La disciplina del sovraindebitamento alla luce delle ultime novità giurisprudenziali.
Modifica paginaL´evoluzione della disciplina del sovraindebitamento, dalla sua completa assimilabilità alle procedure concorsuali alla nuova definizione di consumatore alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 1869/2016.
Sommario: 1. Origine dell'istituto, Ratio ed evoluzione normativa; 2. Cosa si intende per "sovraindebitamento"; 3. I presupposti per l'accesso, il presupposto soggettivo, la sua evoluzione più recente; 4. Soggetti esclusi; 5. Il piano di ristrutturazione e la proposta di accordo, la valutazione di fattibilità; 6. L'organismo di composizione della crisi; 7. omologazione dell'accordo ed effetti della omologazione.
1. Origine dell'istituto, ratio ed evoluzione normativa.
Con il d.l. 22 dicembre 2011 n. 212 è stata introdotta una specifica normativa dedicata alla insolvenza civile, da affiancare alle esistenti e tradizionali procedure concorsuali. La necessità di tale normativa è stata avvertita conseguentemente al progressivo indebitamento dei soggetti privati e famiglie, a causa del sempre più crescente ricorso al credito al consumo, a sua volta caratterizzato dalla destinazione di flussi reddituali futuri al rimborso del debito.1
Di recente è emersa l'esigenza quindi di offrire ai soggetti privati una forma di esdebitazione in tutti i casi di sovraindebitamento qualora le obbligazioni contratte eccedano le oggettiva capacità di rimborso.
Il d.l. 212/2011 è stato convertito nella legge 17 febbraio 2012, n 10 ed ha abrogato tutte le norme riguardanti il sovraindebitamento; tuttavia la legge 27 gennaio 2012 n.3 ha reintrodotto una disciplina organica sul tema in questione.
Infine, con la legge 221/2012 sono state introdotte modifiche alla legge n.3/2012, introducendo gli istituti del piano del consumatore e del programma di liquidazione.
2. Cosa si intende per "sovraindebitamento".
Nella legge fallimentare ed in quella sull'amministrazione straordinaria il presupposto oggettivo è rappresentato dallo stato di insolvenza o dallo stato di crisi.
Nel sistema in esame si è preferito utilizzare la nozione di sovraindebitamento, definito come "una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte ed il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni".
In dottrina2 si ritiene che tale definizione costituisca un sinonimo dell'insolvenza, come reso evidente dal rifermento alla definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente alla proprie obbligazioni.
Certamente comune all'insolvenza è anche l'aspetto della non transitorietà dello status in questione.
Ciò che appare invece difforme dallo status dell'insolvenza è il fatto che la norma riguardi lo squilibrio tra obbligazioni e patrimonio liquidabile, ovvero una concezione patrimonialistica che nel fallimento non è recepita, salvo che per l'ipotesi della società in liquidazione3.
Perciò appare evidente che l'intento del legislatore è stato quello di operare una sorta di sintesi tra l'insolvenza del debitore civile e quella dell'imprenditore non fallibile.
3. I presupposti per l'accesso, il presupposto soggettivo, la sua evoluzione più recente.
La specifica normativa in questione riguarda in generale la crisi del debitore civile, dovendosi intendere per questo tanto il consumatore ed il professionista che l'imprenditore non sottoponibile alle procedure concorsuali per ragioni dimensionali.
Il principio della responsabilità patrimoniale contenuto nell'art. 2740 c.c. prescrive che il debitore risponde dell'adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i propri beni, presenti e futuri.
Se per l'imprenditore commerciale insolvente vi è la possibilità di liberarsi dalle obbligazioni non soddisfatte mediante una proposta di concordato preventivo o, in caso di intervenuto fallimento, di concordato fallimentare, o comunque di accedere, se imprenditore individuale, all'istituto della esdebitazione ex art. 142-144 l.f., ai soggetti privati tale possibilità non era concessa.
Nel caso delle persone fisiche quindi la responsabilità patrimoniale era potenzialmente perpetua.
