Pubbl. Mer, 7 Dic 2016
Induzione indebita, il reato per reprimere il fenomeno clientelare
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Giuseppe Ferlisi
Analisi della nuova fattispecie di cui all´art. 319 quater c.p. e le differenze rispetto alle fattispecie corruttive
La fattispecie di reato in oggetto è stata introdotta nel nostro ordinamento con la L. 190/2012, sotto la spinta del lapalissiano danno al nostro equilibrio socio-economico causato dal fenomeno corruttivo.
La corruzione, infatti, si manifesta con dinamiche vischiose, sfuggenti, proteiformi, similmente alle vicende mafiose. Il rischio più grande è dato proprio dalla sua permeabilità in molti settori del pubblico e del privato, con tendenziale attenuazione della percezione del disvalore sociale che ad essa si accompagna, perchè "così fan tutti".
Secondo la classifica sulla percezione della corruzione annualmente stilata da Transparency International, l'Italia è collocata al 61° posto tra i 168 paesi analizzati. Per capirci, sopra solo Turchia e Messico tra i paesi OCSE e sopra solo la Bulgaria in UE.
Per darne una stima economica, il Procuratore della Corte dei Conti ha affermato che la corruzione fa lievitare i costi dei lavori pubblici del 40%, determinando un danno erariale in ordine dei 60 miliardi di euro.
La Commissione Ue nella propria relazione al Parlamento Europero del 2011, invece, aveva stimato la corruzione italiana intorno ai 120 miliardi di euro (1).
A questi costi andrebbero aggiunti quelli indiretti derivanti dal malfunzionamento degli apparati pubblici, dalla degenerazione dei processi di selezione della classe dirigente, della perdita di competitività del sistema economico e lo scoraggiamento degli investitori internazionali.
Ad esempio, guardando al costo di alcune grandi opere, si può notare come la linea alta velocità che collega Parigi e Alsazia sia costata 16 milioni di euro al Km in Francia, mentre la tratta Novara Milano è costata 74 milioni di euro al Km.
Così come da molti anni oramai, ogni grande opera o manifestazione è puntualmente accompagnata da una grande indagine da parte delle Procure della Repubblica, le quali però spesso hanno poco "successo" nel dibattimento e nelle condanne.
Quest'ultimo aspetto vede le proprie ragioni nel fatto che i soggetti coinvolti - spesso beneficiari della consumazione dei reati - sono legati a doppio filo al pactum sceleris e certamente hanno interesse a far affiorare in superficie ciò che è per sua natura sommerso.
La corruzione in Italia è quindi un fenomeno non occasionale, ma regolato.
E di fronte ad indici che fanno ritenere che la corruzione sia un malaffare elevato a sistema, non stupisce che si siano susseguiti nel tempo interventi normativi volti a rendere più coerente un settore che non lo è: basta pensare alla fattispecie tipicamente italiana della concussione.
Uno sguardo agli altri ordinamenti
Come detto, la concussione tendenzialmente non esiste in altri ordinamenti, dove si riconduce la condotta di costrizione nell'alveo del modello legale dell'estorsione, eventualmente con aggravamento di pena per il pubblico incaricato.
In Spagna e Germania, le condotte inquadrabili nella nostrana "concussione per costrizione" ricevono per lo più la propria compiuta qualificazione mediante ricorso alle regole del concorso di reati.
In Spagna, la norma che più si avvicina è quella di cui all'art. 437 del còdigo penal, che sanziona la exacciòn ilegal di tasse e dazi senza rendere necessario l'elemento dell'abuso della qualità o dei poteri, come richiede invece la normativa italiana.
La condotta di induzione così come conosciuta in italia è sconosciuta nell'ordinamento portoghese.
In Francia troviamo la concussion, ma trattasi di norma limitata alla percezione di imposte, tasse e diritti non dovuti, mediante le condotte alternative di ricezione, richiesta od ordine da parte di pubblico ufficiale, senza necessità di abuso.
