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La concessione dell´organizzazione del Festival di Sanremo
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Pubbl. Mar, 14 Ott 2025

La concessione dell´organizzazione del Festival di Sanremo

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Giuseppe Anfuso
Laurea in GiurisprudenzaUniversità Ca´ Foscari di Venezia



La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 27 giugno 2025, n. 5602, chiarisce la natura giuridica del Festival di Sanremo e del relativo marchio. La Corte afferma che l’evento è di titolarità del Comune di Sanremo, indipendentemente dal format televisivo ideato dalla RAI, e che la concessione del marchio va qualificata come contratto attivo. Da ciò deriva l’esclusione dall’applicazione del Codice dei contratti pubblici, ferma restando l’osservanza dei principi di evidenza pubblica ai sensi dell’art. 13 d.lgs. 36/2023. L’articolo ricostruisce il quadro normativo e giurisprudenziale, analizza la ratio decidendi e discute i profili critici, anche attraverso il confronto con esperienze straniere, concludendo con una riflessione sulle prospettive evolutive della gestione dei marchi pubblici.


ENG The judgment of the Italian Council of State Fifth Section, no. 5602 of 27 June 2025, clarifies the legal nature of the Sanremo Festival and its trademark. The Court ruled that the event is owned by the Municipality of Sanremo, regardless of the television format created by RAI, and that the granting of the trademark must be classified as an active contract. This entails its exclusion from the scope of the Public Contracts Code, while still subject to the principles of transparency and public competition under Article 13 of Legislative Decree no. 36/2023. The article reconstructs the relevant legal and case law framework, analyses the Court’s reasoning and addresses critical aspects, also by drawing comparisons with foreign experiences, concluding with a reflection on the future prospects.

Sommario: 1. Premessa e oggetto del giudizio – Fattispecie, posizioni delle parti, quaestio iuris e iter processuale; 2. Il quadro normativo di riferimento – Marchi degli enti pubblici e contratti attivi nel d.lgs. 36/2023; 3. Gli orientamenti giurisprudenziali – Beni immateriali degli enti locali e “marchi-evento”; 4. La decisione del Consiglio di Stato n. 5602/2025 – Titolarità comunale del Festival e qualificazione della concessione come contratto attivo; 5. Profili critici e implicazioni pratiche – Linee di confine con appalti e concessioni; ricadute operative per gli enti locali; 6. Conclusioni – Stabilizzazione del modello e prospettive di disciplina dei beni immateriali pubblici.

1. Premessa e oggetto del giudizio (fattispecie, posizioni delle parti, quaestio iuris e iter processuale)

La controversia trae origine dalla rivendicazione della titolarità del marchio “Festival di Sanremo” e dalla qualificazione giuridica del rapporto con cui il Comune di Sanremo ne consente l’uso a terzi. In termini fattuali, l’ente locale aveva registrato e gestito il marchio collegato alla storica manifestazione canora, valorizzandolo tramite accordi con operatori privati per lo sfruttamento economico dell’evento. Dall’altra parte, è stata evocata la posizione di chi, facendo leva sul successo televisivo della kermesse, ha attribuito rilievo al format realizzato e diffuso dalla RAI, prospettando una sovrapposizione tra evento e prodotto televisivo.

Le posizioni contrapposte possono riassumersi così:
– per il Comune, il Festival costituisce evento pubblico autonomo, radicato nella comunità locale e distinta espressione di un bene immateriale pubblico la cui gestione, anche economica, spetta all’ente;
– per la posizione alternativa, l’associazione storica tra Festival e format televisivo renderebbe dubbia la piena separazione tra segno/evento e prodotto mediatico, con possibili ricadute sulla titolarità del marchio e sul regime giuridico dell’accordo con cui se ne concede l’uso.

La quaestio iuris sottoposta al giudice è duplice: i) se la destinazione e la gestione del marchio “Festival di Sanremo” configurino un bene immateriale pubblico “autonomo” rispetto al format televisivo; ii) se la concessione del marchio debba qualificarsi come contratto attivo dell’ente, con conseguente non applicazione del Codice dei contratti pubblici in senso stretto, pur nel rispetto dei principi di evidenza pubblica.

Sul piano processuale, la questione è approdata al Consiglio di Stato in appello avverso la decisione del giudice di primo grado, che aveva già valorizzato la separatezza tra evento e format. Con la sentenza Cons. Stato, Sez. V, 27 giugno 2025, n. 5602, il Collegio ha confermato l’impostazione, precisandone la portata sistematica.

2. Il quadro normativo di riferimento – Marchi degli enti pubblici e contratti attivi nel d.lgs. 36/2023

La disciplina dei marchi è dettata dal Codice della proprietà industriale (d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30), che tutela i segni distintivi registrati, anche quando la registrazione sia effettuata da enti pubblici per manifestazioni o eventi di loro titolarità[1]. In questo alveo si colloca la possibilità, per il Comune di Sanremo, di registrare e gestire il marchio “Festival di Sanremo” quale segno distintivo della manifestazione.

Sotto il profilo contrattuale, rileva il d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (nuovo Codice dei contratti pubblici), il cui art. 13 distingue tra contratti passivi (da cui discendono spese a carico dell’amministrazione, integralmente soggetti alla disciplina codicistica) e contratti attivi (da cui derivano entrate per l’ente), esclusi dall’applicazione del Codice in senso stretto ma soggetti ai principi di trasparenza, concorrenza e pubblicità[2]. La riforma del 2023 ha razionalizzato il sistema, lasciando però più sfumata la disciplina positiva dei contratti attivi: di qui l’esigenza, avvertita dalla giurisprudenza, di tipizzare i casi e tracciare criteri di qualificazione e procedimentalizzazione coerenti con i principi.