Successivamente, grazie quindi alla introduzione del decreto 212/2011 prima, e della legge n.3/2012 poi, è stato introdotto un sistema di composizione della crisi riguardante soggetti diversi dagli imprenditori fallibili.
La previsione di un'unica procedura per superare sia l'insolvenza civile che l'insolvenza commerciale presenta alcuni profili problematici, dovuti alla non assoluta assimilabilità delle due condizioni.
Se infatti il debitore civile porta con sé un concetto statico di responsabilità patrimoniale, l'imprenditore non fallibile comporta l'analisi di una situazione molto più complessa, di matrice finanziaria e prospettica, da qui, quindi muovono le critiche rispetto a tale forzata omogeneità.4
In ogni caso, tra i soggetti ammessi a tale procedura sono state di recente introdotte le start-up innovative, imprese disciplinate dal d.l. n. 179/2012.
Anzitutto tale procedura è comunque dedicata al consumatore, la cui definizione è tratta direttamente dal Codice del Consumo, cui l'art. 1 del d.l. 212/2011 rinvia direttamente; la definizione in questione però non appariva certo dirimente rispetto a tutte quelle situazioni non assimilabili né direttamente a quelle del consumatore in senso tecnico, né a quelle dell'imprenditore commerciale, in particolare si escludeva la condizione del professionista.
Così il d.l. 179/2012 ha modificato l'art. 6 introducendo "ai fini del presente capo", la definizione del consumatore quale "debitore, persona fisica, il quale abbia assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta".
Inoltre, tra i soggetti astrattamente ammessi a fruire di tale procedura, ci sono anche gli imprenditori agricoli.
In merito a tale categoria c'è da dire che già in precedenza il d.l. 98/2011 ne aveva previsto l'accesso al procedimento di cui all'art. 182 bis l.f., mentre in seguito, con l'introduzione del d.l. 212/2011 si sostenne l'esclusione degli imprenditori agricoli al sovraindebitamento a causa della evidente specialità di connotazione dell'art. 182 bis.
Tuttavia, nella prospettiva di ampliare le opzioni assegnate al debitore, si ritenne di non escludere l'imprenditore agricolo, oggi ammesso espressamente dal comma 2 bis dell'art. 7 della legge n.3/2012.
E' certamente imprescindibile, per completezza ed esaustività della trattazione, citare la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione, che, intervenendo sul tema del consumatore ai fini del sovraindebitamento, ne ha chiarito la portata.
La sentenza è la n. 1869/2016 depositata l'1 febbraio 2016, e partendo dalla natura delle obbligazioni contratte dal ricorrente, ha ritenuto che: " la prescritta destinazione dei debiti a scopi estranei rispetto all'attività d'impresa o di professione, precisata in negativo ( e solo "eventualmente svolta", cioè con riguardo al passato), permetta allora di rinvenire la compatibilità innanzitutto con il consumatore sovraindebitato che non sia o non sia stato mai né imprenditore né professionista, con chi lo sia stato e però non lo sia tuttora ovvero con chi lo sia tuttora - nell'accezione dimensionale interna ai requisiti di accesso più generali di cui alla l.n. 3/2012- ma non annoveri più tra i debiti attuali quelli un tempo contratti in funzione di sostentamento ad una di quelle attività. La dizione in esame, invero, enfatizza la finalizzazione delle obbligazione e tuttavia, nonostante la sintesi della formula, consente di istituire un ulteriore collegamento implicito ancora negativo tra il debito e lo svolgimento in proprio delle predette attività, lasciando unicamente aperta la ricognizione della figura del consumatore, dunque la sua compatibilità rispetto al soggetto, anche professionista o imprenditore, indebitato ma per attività altrui, per le quali ovviamente, secondo un apprezzamento di merito, sia escluso un qualsivoglia rimando al perseguimento di operazioni che rivelino, oltre lo schema di sostegno solidaristico di terzi, un impiego dell'impegno così assunto in dimensione partecipativa, per il comune interesse d'impresa o anche all'attività professionale"5.
4. I soggetti esclusi.
Anzitutto, la legge è chiara nell'affermare che possono accedere alla procedura solo coloro che non siano assoggettabili alle procedure concorsuali, senza nessuna distinzione tra società e persona fisiche.
