Pubbl. Ven, 20 Gen 2017
La qualificazione giuridica del contratto di locazione non registrato
Modifica paginaI nuovi sviluppi alla luce della sentenza della Corte di Cassazione, III Sez. Civ., 13 Dicembre 2016, n. 25503
La III^ Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 25503/2016, pubblicata il 13 dicembre 2016, è intervenuta su una delle questioni più controverse che interessano il ramo civilistico del nostro ordinamento, vale a dire quella della mancata registrazione del contratto di locazione.
Accade non di rado, infatti, che le parti, alla redazione del contratto in forma scritta, manchino di far seguire l’ulteriore adempimento costituito dal versamento della tassa di registrazione presso l’Agenzia delle Entrate, voluto dalla legislazione tributaria per sancire la regolarità, sotto il profilo fiscale, dell’operazione posta in essere tra locatore e conduttore.
V’è da chiedersi, dunque, quali siano le conseguenze giuridiche di tale omissione, atteso che, ai sensi dell’art. 1, comma 4 della legge n. 431/1998 (di disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), unica condizione per la stipula di validi contratti di locazione è la forma scritta, non richiedendosi, ai fini della validità, l’ulteriore fase rappresentata dalla registrazione.
In concreto, il problema della nullità dei contratti di locazione non registrati si è presentato nel momento in cui il Legislatore, con la legge finanziaria del 2005 (L. n. 311/2004) , all’ art. 1 comma 346 ha previsto che “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”.
A seguito dell’introduzione di tale disposizione, la giurisprudenza di merito e di legittimità si è trovata così ad affrontare il problema delle conseguenze giuridiche per mancata registrazione del contratto, giungendo a conclusioni anche diametralmente opposte, giustificate dall’assenza di norme tese a regolare analiticamente la fattispecie.
Un primo indirizzo interpretativo tendeva a considerare la mancata registrazione un mero inadempimento di carattere tributario, insuscettibile di travolgere un contratto regolarmente concluso dalle parti in forma scritta. Secondo tale impostazione, la registrazione, lungi dal rappresentare un requisito di validità del contratto, era da considerarsi tutt’al più quale condicio iuris di efficacia del regolamento negoziale, con la conseguenza che il contratto di locazione non registrato non sarebbe nullo ma inefficace.
In un secondo momento, poi, si è sviluppato un ulteriore interpretazione del fenomeno, il cui apice è rappresentato dalla sentenza in commento, chesi caratterizza per un approccio ermeneutico più conforme alla ratio della modifica introdotta con la legge finanziaria del 2005, che, letteralmente, ha previsto la nullità dei contratti di locazione non registrati nei termini di legge.
Già la giurisprudenza di merito aveva registrato posizioni orientate a sancire la radicale nullità di tali tipi di contratti, non sanabile neppure attraverso una tardiva registrazione ( cfr. Corte di Appello di Roma, sentenza n. 3753/2015 del 24.06.2015 : “ una volta integrata l'omissione, il contratto è da intendersi non registrato e, quindi matura la nullità così come espressamente dalla legislazione civile." ), tuttavia, un importante crocevia è rappresentato dalla pronuncia a Sezioni Unite n. 18213 del 17 Settembre 2015, ove i Supremi Giudici, pur affrontando la differente questione della nullità dell’accordo di maggiorazione del canone non stabilito dal contratto, disponevano che “ le disposizioni di legge successive al 1998 introducono un principio generale di Inferenza/Interferenza dell'obbligo tributario con la validità del negozio, principio generale di cui è sostanziale conferma nel dictum dello stesso giudice delle leggi “
La decisione cui fanno cenno le Sezioni Unite è quella della Corte Costituzionale n. 420/2007 ove si affermava proprio che con l’art. 1 comma 346 l. 311/2004 il legislatore ha elevato “la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell’ art. 1418 cod. civ.”
In altre parole, l’adempimento degli obblighi tributari si inserisce all’interno dell’iter di corretta formazione del negozio giuridico potendo, in caso di violazione, determinare il travolgimento degli effetti voluti dalle parti.
A comporre il dibattito, anche se le questioni di certo non sono destinate a chiudersi, è la recente pronuncia della Corte di Cassazione 25503 del 13 Dicembre 2016, che sembra porre fine all’annoso dibattito intorno alla qualifica rivestita dal contratto di locazione non registrato, con ulteriori, interessanti, spunti.
In primo luogo il giudice di legittimità, cassando la decisione della Corte di Appello di Bologna che aderiva alla tesi dell’inefficacia, stabilisce che “ la chiara lettera della legge ( ndr la l. 311/2004) non consente alcun dubbio sul precetto che esprime: ovvero che un contratto di locazione non registrato e' giuridicamente nullo”
Ma una volta stabilita, in maniera inequivocabile, la nullità del contratto non registrato, restano da verificare gli effetti che tale qualifica riflette sul rapporto in essere tra conduttore e locatore, in particolar modo in riferimento al corrispettivo dovuto al locatore in virtù dell’occupazione dell’immobile.
In presenza di un contratto giuridicamente inesistente, afferma la Suprema Corte, qualsiasi somma corrisposta dal conduttore a titolo di canone di locazione costituisce di fatto un pagamento indebito in favore del locatore, poiché privo di un legittimo titolo giustificativo.
Il principio di diritto è infatti il seguente : “ la prestazione compiuta in esecuzione d'un contratto nullo costituisce un indebito oggettivo, regolato dall'articolo 2033 c.c. e non dall'art. 1458 c.c. e che l'eventuale irripetibilità di quella prestazione potrà attribuire al solvens, ricorrendone i presupposti, il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. o al pagamento dell'ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.”
Dunque, avendo corrisposto somme giuridicamente non dovute, il conduttore avrà la possibilità di agire nei confronti del locatore attraverso l’azione di responsabilità aquiliana per richiedere il risarcimento del danno extracontrattuale secondo il tradizionale paradigma di cui all' art. 2043 c.c., ovvero potrà richiedere la condanna del locatore a restituire quanto percepito in forza dell’obbligo restitutorio espressamente previsto dall’ art. 2041 c.c..
Qualora sia il locatore, invece, a manifestare la propria volontà di richiedere all’inquilino un indennizzo per via della perduta disponibilità dell’immobile, anche su tale aspetto la decisione in commento presenta forti elementi di novità nella misura in cui viene superata la generale convinzione di ritenere il conduttore obbligato al pagamento del canone, e ciò come corrispettivo della illegittima detenzione, per cui il danno da illegittima occupazione dovrà allora essere concretamente dimostrato dal locatore, che sarà gravato della prova di tale pregiudizio, non potendo questo presumersi in re ipsa per la sola detenzione dell’immobile da parte del conduttore.