RCD


Attendere prego, caricamento pagina...
Il reclutamento e la carriera militare secondo i principi di buon costume, ordine pubblico e diritto sul proprio corpo
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Lun, 3 Nov 2025

Il reclutamento e la carriera militare secondo i principi di buon costume, ordine pubblico e diritto sul proprio corpo

Modifica pagina

Lorenzo La Via
Praticante AvvocatoUniversità degli Studi di Enna Kore



Il presente studio analizza il reclutamento e l’avanzamento nella carriera militare alla luce del principio del buon costume e dell’ordine pubblico. L’organizzazione delle Forze Armate impone criteri selettivi rigorosi, volti a garantire efficienza e disciplina, ma che devono essere bilanciati con i principi costituzionali e i diritti individuali. L’articolo esamina la normativa vigente, i requisiti psicofisici richiesti, il ruolo della giurisprudenza nella tutela dei candidati e le problematiche connesse alla trasparenza e all’imparzialità dei concorsi pubblici. Particolare attenzione è riservata alla giurisprudenza sui tatuaggi e sulle condizioni di esclusione dai concorsi. Inoltre, si approfondisce il sistema di avanzamento di carriera e le sue implicazioni in termini di meritocrazia.


ENG

Recruitment and advancement in the military career according to: the principle of good morals, public order and the right to one´s own disposal

This study analyzes military recruitment and career advancement in light of the principles of public morality and public order. The organization of the Armed Forces imposes strict selection criteria aimed at ensuring efficiency and discipline, which must, however, be balanced with constitutional principles and individual rights. The article examines the current legislation, the required psychophysical requirements, the role of case law in protecting candidates, and issues related to transparency and impartiality in public competitions. Particular attention is given to case law on tattoos and the conditions for exclusion from competitions. Additionally, the study delves into the career advancement system and its implications in terms of meritocracy and efficiency.

Sommario: 1. Introduzione; 2. Competenza in materia di reclutamento; 3. Il diritto di disporre del proprio corpo; 4. Il principio dell’ordine pubblico e del buon costume; 5. Il principio di imparzialità e di trasparenza nel concorso pubblico; 6. I requisiti psicofisici; 7. L’impugnazione dell’atto di esclusione; 8. L’avanzamento normalizzato; 9. Gli organi coinvolti nel processo di avanzamento; 10. I requisiti per l’avanzamento; 11. Conclusioni. 

1. Introduzione

Le Forze Armate costituiscono un pilastro imprescindibile per ogni nazione, poiché non solo garantiscono la sicurezza e l'ordine interno, ma sono anche incaricate della protezione degli interessi nazionali, sia a livello individuale che collettivo. L'efficace gestione delle risorse e del personale in questo settore richiede l'adozione di numerosi procedimenti amministrativi, che comprendono attività come il reclutamento, i trasferimenti e l'avanzamento di carriera.

Nel contesto del diritto amministrativo-militare, uno degli aspetti centrali di analisi riguarda l'organizzazione di questo settore. La dottrina affronta diverse problematiche, tra cui i compiti istituzionali attribuiti ai vari organi, nonché le questioni relative alla selezione del personale, alla promozione interna e alle prestazioni previdenziali [1].

La giurisprudenza ha svolto un ruolo rilevante nell'interpretare e risolvere tali problematiche. Un esempio significativo è la sentenza n. 16538 del 2022 del T.A.R. di Roma, che ha trattato il caso dell'esclusione automatica di un candidato da un concorso per il reclutamento del personale militare a causa della presenza di un tatuaggio [5]. Questo caso evidenzia la necessità di bilanciare l'efficienza e il decoro delle Forze Armate con i diritti costituzionalmente garantiti, come il diritto all'autodeterminazione del proprio corpo, mettendo in luce le delicate questioni legate alla tutela della dignità individuale in un contesto istituzionale e normativo rigoroso.

2. Competenza in materia di reclutamento

Il termine "reclutamento" si riferisce generalmente all'insieme delle procedure e delle azioni volte a stimolare l'arruolamento volontario nelle Forze Armate. Invece, con "arruolamento" si intende il provvedimento formale emesso dalla Pubblica Amministrazione, che conferisce al destinatario uno status giuridico, integrandolo nell'ordinamento militare e instaurando così un rapporto di subordinazione e servizio con la struttura militare. È fondamentale sottolineare che il reclutamento è un concetto più ampio, che include tutte le fasi che precedono la selezione e l'ingresso effettivo nel corpo militare.