Ma di fatto la norma non chiarisce come debbano coordinarsi le due procedure. Il caso più problematico appare certamente quello dei soci illimitatamente responsabili in quanto, va considerato, che in caso di fallimento della società, rispondono in forma sussidiaria e solidale delle obbligazioni assunte dalla stessa società fallita, costituendo cioè una forma di garanzia legale a favore dei creditori dell'ente. Ne consegue che, nel caso in cui, prima della dichiarazione di fallimento della società, i soci accedano alla procedura in esame, i creditori concorsuali potrebbero subire una limitazione del proprio diritto di soddisfare i propri crediti, in sede di riparto fallimentare, qualora i beni dei soci siano stati anteriormente liquidati. Per tale motivo si addiviene ad una totale esclusione di questa categoria dalla procedura del sovraindebitamento.
Ulteriori limiti soggettivi riguardano inoltre i debitori recidivi in quanto non si può accedere alla procedura del sovraindebitamento quando se ne sia fatto ricorso già nei cinque anni precedenti (come riformato dal d.l. 179/2012, dato che nel testo precedente della legge n. 3/2012 il limite era di tre anni).
Alte ragioni ostative riguardano il comma 2 dell'art. 7, ove si riporta l'esclusione del soggetto che abbia subito, per cause a lui non imputabili, uno dei provvedimenti di cui agli artt. 14 e 14 bis, così come pure ragione di esclusione si ha quando il ricorrente non abbia fornito i documenti necessari alla ricostruzione della sua situazione patrimoniale.
5. Il piano di ristrutturazione e la proposta di accordo, la valutazione di fattibilità.
Le modifiche introdotte con la novella del d.l. n. 179/2012 hanno inciso sulle caratteristiche del sovraindebitamento, rendendo la procedura assimilabile in tutto e per tutto ad una procedura concorsuale, come si desume dalle norme afferenti al raggiungimento delle maggioranze necessarie per l'omologazione di cui art. 11; così ne consegue che l'efficacia dell'accordo si estende anche ai creditori che non hanno aderito all'accordo6.
Il procedimento inoltre è promosso con il deposito di una proposta di accordo di sostanziale ristrutturazione perché il consenso viene raccolto secondo il modello delle procedure concordatarie, anche se, prima dell'ultima riforma, non si formava una maggioranza in grado di vincolare la minoranza.
L'art. 2 del d.l. 212/2011 prevedeva che la proposta di accordo fosse fondata su un piano fattibile che consentisse al debitore di adempiere tutte le proprie obbligazioni, cioè sia quelle derivanti dall'accordo di ristrutturazione del debito, sia quelle nei confronti dei creditori che tale accordo non intendevano sottoscrivere.
L'art. 7 della legge n. 3/2012 aveva sostanzialmente ribadito le medesime norme, prescrivendo che: il debitore legittimato può proporre un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all'accordo stesso, compreso l'integrale pagamento dei creditori privilegiati.
Secondo tale norma quindi il piano poteva prevedere qualsiasi forma di soddisfacimento dei creditori e di ristrutturazione del debito, con il limite del regolare pagamento dei creditori estranei all'accordo, compreso l'integrale pagamento dei debiti privilegiati, salva la rinuncia totale o parziale da parte del creditore.
A seguito del d.l. 179/2012, è stata evidenziata la modifica riguardante la posizione dei creditori non aderenti all'accordo, in ordine ai quali è stato stabilito: che è applicabile anche nei loro confronti l'accordo, una volta omologato con le maggioranze previste e che non sussiste più il limite all'integrale pagamento.
Nel caso dell'insolvenza del debitore civile il piano avrà natura presumibilmente liquidatoria, nel caso invece dell'imprenditore non fallibile e del professionista, nulla osta all'ammissibilità di un piano che presupponga la continuità dell'attività d'impresa, cui parte dei flussi siano quindi destinati al pagamento dei creditori pregressi.
