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Pubbl. Sab, 5 Nov 2016

Il delitto di rivelazione di segreti d´ufficio a carico dell´esercente di pubblico servizio.

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Simona Iachelli
Funzionario della P.A.Università degli Studi di Catania


Con la sentenza n. 36807 del 5/09/2016 la Corte di Cassazione penale si è pronunciata in ordine al delitto di rivelazione di segreti d´ufficio, nel caso in cui il soggetto attivo del reato sia un dipendente di un ente o di una società concessionaria di un pubblico servizio.


La Corte di Cassazione penale, con sentenza n. 36807 del 5/09/2016, si è pronunciata in ordine al delitto di rivelazione di segreti d'ufficio, previsto dall'art. 326, comma 1, c.p., commesso da un dipendente di una società concessionaria di un servizio di interesse pubblico.

Nel caso di specie, dall'accertamento dei giudici di merito era emerso che l'imputato, incaricato di un pubblico servizio, si avvaleva delle informazioni segrete relative alle verifiche regionali sulle attività formative svolte da società private, rivelandole sistematicamente a società di cui era amministratore e rappresentante di fatto, per procurare allo stesso un indebito profitto patrimoniale, rappresentato dalla possibilità di evitare la revoca di finanziamenti regionali erogati per le predette finalità formative. 

Pertanto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, il Giudice di appello confermava la condanna in ordine al delitto di cui all'art. 326 c.p., rideterminando la pena inflitta. 

Avverso tale provvedimento l'imputato aveva proposto ricorso per cassazione, deducendo, tra l'altro, la violazione della legge penale in relazione alla qualifica di incaricato di pubblico servizio.

La Corte di Cassazione ha respinto tuttavia il ricorso, dichiarandolo infondato.

A tal fine, la Suprema Corte tratteggia, nelle sue linee essenziali, il delitto di rivelazione di segreti d'ufficio, previsto dal primo comma dell'art. 326 c.p., il quale punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che rivela la notizia d’ufficio, cioè che la comunica egli stesso ad uno o più terzi in qualunque modo, ovvero che ne agevola comunque l’apprendimento.

Come osservato da attenta dottrina (1), la norma tutela la segretezza delle notizie, la quale costituisce un interesse strumentale, che non rileva di per sé solo ma in quanto funzionale al buon andamento della P.A. Si tratta di una tutela che si inserisce nell’indirizzo generale del nostro ordinamento penale in cui il segreto è considerato servente ad altri beni e quindi da proteggere strumentalmente nell’ambito della tutela di questi ultimi. (2)

La ratio incriminatrice, ravvisabile nella tutela della pubblica amministrazione dal pregiudizio derivante dalla divulgazione di certe notizie, rappresenta l'elemento distintivo del reato in disamina rispetto ad altre condotte che si concretano comunque in una rivelazione di notizie riservate.

Il punto è colto dalla giurisprudenza, la quale definisce il delitto de quo come reato di pericolo effettivo e non meramente presunto, atteso che la violazione del segreto è punibile non già in sé e per sé, ma in quanto suscettibile di produrre un qualche nocumento agli interessi tutelati a mezzo della notizia da tenere segreta. (3) Di conseguenza, se pure non è necessaria la prova dell'esistenza di un effettivo pregiudizio per le indagini, tale reato si configura solo quando sia evidenziato un pericolo concreto al buon andamento della pubblica amministrazione, interesse che si intende leso allorché la divulgazione della notizia sia suscettibile di arrecare pregiudizio o alla p.a. o ad un terzo. (4)

Più nel dettaglio, ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 326 c.p. non è necessario verificare che dalla violazione del segreto, commessa dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio, sia derivato un danno per la P.A., ma è sufficiente che la rivelazione indebita sia tale da poter cagionare nocumento all’interesse tutelato, che è rappresentato dal buon funzionamento dell’amministrazione, attraverso il dovere di fedeltà del funzionario. (5)

La condotta divulgativa deve avere ad oggetto notizie d'ufficio, ossia tutte le notizie inerenti all'ufficio o al servizio ricoperti dall'agente. Non occorre, invece, che la conoscenza della notizia rientrasse nella specifica competenza, anche di fatto, del pubblico agente, atteso che "notizia d'ufficio" è cosa diversa da una notizia conosciuta (com'é invece richiesto dall'art. 325 c.p.). Pertanto, è punibile, ai sensi dell'art. 326 c.p., anche la rivelazione di una notizia d'ufficio appresa, o di cui si disponga, in maniera puramente occasionale o fortuita, od anche illecita. (6).

Tale orientamento è condiviso dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale, nella sentenza in commento, afferma, in primo luogo, che il reato de quo "importa per la sua configurabilità sotto il profilo materiale che sia portata a conoscenza di una persona non autorizzata una notizia destinata a rimanere segreta e si configura come reato di pericolo, nel senso che sussiste sempre che dalla rivelazione del segreto possa derivare un danno alla pubblica amministrazione o a un terzo; inoltre, che il segreto, di cui è interdetta la divulgazione, preso in considerazione dall'art. 326 c.p., deve riguardare notizie d'ufficio, concernenti aspetti delle funzioni legislativa, giudiziaria o amministrativa stricto iure". 

Ciò premesso, i giudici di legittimità si soffermano sul caso di specie, statuendo che "i dipendenti di un ente o di una società concessionaria, anche in via non esclusiva, di un interesse pubblico, vanno considerati incaricati di un pubblico servizio, in quando concorrono allo svolgimento dell'attività ad esso connessa, a nulla rilevando la natura pubblica o privata dell'ente o dell'imprenditore al quale questa attività sia riferibile. Ciò che rileva al fine è che gli stessi, agendo nell'ambito di una funzione comunque colorata da interessi pubblici, svolgano un'attività di carattere intellettivo (con esclusione, dunque, di semplici mansioni d'ordine e delle prestazioni d'opera meramente materiale), prive tuttavia dei poteri autoritativi e certificativi propri della pubblica funzione in relazione alla quale si pongono in termini di complementarietà e accessorietà".

La Suprema Corte di Cassazione, dunque, afferma che per i funzionari di un ente concessionario di un servizio di interesse pubblico si configura il delitto di rivelazione di segreti d'ufficio previsto dall'art. 326 c.p. se, portando a conoscenza di una persona non autorizzata una notizia destinata a rimanere segreta, causa un danno alla pubblica amministrazione.

 

Note e riferimenti bibliografici

1) Pagliaro - Parodi Giusino, Principi di diritto penale parte speciale. vol 1. Giuffré, 2008.
2) Vinciguerra, I delitti contro la pubblica amministrazione, Padova, 2008, 311.
3) Cass. Pen., sez. VI, 18/12/2007, n. 5141; Cass. Pen., sez. I, 29/11/2006, n. 1265.
4) Cass., Sez. V, 5 ottobre 2004, Esposito, in C.E.D. Cass., n. 231166;
5) Cass., Sez. VI, 18 dicembre 2007, Cincavalli, in C.E.D. Cass., 238729.
6) Cass. Pen., sez. VI, 19/11/2015, n. 49600.