La Costituzione conferisce allo Stato la competenza legislativa in materia di reclutamento del personale militare, quale parte integrante dell'organizzazione amministrativa. I metodi di reclutamento per le Forze Armate sono stati uniformati per garantire parità tra i vari corpi e sono accessibili attraverso accademie militari o concorsi pubblici. Alcune categorie, tuttavia, sono riservate esclusivamente ai militari già in servizio, come nel caso dei concorsi interni.

La legge prevede l'adozione di piani annuali di assunzione nel settore della difesa e della sicurezza pubblica, definendo le risorse da impiegare e il numero di reclute, che sono comunque limitate dalle cessazioni dal servizio dell'anno precedente. Inoltre, è stata introdotta una programmazione quadriennale, finalizzata a incentivare l'ingresso di nuovi volontari.

In situazioni eccezionali, l'ordinamento militare può trovarsi ad affrontare circostanze in cui i metodi ordinari di reclutamento non sono sufficienti. In tali casi, sono previste modalità straordinarie di assunzione che si discostano dalle procedure consuete, con limiti numerici ben definiti per quanto riguarda spesa e ruoli. È importante precisare che le regole per i concorsi straordinari non vanno interpretate come un privilegio per i vincitori, ma piuttosto come una risposta a necessità urgenti delle amministrazioni competenti per garantire il servizio di interessi pubblici di fondamentale importanza.

3. Il diritto di disporre del proprio corpo

Tra i diritti inviolabili e fondamentali dell'essere umano, spicca con particolare rilevanza il diritto all'integrità psicofisica, che costituisce una pietra angolare del nostro ordinamento costituzionale. Questo diritto, strettamente connesso al principio di autodeterminazione, è tutelato dalla legge, sebbene il suo esercizio possa essere soggetto a limiti, specialmente quando entra in gioco l'ordine pubblico e il buon costume.

Nella pratica, ciò implica non solo il divieto di mettere in pericolo l'incolumità fisica altrui, ma anche di arrecare danni permanenti al proprio corpo. La legge si fonda su due principi chiave per determinare tali limiti: in relazione agli atti contrari all'ordine pubblico, si fa riferimento a comportamenti che violano i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico; per quanto riguarda gli atti contrari al buon costume, si considerano azioni immorali e degradanti per la persona, in linea con gli standard etici della società.

Il legislatore si impegna a individuare con precisione le circostanze in cui un atto violi l'ordine pubblico e il buon costume, tenendo conto delle specifiche situazioni in questione. Ad esempio, nell'ambito dell'arruolamento nelle Forze Armate, gli interventi che comportano una menomazione permanente non sono ritenuti lesivi della dignità umana, come nel caso degli interventi medici effettuati per preservare la salute del soggetto da danni gravi.

In effetti, tali interventi possono essere eseguiti anche senza il consenso del soggetto, qualora siano necessari per prevenire un pericolo imminente. In questi casi, l'intervento a favore del soggetto non dovrebbe comportare un motivo di esclusione automatica dal concorso pubblico per le Forze Armate o altri corpi, salvo nei casi in cui possa compromettere in modo significativo e irreparabile le funzioni che il candidato dovrebbe svolgere in caso di successo nel concorso [10].

4. Il principio dell’ordine pubblico e del buon costume

Quando si parla di concetti come "ordine pubblico" e "buon costume", si fa riferimento a due criteri fondamentali utilizzati per valutare i comportamenti umani: il primo si riferisce alla conformità ai principi essenziali della legge, mentre il secondo è legato ai comportamenti socialmente accettati all'interno di una determinata società. Questa definizione di base, tuttavia, nasconde una sfida complessa, che consiste nell'individuare precisamente quali atti e comportamenti siano effettivamente in linea con tali criteri.

Ciò che la legge considera come ordine pubblico e buon costume non sempre coincide con la realtà dei fatti. A seconda dei parametri applicati nella valutazione di una situazione, quasi ogni comportamento potrebbe essere interpretato come contrario a tali principi. Di conseguenza, esiste una vasta gamma di situazioni che potrebbero sfuggire a questa definizione, considerando anche i diversi criteri personali di moralità. È fondamentale comprendere che questa interpretazione non è oggettiva e condivisa da tutti.

