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Pubbl. Gio, 5 Mag 2016

La responsabilità contrattuale

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Francesco Rizzello


La trattazione, suddivisa in tre parti distinte, si presenta come strumento di semplificazione schematica della responsabilità civilistica contrattuale ed extracontrattuale; si procederà, inoltre, a qualificare la natura della responsabilità da contatto sociale. La prima parte, dedicata alla responsabilità contrattuale, consiste in un´analisi atten


Premessa

La trattazione che ci si appresta a svolgere desidera porsi in chiave schematica, dal carattere marcatamente riassuntivo e senza essere oggetto di pretese di assoluta completezza, a fronte della significativa estensione e pervasività della disciplina. 
Non per questo si vuole rinunciare ad una compiuta analisi dei fenomeni della responsabilità civilista contrattuale ed extracontrattuale, oltre a voler qualificare correttamente la natura della responsabilità da contratto sociale.
Per quanto attiene a questa prima parte, vi sono degli aspetti pertinenti (anche) alla responsabilità contrattuale i quali sono stati volutamente trascurarti per essere ripresi nella seconda parte di questa serie di articoli.

La responsabilità contrattuale

Il dato di partenza affinché si possa avere la responsabilità contrattuale, è che sia avvenuta la stipulazione di un accordo tra almeno due contraenti, ai sensi dell'art. 1321 c.c., che la pattuizione non presenti vizi d'invalidità e che vi sia stato un inadempimento, un adempimento tardivo, incompleto o inesatto imputabili al debitore della prestazione.

 

Art. 1321 c.c.: "Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale."

Vi sono, inoltre, una serie di altri casi nei quali viene in rilievo la responsabilità contrattuale, in quanto essa rileva in ogni ipotesi nella quale non emerga la responsabilità extracontrattuale; in altri termini, si ha riguardo all'art. 1173 c.c., che elenca le fonti delle obbligazioni, alle quali deve essere sottratta la responsabilità da fatto illecito per avere un decalogo delle fonti della responsabilità c.d. contrattuale.
È utile iniziare con la disamina della responsabilità derivante dall'inadempimento prettamente contrattuale, ossia derivante da contratto, come definito all'art. 1321 c.c. sopraccitato.

Art. 1173 c.c.: "Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico."

L'art. 1218 c.c. dispone chiaramente che: "il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile". Da segnalare per la sua importanza anche il disposto dell'art. 1228 c.c., il quale si impone di diritto qualora non vi sia una diversa volontà delle parti: "salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro".
È tuttavia impossibile ricondurre la moltitudine di forme contrattuali e di inadempimento ad un'unica previsione normativa, ed è per questo motivo che il legislatore ha dettato un vasto numero di disposizioni specifiche in materia.
Ad esempio, in materia di compravendita, l'art. 1494 c.c. dispone che in ogni caso il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno, se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa. Il secondo comma della medesima disposizione prevede a sua volta che il venditore deve altresì risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa.

Art. 1494 c.c.: "In ogni caso il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno, se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa.
Il venditore deve altresì risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa."

In coerenza con tale previsione si pone il secondo comma dell'art. 1578 c.c., dettato per la locazione: "il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna".
L'art. 1668, primo comma, c.c., detta quanto segue in materia di contratto di appalto:"il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell'appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore".
Interessante il disposto dell'art. 1784, primo comma, c.c., che dispone con riguardo alla responsabilità dell'albergatore per le cose che gli vengono consegnate. Si prevede una responsabilità addirittura illimitata in due casi: 1) quando le cose gli sono state consegnate in custodia; 2) quando ha rifiutato di ricevere in custodia cose che aveva l'obbligo di accettare.
Altrettanto interessante, in senso diametralmente opposto, è la norma contenuta all'art. 1836 c.c., che tratta della legittimazione del possessore di un libretto di deposito a risparmio nell'ambito di un contratto bancario di deposito di denaro. Recita la norma:"se il libretto di deposito è pagabile al portatore, la banca che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore è liberata, anche se questi non è il depositante".

Ancora prima dell'art. 1218 c.c., tuttavia, la norma che si pone a fondamento della responsabilità contrattuale è l'art. 1176 c.c., il quale nei suoi due commi enuncia i doveri di diligenza del debitore, distinguendo due livelli distinti.
Al primo comma è fissato il criterio della diligenza del buon padre di famiglia (richiamato in svariate norme, tra le quali si citano gli artt. 1587, 1710, 1768, 1804, 2392, 2407 c.c.). Tale grado di diligenza (si tenga presente che la diligenza è un criterio essenzialmente connesso al concetto di colpa) fa riferimento a ciò che avrebbe potuto prevedere, al suo posto, una persona dotata delle cognizioni generali che sono oggetto di comune conoscenza nel ceto sociale e nel gruppo professionale cui l'agente appartiene1; è, quindi, la diligenza dell'uomo medio. Nelle relazioni rispettivamente al libro delle obbligazioni e al codice civile si legge dell'importanza assoluta che viene attribuita a tale concetto. Particolarmente emblematica a riguardo è la posizione adottata dall'allora Guardasigilli Dino Grandi, il quale scrive: "La diligenza del buon padre di famiglia, come è noto, è una di quelle formule elaborate dalla giurisprudenza romana e dalla tradizione romanistica, che desumono il loro contenuto dalle concezioni dominanti nella coscienza sociale, e che, per la loro adattabilità alle situazioni di fatto, rispondono in modo eccellente ai bisogni vari della vita di relazione. La figura del bonus pater familias non si risolve nel concetto di «uomo medio», ricavabile dalla pratica della media statistica; ma è un concetto deontologico, che è frutto di una valutazione espressa dalla coscienza generale".
Al secondo comma si prevede, invece, l'adozione della diligenza richiesta dalla specifica natura dell'affare nell'adempimento di obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale. Tale norma prevede evidentemente una gradazione del grado di diligenza da adottare, da valutarsi, per l'appunto, caso per caso a seconda dell'attività professionale che ci si appresta a svolgere. Seconda parte della dottrina tale criterio avrebbe portata generale, mentre la norma al primo comma avrebbe portata residuale. Nella relazione al codice civile si legge, con riguardo all'articolo in esame: "Si tratta di un criterio obiettivo e generale, non soggettivo e individuale ... ma, d'altra parte, è un criterio che va commisurato al tipo speciale del singolo rapporto; per questo, nel secondo comma ... è chiarito, a titolo di esemplificazione legislativa, che, trattandosi di obbligazioni inerenti all'esercizio (e quindi all'organizzazione) di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi avuto riguardo alla natura dell'attività esercitata".