In Gran Bretagna, dopo la riforma del 2010 Bribery Act, non si rinviene alcuna distinzione riguardo la fattispecie del blackmail per il fatto commesso da pubblico agente.
La Riforma
La riforma in oggetto ha avuto sicuramente il pregio di accogliere le istanze che erano avvertite da tempo in dottrina e giurispruddenza, risistemando anche la materia dei delitti contro la pubblica amministrazione.
Sono state riformulate la corruzione per l'esercizio della funzione - slegandola dalla necessità di individuare il singolo atto dell'ufficio oggetto del mercimonio - e dall'altra parte sono state ricondotte in una sola fattispecie tutte le condotte prodomiche a veri e propri accordi corruttivi, incentrati su faccendieri e mediatori privati.
Delusione, invece, riguardo la non risoluzione di tutte le questioni aperte intorno alla figura della concussione.
La Riforma ha scorporato, secondo l'interpretazione delle Sezioni Unite 24 Ottobre 2013 n. 12228, il vecchio art. 317 c.p.: dalla norma, che delineava un delitto con modalità alternative di condotta, è stata espunta la condotta di induzione, andata a confluire nel nuovo art. 319-quater c.p., riproducendo di fatto dal solo lato del pubblico agente la vecchia configurazione normativa del Codice Zanardelli del 1889, che prevedeva appunto all'art. 169 c.p. il delitto di concussione mediante costrizione.
Relativamente all'extraneus invece, è stata seguita l'indicazione della Convenzione penale sulla Corruzione del Consiglio d'Europa del 1999, entrata in vigore nel 2002 e ratificata solamente con la L. 110/2012.
La normativa italiana, infatti, considerava il privato una vittima della condotta anche quando avesse ottenuto un indebito vantaggio.
Trasformando questo da persona offesa a coautore della nuova fattispecie di induzione indebita, si è intaccato il canone della esclusività tra concussione e corruzione, secondo il quale "senza corrotto non esiste corruttore; e nella concussione non c'è corrotto, ma un concussore; quindi nella concussione non ci può essere neanche un corruttore".
Novità assoluta per il nostro ordinamento è la previsione di cui al comma 2 dello stesso articolo, il quale punisce, nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità, sopvrapponendo di fatto varie condotte che rendono la vittima un correo della nuova ipotesi di induzione indebita.
SI è voluto così previlegiare l'aspetto dell'apporto criminoso del privato, per il quale appriva iniqua l'impunità prima garantita dall'interpretazione dello stesso come vittima del reato del pubblico ufficiale.
Per induzione, sia chiaro, non si intende di certo quella di induzione in errore, poichè le condotte fraudolente del pubblico agente sono oggi da riferire verosibilmente alla sola truffa aggravata dall'abuso di poteri.
Il privato, nella sua doppia veste, risulta in piena coerenza con la struttura plurioffensiva del reato.
I criteri distintivi fra fattispecie simili: concussione, induzione e corruzione
Con la riforma, tuttavia, sono specificati i limiti applicativi dell'art. 317 c.p., ma non quelle dell'art. 319 c.p., per le quali si propongono - complice anche la limitata selettività linguistica che offre il termine "induzione", le tradizionali criticità interpretative, accompagnate dai conseguenti, usuali, problemi di determinatezza.
La distinzione è importante poichè, se ante riforma i concetti di induzione e costrizione avevano rilievo nella stessa fattispecie di reato, tanto da essere caratterizzate da sostanziale fungibilità, adesso l'inquadramento nell'uno o nell'altro comporta radicali differenze sotto diversi aspetti.
Da lato letterale, si può dire che per costrizione si intende una condotta marcatamente minacciosa e intensamente prevaricatrice, capace di comprendere notevolmente il margine di scelta del privato.
Si tende ad accogliere - invece- una nozione più ampia di induzione, che comprende qualunque moderata pressione psicologica che spinga il privato verso la finalità ricercata dal pubblico agente e può manifestarsi in persuasione, suggestione, allusione, silenzio ed ostruzionismo (2).