L'obiettivo non è affermare un'unica visione universale di ordine pubblico e buon costume, poiché non esiste una concezione giuridica che li definisca in modo assoluto. Sebbene ci riferiamo a questi due concetti, la loro applicazione risulta realistica solo se vi fosse un consenso generale su cosa questi principi implicano, ma tale uniformità non è sempre presente. La variabilità culturale e sociale gioca un ruolo cruciale nel determinare le percezioni di cosa costituisca ordine pubblico e buon costume, alimentando così una diversità di opinioni e interpretazioni.

5. Il principio di imparzialità e di trasparenza nel concorso pubblico

Il concorso pubblico rappresenta il principale strumento di selezione per l'ingresso nella Pubblica Amministrazione, adottato per prevenire pratiche discriminatorie come il nepotismo, le affiliazioni politiche o gli interessi personali. Questo metodo di reclutamento è essenziale per garantire trasparenza e imparzialità, e ogni procedura di selezione deve essere rigorosamente regolata dalla legge, che impone il rispetto del principio di pari opportunità e obiettività.

Tuttavia, i concorsi pubblici sono considerati ad alto rischio di corruzione e concussione. Inoltre, sono un contesto sensibile per possibili discriminazioni nei confronti dei partecipanti. Ad esempio, la presenza di un tatuaggio potrebbe essere motivo di esclusione se ritenuto rilevante per il ruolo, ma se il tatuaggio è facilmente occultabile e non incide sulle capacità professionali, non dovrebbe costituire un motivo di esclusione.

In linea con il principio di trasparenza, i criteri di selezione devono essere chiaramente definiti nel bando di concorso, per garantire che siano noti ai candidati [9]. Tali criteri non possono violare la legge e non devono essere più restrittivi di quanto previsto dalla normativa vigente, salvo esplicite autorizzazioni legislative. La giurisprudenza stabilisce che i criteri di valutazione devono essere definiti dalla commissione esaminatrice durante la prima riunione, o prima della correzione delle prove, per escludere qualsiasi dubbio sull’imparzialità. Pertanto, la trasparenza è essenziale per preservare l'integrità del processo e la fiducia dei partecipanti nel sistema di selezione.

La definizione dei criteri deve avvenire in modo preventivo e per iscritto, in quanto l'illustrazione verbale dei criteri poco prima delle prove scritte non è considerata valida dal giudice amministrativo. Il bando, quale atto amministrativo, ha lo scopo di tutelare un interesse pubblico specifico e costituisce una norma speciale (lex specialis) che prevale sulla normativa generale. In caso di contraddizione con le fonti di rango superiore, il bando ha efficacia derogatoria, e deve essere interpretato in maniera rigorosamente formale, evitando interpretazioni estensive. In presenza di conflitti con le normative primarie, il giudice ha la facoltà di disapplicare il bando.

Una volta pubblicato, il bando può essere sospeso, modificato o revocato in base a esigenze di pubblico interesse. L'amministrazione militare ha la legittimità di introdurre requisiti aggiuntivi di capacità psicofisica nel bando, utilizzando strumenti tecnici specifici. Ad esempio, un bando di reclutamento di volontari può escludere automaticamente i condannati per reati non colposi, una decisione che è stata ritenuta legittima dal Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato stabilisce che l'impugnazione di una norma speciale deve essere presentata entro termini precisi e si applica solo alle clausole relative ai requisiti soggettivi che impediscono la partecipazione alla selezione. L'interesse ad agire deve essere concreto e determinato da una lesione effettiva della situazione del candidato. La giurisprudenza prevalente sottolinea che solo chi ha presentato una domanda di partecipazione ha la legittimità per impugnare il bando, assumendo così il ruolo effettivo di candidato. In sintesi, la corretta definizione dei criteri nel bando e il rispetto delle procedure sono fondamentali per garantire la trasparenza e l’imparzialità del processo di selezione pubblica.

