riguardante le stesse materie, che il Consiglio aveva adottato il 28 maggio 1998: la Convenzione non entrò mai in vigore. La Commissione Europa presentava una proposta di trasformazione in regolamento della Convenzione del 1998. Il regolamento (CE) n. 1347/2000 si inseriva nel quadro di un progressivo ampliamento della cooperazione giudiziaria in materia civile ed entrava in vigore il 1 marzo del 2002. Nel secolo scorso la famiglia coniugale è stata per molto tempo considerata la realtà sociale assolutamente dominante, cosicchè il bisogno di regolare i conflitti tra genitori al di fuori di quella realtà non era mai stato avvertito. Sullo stesso solco si inseriva la medesima concezione del figlio, inteso non come autonomo soggetto di diritti, ma quasi come una proprietà dei genitori. Nell’ultimo periodo storico la tradizionale concezione di famiglia è entrata fortemente in crisi ed anche la tendenza ad ampliare il ventaglio dei diritti del minore (tra questi, ad esempio, il diritto all’ascolto), hanno mostrato che lo storico approccio era ormai desueto ed anacronistico e per la prima volta in ambito europeo veniva adottata una disciplina che si occupava organicamente della separazione, del divorzio e della potestà dei genitori. Il IV considerando del regolamento n. 1347/2000 affermava che “le differenze tra alcune norme nazionali sulla competenza giurisdizionale e il riconoscimento ostacolano la libera circolazione delle persone nonché il buon funzionamento del mercato interno. È pertanto opportuno adottare disposizioni che consentano di unificare le norme sui conflitti di competenze in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori, semplificando le formalità per un rapido ed automatico riconoscimento delle decisioni e per la loro esecuzione”.

Il regolamento (CE) n. 1347/2000 si occupava solamente della responsabilità dei genitori nelle sole ipotesi di azioni proposte da genitori (uniti in matrimonio) contestualmente ad una domanda di divorzio, di separazione personale o di annullamento del matrimonio.

2. Il Regolamento (CE) n. 2201/2003. Ambito di applicazione.

A distanza di non meno di due anni, il 27 novembre del 2003, il Consiglio dell’Unione Europea approvava un nuovo regolamento normativo: il Regolamento n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in  materia di responsabilità genitoriale.  Il regolamento n. 2201/2003   recepisce sostanzialmente il contenuto del regolamento n. 1347/2000, per quanto attiene alle sentenze di nullità del matrimonio, di separazione e di divorzio, estendendo la normativa comunitaria a tutte le decisioni relative alla responsabilità genitoriale. Il testo normativo  attualmente vigente, al pari di quello precedente, affronta però il problema della responsabilità genitoriale solo da un punto di vista processuale. Il regolamento contiene norme concernenti la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni civili di divorzio, separazione personale ed annullamento del matrimonio (“materia matrimoniale”). Esso non si occupa dei motivi di divorzio, la legge applicabile ai procedimenti di divorzio (3) , né questioni accessorie quali le obbligazioni alimentari (4) e gli effetti del matrimonio sui rapporti patrimoniali. In relazione  al campo di applicazione ratione materiae, il regolamento si occupa dei soli procedimenti civili, a carattere giudiziario o non giudiziario, instaurati in uno Stato membro. Ne rimangono esclusi i procedimenti riferiti ad unioni non matrimoniali, i provvedimenti che confermano il vincolo coniugale e quella parte dei procedimenti concernenti gli aspetti patrimoniali  o personali che discendono dalla sentenza di scioglimento del matrimonio. Per quanto concerne i limiti ratione personae, due sono i titoli alternativi, che giustificano l’applicazione del regolamento in materia matrimoniale: cittadinanza ( facendo riferimento al diritto nazionale di ciascuno Stato membro) e residenza dei coniugi (nozione resa sulla base dell’ordinamento europeo).

