Pubbl. Mer, 2 Ott 2024
Il giudice nazionale può disapplicare la decisione della Corte costituzionale se viola il diritto UE
Modifica paginaEditoriale a cura di Ilaria Taccola
La Corte di giustizia dell´Unione Europea con la sentenza nella causa C-792/22, ha affermato che un giudice nazionale non è tenuto ad applicare una decisione della sua Corte costituzionale che violi il diritto dell’Unione.
La sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) del 26 settembre 2024 C-792/22 riguarda la qualificazione di un evento come "infortunio sul lavoro" e il conflitto tra decisioni giudiziarie amministrative e penali in conformità delle decisioni della Corte costituzionale nazionale al diritto comunitario.
La prima questione
La Corte di giustizia dell'Unione Europea con la sentenza nella causa C-792/22, ha affermato che un giudice nazionale non è tenuto ad applicare una decisione della sua Corte costituzionale che violi il diritto dell’Unione.
Il caso era quello di una morte sul luogo di lavoro e in base alla normativa nazionale, i fatti venivano, in un primo momento, considerati dal giudice amministrativo, che escludeva di potersi parlare di “infortunio sul lavoro”; interpellato il giudice penale, poi, questi non poteva discostarsi dal responso del giudice amministrativo e non poteva, così, pronunciarsi sulla responsabilità civile per la morte del lavoratore; questo impediva l’ascolto dei familiari della vittima, inutile nella prospettiva per cui non avrebbe avuto luogo un infortunio sul lavoro e, quindi, un fatto risarcibile.
Di conseguenza, siccome il giudice amministrativo aveva concluso che non si trattava di un infortunio sul lavoro e aveva annullato le sanzioni amministrative inflitte al datore di lavoro, secondo la normativa nazionale rumena, come interpretata dalla Corte costituzionale rumena, la decisione amministrativa impediva al giudice penale di riconsiderare l'evento come un infortunio sul lavoro e precludeva il relativo risarcimento del danno.
La Corte di giustizia UE afferma che:
"L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 89/391, letti in combinato disposto con il principio di effettività e con l’articolo 47 della Carta, devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro, come interpretata dalla corte costituzionale di tale Stato membro, in forza della quale la sentenza definitiva di un giudice amministrativo relativa alla qualificazione di un evento come «infortunio sul lavoro» riveste autorità di cosa giudicata dinanzi al giudice penale chiamato a pronunciarsi sulla responsabilità civile in forza dei fatti addebitati all’imputato, nel caso in cui tale normativa non consenta agli aventi causa del lavoratore vittima di tale evento di essere ascoltati in nessun procedimento in cui si statuisca sull’esistenza di siffatto infortunio sul lavoro.
La seconda questione
Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio del primato del diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro in base alla quale gli organi giurisdizionali nazionali di diritto comune non possono, a pena di procedimenti disciplinari a carico dei loro membri, disapplicare d’ufficio decisioni della corte costituzionale di tale Stato membro, sebbene ritengano, alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte, che tali decisioni violino i diritti che i singoli traggono dalla direttiva 89/391.
Anzitutto, occorre rilevare che il giudice nazionale che abbia esercitato la facoltà ad esso attribuita dall’articolo 267, secondo comma, TFUE deve eventualmente discostarsi dalle valutazioni di un organo giurisdizionale nazionale di grado superiore qualora esso ritenga, in considerazione dell’interpretazione fornita dalla Corte, che queste ultime non siano conformi al diritto dell’Unione, disapplicando all’occorrenza la norma nazionale che gli impone di rispettare le decisioni di tale organo giurisdizionale di grado superiore (sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Efficacia delle sentenze di una Corte costituzionale), C‑430/21, EU:C:2022:99, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).
A questo proposito, tale orientamento trova applicazione in particolare nel caso in cui un giudice di diritto comune sia vincolato da una decisione di una corte costituzionale nazionale che esso ritenga in contrasto con il diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Efficacia delle sentenze di una Corte costituzionale), C‑430/21, EU:C:2022:99, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).
La sentenza, quindi, afferrma il principio del primato del diritto dell’Unione per cui
“osta alla normativa di uno Stato membro in base alla quale gli organi giurisdizionali nazionali di diritto comune non possono, a pena di procedimenti disciplinari a carico dei loro membri, disapplicare d’ufficio decisioni della corte costituzionale, sebbene ritengano, alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, che tali decisioni violino i diritti che i singoli traggono dalla direttiva 89/391”.