6. I requisiti psicofisici

I concorsi pubblici per il reclutamento nelle Forze Armate si caratterizzano per l'inclusione di specifici requisiti fisici, indispensabili per far fronte all'intensa attività che il personale militare è chiamato a svolgere. Oltre alle necessarie qualità fisiche, i candidati devono soddisfare requisiti psicologici e morali, fondamentali per accedere alla carriera militare.

I requisiti di arruolamento sono definiti nei regolamenti 114/2000 e 155/2000 [6], i quali stabiliscono le condizioni di non idoneità sia per i soggetti alla leva che per i volontari o gli aspiranti al servizio permanente effettivo. Tali regolamenti contengono allegati che specificano le condizioni di non idoneità per tutti gli aspiranti. Chiunque presenti una delle condizioni riportate nei regolamenti è considerato non idoneo.

Tuttavia, coloro che possiedono già l'efficienza psicofisica necessaria per il grado, la qualifica e il ruolo per cui si candidano, possono essere considerati presumibilmente idonei. L'idoneità viene valutata tramite visite mediche generali e specialistiche, unitamente a prove fisico-psicologiche, che devono essere svolte nei tempi stabiliti dal bando pubblico di concorso, in relazione alla definizione delle graduatorie.

Se una imperfezione o infermità non compromettono in modo significativo il ruolo per cui il candidato aspira, si prende in considerazione l'intero quadro clinico dopo un periodo di osservazione. Tuttavia, in caso di evidente inidoneità, il candidato può essere escluso dal reclutamento.

Un caso particolare riguarda l'uso di protesi sintetiche. La giurisprudenza stabilisce che l'idoneità per il reclutamento non deve essere pregiudicata da protesi temporanee che non influiscono sulla funzionalità dell'arto [3].

Per quanto concerne i tatuaggi, la legge stabilisce che le alterazioni dermatologiche devono comportare una reale inabilità, anche temporanea, per essere considerate causa di non idoneità. Tuttavia, la presenza di tatuaggi può essere motivo di inidoneità solo se la normativa tecnica del settore militare lo prevede. È essenziale che i criteri di valutazione siano chiari per garantire un processo di reclutamento trasparente ed equo [11].

Il Ministero della Difesa ha emanato una direttiva tecnica che definisce i criteri per l'applicazione dell'elenco delle imperfezioni e delle infermità che possono determinare l'inidoneità al servizio militare [4]. Tale direttiva ha anche delineato i profili sanitari dei soggetti idonei, suddivisi in due fasce. Tuttavia, è importante notare che questo elenco serve principalmente come guida, poiché il giudizio sull'idoneità deve essere valutato in base a fattori come età, grado e incarichi. Per le patologie non specificate, si applica un criterio analogico o per equivalenza.

Anche se una patologia può essere considerata guaribile, il giudizio di inabilità può permanere se le cure richieste superano il concetto di temporaneità. La direttiva tecnica stabilisce inoltre i profili di idoneità, assegnando un coefficiente a ciascuna delle nove categorie somato-funzionali. Tale direttiva include un elenco delle imperfezioni, infermità e condizioni funzionali più comuni.

Gli organi tecnici delle Forze Armate e dei Corpi di polizia devono seguire le direttive impartite dal direttore generale della sanità militare e dal Comandante generale della Guardia di Finanza, salvo motivazioni valide che giustifichino deroghe.

La legge sottolinea l'importanza dei tatuaggi, che possono essere motivo di esclusione se visibili e non rimovibili durante l'uso della divisa. È vietato avere tatuaggi su parti del corpo visibili con le uniformi maschili, anche durante il servizio estivo, e con le uniformi femminili. Inoltre, sono vietati tatuaggi che contengano contenuti osceni, sessuali, razzisti, discriminatori o che possano discreditare le istituzioni della Repubblica.

Il giudizio sulla liceità dei tatuaggi spetta al Comandante di Corpo per il personale in servizio e alla Commissione concorsuale durante le selezioni. La chiarezza nei criteri di valutazione dei tatuaggi è fondamentale per mantenere l'integrità e la professionalità delle Forze Armate.

Tutti i membri del personale devono compilare obbligatoriamente una dichiarazione riguardante la presenza di tatuaggi, che verrà conservata nella loro documentazione personale. I tatuaggi sono identificati durante le visite mediche e, se rilevati, la Commissione può escludere il candidato dal concorso per la mancanza dei requisiti richiesti, a meno che non siano giustificati da inidoneità sanitaria.