2.1. Materia matrimoniale e Responsabilità genitoriale

Le norme del regolamento che si occupano della materia matrimoniale sono gli artt. 3 e ss.. Per quanto riguarda le controversie matrimoniali, l’articolo 3 fornisce una serie di criteri di collegamento alternativi, senza alcuna gerarchia. Il regolamento non esclude competenze giurisdizionali multiple ma promuove la coesistenza di più giudici competenti di pari rango (5).  In poche parole l’articolo 3, infatti, rappresenta un compromesso tra un approccio tradizionale ed uno più attento allo stretto collegamento tra Giudice, parti e controversie, anche in relazione alla notevole facilità che caratterizza le crisi dei matrimoni transazionali. Altro criterio di collegamento “speciale”, in aggiunta a quello previsto dall’articolo 3, è disposto dall’articolo 5:

Conversione della separazione personale in divorzio

Fatto salvo l'articolo 3, l'autorità giurisdizionale dello Stato membro che ha reso la decisione sulla separazione personale è altresì competente per convertirla in una decisione di divorzio, qualora ciò sia previsto dalla legislazione di detto Stato”.

Infine per quanto riguarda il riconoscimento delle decisioni in materia matrimoniale, non è necessario il ricorso ad alcun procedimento affinchè una decisione resa in uno Stato membro sia riconosciuta in qualsiasi altro Stato dell’Unione. In pratica, questo aspetto è importantissimo perché, se una persona decide di contrarre un nuovo matrimonio dopo un divorzio, per attestare il proprio stato civile, dovrebbe essere sufficiente produrre la decisione stessa alle autorità competenti dello Stato membro in cui si celebrerà il nuovo matrimonio. In materia di responsabilità genitoriale il regolamento n. 2201/2003 predispone un sistema completo di titoli di giurisdizione (6). Per quanto concerne la responsabilità genitoriale, il regolamento si occupa delle norme sulla competenza (capo II), sul riconoscimento e l’esecuzione (capo III) e sulla cooperazione tra autorità centrali (capo IV).  Il regolamento non stabilisce l’età massima dei minori che rientrano nel suo ambito applicazione e sul punto lascia ampia libertà a ciascun ordinamento dei diversi Stati membri. La nozione di “responsabilità genitoriale” è definita dall’articolo 1, paragrafo 2:

2. Le materie di cui al paragrafo 1, lettera b), riguardano in particolare:
a) il diritto di affidamento e il diritto di visita;
b) la tutela, la curatela ed altri istituti analoghi;
c) la designazione e le funzioni di qualsiasi persona o ente aventi la responsabilità della persona o dei beni del minore o che lo rappresentino o assistano;
d) la collocazione del minore in una famiglia affidataria o in un istituto;
e) le misure di protezione del minore legate all'amministrazione, alla conservazione o all'alienazione dei beni del minore.

