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La difesa dell´Amministrazione nel lavoro carcerario tra art. 417 bis c.p.c. e principio della difesa tecnica
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Pubbl. Gio, 9 Ott 2025

La difesa dell´Amministrazione nel lavoro carcerario tra art. 417 bis c.p.c. e principio della difesa tecnica

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Giuseppe Anfuso
Laurea in GiurisprudenzaUniversità Ca´ Foscari di Venezia



L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. lavoro, 2 settembre 2025, n. 24392 affronta la questione della legittimazione processuale del funzionario del Ministero della giustizia nei giudizi relativi al lavoro carcerario. La Corte chiarisce che l’art. 417-bis c.p.c., quale norma eccezionale e di stretta interpretazione, non si estende al lavoro dei detenuti. Ne consegue che l’eccezione di prescrizione sollevata dal funzionario privo di ius postulandi deve considerarsi irrituale. L’analisi si sofferma sul quadro normativo e giurisprudenziale, sul dibattito dottrinale e sulle implicazioni pratiche, concludendo con una riflessione sulla centralità della difesa tecnica e sulla tutela dei lavoratori detenuti.


Sommario: 1. Premessa; 2. I fatti di causa e la decisione della Corte d'Appello di Roma; 3. I motivi di ricorso per Cassazione; 4. Il principio di diritto affermato dalla Cassazione; 5. Il quadro di riferimento: artt. 413 e 417-bis c.p.c.; 6. Profili critici e riflessioni dottrinali; 7. Considerazioni conclusive

1. Premessa

La pronuncia in commento affronta un tema che, sebbene apparentemente settoriale, investe principi cardine del processo del lavoro e della difesa tecnica (art. 24 Cost.). Il nodo interpretativo riguarda la possibilità per il Ministero della giustizia di costituirsi in giudizio, in controversie relative al lavoro carcerario, tramite un proprio funzionario, ai sensi dell’art. 417-bis c.p.c.

L’istituto del lavoro penitenziario, disciplinato dalla legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario)[1], è collocato in un contesto normativo che ne evidenzia la funzione rieducativa, ai sensi dell’art. 27, comma 3, Cost. Ciò lo distingue profondamente dal lavoro subordinato ordinario, sia pubblico che privato, e rende problematico il suo inquadramento all’interno delle norme processuali pensate per i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni.

2. I fatti di causa e la decisione della Corte d’Appello di Roma

Un detenuto aveva prestato attività lavorativa all’interno di diverse case circondariali, avanzando domanda di pagamento delle retribuzioni non corrisposte. Il Tribunale di Roma, in primo grado, aveva riconosciuto parte del credito azionato, riducendo l’importo per intervenuta prescrizione, ritenendo tale eccezione correttamente sollevata dall’Amministrazione costituitasi tramite proprio funzionario ai sensi dell'art. 417 bis c.p.c.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 4195/2023, aveva confermato la legittimità della costituzione del Ministero tramite funzionario, facendo applicazione dell’art. 417-bis c.p.c. e rideterminando la condanna. Tale ricostruzione è stata poi smentita dalla Cassazione, che ha ribadito l’autonomia del lavoro carcerario rispetto al pubblico impiego ordinario.

3. I motivi di ricorso per cassazione

Il detenuto ricorrente impugnava la decisione d’appello censurando, in primo luogo, la carenza di ius postulandi del funzionario, in violazione del principio di difesa tecnica sancito dall’art. 82 c.p.c. e dall’art. 24 Cost.

Contestava, inoltre, la mancata prova, da parte del Ministero, dell’instaurazione di plurimi rapporti a termine, nonché l’erronea individuazione del dies a quo per la decorrenza della prescrizione. Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto assorbente la questione relativa alla legittimazione processuale, in quanto incidente sull’ammissibilità stessa della costituzione in giudizio.

4. Il principio di diritto affermato dalla Cassazione

Con l’ordinanza del 2 settembre 2025, n. 24392, la Corte di Cassazione[2] ha cassato la sentenza impugnata, accogliendo il primo motivo di ricorso, con assorbimento delle restanti censure. In linea con precedenti orientamenti (Cass. civ., Sez. lav., 19 gennaio 2024, n. 2092[3]; Cass. civ., Sez. lav., 22 ottobre 2024, n. 27372[4]), la Corte ha ribadito che l’art. 417-bis c.p.c. non è applicabile al lavoro penitenziario.