L'art. 7, modificato dal d.l 179/2012, ha comunque disposto il pagamento integrale di alcune categorie di crediti: anzitutto il pagamento integrale dei crediti impignorabili a norma dell'art. 545 c.p.c. e delle disposizioni di leggi speciali. In ogni caso, pagamento integrale va altresì assicurato ai crediti relativi a tributi costituenti risorse proprie dell'Unione Europea, quelli afferenti IVA ed alle ritenute operate non versate, è ammesso però il loro pagamento dilazionato.
Per ciò che attiene ai creditori muniti di cause di prelazione, il piano può prevedere un pagamento non integrale dei loro crediti, ma sempre in misura non inferiore a quella realizzabile secondo il valore di mercato dei beni oggetto della prelazione.
L'accordo presuppone un consenso non inferiore al 60% dei crediti dichiarati. Il debitore può proporre a tutti i creditori o solo ad alcuni remissioni di debito, novazioni e riduzioni, ma non deve più programmare che una quota delle sue risorse vadano riservate ai creditori che non aderiscono.
Ciò posto, deve considerarsi che comunque è oggetto di valutazione giudiziale la sussistenza dei requisiti di cui agli artt. 7, 8 e 9, l'assenza di atti in frode ai creditori, la fattibilità del piano e l'idoneità dello stesso ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili, la meritevolezza soggettiva del consumatore (che non abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere o determinando colposamente lo stato di indebitamento) ed, in caso di contestazioni sulla convenienza, che il piano proposto consenta la possibilità di soddisfazione del credito in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria7.
Inoltre, la proposta di accordo deve prevedere quanto meno il soddisfacimento di tutti i creditori concorsuali nella misura minima del 2,5%, che si ritiene in grado di soddisfare così la funzione economica dell'istituto, il quale, essendo di natura concordataria, non può prescindere dalla previsione di un soddisfacimento che coinvolga tutti i creditori con titolo anteriore al momento di apertura del concorso.8
Ultimo, ma non meno rilevante, al momento del deposito del ricorso, non è ammissibile l'istanza di designazione del professionista di cui all'art. 15 comma 9 legge n. 3/2012, nonché l'istanza di sospensione di eventuali procedure esecutive immobiliari pendenti, prima del deposito del piano da parte dell'organismo di composizione della crisi designato dal giudice.9
6. L'organismo di composizione della crisi.
Sulla proposta di piano del consumatore emerge l'espresso riferimento alla valutazione che l'organismo di composizione della crisi deve effettuare circa la probabile convenienza della proposta rispetto alla alternativa costituita dalla liquidazione dei beni.
Il debitore inoltre deve presentare l'attestazione di fattibilità del piano, ovvero la relazione tecnica nella quale si prende posizione in merito alla capacità del debitore di far fronte all'accordo ed al pagamento dei creditori; un'attestazione che, pur in assenza di specificazione, ha un contenuto obiettivo analogo a quello previsto nel concordato preventivo e nell'art. 182 bis l.f.
Tale relazione è redatta dall'organismo di composizione della crisi, a norma del successivo art. 17.
Il giudice non deve occuparsi né della gestione del dissesto né del merito del contenuto degli accordi, ma deve effettuare una verifica preliminare alla quale può conseguire un provvedimento a tutela del patrimonio del debitore.
Una volta presentata la proposta di accordo, il giudice, verificato il rispetto dei requisiti previsti dagli artt. 7,8,9, con decreto almeno trenta giorni prima del termine di cui all'art. 11 comma 1, fissa un'udienza innanzi a sé disponendo che la proposta sia comunicata, a cura del suddetto organismo, a tutti i creditori.
Il decreto deve prevedere adeguata pubblicità della proposta e dello stesso decreto (con pubblicità nel registro delle imprese nel caso in cui il proponente svolga attività imprenditoriale), e se il piano prevede la cessione o l'affidamento di immobili o beni mobili registrati, il medesimo decreto va trascritto.
Ne consegue quindi la nullità delle azioni esecutive individuali.
Il procedimento si svolge secondo rito camerale con richiamo al modello generalista di cui agli artt. 737 s.s. c.p.c., ma con la precisazione che la trattazione è monocratica.
