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Pubbl. Gio, 12 Gen 2017

La qualità di consumatore nel contratto di fideiussione.

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Simona Iachelli
Funzionario della P.A.Università degli Studi di Catania


Con l´ordinanza n. 24846 del 16 settembre 2016, depositata il 5 dicembre 2016, la Corte di Cassazione, sezione VI civile, si è pronunciata in ordine alla questione relativa all´applicabilità della disciplina consumeristica in presenza di un contratto di fideiussione.


La problematica esaminata dalla pronuncia in commento ha ad oggetto il rapporto tra il contratto di fideiussione e la normativa di settore in materia di tutela del consumatore.

Al riguardo giova premettere brevemente l'istituto della fideiussione. Quest'ultima costituisce uno dei principali strumenti previsti dall'ordinamento a garanzia del credito, rientrando tra le cosiddette "garanzie personali", le quali, a differenza di quelle reali che vincolano determinati beni al soddisfacimento delle ragioni del credito, conferiscono al beneficiario una pretesa creditoria nei confronti del garante, estendendo la garanzia patrimoniale del garantito ai beni, presenti e futuri, del terzo garante.

Il codice civile non contiene una definizione di “fideiussione” bensì di “fideiussore”, il quale, ai sensi dell'art. 1936 c.c., è colui che "garantisce personalmente al creditore beneficiario l’adempimento dell’obbligazione del debitore" affiancando tutto il proprio patrimonio a quello del fideiuvato a tutela delle ragioni creditorie del soggetto beneficiario della garanzia. In tal modo, esso diviene debitore di un’obbligazione propria. (1) 

Pertanto, la fideiussione è quel rapporto obbligatorio che, generalmente, trova la sua fonte in un contratto, ma che può discendere anche dalla legge o da un atto unilaterale, in forza del quale il fideiussore assume un obbligo nei confronti del creditore ad adempiere l'obbligazione del debitore.

La causa della fideiussione risiede nella garanzia dell’adempimento del debito altrui e nel rafforzamento della tutela del creditore nella riscossione del proprio credito.

Caratteristica fondamentale della fideiussione, inoltre, è l’accessorietà della garanzia, in forza della quale l’obbligazione garantita e quella fideiussoria stanno tra loro in rapporto di accessorietà, nel senso che la fideiussione non può esistere senza l’obbligazione principale.

Il collegamento sussistente tra obbligazione principale e obbligazione fideiussoria comporta delle conseguenze sul piano dell’efficacia e dell’estensione della garanzia fideiussoria, desumibili dalla stessa lettura della disciplina codicistica dell’istituto. In particolare, ai sensi dell’art. 1939 c.c., "la fideiussione non è valida se non è valida l’obbligazione principale, salvo che sia prestata per un’obbligazione assunta da un incapace. Inoltre, la fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né può essere prestata a condizioni più onerose" (art. 1941, comma 1, c.c.). L’oggetto della fideiussione, infatti, è determinato per relationem  sulla base del contenuto dell’obbligazione principale.

Questa caratteristica differenzia l’istituto in esame dal contratto autonomo di garanzia, stipulativamente inteso come rapporto contrattuale, derogatorio rispetto all'impalcatura fideiussoria, e funzionalmente volto ad assicurare la soddisfazione esclusiva dell'interesse economico del beneficiario (diversamente dalla garanzia fideiussoria diretta ad assicurare l'adempimento del debitore principale). Invero, nel contratto autonomo di garanzia è carente l’elemento dell’accessorietà, sicché il garante si impegna a pagare al beneficiario, senza opporre eccezioni in ordine alla validità e/o all’efficacia del rapporto di base. L’assenza dell’elemento dell’accessorietà comporta l’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga alla regola essenziale posta per la fideiussione dall’art. 1945 c.c., e la conseguente preclusione della legittimazione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché della proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento da quest'ultimo effettuato. A tal fine, nella prassi commerciale internazionale, terreno d'elezione della garanzia autonoma, i contratti in questione sono sovente accompagnati dalla clausola di pagamento "a prima richiesta" - e "senza proponibilità d'eccezioni.

L'apposizione di tale clausola definisce il contratto autonomo di garanzia e ne sancisce l'incompatibilità con l'accessorietà fideiussoria. Invero,la giurisprudenza di legittimità, nel condividere la pronuncia delle Sezioni Unite, attribuisce alla clausola in questione un rilievo fondante, affermando che "l'inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento "a prima richiesta e senza eccezioni" vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (c.d. Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un'evidente discrasia rispetto all'intero contenuto della convenzione negoziale". (2)

Ciò posto, occorre focalizzare l’attenzione sui rapporti tra fideiussore e consumatore.