3. Gli orientamenti giurisprudenziali – Beni immateriali degli enti locali e “marchi-evento”

La giurisprudenza amministrativa, pur non essendosi in precedenza pronunciata specificamente sul Festival di Sanremo, ha riconosciuto che i marchi detenuti da enti pubblici integrano beni immateriali rientranti, per funzione, nel patrimonio indisponibile, suscettibili di sfruttamento economico purché ciò avvenga nel rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza[3].

Quanto agli eventi culturali veicolati da segni distintivi, l’elaborazione si è a lungo concentrata su profili collaterali (uso illecito di loghi, sponsorizzazioni, accordi di collaborazione), senza tuttavia approdare a un corpus unitario in tema di marchi-evento. La decisione in esame assume dunque valore sistemico, in quanto esplicita il doppio livello di tutela: i) l’evento come bene pubblico immateriale di titolarità dell’ente; ii) il marchio quale strumento di identificazione e valorizzazione economica dell’evento.

4. La decisione del Consiglio di Stato n. 5602/2025 – Titolarità comunale del Festival e qualificazione della concessione come contratto attivo

Il Consiglio di Stato afferma che il Festival di Sanremo è un evento autonomo, distinto dal format televisivo: la titolarità del marchio spetta al Comune di Sanremo, quale espressione di un bene immateriale pubblico radicato nella comunità locale. La RAI, pur essendo autrice del format televisivo, non può rivendicare la titolarità dell’evento in sé.

Sul piano negoziale, la concessione d’uso del marchio integra un contratto attivo, poiché determina un’entrata a favore dell’ente. Ne consegue che tale rapporto è sottratto all’applicazione del Codice dei contratti pubblici come appalto/concessione passiva, restando tuttavia vincolato ai principi di evidenza pubblica, alla luce dell’art. 13, commi 2 e 5, d.lgs. 36/2023[4]. La ratio decidendi è quella di abilitare gli enti locali alla valorizzazione economica del proprio patrimonio immateriale, senza sacrificare i canoni di trasparenza e concorrenza che presidiano l’azione amministrativa.

5. Profili critici e implicazioni pratiche – Linee di confine con appalti e concessioni; ricadute operative per gli enti locali

La distinzione tra contratto attivo e appalto/concessione non è sempre agevole: esistono fattispecie ibride nelle quali, a fronte di un’entrata per l’ente, si accompagnano obblighi cooperativi o prestazioni complesse che possono avvicinare il rapporto agli schemi tipici dell’evidenza pubblica “piena”. In tali ipotesi, l’opzione ermeneutica adottata dal Consiglio di Stato impone alle amministrazioni una accurata qualificazione ex ante e la puntuale esternazione dei principi applicati in sede comparativa, per prevenire opacità o forzature qualificatorie.

Sul piano operativo, il principio tracciato apre spazi di governance culturale per gli enti locali che gestiscono eventi identitari (si pensi, a titolo esemplificativo, al Palio di Siena o al Carnevale di Venezia): la concessione del marchio-evento può diventare leva di attrazione economica e di regolazione unitaria dell’ecosistema di operatori e partner. Al contempo, l’ente deve formalizzare procedure che, pur non replicando l’intero Codice, assicurino: i) pubblicità delle opportunità; ii) parità di accesso; iii) criteri di selezione predeterminati e proporzionati; iv) controlli sull’uso del marchio e sulla coerenza con l’interesse pubblico. 

Il confronto comparato suggerisce cautele: in Francia la concessione di segni pubblici attinenti a servizi o eventi di rilievo è spesso ricondotta a procedure trasparenti; in Germania si valorizzano partenariati con clausole di tutela dell’interesse pubblico. Il modello italiano delineato dalla sentenza è intermedio: libertà negoziale qualificata da principi di evidenza pubblica. La sua virtuosità dipenderà da prassi coerenti e controlli effettivi.

6. Conclusioni – Stabilizzazione del modello e prospettive di disciplina dei beni immateriali pubblici

La sentenza n. 5602/2025 consolida l’idea che gli eventi identitari degli enti locali, veicolati da marchi-evento, configurino beni immateriali pubblici suscettibili di valorizzazione economica. La concessione del marchio è, in questa prospettiva, un contratto attivo, cui si applicano non le procedure del Codice ma i principi di trasparenza e concorrenza.

L’impatto sistemico va oltre il caso Sanremo: la decisione sollecita linee guida e, auspicabilmente, interventi normativi che tipizzino la contrattualistica attiva su beni immateriali (marchi, loghi istituzionali, format pubblici), specificando regole minime di selezione, standard di clausole (uso, controllo, decadenza, sanzioni) e presìdi di accountability. Solo così si eviterà che la deroga procedurale si traduca in discrezionalità opaca, preservando certezza e affidamento dei mercati culturali.


Note e riferimenti bibliografici

[1] D.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, Codice della proprietà industriale.
[2] D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, Codice dei contratti pubblici, art. 13.
[3] Cons. Stato, Sez. V, 3 marzo 2015, n. 1052.
[4] Cons. Stato, Sez. V, 27 giugno 2025, n. 5602.