Pubbl. Mer, 16 Nov 2016
Un diamante non è per sempre
Modifica paginaCon la sentenza n. 18280 del 19 Settembre 2016, la Corte di Cassazione stabilisce la restituzione di un brillante e di un quadro di Picasso ricevuti da una ex fidanzata. I regali in questione stante le modalità dell´elargizione non sono da considerarsi delle liberalità d´uso.
1. La norma: art. 770 c.c.
Nel nostro ordinamento giuridico l’istituto della donazione è regolato dagli artt. 769 c.c. e ss.. La donazione è un contratto di natura bilaterale, il quale richiede la volontà del donante di arricchire la controparte senza ricevere alcun corrispettivo. Elementi caratterizzanti la donazione sono: lo spirito di liberalità (c.d. animus donandi) e l’arricchimento del patrimonio del donante. Nell’occuparsi di donazioni, il nostro codice civile all’articolo 770, regola la donazione rimuneratoria.
La differenza che si coglie tra la disciplina della donazione pura di cui all’articolo 769 c.c. e la fattispecie di cui all’articolo 770, risiede nel diverso atteggiarsi dei motivi.
Nella donazione pura il motivo non risulta esserne essenzialmente il protagonista, in quanto non risulta palesemente espresso. Al contrario, nel caso in cui risultasse espressamente dal contesto dell’atto, rileverebbe per quanto concerne il profilo dell’illiceità ma anche di una eventuale erroneità. Invece, nel caso della donazione rimuneratoria il motivo si atteggia quale elemento determinante. Infatti dalla lettura dell’articolo 770 c.c., si può ben notare che la donazione rimuneratoria viene posta in essere per particolari motivi.
L’articolo 770 c.c. stabilisce quanto segue:
“E’ donazione anche la liberalità fatta per riconoscenza od in considerazione dei meriti del donatario o per speciale rimunerazione.
Non costituisce donazione la liberalità che si suole fare in occasione di servizi resi o comunque in conformità agli usi”.
L’articolo in questione prende in considerazione al primo comma la cd. “donazione rimuneratoria”, al II comma le “liberalità d’uso”. E' bene esaminare entrambe le fattispecie per capire la pronuncia in esame.
La donazione rimuneratoria di cui al I comma dell’articolo 770 c.c. viene posta in essere da un persona, spontaneamente e liberamente, nelle ipotesi descritte:
-
per riconoscenza nei confronti del beneficiario della donazione o di un membro della sua famiglia;
-
in considerazione di meriti del beneficiario della donazione; sarebbe l’ipotesi, ad esempio, di donazione fatta sulla base di un sentimento di ammirazione;
- per speciale rimunerazione è la cd. donazione fatta spontaneamente dal donante con la specifica intenzione di dare un compenso per un servizioresogli o promessogli dal soggetto beneficiario della donazione.
Dal punto di vista disciplinatorio la donazione remuneratoria è una vera e propria donazione, anche se posta in essere per alcuni ipotesi ben precise. Avendo ben presente i particolari motivi per cui viene posta in essere, si applicano alla stessa alcune regole speciali. La donazione rimuneratoria, ad esempio, non può essere revocata per ingratitudine o per sopravvenienza di figli. Oppure, nel caso del soggetto che riceve la donazione, non ha l’obbligo di versare gli alimenti a chi effettuato la donazione.
Infatti, come affermato dalla Cassazione, consiste:
"Nell'attribuzione gratuita compiuta spontaneamente e nella consapevolezza di non dover adempiere alcun obbligo giuridico, morale, sociale per compensare i servizi resi dal donatario" (cfr. Cass., sez. II, 3 marzo 2009, n. 5119).