La norma, introdotta con la l. n. 533/1973 e oggi collocata nel Titolo IV-bis del c.p.c., consente alle Pubbliche Amministrazioni di stare in giudizio nelle cause di lavoro con i propri dipendenti mediante un funzionario delegato, senza l’assistenza di un difensore. Tuttavia, trattandosi di disposizione eccezionale, essa è insuscettibile di applicazione estensiva.

Di conseguenza, l’eccezione di prescrizione sollevata dal funzionario del Ministero è stata dichiarata irrituale, con conseguente accoglimento della domanda del lavoratore detenuto e condanna del Ministero al pagamento delle somme dovute.

5. Il quadro normativo di riferimento: artt. 413 e 417-bis c.p.c.

L’art. 417-bis c.p.c. consente alle P.A. di stare in giudizio a mezzo di propri funzionari esclusivamente nelle cause relative ai rapporti con i dipendenti di cui all'art. 413 c.p.c., quinto comma, che attribuisce la competenza per tali controversie al giudice nella cui circoscrizione si trova l’ufficio in cui il dipendente presta servizio.

La ratio dell'art. 417 bis c.p.c. è quella di alleggerire il contenzioso seriale dello Stato datore di lavoro, riducendo i costi di difesa.

La giurisprudenza ha chiarito più volte che la norma è di stretta interpretazione (Cass. civ., Sez. lav., 27 aprile 2016, n. 8393[5]) e non può essere applicata a fattispecie diverse da quelle espressamente previste. Il lavoro carcerario, regolato da norme speciali, si differenzia per natura e finalità dai rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato.

6. Profili critici e riflessioni dottrinali

La dottrina ha discusso ampiamente la natura del lavoro penitenziario. Alcuni autori lo hanno assimilato a un rapporto di lavoro subordinato privatistico, evidenziando come i detenuti siano titolari di veri e propri diritti retributivi e previdenziali[6].

Altri hanno sostenuto che esso configuri un rapporto di pubblico impiego sui generis, caratterizzato da forte connotazione pubblicistica e dalla prevalenza della funzione rieducativa sulla prestazione lavorativa[7].

La decisione della Cassazione, nel riaffermare la natura eccezionale dell’art. 417-bis c.p.c., ha preso posizione in questo dibattito, escludendo la possibilità di assimilare tout court il lavoro carcerario al lavoro pubblico ordinario. Ne consegue la riaffermazione della difesa tecnica come presidio imprescindibile del giusto processo[8].

7. Considerazioni conclusive

L’ordinanza n. 24392/2025 contribuisce a delineare con maggiore chiarezza i confini applicativi dell’art. 417-bis c.p.c. e ribadisce la centralità della difesa tecnica nel processo del lavoro.

Dal punto di vista pratico, la decisione evita che i detenuti-lavoratori si trovino in posizione processuale svantaggiata, dovendo fronteggiare difese sollevate da funzionari non legittimati. Sul piano sistemico, la pronuncia rafforza il principio di specialità del lavoro carcerario e tutela l’equilibrio del contraddittorio, coerentemente con il dettato costituzionale dell’art. 24 Cost.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Legge 26 luglio 1975, n. 354, Ordinamento penitenziario.
[2] Cass. civ., Sez. lav., ord. 2 settembre 2025, n. 24392.
[3] Cass. civ., Sez. lav., 19 gennaio 2024, n. 2092.
[4] Cass. civ., Sez. lav., 22 ottobre 2024, n. 27372.
[5] Cass. civ., Sez. lav., 27 aprile 2016, n. 8393.
[6] G. De Vergottini, Lavoro penitenziario e diritti sociali, in Riv. it. dir. lav., 2019.
[7] G. Proia, Il processo del lavoro e la Pubblica Amministrazione, Torino, Giappichelli, 2021.
[8] M. Rusciano, Difesa tecnica e semplificazione processuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2022.