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Pubbl. Mer, 24 Feb 2016

Che cosa accade se il Bancomat trattiene la carta di credito?

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Emmanuel Luciano


Con sentenza del 22 gennaio 2016, n. 806 la Corte di Cassazione esamina l´ipotesi della sottrazione di una scheda bancomat mediante la manomissione del relativo sportello ad opera di un truffatore, con conseguente furto della tessera ed ampi prelievi sul conto del cliente, valutando i possibili profili di corresponsabilità della banca per l´accaduto.


L´articolo odierno ha ad oggetto una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, relativa ad un episodio in cui potrebbe incorrere qualsiasi cittadino che sia in possesso di un bancomat e sia intenzionato ad utilizzarlo; in particolare, la Suprema Corte assume, contrariamente alle sentenze di merito dei primi due gradi di causa, una posizione molto favorevole al cliente e, di conseguenza, sfavorevole alla banca.

La fattispecie concreta è la seguente. Un cittadino comune, nell´atto di recarsi presso lo sportello bancomat relativo alla filiale della banca di appartenenza al fine di effettuare un prelievo, chiede soccorso, in maniera spontanea ma piuttosto ingenua, ad uno sconosciuto che staziona nei pressi, e che, offrendosi di assisterlo nell´operazione, approfitta per prendere nota del codice PIN. Il bancomat, apparentemente per un malfunzionamento, non restituisce la carta e non eroga la somma richiesta. Il mattino seguente il cliente si reca presso la banca di appartenenza, avvertendo verbalmente il vicedirettore dell´accaduto, ricevendo, tuttavia, l´invito dello stesso a tornare il giorno successivo; il bancomat, tuttavia, non viene rinvenuto, e, nel frattempo, ignoti lo utilizzano al fine di effettuare consistenti prelievi, per un valore superiore a 7000 Euro. In seguito a ciò, il malcapitato cittadino comunica per iscritto l´evento al vice direttore e sporge denuncia.

La soluzione alla intricata vicenda è fornita dalla sentenza del 22 gennaio 2016, n. 806, mediante la quale la Corte di Cassazione, I sezione civile, esamina l´ipotesi relativa alla sottrazione di una scheda bancomat mediante la manomissione del relativo sportello, con conseguente furto della tessera ed ampi prelievi sul conto del cliente, valutando i possibili profili di corresponsabilità della banca per l´accaduto.

L´autore, tuttavia, non può esimersi da una trattazione dell´istituto che viene in rilievo nel caso in esame e dell´iter processuale che porta alla decisione oggetto del presente articolo.

Con tutta evidenza, la fattispecie che viene in rilievo è una classica "truffa del bancomat”: ignoti avevano applicato allo sportello bancomat una apparecchiatura (cd. “skimmer”) idonea a trattenere le tessere, e, con la scusa di compiere una buona azione, avevano avvicinato il titolare al fine carpirne il PIN.

Il cliente, preso atto di quanto accaduto, intenta un´azione contro la banca di appartenenza al fine di essere risarcito del danno subito; tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d´Appello rigettano la domanda, rilevando che, in ossequio alle condizioni generali di contratto, risulta eseguita regolare comunicazione entro 48 ore dall´occorso, e che, in ogni caso, l´accaduto è da considerarsi ascrivibile in via esclusiva alla responsabilità del soggetto danneggiato, il quale, imprudentemente, aveva digitato il PIN sotto gli occhi dei truffatori, senza poi tempestivamente attivare il blocco mediante apposito numero verde, così come sollecitato dal funzionario, limitandosi, invece, ad allertare il direttore della filiale della mancata restituzione della carta, ma omettendo di far menzione della presenza di un terzo. Oltretutto, secondo il giudice di secondo grado, l´appellante è altresì responsabile per la violazione della disposizione contrattuale che impone la segretezza del PIN.

In sede di ricorso in Cassazione, il danneggiato osserva che le sentenze di merito avevano incentrato la loro attenzione solamente sulle sue inadempienze, non avendo minimamente preso in considerazione le negligenze della banca, la quale, nonostante fosse stata immediatamente avvisata di quanto accaduto, non aveva prestato alcuna assistenza al cliente, determinando un evidente aggravio del danno.

