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Pubbl. Gio, 15 Dic 2016

La tenuta negligente della cartella clinica quale prova presuntiva del nesso causale a sfavore del medico

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Antonella Storti


Il rapporto tra complicanze derivanti dalla difettosa tenuta della cartella clinica e l´onere della prova di responsabilità per danno iatrogeno nella sentenza della Suprema Corte n. 22639 /2016


La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di onere della prova in ambito di danno iatrogeno, con particolare riguardo al problema della incompletezza della cartella clinica.

La questione giuridica non è nuova per il Giudice di Legittimità, che, sulla scorta della precedente giurisprudenza in materia ha attribuito valore di prova presuntiva alla cartella clinica tenuta in modo negligente da parte del sanitario.

Nel caso di specie, i ricorrenti denunciavano violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 c.c. in materia di onere della prova e 1218 c.c. in tema di responsabilità contrattuale, nonché nullità della sentenza impugnata. Più precisamente, si osservava che il giudice d'appello avesse erroneamente posto in capo al paziente danneggiato l'onere probatorio in ordine al nesso causale tra intervento chirurgico e danno. Al contrario, secondo i ricorrenti, l'onere probatorio andava posto in capo al medico, in quanto il paziente danneggiato avrebbe dovuto solo fornire la prova del contratto o contatto sociale ed allegare l'inadempimento, essendo, invece, medico debitore, a dover provare l'assenza di nesso causale e la non imputabilità dell'inadempimento.  

La suprema Corte, nell'accogliere il ricorso, ha ritenuto necessario sottoporre al proprio vaglio l'annosa questione della significatività probatoria della cartella clinica, in particolare nel caso in cui la complicanza subìta dal paziente derivi dall'incompletezza della stessa. A partire dalla relazione del consulente tecnico, secondo cui la complicanza insorta ai danni del paziente era da attribuire, senza dubbio ad un evento iatrogeno non precisabile a causa della “scarsa, superficiale e non completa compilazione della cartella clinica”, il Giudice di legittimità è arrivato a ritenere che la Corte territoriale aveva erroneamente posto l'incompletezza della cartella clinica a carico del paziente, deducendone l'assenza della prova del nesso causale.

Tale errata impostazione è risultata, altresì, completamente in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale di Cassazione che individuava nella incompletezza della cartella clinica – alla cui diligente tenuta è obbligato il sanitario – la prova presuntiva del nesso causale a sfavore del medico, qualora la condotta dello stesso fosse astrattamente idonea a cagionare quanto lamentato. Ciò in applicazione del principio di prossimità della prova, alla luce del quale il nesso eziologico tra il danno subìto dal paziente e la negligenza medica sussiste anche quando, “attraverso un criterio necessariamente probabilistico si possa ritenere che l’opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto fondate possibilità di evitare il danno.”

 Facendo applicazione di tale ragionamento al caso in commento, la Suprema Corte, nel richiamare le precedenti pronunce  in materia, ha rilevato quanto segue:

  • Una cartella clinica incompleta e mal tenuta non solo non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la condotta colposa del medico e le conseguenze dannose sofferte dal paziente, ove risulti provata la “idoneità di tale condotta a provocare il danno”, ma consente, anzi, di presumere la sussistenza del nesso causale de quo.
  • La negligenza nella tenuta nella cartella clinica imputabile al sanitario configura sia un’ipotesi di inesatto adempimento, dovuto alla violazione del dovere di diligenza qualificata richiesta dall’art. 1176 comma 2, sia la possibilità di ricorrere alla prova presuntiva, poiché dalla compilazione lacunosa e superficiale della cartella clinica non può derivare un danno nei confronti dell’avente diritto alla prestazione sanitaria.