Quest'ultima categoria soggettiva si è radicalmente imposta come momento fondativo di un intero settore del diritto privato, prescrivendo il ripensamento dei relativi dogmi tradizionali e l’adozione di un nuovo modo di valutare i rapporti di mercato. Al riguardo si è assistito ad una profonda tendenza espansiva nel segno di un costante rafforzamento della tutela prevista in favore del consumatore.

I tentativi di delineare gli esatti confini delle nozioni di "consumatore" e "professionista" hanno tracciato un lungo e frastagliato percorso di evoluzione interpretativa, che ancora oggi non sembra aver trovato uno sbocco tale da assumere i connotati della certezza e della piena condivisibilità. Sintomo di tale assetto claudicante sono i numerosi rinvii pregiudiziali che le Corti nazionali hanno rimesso alla Corte  di giustizia dell'U.E. in materia di tutela del consumatore, ove la maggior parte dei dubbi ermeneutici attengono alla qualificazione delle parti nell'ambito dei rapporti contrattuali.

Nel panorama italiano, la definizione di consumatore si ricava dall'art. 3, comma 1, del Codice del consumo (D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), per cui è consumatore colui "che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualemnte svolta", in contrapposizione al professionista, definito come “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale”.

Dalla lettura del citato articolo si evince chiaramente che il requisito dello scopo extraprofessionale è necessario affinché si possa rientrare nella qualifica di consumatore, nel senso che quest'ultimo deve essere inteso con riguardo ad una persona fisica che ha contratto obbligazioni per far fronte ad esigenze personali o familiari o della più ampia sfera attinente agli impegni derivanti dall'estrinsecazione della propria personalità sociale. (3)

La locuzione utilizzata dal legislatore nazionale ha suscitato un ampio dibattito, il quale ha dato vita a due diversi orientamenti interpretativi. Un primo orientamento, rimasto minoritario, offriva una lettura della nozione di consumatore in chiave soggettiva, prestando attenzione alle finalità perseguite dalla parte interessata al bene o al servizio al momento della stipulazione del contratto.

Altra parte della dottrina, invece, ha sposato una concezione di consumatore in senso oggettivo, ponendo l'attenzione sulla destinazione funzionale del bene o del servizio all'attività professionale. Tale ultima concezione, accolta dalla giurisprudenza di legittimità, attribuisce ad un soggetto la qualità di consumatore soltanto qualora la stipulazione contrattuale presenti un concreto legame funzionale con la professione eventualmente svolta dallo stesso.

Secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie, dunque, l’accertamento della natura dello scopo per il quale il soggetto ha agito deve avvenire in virtù di un criterio oggettivo, essendo irrilevante qualsiasi intenzione soggettiva del contraente, alla luce del principio generale di irrilevanza dei motivi in ambito contrattuale.

A questo punto occorre soffermarsi sulla questione affrontata dalla Cassazione con la pronuncia in commento, concernente l'applicabilità della tutela consumeristica al fideiussore.

Invero, la giurisprudenza di legittimità è stata chiamata, più volte, a confrontarsi con la possibilità di applicazione della disciplina consumeristica al fideiussore.

Il nodo interpretativo scaturisce dalla circostanza che gli artt. 33  ss. Cod. Cons. ricomprendono qualsiasi accordo che contenga clausole volte a determinare un significativo squilibrio del rapporto tra consumatore e professionista, ivi compreso il contratto di fideiussione. Infatti, è ormai definitivamente venuto meno l’ostacolo in passato rappresentato dall’elencazione dei contratti di cui di cui all’originario art. 1469-bis c.c., il quale, facendo riferimento al solo contratto che ha per oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi, era in grado di escludere, potenzialmente, la fideiussione quale contratto di garanzia.

Orbene, diversamente dall’ipotesi in cui il fideiussore presti garanzia in favore di un debitore che rivesta il ruolo di consumatore, nella quale si ritiene generalemente applicabile la disciplina del Codice del consumo, la giurisprudenza di legittimità ha mantenuto costantemente un atteggiamento piuttosto rigido con riferimento alla posizione del fideiussore che, agendo per scopi estranei all’attività imprenditoriale, si renda garante di un’obbligazione assunta da un debitore, il quale, invece, agisce in qualità di professionista.

In merito, la Suprema Corte ha recentemente ribadito, con l'ordinanza n. 24846/2016, che "in presenza di un contratto di fideiussione, è all'obbligazione garantita che deve riferirsi il requisito soggettivo della qualità di consumatore, ai fini dell'applicabilità della specifica normativa in materia di tutela del consumatore, attesa l'accessorietà dell'obbligazione del fideiussore rispetto all'obbligazione garantita".