L'organismo di composizione della crisi è un elemento centrale e necessario della procedura relativa al sovraindebitamento.
Sin dalla predisposizione del piano e della proposta ai creditori, il debitore non potrà farsi assistere da un professionista di propria fiducia ma dovrà necessariamente avvalersi del suddetto organismo.
Tale soluzione legislativa è stata considerata quale limite all'autonomia privata, specie se raffrontata con le norme disciplinanti altri istituti di composizione negoziale della crisi d'impresa, in cui invece il debitore ha la piena libertà di scelta dei soggetti da cui farsi assistere.
L'organismo quindi, nominato direttamente dal giudice della procedura, cumula le funzioni di advisor legale e finanziario del debitore, inoltre il giudice può attribuire all'organismo anche la funzione di liquidatore.
All'organismo spetta altresì il ruolo di garanzia e tutela degli interessi dei terzi dovendo verificare i dati contenuti nella proposta ed i documenti allegati, nonché di attestare la fattibilità del piano.
Cura tutte le pubblicità e le comunicazioni, e si occupa delle dichiarazioni di consenso dei creditori.
Si noti comunque che rispetto a tale procedura si applica la disciplina del silenzio assenso, ormai definitivamente abrogata nel concordato preventivo con la riforma del 6 agosto 2015, legge n. 132.
7. Omologazione dell'accordo ed effetti della omologazione.
Qualora l'accordo sia stato raggiunto tempestivamente l'organismo redige una relazione sulla raccolta del consenso e ne dà notizia ai creditori i quali entro dieci giorni possono sollevare contestazioni.
Le contestazioni sono raccolte dall'organismo e trasmesse al giudice, il quale quindi procede col rito camerale per verificare: il numero sufficiente di adesioni, che le risorse disponibili siano sufficienti a soddisfare i crediti non aderenti, che siano fondate le contestazioni.
All'esito di questa complessa verifica, il giudice omologa l'accordo disponendone l'immediata pubblicazione, oppure negandone l'omologazione.
Il provvedimento è reclamabile al Tribunale ex art. 739 c.p.c.
L'accordo omologato, ai sensi dell'art. 12, vincola obbligatoriamente tutti i creditori anteriori all'esecuzione della pubblicità dell'accordo.
L'omologazione rende definitivamente efficace il piano senza più distinguere tra creditori aderenti e non.
Infine, ai sensi dell'art. 11 comma 3, l'omologazione non produce effetti sui diritti che i creditori vantano nei confronti dei coobbligati, dei fideiussori e degli obbligati di regresso, così da costituire un incentivo all'adesione dei creditori muniti di garanzie collaterali, che altrimenti, secondo le regole generali d cui all'art. 1239 e 1301 c.c. sarebbero indotti a rifiutare ogni accordo transattivo pur di mantenere intatte le possibilità di escussione dei coobbligati e dei fideiussori.
FONTI E BIBLIOGRAFIA.
1L. Girone, "Il tentativo del legislatore italiano di allinearsi agli ordinamenti internazionali con un provvedimento in materia di sovraindebitamento" in Dir. Fall., I, 2009, PGG. 818 ss;
2Fabiani, La gestione del sovraindebitamento del debitore non fallibile, - d.l. 212/2011, in ilcaso.it;
3Fabiani, opera citata;
4Di Marzio, Sulla composizione negoziale della crisi da sovraindebitamento, in Dir. Fall., I, 2010, pgg. 659 ss;
5V. Papagni, La ristrutturazione del sovraindebitamento dell'imprenditore vale solo sulle obbligazioni personali?, in Diritto e Giustizia, 02 febbraio 2016;
6V. Guiotto, La continua evoluzione dei rimedi alle crisi da sovraindebitamento, in Fall., 2012, pagg. 1285 ss.;
7cfr Tribunale di Bergamo, 12 dicembre 2014, Est. Laura Giraldi, in ilcaso.it;
8cfr Tribunale di Bergamo, 31 marzo 2015, G.D. Mauro Vitiello, in ilcaso.it;
9cfr Tribunale di Milano, 13 ottobre 2015, Est. D'Aquino, in ilcaso.it;