Pubbl. Ven, 30 Gen 2015
Stupefacenti: quando scatta la riduzione della pena per fatti di "lieve entità"
Modifica paginaLa Cassazione si è soffermata sulla considerazione della lieve entità e tenuità del danno rispetto al reato di detenzione di sostanza stupefacenti.
Recentemente la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di detenzione illegale di sostanze stupefacenti. In particolare con sentenza n. 48433/2014 si è soffermata sulla considerazione della lieve entità e tenuità del danno rispetto alla fattispecie delittuosa di detenzione di sostanza stupefacente del genere marijuana.
Oggetto di pronuncia dei giudici di legittimità è stata la sanzione, inflitta al detentore di bustine contenenti marijuana, fissata in misura eccedente rispetto ai valori edittali da considerarsi vigenti a seguito della sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale.
Con tale sentenza la Corte è intervenuta dichiarando l'illegittimità costituzionale per violazione dell'art. 77 Cost., secondo comma, che regola la procedura di conversione dei decreti-legge, degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito con modificazioni dall'art. 1 della legge 21 febbraio 2006, n. 49 (conosciuta anche come legge Fini - Giovanardi). In sintesi, i giudici costituzionali hanno dichiarato l'illegittimità per difetto di connessione logico-funzionale tra gli artt. 4-bis e 4-vicies, concernenti modificazioni al Testo unico in materia di stupefacenti (introdotte solo in sede di conversione) e il decreto-legge emanato, in origine, per il finanziamento delle Olimpiadi invernali di Torino. Il d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico in materia di stupefacenti) è così tornato ad essere la normativa di riferimento in materia di sostanze stupefacenti e psicotrope e per la prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
Nel caso di specie, i giudici di Corte d'appello, richiamando la sentenza di primo grado, sottolineano come “l’imputato sia stato notato, nel corso di accertamenti di polizia, mentre si aggirava a bordo di un motociclo in una zona nota come piazza di spaccio, segnalando alle “vedette” la presenza di Carabinieri e, più tardi, indicando ad alcuni tossicodipendenti il luogo in cui era possibile approvvigionarsi di stupefacenti. Dunque non sarebbe dubbio il suo contributo causale al fatto” e confermano la sanzione detentiva dal valore di partenza di sette anni, aumentata fino ad otto anni per la ritenuta recidiva, e diminuita fino a cinque anni e quattro mesi per l’applicazione dell’art. 442 cod. proc. pen.
La difesa, dopo aver contestato alla Corte la logica preventiva della sentenza, ha quindi eccepito che " avrebbe dovuto farsi applicazione dei comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990, essendo il fatto pertinente ad una piccola quantità di droga, in un contesto organizzativo dei tutto rudimentale, e con un ruolo secondario assunto dal ricorrente (che il Giudice di primo grado avrebbe definito «anello debole della catena»).
L'articolo (come modificato dal d.l. n. 146/13), nel comma richiamato, prevede per i fatti c.d. di “lieve entità” una fattispecie autonoma di reato (e non più solo una attenuante) e recita "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000."
E' sulla base di tale comma che la Cassazione ritiene che “la sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio, affinché la competente Corte territoriale provveda ad una nuova determinazione del trattamento sanzionatorio, da operarsi con riferimento ai valori edittali vigenti riguardo alla illecita detenzione di sostanza stupefacente del genere marijuana“.