Siffatta ricostruzione è unanimemente accolta da gran parte della giurisprudenza, anche di merito, e trova il suo fondamento logico e normativo proprio nel principio di accessorietà del contratto di fideiussione, in forza del quale sussiste un collegamento tra obbligazione principale e obbligazione fideiussoria.

In sostanza, la natura accessoria del vincolo fideiussorio rende la figura del garante particolarmente esposta a subire "di riflesso" i limiti che insistono sul rapporto fra debitore e creditore (4).

Precisamente, secondo i giudici di legittimità, attesa la struttura funzionale della garanzia fideiussoria rispetto al negozio primario, è con riferimento a quest'ultimo che deve essere effettuata l'indagine sulla possibilità di applicare la disciplina consumeristica, poiché la qualità di debitore principale attrae inevitabilmente quella del fideiussore anche ai fini dell'inidividuazione del soggetto che deve rivestire la qualità di consumatore. (5). Dunque, affinchè possa trovare applicazione la disciplina consumeristica, si ritiene imprescindibile che entrambi i soggetti, fideiussore e debitore, rivestano la qualità di consumatore.

La Cassazione adotta, invece, una soluzione diversa quando si tratti non di fideiussione ma di garanzie autonome, nelle quali, per definizione, difetta il requisito dell'accessorietà.

Più nel dettaglio, secondo i giudici di legittimità "a diversa soluzione non può non pervenirsi pure nell'evenienza di contratto autonomo di garanzia, essendo comunque anch'esso, con tutta evidenza, funzionalmente inserito nell'attività dell'impresa garantita - quale elemento utile per il suo funzionamento anche solo corrente, onde appunto assicurarle il credito da parte di altri contraenti, i quali fidano sulla garanzia prestata o comunque la prendono in considerazione come elemento determinante nel momento in cui si inducono a contrattare con l'imprenditore garantito, così determinando un diverso e più favorevole andamento dell'attività di impresa - e quindi esulando dal concetto di consumo o bisogno personale del contraente, il solo che può giustificare appunto l'applicazione della disciplina generale del diritto del consumatore".

Il carattere autonomo della garanzia, dunque, esclude che la natura del rapporto garantito possa esplicare qualsivoglia influenza sul rapporto di garanzia, il quale sarà pertanto oggetto di una qualificazione sua propria. Ne consegue che, ove la garanzia autonoma venga prestata da un soggetto che agisce al di fuori di scopi professionali, sia pure per garantire un professionista, questi potrà senza indugio essere considerato a tutti gli effetti consumatore, con correlativa applicazione delle tutele previste. (6)

Ne discende l'importanza del compito dell'interprete, il quale è chiamato ad effettuare un'analisi approfondita della concreta fattispecie di garanzia, al fine di verificare se si tratti di fideiussione ovvero di garanzia autonoma, risultando, nel secondo caso, sicuramente più agevole optare per la soluzione favorevole al garante-consumatore.

In conclusione, per una maggiore completezza dell'argomento, è opportuno rilevare che nonostante la posizione della Cassazione in tema di riconoscimento dello status di consumatore in capo al fideiussore, non mancano rilevanti spunti in senso contrario, provenienti, tra l'altro, anche dal versante europeo.

In particolare, la dottrina più recente, nel contestare la soluzione accolta dalla giurisprudenza, propone una differente lettura della questione, incentrata sia sulle finalità di tutela perseguite dalla normativa consumeristica, sia sulla posizione assunta in concreto dal fideiussore nella specifica operazione economica realizzata.

Secondo questa ricostruzione, sarebbe opportuno considerare con maggiore attenzione la posizione in cui si trova il fideiussore, soggetto il quale, al pari di un consumatore "vero e proprio", acquisisce una posizione di debolezza contrattuale, in quanto debitore in solido che potrà essere chiamato a rispondere per l'intero, e che viene pertanto ad essere esposto ad un rischio di inadempimento forse eccessivo.

 

Note e riferimenti bibliografici

1. M. Fratini, Compendio di diritto civile, II edizione 2014/2015
2. Cass. civ., S.U., 18 febbraio 2010, n. 3947, in Contratti, 2010, 5.
3. A. Barba, Contratti del consumatore - considerazioni a margine di un'ordinanza in tema di foro del consumatore-, in Nuova Giur. Civ., 2016, 9.
4. L. Vizzoni, Verso una tutela consumeristica del fideiussore: spunti di riflessione, in Contratti, 2015, 2.
5. Cass. 29 novembre, 2011, n. 25212, in Dir. & giust., 2011, 506 ss.
6. L. Vizzoni, cit.