Passiamo ora a vedere in quali casi la responsabilità risulta temperata, prendendo ad esempio una serie di norme contenute all'interno del codice civile.
L'art. 1710 c.c., contenuto nel paragrafo recante le norme sulle obbligazioni del mandatario, dispone che il mandatario è tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia; ma se il mandato è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore. In questo caso la regola di diligenza, trattandosi di mandato, concerne sia gli atti giuridici per il qual compimento il mandato è stato concluso, sia gli atti preordinati al compimento dei primi. Inoltre, giova ricordare che la responsabilità concerne in questo caso solo l'an e non il quantum. Quindi, qualora il mandatario sia responsabile, egli risarcirà l'intero danno.
Nella stessa logica va inquadrata la norma dell'art. 1768 c.c., in ambito di deposito. Il depositario deve usare la diligenza del buon padre di famiglia e nel caso di deposito gratuito, la responsabilità per colpa e valutata con minor rigore.
L'art. 1821 c.c., contenuto all'interno del Capo XV, dedicato al mutuo, prevede la responsabilità del mutuante nei confronti del mutuatario per i vizi delle cose date a prestito, se il primo non prova di averli ignorati senza colpa. Se il mutuo è gratuito, poi, il mutuante è responsabile solo nel caso in cui, conoscendo i vizi, non ne abbia avvertito il mutuatario.
Ancora, secondo l'art. 2236 c.c., il prestatore d'opera addirittura non risponde dei danni, ed è quindi esente da qualsiasi responsabilità contrattuale, se non  in caso di dolo o di colpa grave, qualora la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà.

Come si è accennato sopra, la responsabilità contrattuale può anche derivare da obbligazioni sorte, non in conseguenza di un accordo tra due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale, ma anche da altri obblighi, quali le promesse unilaterali di cui agli artt. 1987 ss. c.c. (promessa di pagamento e ricognizione di debito, promessa al pubblico ecc.), la gestione di affari altrui ex artt. 2028 ss. c.c., il pagamento dell'indebito disciplinato agli artt. 2033 ss. c.c. e l'arricchimento senza causa ex artt. 2041 ss. c.c.

Ciò perché in tutti questi casi è applicabile l'art. 1218 c.c., il quale parla di risarcimento del danno, ed il risarcimento del danno è disciplinato dall'art. 1223 c.c., il quale, come è noto, dispone che: "il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta". La norma quindi prevede il risarcimento del c.d. danno emergente e lucro cessante.
Più precisamente, va pagata al creditore una somma pari al danno che egli avrebbe evitato e al profitto che avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata puntualmente eseguita2. Qualora il danno non possa essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, in base alla previsione dell'art. 1226 c.c.
Di grande importanza è inoltre l'art. 2058 c.c., dettato per l'ambito del risarcimento extracontrattuale, ma ritenuto dalla giurisprudenza essere espressione di un principio generale, applicabile anche in materia contrattuale (Cass. civ. n. 15726/2010; 14599/2004; 6035/1995; 2763/1984; 2843/1972; 1489/1956)3. La norma prevede la possibilità che il risarcimento avvenga in forma specifica, qualora ciò sia in tutto o in parte possibile. Il secondo comma dell'articolo dispone però che il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore
Il risarcimento dovuto dal debitore viene peraltro ridotto, se vi è stato concorso colposo del creditore nel cagionare il danno (art. 1227, primo comma). Tuttavia, non è prevista riduzione per tutti quei danni ulteriori che il debitore avrebbe potuto evitare adoperando la ordinaria diligenza (art. 1227, secondo comma). 
Infine, e si tratta di una regola propria della responsabilità contrattuale, l'art. 1225 c.c. stabilisce che: "se l'inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione".

Riferimenti bibliografici

1P. Trimarchi, Istituzioni di Diritto Privato, XIX ed., 2011 Milano, p. 123
2P. Trimarchi, Istituzioni di Diritto Privato, XIX ed., 2011 Milano, p. 371
3P. Trimarchi, Istituzioni di Diritto Privato, XIX ed., 2011 Milano, p. 371