Pubbl. Mer, 14 Dic 2016
Brexit e Unione europea: prospettive legali e possibili conseguenze internazionali
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Luigimaria Riccardi
La Brexit potrebbe comportare sulla scena internazionale l´opportuinità per un positivo cambio di rotta a favore dell´Unione Europea e, nello stesso tempo, numerose conseguenze, positive o meno, si prestano ad essere prodotte nel Regno Unito . Quello che è certo è che tale fenomeno dovrà essere gestito con peculiare cautela.
1) Introduzione; 2) Un breve inquadramento del rapporto tra Regno Unito e UE; 3) L’Art. 50 of TUE: un primo commento; 4) La Brexit e le sue potenziali soluzioni; 5) Conclusioni.
1) Introduzione
Il 23 giugno 2016 si è svolto nel Regno Unito un referendum consultivo avente ad oggetto la permanenza o il recesso dello Stato di sua Maestà dall’Unione Europea attraverso il quale la maggioranza degli aventi diritto – il 52% - ha espresso la chiara volontà per l’uscita dall’Unione Europea. Questo evento rappresenta sicuramente una pietra miliare nel processo di integrazione europea e al tempo stesso un drastico cambio di rotta nella struttura economica, sociale e politica dell’Unione Europea.
2) Un breve Inquadramento del rapporto tra Regno Unito e UE
Tutti gli esperti di diritto dell’Unione Europea sanno che il rapporto tra il Regno Unito e l’Unione è sempre stato caratterizzato da Accordi e/o Protocolli allegati ai Trattati istituivi attraverso i quali il Regno Unito e altri Stati (es. la Danimarca), hanno preferito, su loro libera scelta, escludersi dall’applicazione o derogare alla disciplina europea di carattere generale in ambito economico, sociale e politico. A mero titolo esemplificativo, è possibile ricordare il meccanismo adottato dal Trattato di Maastricht sull’Unione Economica e Monetaria (successivamente poi confermato dal Trattato di Lisbona). Come descritto, attraverso Protocolli ad esso allegati, il Regno Unito e la Danimarca optarono di restare fuori la “terza fase” dell’Unione (iniziata il 1° gennaio del 1999) la quale comportò poi l’introduzione della moneta unica Euro il 2 gennaio del 2002 implicando anche l’obbligo per gli Stati membri aderenti (per il raggiungimento di suddetta terza fase) di rispettare alcuni e alquanto restrittivi “criteri di convergenza” di cui oggi all’art. 140 del TFUE e del Prot. No. 13 allegato ad esso.
Un altro esempio di tale speciale rapporto è confermato dalla peculiare applicazione o, più accuratamente, dai limiti nell’applicazione della Carta dei Diritti Fondamentali al Regno Unito.
Infine risulta rilevante menzionare il Prot. No. 21 nel quale è descritto lo speciale status di cui gode il Regno Unito (e dell’Irlanda) con riguardo allo Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia (SLSG), in particolare, implicando che tali Stati Membri rimangono estranei all’applicazione della Parte Terza, del Titolo V del TFUE ad oggetto i controlli alle frontiere esterne, asilo, politiche sull’immigrazione e sulla cooperazione civile, penale e giudiziaria salvo la possibilità degli Stati Membri esclusi di scegliere di accettare determinate misure attraverso la facoltà detta di “opting in”.
Allo stesso tempo, però, il Regno Unito ha sempre giocato un ruolo importante per la creazione e maturazione dell’Unione Europea ed esso risulta essere anche uno dei maggiori partner nell’azione interna ed esterna dell’Unione in campo economico, sociale e politico. Questo vuol dire che, come facilmente riscontrabile, se il Regno Unito dovesse completare la procedura di recesso dall’Unione Europea attivando il sistema previsto dall’art. 50 del TUE, ci saranno molteplici conseguenze, e fra tutte, ripercussioni sulla struttura economica e finanziaria dell’Unione Europea. È fondamentale precisare che differenti alternative, più o meno condivisibili, potrebbero essere considerate in risposta a tale complessa questione procedurale da cui, però, potrebbero conseguire prevedibilmente sia vantaggi sia svantaggi per il RU che per l’UE.
3) Art. 50 del TUE: un primo commento
Prima di tutto, è opportuno sottolineare che l’applicazione dell’art. 50 del TUE potrebbe comportare numerose problematiche pratiche e teoriche in quanto, da un lato, non vi è presenza di precedenti al riguardo sullo scenario europeo e conseguentemente, dall’altro, molteplici interpretazioni della disposizione in questione potrebbero sovrapporsi. La norma contiene cinque paragrafi i quali prevedono:
- un meccanismo di recesso volontario e unilaterale di un paese dall'Unione europea (UE).
- Il paese dell'UE che decide di recedere, deve notificare tale intenzione al Consiglio europeo, il quale presenta i suoi orientamenti per la conclusione di un accordo volto a definire le modalità del recesso di tale paese.
- Tale accordo è concluso a nome dell'Unione europea (UE) dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo.
- I trattati cessano di essere applicabili al paese interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o due anni dopo la notifica del recesso. Il Consiglio può decidere di prolungare tale termine.