Si pone quindi il problema di capire quando il privato si sia determinato alla dazione o alla promessa solo per il vantaggio che poteva ottenere, oppure anche, in diverse declinazioni, a causa dell'abuso della qualità o dei poteri del soggetto pubblico.
Come è stato rilevato da altri autori, le dinamiche di corruzione sistemica tendono ad alterare i ruoli tipizzati dalle norme incriminatrici, con la conseguenza che ci si trova di fronte a modalità comportamentali ambivalenti o comunque ambigue, non riconducibili per intero né alla concussione né alla corruzione.
In seno alla Giuripsrudenza, ed in special modo in seno alla Corte di Cassazione, si sono ben presto sviluppati diversi indirizzi a riguardo, fino all'attesa Sentenza Sezione Unite 24 Ottobbre 2013 n. 12228, la quale disattendendo tutte i precedenti orientamenti, prende una nuova strada.
In tale Sentenza, i Giudici della Corte innanzitutto considerano la concussione non nel suo significato naturalistico e l'oggetto della minaccia - anche implicita, ma con portata intimidatoria simile a quella esplicita - deve essere un danno ingiusto, lesivo di un interesse personale o patrimoniale della vittima riconosciuto dall'ordinamento. Il privato quindi, in questo caso, si troverebbe "spalle al muro" e con notevole compromissione della propria libertà di autodeterminazione, finendo per dover accedere alla richiesta del pubblico agente per evitare un danno maggiore (escludendo appunto un movente opportunistico di vantaggio indebito).
L'induzione, invece, dovrebbe intendersi quale "condotta-evento", ossia "alterazione del processo volitivo altrui che, pur condizionato da un rapporto comunicativo non paritario, conserva, rispetto alla costrizione, più ampi margini decisionali", da cui discende l'onere di resistenza per non essere considerato concorrente e quindi punibile.
L'induzione si realizza con persuasione, suggestione od allusione, sempre che vi sia rappresentata una prospettiva di indebito vantaggio per il privato.
Non può usarsi, per differenziare le due fattispecie, la volatile maggiore o minore valenza coercitiva della condotta del pubblico agente, ma si deve differenziare sulla base modale della condotta : minaccia per la costrizione e residualmente non minaccia per l'induzione; mentre per il privato si deve "giocare" sula ricerca o meno dell'indebito vantaggio.
Le critiche rispetto a tale fattispecie, soprattutto alla luce della citata sentenza, risultano tuttavia giustificate, costituendo la stessa adesso una sorta di abolitio criminis non prevedendo - con questa interpretazione - la punibilità dell'induzione senza vantaggio immediato per il privato.
E' chiaro - ed è la stessa Corte a ribadirlo - che nei casi di zona grigia fra le due fattispecie, non si consente di pervenire a soluzione costruita su parametri oggettivi da utilizzare sempre indiscutibilmente.
Tanto più ci si accinge a trovare una linea di demarcazione fra concussione ed induzione, più si spinge questa verso la corruzione su iniziativa del pubblico agente.
Ed in effetti, la punibilità dell'extraneus rende la norma in commento del tutto assimilabile alla fattispecie corruttiva.
Storicamente sono utilizzati tre criteri per dividere il vecchio art. 317 c.p. dalle previsioni di cui agli art. 318 c.p. e 319 c.p.
Il primo, oggi abbandonato, riguardava l'iniziativa: da parte del pubblico agente per conseguire il vantaggio illecito nella concussione, del privato nella corruzione.
Il secondo si basa invece sul metus: nella corruzione le parti sono in grado di parità dall'accordo da cui si sostanzia il pactum sceleris, mentre nella concussione l'antecedente causale della dazione o della promessa risiede nello stato di soggezione in cui versa il privato a seguito dell'abuso del pubblico agente.
Da ultimo, ci si è concentrati sullo scopo: se lo scopo del privato è trarre vantaggio dall'abuso del pubblico ufficiale allora viene meno il vizio di volontà ed il timore e siamo nella situazione di correità nella corruzione; viceversa (è questo è il criterio utilizzato dall'ultima Sentenza Sezione Unite prima citata) nella corruzione rimane la soggezione psicologica del privato.