Inoltre, nonostante lo sportello fosse costantemente videosorvegliato, la banca non aveva prestato adeguata vigilanza al fine di evitare la manomissione dello stesso. Per di più, il truffatore aveva potuto effettuare prelievi per importi superiori al plafond giornaliero contrattualmente previsto, sempre senza alcun intervento da parte della banca.

La Suprema Corte accoglie l´impostazione del ricorrente e censura sotto molteplici profili la sentenza di merito, in particolare per non aver valutato il comportamento della banca secondo il parametro della diligenza professionale ex art. 1176, secondo comma, cod. civ..

A tale riguardo, gli Ermellini precisano che la Corte territoriale non aveva tenuto conto né della condotta del funzionario che aveva raccolto la denuncia di malfunzionamento del bancomat, senza prendere alcun provvedimento, né della manomissione di uno sportello teoricamente videosorvegliato ventiquattr´ore al giorno, alla stregua del parametro della “diligenza specifica” cui deve parametrarsi la condotta della banca. Viene richiamato, a riguardo, il precedente di Cass. n. 13777/07, relativa a fattispecie sostanzialmente analoga. Tale decisione imponeva di valutare, a prescindere dalla condotta del cliente, “la verifica dell’adozione da parte dell’istituto bancario delle misure idonee a garantire la sicurezza del servizio da eventuali manomissioni”, in quanto “la diligenza posta a carico del professionista ha natura tecnica e deve essere valutata tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento ed assumendo quindi come parametro la figura dell’accorto banchiere”.

Orbene, per quanto disattenta possa essere la condotta del cliente, che nella fattispecie è stato molto negligente, anche la condotta della banca va valutata, alla stregua del parametro della “diligenza qualificata” che si richiede ad un operatore professionale.

La Cassazione si sofferma, in particolare, sul contenuto degli obblighi derivanti dall´applicazione dell´art. 1176 c.c., evidenziando la sussistenza di un “dovere di diligenza specifica derivante dal rapporto contrattuale” a fronte della denuncia, pur irrituale, da parte del cliente, e la “peculiarità degli obblighi di custodia dello sportello bancomat”.

Vero è che, come precisa la Cassazione, l’art. 1176 non specifica quale sia la misura della diligenza nelle obbligazioni inerenti l’esercizio di un’attività professionale: è compito del Giudice verificare il grado di diligenza cui debba conformarsi la banca nell´esercizio dell’obbligo di custodia di uno strumento esposto al pubblico avente ad oggetto l’erogazione di danaro, e se sia rispondente al parametro stabilito dalla norma la condotta del funzionario notiziato del fatto, che si limita a rimandare il problema senza verificare se il Bancomat sia ancora nella macchina, e senza assumere, in generale, alcuna iniziativa a tutela del cliente.

La Corte valorizza anche la circostanza, del tutto ignorata dalla sentenza di merito, “del prelievo in misura molto superiore al plafond contrattuale da ritenersi un ulteriore profilo di malfunzionamento del sistema da valutare ai fini di un esame complessivo della diligenza professionale posta a carico della banca”.

La sentenza di merito, in definitiva, viene in più punti censurata per aver posto l´attenzione solamente sulla condotta del cliente, senza valutare in alcun modo l´operato della banca, il quale, a giudizio della Suprema Corte, pare connotato da evidenti errori ed inefficienze. Se da questo possa derivare una responsabilità, o corresponsabilità, della Banca, lo stabilirà il Giudice al quale è stata rinviata la causa.

Appare, tuttavia, evidente che la Suprema Corte non ha affermato la responsabilità della banca per la sottrazione e l´uso illecito della carta bancomat, limitandosi semplicemente ad evidenziare alcuni profili da cui può derivare una responsabilità della banca, ma la valutazione e la valorizzazione di tali profili spetterà alla Corte d´Appello in sede di rinvio.

Proviamo a trarre le conclusioni: la sentenza afferma principi che possono ritenersi del tutto condivisibili e si sforza, senza dubbio, di contemperare le regolamentazioni dei rapporti tra banche e clientela con le esigenze di protezione del danneggiato, stabilendo con chiarezza l´importanza dell´individuazione degli obblighi di diligenza qualificata gravanti sulla banca.