Il II comma dell’articolo 770 c.c. prende in esame l’istituto delle liberalità d’uso. La liberalità d’uso è un’attribuzione gratuita effettuata per conformarsi ad un uso sociale o familiare. Anche se entrambe le fattispecie sono contenute in un’unica norma, diverse ne sono le caratteristiche. Infatti, proprio perchè la liberalità d’uso viene effettuata in ragione di quanto indicato, viene a mancare l’animus donandi tipico della donazione. Secondo un primo approccio dottrinale, si può parlare di donazione rimuneratoria quando l’attribuzione patrimoniale è superiore a quanto si è ricevuto. A contrario, si è in presenza di una liberalità d’uso quando l’attribuzione è inferiore od equivalente. In base ad un diverso approccio ermeneutico, la distinzione si basa sul diverso atteggiarsi dei due negozi. La donazione rimuneratoria consiste nel gratificare il beneficiario; invece la liberalità d’uso consisterebbe nel conformarsi ad un costume sociale. In fondo l’unico criterio discriminante consisterebbe nel rapporto tra il valore donato ed il costume sociale oppure familiare.
Anche la giurisprudenza in passato, aveva chiarito il discrimen tra le due fattispecie, in quanto risulta di estrema importanza giuridica coglierne le differenze. Due le sentenze, datate nel tempo che ne hanno tracciato i confini.
La prima sentenza della Suprema Corte è la n. 1077 del 1992:
“Per donazione rimuneratoria deve intendersi l’attribuzione gratuita compiuta spontaneamente e nella consapevolezza di non dover adempiere alcun obbligo giuridico, morale o sociale per compensare i servizi resi e o promessi dal donatario, mentre per la configurabilità della liberalità d’uso si richiede non solo che l’attribuzione patrimoniale gratuita sia effettuata per speciale apprezzamento dei servizi in precedenza ricevuti dal donante o per rispettare l’uso che consiglia di compierla in determinate occasioni, ma anche una certa equivalenza economica tra il valore delle cose donate e quello dei servizi ricevuti dal disponente”.
L’altra sentenza è la n. 324 del 1992. La Corte di Cassazione, questa volta ha avuto modo di sottolineare che la distinzione tra le due fattispecie, consiste “nel diverso movente dei due negozi”. Con riferimento alla donazione rimuneratoria, il movente consiste nel voler gratificare l’autore dei servizi resi, Nel caso delle liberalità d’uso, invece, "nell'intento di porre, rispetto a tali servizi, un elemento di corrispettività o di adeguarsi a un costume sociale, sia pure non obbligatorio, ma libero".
2. La sentenza n. 18280 del 19 Settembre 2016
Tuttavia, ai tempi d’oggi, un diamante non è per sempre. Se una coppia, felice, di fidanzati (protagonista della sentenza) si lascia, lei deve restituire il gioiello. Medesima ratio per un quadro di Picasso. Seguendo il ragionamento effettuato dagli Ermellini, tali oggetti hanno un valore intrinseco che supera le liberalità d’uso. La donataria sosteneva col suo ricorso, che il quadro e l’anello erano stati donati con atto qualificabile come liberalità d’uso. Sul caso in esame la Corte di Appello aveva qualificato le elargizioni in esame come donazioni di grande valore, non riconducibili al secondo comma dell'articolo 770 c.c. :“Se ne desume che, una volta riscontrata l’anomalia della causale e l’anomalia del valore rispetto anche ai pur preziosi precedenti regali, la decisione della Corte di Appello di qualificare questa elargizione come donazione di grande valore, non riconducibile al secondo comma, costituisce qualificazione correttamente motivata, che ha tenuto conto di tutti i fattori che sono diversamente valutati da parte ricorrente”. I Giudici di Piazza Cavour, hanno sottolineato che la liberalità d’uso si viene a configurare quando un’elargizione si uniforma agli usi ed ai costumi di una determinata occasione: "La liberalità d’uso prevista dall’art. 770, secondo comma, cod. civ. (non costituente donazione in senso stretto e perciò non soggetta alla forma propria di questa), sussiste quando la elargizione si uniformi, anche sotto il profilo della proporzionalità, alle condizioni economiche dell’autore dell’atto, agli usi e costumi propri di una determinata occasione, da vagliarsi anche alla stregua dei rapporti esistenti fra le parti e della loro posizione sociale. Tali liberalità trovano fondamento negli usi invalsi a seguito dell’osservanza di un certo comportamento nel tempo, e dunque di regola in occasione di quelle festività, ricorrenze, occasioni celebrative che inducono comunemente a elargizioni, soprattutto in considerazione dei legami esistenti tra le parti”.