- Qualsiasi Stato uscito dall'Unione può chiedere di aderirvi nuovamente, presentando una nuova procedura di adesione.
In questo momento nessuno può sapere quale forma il negoziato e l’accordo tra il Regno Unito e l’Unione Europea possa assumere. Il quadro generale sarà più chiaro nel momento in cui il Governo di sua Maestà, attivata la procedura di cui all’art. 50 del TUE, decidesse di intraprendere i negoziati per uno specifico accordo di transizione. Molte alternative alla membership europea sono al vaglio internazionale. Trascorso il termine indicato dalla norma sopra riportata (due anni dalla avvenuta notifica se nessun accordo è stato raggiunto) i Trattati istitutivi cesseranno di avere applicazione per il Regno Unito. È importante evidenziare che, se il Regno Unito e l’Unione Europea dovessero raggiungere una determinata transazione nel termine sopra indicato, sarebbe possibile con lo stesso accordo trovare una corretta ed equilibrata soluzione anche per tutti i Regolamenti e le Direttive post-Brexit sopraggiunte, questione questa non meno importante rispetto ai principi dei Trattati istitutivi. Inoltre è necessario che il Regno Unito eviti conflitti di interessi per poter poi avere accesso pieno alla procedura di cui all’art. 49 del TUE applicabile nei casi in cui un’ex Stato membro volesse ritornare nell’Unione Europea.
4) La Brexit e le sue potenziali conseguenze
Come evidenziato e descritto in questi giorni da alcuni esperti del settore, sono riscontrabili e vagliabili alcune potenziali alternative alla scissione tra Regno Unito e Unione Europea:
- La prima soluzione, detta anche “modello Norvegese” potrebbe essere individuata nella possibilità per il RU di diventare un NON membro dell’UE ma parte dello Spazio Economico Europeo (SEE), come appunto la Norvegia, e guadagnare l’opportunità di permanere nella dimensione giuridica ed economica europea nell’ambito di alcuni settori, quali ad es.: la politica sociale, la tutela del consumatore, la protezione dell’ambiente e per tutte le disposizioni riguardanti la protezione delle imprese. Il punto debole che è possibile riscontrare in questa opzione è identificabile nella dubbia volontà del Regno Unito di accettare gli obblighi derivanti dalle disposizioni ad oggetto la libera circolazione delle persone vincolanti e conseguenti alla potenziale memership con la SEE, dato anche il fatto che la politica migratoria ed una controllata libertà circolazione delle persone (comprendendo anche il ripristino e la cristalizzazione dei controlli interni ed esterni alle frontiere nazionali) sono state tutte importanti ragioni a favore del recesso del RU dall’UE.
- La seconda soluzione prospettabile potrebbe consistere nell’adozione del cosiddetto “modello Svizzera” il quale comporterebbe la possibilità del RU di negoziare di volta in volta accordi bilaterali con l’UE (come appunto la Svizzera) e come i membri (l’Associazione Europea di Libero Scambio). Tuttavia, tale proposta sembra scontrarsi con valutazioni di natura economica e finanziaria che risulterebbero poco apprezzabili dal Regni Unito, essendo quest’ultimo ancora il cuore dei servizi finanziari europei.
- La terza proposta, anch’essa poco praticabile per il Regno Unito e per l’Unione Europea, risulterebbe quella di recedere senza un determinato accordo e porsi sulla scena internazionale e nei confronti dell’UE come un vero e proprio Stato Terzo e negoziare accordi internazionali con essa, come, ad es., lo sono gli accordi tra l’UE ed il Canada o con gli Stati Uniti, rispettivamente il CETA e il TTIP. Pur considerando e prevedendo l’enorme importanza e complessità di tali Convenzioni e della maggiore coerenza che tale scelta mostrerebbe nei confronti degli esiti del referendum consultivo e della volontà popolare, tale soluzione implicherebbe un vero e proprio ritorno alle origini per il Regno Unito, il quale, al contrario, mostra un vivo interesse a permanere nel mercato interno dell’Unione Europea.
5) Conclusioni
In poche parole e tirando le fila, se il Regno Unito dovesse recedere dall’Unione Europea senza predisporre alcun accordo in merito, ed in particolare, nell’assenza di una disciplina comune per i Regolamenti e le eventuali Direttive post-Brexit, tutto ciò comporterebbe un drastico cambiamento in settori particolarmente delicati e legati al rispetto dei Diritti Fondamentali quali, ad es,. la libera circolazione delle persone (con controlli interni ed esterni particolarmente rigidi e restrittivi), dei capitali e dei servizi. In merito poi ai rapporti commerciali, questi ultimi si ritroveranno a rispondere ad una disciplina internazionale e maggiormente deficitaria del libero scambio (nell’ambito degli accordi predisposti dalla OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio).Per tutte queste ragioni è importante seguire i risvolti diplomatici e giuridici del fenomeno descritto per comprendere anche meglio, ed in tempo utile, le conseguenze che esso potrebbe produrre sul nostro Paese nonché sulla dimensione europea ed internazionale.