Ai sensi dell’articolo 8 la competenza “generale” delle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente sussiste alla data di proposizione della domanda, salvo quanto disposto dagli artt. 9, 10 e 12. L’articolo 10 stabilisce la giurisdizione in materia di sottrazione dei minori. Detta norma è quella che viene indicata come “dinamica della giurisdizione” in caso di trasferimento illecito di un minore in un luogo diverso da quello della propria residenza abituale. Con la locuzione “dinamica della giurisdizione” ci riferisce ai mutamenti del foro competente che conseguono a determinati esiti del giudizio di riesame, ricordando che l’articolo 10 non si applica soltanto agli esiti del giudizio di riesame, limitandosi a designare, al contrario, il foro speciale che opera in presenza di episodi di sottrazione di minori. Sulla materia in esame, è utile sottolineare che il regolamento non contiene una nozione di “residenza abituale”. Tale nozione deve essere intesa ed interpretata in modo autonomo, sulla base delle circostanze di fatto che caratterizzano la situazione specifica del minore. In merito sarà opportuno attenzionare qualche pronuncia della Corte di Giustizia sull’argomento. Nella sentenza pronunciata il 2 aprile 2009 nella causa C-523/07, A (7), la Corte ha sottolineato che la “residenza abituale” di un minore deve essere stabilita sulla base delle peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie. Nel caso in esame, i minori interessati si erano trasferiti assieme ai genitori da uno Stato membro ad un altro ed erano stati presi a carico poco dopo il trasferimento. La Corte ha aggiunto che oltre alla presenza fisica di un minore in uno Stato membro, si devono considerare altri fattori idonei a dimostrare che tale presenza non è in alcun modo temporanea od occasionale e che la residenza del minore denota una certa integrazione in un ambiente sociale e familiare. La Corte aveva concluso che spetta al giudice nazionale stabilire la residenza abituale del minore. Sempre affermando quando deciso nella precedente sentenza, la Corte nella sentenza pronunciata il 22 dicembre 2010 nella causa Mercredi (8), ha sottolineato che la nozione di “ residenza abituale” ai sensi degli articoli 8 e 10 del regolamento deve essere effettuata alla luce del contesto nel quale si inseriscono le disposizioni del regolamento e dell’obiettivo da esso perseguito, in particolare, in base a quanto emerge dal dodicesimo ”considerando”, secondo il quale le regole di competenza da esso accolte si informano all’interesse superiore del minore e, in particolare, al criterio di vicinanza.  La procedura riguardante il riconoscimento e l’esecuzione in materia di responsabilità risulta dal combinato disposto degli articoli 21, 23-29 del regolamento in esame. Ogni parte interessata può chiedere che una decisione emanata da un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro, sia o non sia riconosciuta e dichiarata esecutiva in un altro Stato membro (exequatur). Le decisioni che riguardano il profilo della responsabilità genitoriale abbisognano di un’apposita procedura di exequatur, disciplinata espressamente dal regolamento. La procedura in esame è necessaria per quanto concerne l’esecuzione di sentenze di separazione con provvedimenti accessori relative ai figli minori ma non per quanto riguarda l’esecuzioni di decisioni in materia di diritto di visita e di alcune decisioni sul ritorno del minore. L’autorità giurisdizionale può rifiutarsi di dichiarare esecutiva la decisione soltanto nelle ipotesi elencate dall’articolo 23.  Ciascuna delle parti può proporre opposizione contro la decisione, in base alle regole procedurali contenute ed elencate dall’articolo 33 e ss. del regolamento n. 2201/2003.

2.2.  La sottrazione internazionale di minori all’interno dell’Unione Europea

Nell’ambito del panorama normativo attuale, in tema di sottrazione internazionale dei minori bisogna ricordare la Convenzione dell’Aia del 1980 e soprattutto quanto disposto dagli articolo 60 e 62 del regolamento 2201/2003. La Convenzione dell’Aia è stata ratificata da tutti gli Stati menbri dell’Unione Europea e continua ad essere applicata nei casi di sottrazione di minori. Bisogna sottolineare che le norme del regolamento prevalgono su quelle materia della Convenzione dell’Aia del 1980 nella misura in cui queste riguardano materie disciplinate dal regolamento stesso. Per capire l’interazione tra i due testi normativi in questione, bisogna sottolineare quando disposto dal considerando 17 del regolamento:

In caso di trasferimento o mancato rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenerne immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la convenzione dell'Aia del 25 ottobre 1980, quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in particolare l'articolo 11. I giudici dello Stato membro in cui il minore è stato trasferito o trattenuto illecitamente dovrebbero avere la possibilità di opporsi al suo rientro in casi precisi, debitamente motivati. Tuttavia, una simile decisione dovrebbe poter essere sostituita da una decisione successiva emessa dai giudici dello Stato membro di residenza abituale del minore prima del suo trasferimento illecito o mancato rientro. Se la decisione implica il rientro del minore, esso dovrebbe avvenire senza che sia necessario ricorrere a procedimenti per il riconoscimento e l'esecuzione della decisione nello Stato membro in cui il minore è trattenuto”.

