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Pubbl. Mer, 1 Mar 2017

Breve panoramica sul “danno da ritardo” della P.A.

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Fiorella Floridia


Excursus normativo e giurisprudenziale sul danno da ritardo. Elementi costitutivi e relativa tutela giurisprudenziale.


Sommario: 1. ll danno da ritardo: elementi costitutivi; 2. Le diverse  tipologie di “danno da ritardo” ed il danno da mero ritardo; 3. La tutela giurisdizionale.

1. ll danno da ritardo: elementi costitutivi

In ogni ordinamento giuridico, il tempo ed il suo decorso hanno sempre avuto una rilevanza fondamentale. Sia in ambito civile e penale la dimensione temporale ha da sempre rivestito un ruolo cardine. Nel diritto amministrativo non è avvenuta la stessa cosa. In passato la gestione del fattore tempo veniva affidata alla stessa pubblica amministrazione , la quale era libera di decidere come e quando agire in concreto. Insomma era compito discrezionale dell’autorità amministrativa individuare il momento più opportuno per l’emanazione del provvedimento a meno che vi fosse una legge che determinasse un termine ben preciso. Innanzitutto è fondamentale comprendere la consistenza del fattore tempo nell’ambito dei rapporti che si instaurano tra pubblica amministrazione e cittadino.

Come ben sappiamo, il nostro modello di amministrazione è caratterizzato da un ben preciso rapporto partecipativo tra ente pubblico e soggetto privato, rapporto che coinvolge l’intero procedimento amministrativo. In questo dinamico rapporto tra P.A. e cittadino assume notevole rilevanza il fattore temporale.

Da questo discende che le regole che governano le tempistiche dell’agere pubblico devono rispondere ai criteri di trasparenza e certezza, affinchè tutto l’operato della P.A. possano definirsi e considerarsi efficiente. Già da tempo nel nostro ordinamento si avvertiva l’esigenza di predisporre una disciplina normativa in grado di tutelare il privato che in qualche modo fosse stato leso dalle lentezza dell’azione amministrativa. 

Tutte le classificazioni del danno da ritardo s'incentrano sulla netta distinzione tra una prima forma di responsabilità, prospettabile per il solo fatto della violazione dell'obbligo formale di provvedere entro il termine, a prescindere, quindi, dall'esito finale dell'istanza, ed una seconda tipologia di responsabilità, relativa ai danni connessi al mancato o ritardato godimento dell'utilità finale, che presuppone il giudizio prognostico circa la sussistenza del diritto del privato a quel godimento.  L'art. 7, comma 1, lett. b) della l. n. 69/2009 ha introdotto nella legge sul procedimento amministrativo l'art. 2-bis [1]

Dall’analisi della norma è possibile evidenziare la volontà del legislatore di ricondurre la lesione della posizione di interesse legittimo del privato di concludere il procedimento amministrativo nei termini di cui all’articolo 2 della legge 241/1990 e quindi anche, al modello di responsabilità aquiliana ex articolo 2043 c.c.. Il soggetto danneggiato deve, ex articolo 2697 c.c., dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda. In particolare, sia i presupposti di natura oggettiva, i quali consistono nella prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia del danno e nesso causale; ed i relativi presupposti soggettivi, cioè il dolo o la colpa del danneggiante.  

Nello specifico anche una pronuncia del T.A.R Lazio ha chiarito che l'articolo 2bis non configura una fattispecie autonoma di illecito ma deve ricondursi alla fattispecie di cui all'articolo 2043 c.c., di conseguenza il danneggiato deve provare la presenza di tutti gli elementi richiesti per provare la lesione della sua posizione soggettiva [2]. Dall’analisi dell’articolo 2bis, dottrina e giurisprudenza hanno riconosciuto che il tempo è un bene della vita per il cittadino ed ogni ritardo dell’Amministrazione che possa ledere una qualsivoglia posizione soggettiva, richiede una tutela risarcitoria al riguardo.

Ogni pubblica amministrazione è tenuta al risarcimento del danno ingiusto cagionato dall’inosservanza sia dolosa o colposa del rispetto del termine per concludere il procedimento. Il tempo è denaro.

Qualsiasi tipologia di ritardo è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo è determinante nella predisposizione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica. Dal punto di vista della prova del cd. “danno da ritardo” è importante sia che sussista la lesione ed anche l’inosservanza del termine di conclusione del procedimento di cui all’articolo 2 della legge n. 241/1990. Sul punto in questione i Giudici di Palazzo Spada hanno sottolineato che la prova dell'elemento soggettivo della fattispecie risarcitoria si considera raggiunta laddove di fronte non solo ad una violazione dei termini procedimentali ed anche a seguito di un esito favorevole del procedimento (con conseguente da parte del privato del bene della vita richiesto), il ritardo non risulti giustificato da parte dell'Amministrazione da difficoltò oggettive di tipo tecnico od organizzativo [3].

2. Le diverse  tipologie di “danno da ritardo” ed il danno da mero ritardo

Il tempo costituisce un bene della vita ed è risarcibile a prescindere dall’accertamento della spettanza del provvedimento favorevole. La giurisprudenza amministrativa [4] ha elaborato una tripartizione di ipotesi di danno da ritardo:

  1. la prima del c.d. danno da ritardo mero concerne l’adozione tardiva di un provvedimento legittimo ma sfavorevole al destinatario, identificabile nella lesione dell’interesse procedimentale alla tempestiva conclusione del procedimento a prescindere dalla spettanza del bene della vita;
  2.  la seconda riguarda l’adozione del provvedimento richiesto, favorevole all’interessato, ma emesso in ritardo;
  3. la terza ipotesi è relativa all’inerzia dell’Amministrazione e quindi alla mancata adozione del provvedimento richiesto.