Questo significa che l'abuso è l'elemento differenziale fra le fattispecie: nell' induzione indebita abbiamo "due" nessi di causalità, l'abuso del pubblico ufficiale (causa dell'induzione indebita) e la dazione o promessa.
Nella concussione il privato non è totalmente coartatao, ma non ha davvero alternative per opporsi.
Il corruttore privato invece è totalmente libero, pariterico rispetto al pubblico incaricato.
Il privato indotto è libero anch'egli, bensì è compartecipe del disvalore poichè consapevole delle alternative esistenti al dare o promettere.
Quale vantaggio per l'extraneus?
L'obiettivo della riforma era quello di colpire non solo il fenomeno corruttivo basato sulla nozione mercantile di dare ed avere, bensì su quella tipicamente clientelare dei giorni nostri.
L' estraneo viene punito poichè su di lui grava un obbligo giuridico di resistenza, la cui violazione è sanzionata.
Tuttavia non basta certo la passività di quest'ultimo; è necessario verificare la presenza di elementi idonei a rivelare l'adesione volontaria del predetto alle richieste del pubblico agente.
Tra questi sicuramente un vantaggio indebito, che deve essere concreto e non solo ipotetico o sperato.
Deve esserci quantomeno una sorta si sfruttamento della situazione apparentemente sfavorevole per ottnere utilità indebite, sia pur future ed eventuali.
Il vantaggio indebito, sotto il profilo contenutistico, deve essere interpretato nel senso di consistere, oltre che in un beneficio determinato e specificamente individuato, anche in una generica disponibilità clientelare del pubblico agente.
In altre parole, può accadere che il privato ceda, pur avendo la possibilità di non farlo, nella prospettiva che il pubblico agente possa in futuro "essergli utile", per sua benevolenza.
Tuttavia, come ricorda il caso Ruby (Sez. VI Cass. n. 22526), quella situazione in cui non vi è prospettazione di male ingiusto nonostante l'insistenza al favore di un privato del pubblico incaricato risulta oggi non punibile ed oggetto nei fatti di abolitio criminis.
In casi simili, rientranti nella concussione ante riforma, oggi non riscontriamo possibili punibilità, fallendo di fatto l'obbiettivo originario di punire il fenomeno clientelare.
La struttura dell'induzione indebita
Parte della sua struttura è stata evidenziata nel paragrafo precedente, ossia quella attinente alla scelta che il soggetto privato ha rispetto alla costrizione ed alla non scelta di resistenza, accettando la previsione di un vantaggio futuro.
Per Sezione Unite n. 12228 del 2013, tale reato si raffigura come plurisoggettivo proprio o normativamente plurisoggettivo, in quanto elemento necessario per il perfezionamento è la convergenza, sia pure nell'ambito di rapporto squilibrato, dei processi volitivi di più soggetti attivi.
Tale conclusione, seppur dibattuta in dottrina ,risulta forse preferibile poichè se viene rilievo la forma consumata, allora le due condotte - del privato del pubblico ufficiale - devono coincidere: se il pubblico ufficiale, abusando delle proprie qualità e poteri, induce il privato a dare o promettere, il reato trova il perfezionamento sul versante di entrambi i soggetti coinvolti.
E' possibile il tentativo?
Il tentativo per il reato in esame è astramente possibile, poichè non risulta essere necessario che vi concorra colui che si tenta di indurre a dare o promettere, ponendo il soggetto privato in sofferenza, avanzando una richiesta perentoria, ripetuta e più insistente della pressione psicologica rispetto alla mera sollecitazione.
Note e riferimenti bibliografici
(1) Disponibile su htpp://www.europarl.europa.eu - Comunicazione n. 308, 6 Giugno 2011, p.3
(2) Benussi, I delitti contro la pubblica amministrazione, cit, p. 884