Negli ultimi anni la cooperazione internazionale tra magistrati esperti in diritto di famiglia è notevolmente aumentata. In moltissimi paesi sono stati nominati magistrati in grado di agevolare le comunicazioni giudiziarie e fornire consulenza e sostegno ai colleghi nazionali e degli altri stati membri. Per quanto riguarda i principi fondamentali in tema di sottrazione di un minore, in linea di principio le autorità giurisdizionali di uno Stato membro d’origine conservano la competenza in caso di illecito o mancato trasferimento del minore; per contro le autorità giurisdizionali dello Stato membro richiesto devono assicurare il ritorno immediato del minore, in tal senso, entrambe le autorità collaborano fra di loro. Nel caso in cui il giudice dello Stato membro richiesto decide di non disporre il ritorno del minore in base ai motivi indicati dall’articolo 13 del regolamento, esso deve trasmettere immediatamente una copia del provvedimento contro il ritorno, al giudice dello Stato membro d’origine. Se il giudice d’origine adotta una decisione che prevede il ritorno del minore, tale decisione è immediatamente eseguibile nello Stato membro richiesto senza necessità di exequatur. Nel tutelare il minore in un procedimento così delicato, il regolamento all’articolo 11, paragrafi 2 e 5, ha introdotto la possibilità per il minore e la parte richiedente il diritto di essere ascoltati. L’autorità giurisdizionale è tenuta ad assicurare che il minore possa essere ascoltato, a meno che non lo ritenga inopportuno in relazione alla sua età e maturità. L’articolo 11, paragrafo 3 del presente regolamento prevede in capo all’autorità giurisdizionale di procedere “al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione nazionale”, in caso contrario non più tardi di sei mesi dopo aver ricevuto la domanda di ritorno del minore. Da ultimo, bisogna evidenziare che le autorità degli Stati membri contraenti, nel caso in cui un minore è trasferito illecitamente, ai sensi della Convenzione dell’Aia, devono compiere sforzi adeguati ed efficaci per garantire il ritorno del minore, non fare tutto quello che è possibile in tal senso, costituisce violazione dell’articolo 8 della CEDU (diritto al rispetto della vita familiare) (9).

2.3. Cooperazione tra le autorità centrali e le autorità giurisdizionali

Le norme che si occupano di disciplinare la cooperazione tra autorità centrali e giurisdizionali sono gli artt. 53  ss.. Il ruolo svolto dalle autorità centrali è fondamentale nell’applicazione di tale regolamento. Infatti, è specificatamente previsto che le autorità centrali siano integrate nella rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale. I relativi compiti delle suddette autorità sono elencate dall’articolo 55:

Articolo 55
Cooperazione nell'ambito di cause specifiche alla responsabilità genitoriale

“Le autorità centrali, su richiesta di un'autorità centrale di un altro Stato membro o del titolare della responsabilità genitoriale, cooperano nell'ambito di cause specifiche per realizzare gli obiettivi del presente regolamento. A tal fine esse provvedono, direttamente o tramite le autorità pubbliche o altri organismi, compatibilmente con l'ordinamento di tale Stato membro in materia di protezione dei dati personali:

a) a raccogliere e a scambiare informazioni:
i) sulla situazione del minore;
ii) sugli eventuali procedimenti in corso; o
iii) sulle decisioni adottate relativamente al minore;
b) a fornire informazioni e assistenza ai titolari della responsabilità genitoriale che chiedono il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni sul loro territorio, relativamente in particolare al diritto di visita e al ritorno del minore;
c) a facilitare la comunicazione fra le autorità giurisdizionali, in relazione soprattutto all'attuazione dell'articolo 11, paragrafi 6 e 7, e dell'articolo 15;
d) a fornire informazioni e sostegno utili all'attuazione dell'articolo 56 da parte delle autorità giurisdizionali;
e) a facilitare un accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale, ricorrendo alla mediazione o con altri mezzi, e ad agevolare a tal fine la cooperazione transfrontaliera

Un ruolo importante svolto dalle autorità centrali di un singolo Stato membro è previsto dall’articolo 56, nel caso di collocamento dei minori in istituto od in una famiglia affidataria in un altro Stato membro. Nei casi transfrontalieri, il giudice dello Stato richiedente può procedere soltanto previa approvazione da parte dell’autorità competente dello Stato richiesto. Per operare nel modo richiesto dal presente regolamento, le autorità centrali devono essere dotate di risorse finanziarie ed umane per poter adempiere i loro compiti ed il personale deve ricevere una formazione adeguata in merito al funzionamento del regolamento ed anche in relazione alla Convenzione dell’Aia del 1980. Anche la formazione linguistica è importante, così come la formazione comune con magistrati, avvocati ed altre figure interessate al funzione del regolamento in esame.