 In questo consiste il cd. danno da mero ritardo, quel danno che riguarda l’adozione tardiva di un provvedimento legittimo ma sfavorevole al destinatario. Come sottolineato dal Consiglio di Stato [5], il privato non può sopportare e pagare le conseguenze delle inefficienze e dei ritardi della P.A. . Il risarcimento del danno da ritardo non è legato alla perdita di guadagno sofferto a causa del mancato rilascio del provvedimento favorevole, ma al tempo perduto ed alla relativa incertezza prodottasi a causa dell’inosservanza, dolosa o colposa, del termine di conclusione del procedimento. Bisogna evidenziarsi che un filone giurisprudenziale ricollega il danno da ritardo, da un lato al danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, dall’altro all’artcolo 2043 c.c..

Quindi per l’identificazione è necessario sia accertare la presenza dei relativi presupposti oggettivi e soggettivi. Però l’ingiustizia e la sussistenza del danno non possono presumersi iuris tantum, semplicemente  in relazione al ritardo nell’adozione del provvedimento favorevole, ma il danneggiato ex articolo 2967 c.c., deve provare tutti gli elementi costitutivi della domanda.  

A tal proposito il Consiglio di Stato ne ha confermato la necessaria importanza e valenza: “La sussistenza del danno da ritardo non può presumersi iuris tantum, in relazione al mero superamento del termine fissato per l’adozione del provvedimento amministravo favorevole, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provarne i presupposti sia di carattere oggettvo (sussistenza del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante). La prova dell’elemento soggettivo della fattispecie risarcitoria deve considerarsi raggiunta a fronte della dimostrazione di un esito favorevole del procedimento (con conseguimento da parte del privato del bene della vita richiesto) e a fronte di una palese ed oggettiva inosservanza dei termini procedimentali, non giustificata da parte dell’Amministrazione, né in sede procedimentale né in sede giudiziale, con riferimento a difficoltà oggettive di tipo tecnico o organizzativo rispetto al concreto affare trattato”. (Consiglio di Stato, Sezione V, 25 Marzo 2016, n. 1239).

3. La tutela giurisdizionale 

Passando ad occuparci della relativa tutela in sede giurisdizionale, il termine di decadenza per la proposizione di tale azione è stata fissata in 120 giorni decorrenti “dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo”articolo 30, comma III c.p.a.; inoltre per il risarcimento dell’eventuale danno causato dal comportamento doloso o colposo del relativo termine di conclusione del procedimento il IV comma dell’articolo 30 c.p.a. stabilisce che il “termine di cui al comma 3 inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere”.  

Ai sensi dell’articolo 133, comma I, lettera a, c.p.a., le relative controversie sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.  La scelta del nostro legislatore di attribuire tali controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, si spiega alla luce della passate controversie che erano sorte in dottrina e giurisprudenza su questo argomento. Prima di tale scelta legislativa, erano state prospettate diverse tesi sulla giurisdizione del g.a. in caso di domande risarcitorie avanzate per il ristoro dei danni derivanti dai ritardi procedimentali.

Anteriormente all’intervento normativo del 2009, secondo un primo orientamento la giurisdizione era ai sensi dell’articolo 7 Legge T.A.R., propriamente quella di legittimità: il giudice amministrativo è il giudice del “rapporto” procedimentale che si instaura tra Amministrazione e privato e quindi conosce delle domande risarcitorie relative allo sviluppo patologico di tale rapporto.

Un diverso orientamento interpretando diversamente l’articolo 7 della legge T.A.R., negava la giurisdizione del g.a., in quanto si veniva a configurare un mero comportamento omissivo e come tale fonte di un diritto soggettivo, con conseguente giurisdizione in capo al g.o. . In difetto di un’espressa norma che attribuisse le controversie alla giurisdizione esclusiva, tutto ruotava all’interpretazione cui si decideva di dare all’articolo 7 in questione.

L’incertezza aveva condotto il Consiglio di Stato a rimettere la questione all’Adunanza Plenaria. Con la decisione n. 7, 15 settembre 2005, l’Adunanza Plenaria asseriva quanto segue: “Nella specie, però, non si è di fronte a «comportamenti» della pubblica amministrazione invasivi dei diritti soggettivi del privato in violazione del neminem laedere (la fattispecie presa in considerazione dal citato art. 34 nella parte dichiarata incostituzionale dalla Corte), ma in presenza della diversa ipotesi del mancato tempestivo soddisfacimento dell’obbligo della autorità amministrativa di assolvere adempimenti pubblicistici, aventi ad oggetto lo svolgimento di funzioni amministrative. Si è, perciò, al cospetto di interessi legittimi pretensivi del privato, che ricadono, per loro intrinseca natura, nella giurisdizione del giudice amministrativo (e, trattandosi della materia urbanistico-edilizia, nella sua giurisdizione esclusiva)”. 

Dalle successive pronunce intervenute sull’argomento è stato riconosciuto il potere del g.a. di conoscere le domande di risarcimento del danno da ritardo, implicitamente o meno, nella giurisdizione di legittimità. Ed è per porre fine all’annosa questione in esame che il legislatore del 2009 – con previsione confermata dal codice del processo- ha attribuito le controversie in tema di danno da ritardo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] Art. 2bis Legge 241/1990
[2] T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. II, 12 aprile 2015, n. 4329
[3] Consiglio di Stato,Sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675
[4] Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 875/2005
[5] Consiglio di Stato, Sezione III, 3 agosto 2011, n. 4639