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Pubbl. Sab, 19 Mar 2016

Investimenti finanziari rischiosi e violazione di obblighi informativi. La Cassazione conferma il risarcimento del danno dei clienti a carico della Ba

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Stefania Tirella


La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla responsabilità contrattuale da violazione di obblighi informativi da parte dell’ intermediario finanziario nei confronti del proprio cliente, confermando la necessità di informazioni specifiche sulla natura rischiosa dell’operazione di investimento.


La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi, con la recente sentenza n. 4531/2016[1], sulla responsabilità degli intermediari finanziari nei confronti degli investitori, per la violazione degli obblighi di informazione relativi alla natura e ai rischi delle operazioni di investimento.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva confermato, con la sentenza impugnata, la condanna della Banca al risarcimento dei danni in favore dei suoi clienti, per aver eseguito, senza previa adeguata informazione, degli ordini di acquisto di obbligazioni argentine.

In particolare, erano stati addebitati alla Banca i seguenti inadempimenti:

a) Non aver assolto gli obblighi di informazione specifici previsti dall’art. 21 del D. Lgs 58/1998 e dall’art. 28 del  regolamento Consob n. 11522/1998.

b) Aver omesso di segnalare ai clienti l’inadeguatezza dell’investimento rispetto al loro profilo di investitori, in violazione dell’art. 29 del regolamento Consob suddetto.

c) Non aver adempiuto agli ulteriori obblighi di informazione in merito all’andamento dei bond argentini nel corso del rapporto contrattuale.

La Corte di Cassazione confermando la sentenza di secondo grado, afferma la responsabilità da violazione di obblighi informativi, i quali costituiscono una specificazione del principio generale di buona fede in senso oggettivo.

Tale principio trova applicazione, secondo la disciplina dettata dal Codice Civile, tanto nella fase precontrattuale (artt.1337 e 1338 cc), quanto in quella contrattuale (art. 1375 cc) e, più in generale, in un qualsiasi rapporto obbligatorio (art. 1175 cc).

In particolare, la buona fede rappresenta una clausola generale, il cui contenuto non è quindi predeterminato, ma che può, secondo autorevole dottrina[2], essere tipizzato in due canoni di comportamento: salvaguardia e lealtà.

La salvaguardia viene intesa come obbligo di compiere gli atti necessari affinché il contratto, già concluso o da concludere, sia o possa essere, in caso di stipula, valido ed efficace.

La lealtà, a sua volta, si esplica negli obblighi di chiarezza, segretezza e informazione.

L’informazione ha pertanto assunto in epoca moderna la veste di obbligo specifico delle parti, a differenza di quanto avveniva in epoca liberista, nella quale essendo essa dotata di valore economico al pari di beni e servizi, rappresentava uno strumento di forza da utilizzare a proprio vantaggio (soprattutto nella fase delle trattative) anche a discapito della controparte.

In un ordinamento improntato al principio del “laissez faire”, lo Stato non interveniva a tutelare quelle che oggi si definiscono  “parti deboli”, ovvero i soggetti che, trovandosi in una condizione di debolezza economica o informativa, non dispongono nel concreto di una forza contrattuale pari a quella della controparte.

Con il tempo, invece, l’obbligo informativo ha assunto la valenza non solo di obbligo morale, ma di obbligo giuridico, derivante dal principio di buona fede che rientra anche, secondo l’opinione maggioritaria, tra i doveri di solidarietà di cui all’art. 2 Costituzione.

Non solo, numerose sono ormai le discipline di settore che prevedono obblighi informativi specifici.

Basti pensare all’informativa sul diritto di recesso cui il professionista è tenuto nei confronti del consumatore che abbia stipulato un contratto a distanza o fuori dai locali commerciali, alla disciplina del consenso informato nel rapporto medico-paziente, agli obblighi informativi previsti a carico del tour operator nei confronti del proprio cliente, ecc.

Tra queste discipline specifiche, particolare rilievo assume proprio quella dettata dal Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e dal regolamento Consob n.11522/1998.