3. Prospettive di riforma

Il 30 giugno 2016, la Commissione europea presentava una proposta di revisione del regolamento (CE) n. 2201/2003 (10). La relativa proposta voleva porre rimedio ad alcune criticità del testo normativo in esame. La Commissione auspicava di far confluire l’intero testo normativo in un regolamento completamente nuovo, rimanendo invariate le attuali norme volte a disciplinare gli istituti del divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio, introducendo, viceversa, una serie di novità sul terreno dei procedimenti in tema di responsabilità genitoriale e di sottrazione. Il testo risultante dalla prospettata rifusione mira essenzialmente a regolamentare in un unico testo normativo tutte quelle novità legislative che l’Unione Europea ha introdotto negli ultimi anni in tema di diritto internazionale privato della famiglia: in particolare, i regolamenti relativi alle obbligazioni alimentari, alla legge  applicabile a separazione e divorzio, nonché, recentemente, ai regimi patrimoniali tra coniugi e agli effetti patrimoniali delle unioni registrate.

Le novità sono le seguenti:
1. Viene istituita una procedura autonoma per il collocamento dei minori a carattere transnazionale. A tal fine, è stabilito un termine di otto settimane per lo Stato membro investito della richiesta di collocamento.
2. Viene inserita una norma ai sensi della quale, al minore capace di discernimento (“who is capable of forming his or her own views”), deve essere data la possibilità “reale ed effettiva” di esprimere liberamente le proprie opinioni durante il procedimento che lo interessa.
3. Si prevede l’abolizione della procedura di exequatur per tutte le decisioni concernenti la responsabilità genitoriale (art. 30 e seguenti).. L’abolizione dell’exequatur è accompagnata da tutele procedurali volte a garantire il diritto del convenuto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale sancito nell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali (articoli 40-42).

In una prospettiva de jure condendo sarebbe auspicabile, inserire in un unico testo normativo tutti gli istituti riguardanti il diritto internazionale privato del diritto di famiglia, con una particolare attenzione alle unioni di fatto, ai matrimoni tra persone dello stesso sesso e risolvere il problema delle adozioni. In materia non esiste una regolamentazione precisa ed esaustiva. Il legislatore europeo dovrebbe con audacia prendere posizione su una realtà abbastanza variegata e priva di un testo normativo ad hoc: sarebbe giusto dare tutela ai diritti di ogni cittadino europeo, perché in questa caso non esiste un’Europa a due, tre, quattro velocità. Esiste solo una velocità: vedere riconosciuti i propri diritti ed avere un’adeguata tutela al riguardo.

 

Note e riferimenti bibliografici
(1) Regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, 29 maggio 2000, in GUCE 30.06.2000 L 160/19.
(2) Convenzione di Bruxelles del 27 settembre del 1969, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile, commerciale e protocolo, disponibile al sito http://eur-lex-europa.eu.
(3) Regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio, 20 dicembre 2010, in GU L 343 del 29.12.2010, pag. 10.
(4) Regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio del 18 dicembre 2008, in GU L 7 del 10.01.2009, pag. 1.
(5) Corte Giustizia, 16 luglio 2009, in G-168/08, László Hadadi / Csilla Márta Mesko, in http://eur-lex.europe.eu.
(6) E. M. Magrone, Nelle controversie che investono un minore più tutela con il criterio della vicinanza, in Guida al diritto, Diritto comunitario e internazionale, 2005, I, 19 ss.
(7)  Sentenza del 2 aprile 2009, causa C-523/07A.
(8) Sentenza del 22 dicembre 2010, causa C-497/10PPU.
(9) Sentenza del 29 luglio 2003, causa Iglesias Gil/ Spagna.
(10) https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2016/IT/1-2016-411-IT-F1-1.PDF.