Occorre a questo punto fare una precisazione. Gli obblighi informativi posti a carico dell’investitore finanziario sono di vario contenuto, a seconda che si riferiscano alla fase precedente o a quella successiva alla stipulazione del contratto di intermediazione (il c.d contratto quadro).

Prima della stipulazione del contratto di gestione e consulenza, è imposto all’intermediario il dovere di acquisire dai clienti le necessarie informazioni relative alla loro esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, alla loro situazione economica e ai loro obiettivi di investimento.

È compito dell’intermediario, infatti, proporre ai propri clienti operazioni di investimento adeguate alla loro propensione al rischio e alle specifiche esigenze.

È fatto inoltre obbligo di consegnare loro un documento sui rischi generali connessi agli investimenti in strumenti finanziari.

Una volta stipulato il contratto quadro, l’intermediario è poi tenuto a non effettuare né consigliare operazioni se non dopo aver fornito all’investitore delle informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni di ogni operazione di investimento, in modo tale da assicurare delle scelte di investimento e disinvestimento consapevoli.

L’intermediario è inoltre tenuto a non effettuare operazioni inadeguate per tipologia, oggetto, frequenza e dimensione rispetto al cliente, a tenere costantemente informato quest’ultimo dell’andamento eventualmente negativo degli investimenti e a procedere ad operazioni non adeguate solo previa informazione e consenso prestato da parte dell’investitore per iscritto (o comunque registrato in caso di ordini telefonici).

Le conseguenze dell’inadempimento di tali obblighi erano già state ben individuate con la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 26724/07, la quale ha stabilito che la violazione degli obblighi informativi relativi alla fase precedente alla stipulazione del contratto di consulenza e gestione dà luogo a responsabilità precontrattuale (ricondotta dalla giurisprudenza quasi unanime alla responsabilità aquiliana), mentre la violazione degli obblighi informativi successivi dà luogo a responsabilità contrattuale.

Nel caso di specie, la violazione degli obblighi informativi da parte della Banca ha dato luogo ad una responsabilità contrattuale.

La Suprema Corte ha infatti affermato che non può considerarsi adempiuto l’obbligo informativo nei confronti dei clienti, tramite la semplice consegna del documento sui generali rischi derivanti dall’investimento in strumenti finanziari.

La Banca avrebbe dovuto infatti indicare la natura altamente rischiosa dell’investimento in bond argentini e, trattandosi di un’operazione comunque non conforme al profilo di rischio dei clienti, comunicare loro che si trattava di operazione “non adeguata” e procedere solo previo consenso scritto.

Viene quindi confermata la condanna al risarcimento del danno[3].

La Corte di Cassazione affronta infine un’ulteriore aspetto problematico, ovvero quello relativo all’accertamento del nesso di causalità tra la condotta omissiva della Banca e il danno subito dal cliente.

La Corte, conformemente alla giurisprudenza costante, ritiene che il nesso causale sia in re ipsa, dal momento che la violazione stessa degli obblighi informativi configura un comportamento negligente ex se fonte di responsabilità.

D’altra parte si afferma che, se gli obblighi informativi fossero stati adempiuti, l’investimento non sarebbe stato effettuato, trattandosi di un danno prevedibile.

Non viene pertanto posto a carico del danneggiato alcun onere di prova specifico.

 

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Note e riferimenti bibliografici

[1] Cass. Civ. sent. 8/03/2016 n. 4531, in http://www.italgiure.giustizia.it/

[2] C. Massimo Bianca, Diritto civile. Vol. 3: Il contratto.

[3] Non è inutile ricordare, relativamente alle conseguenze dell’inadempimento degli obblighi informativi successivamente alla conclusione del contratto quadro, che le Sezioni Unite del 2007 hanno escluso la possibilità di dichiarare la nullità del contratto di intermediazione o dei singoli atti negoziali conseguenti.

La Corte di Cassazione, pur affermando la natura imperativa delle norme che impongono gli obblighi informativi agli intermediari finanziari, ha precisato infatti che solo la violazione di norme imperative concernenti la violazione del contratto e non anche di quelle relative al comportamento dei contraenti può dar luogo alla nullità dello stesso.