Durante l'incorporamento, la presenza di tatuaggi non conformi alle disposizioni del bando può essere segnalata dal Comandante o dal personale medico nelle sedi coperte. È importante sottolineare che non è consentito al militare richiedere o suggerire la rimozione del tatuaggio, vista la natura invasiva di tali trattamenti medici. Il personale medico deve informare chiaramente gli interessati sui rischi associati all'applicazione e alla rimozione dei tatuaggi.

Nel caso in cui un individuo si ritenga vittima di un'ingiustizia durante la valutazione per l'arruolamento nella Guardia di Finanza, ha il diritto di impugnare la decisione dinanzi al giudice competente. Il giudice amministrativo è il competente per le procedure concorsuali, che includono anche le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni. La giurisdizione amministrativa è circoscritta alla sfera di legittimità e non si configura come esclusiva.

In merito alla competenza del Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.), vi sono orientamenti contrastanti riguardo all'impugnazione dell'atto di esclusione. Un primo orientamento sostiene che la competenza debba risiedere presso il tribunale locale dove risiede il ricorrente, quando le procedure concorsuali sono indette da autorità centrali. Un secondo orientamento suggerisce che la competenza dovrebbe essere determinata in base al luogo dove si svolgono le fasi successive del reclutamento.

Una soluzione intermedia emerge negli ultimi anni, in cui la competenza si basa sul luogo in cui si svolgono le fasi concorsuali. Se l'atto di esclusione impedisce la partecipazione a una fase che si svolge in una città specifica, la competenza sarà del T.A.R. locale, solo se le fasi concorsuali si svolgono effettivamente in quella circoscrizione.

7. L’impugnazione dell’atto di esclusione

Nel contesto descritto, si presenta la situazione di un individuo che denuncia un trattamento ingiusto durante il processo di valutazione per l'ingresso nel Corpo della Guardia di Finanza. La questione riguarda una decisione di inidoneità a causa della presenza di un tatuaggio sulla pelle. Se si ritiene che tale decisione sia ingiusta, il candidato ha il diritto di contestarla presso il tribunale competente.

Per comprendere appieno come contestare un bando di concorso o qualsiasi altro provvedimento relativo a un concorso pubblico, è necessario considerare alcuni aspetti fondamentali. Il giudice competente per le questioni legate ai concorsi pubblici è il giudice amministrativo, che ha giurisdizione anche per le assunzioni nei dipartimenti delle pubbliche amministrazioni. Tuttavia, la sua competenza si limita a un ambito legittimario, senza escludere la giurisdizione tradizionale del giudice amministrativo.

Il Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.) è, in linea di principio, il giudice competente per l'impugnazione di un atto di esclusione dal reclutamento. Tuttavia, l'individuazione del T.A.R. competente per un atto di esclusione emesso da un organo statale non è priva di incertezze. Esistono diverse interpretazioni riguardo alla determinazione della competenza.

Un primo orientamento, in risposta al sovraccarico dei tribunali e a una reinterpretazione dell'art. 3 della legge 1034/1971, sostiene che, quando le procedure concorsuali sono gestite da autorità centrali per posizioni nazionali, la competenza dovrebbe essere attribuita al tribunale locale dove risiede il ricorrente. Un secondo orientamento, invece, sottolinea l'importanza degli effetti immediati derivanti dall'atto di esclusione, che comporta la preclusione alla partecipazione alle fasi successive del reclutamento.

In questo scenario, potrebbe essere stabilito che la competenza spetti al T.A.R. del luogo di residenza del ricorrente. Tuttavia, questa è una posizione minoritaria. Recentemente, è emersa una soluzione intermedia, che considera il luogo in cui si svolgono le fasi del concorso. Se l'atto di esclusione impedisce la partecipazione a una fase che si tiene in una città specifica, il T.A.R. competente potrebbe essere quello della circoscrizione in cui si svolgono effettivamente le fasi concorsuali, a condizione che gli effetti immediati dell'atto si manifestino in quella località.

Le incertezze derivanti da questa situazione sono amplificate dalla posizione costante del Consiglio di Stato, che tende a dichiarare inammissibile un regolamento di competenza che indichi più di un T.A.R. in modo alternativo o subordinato. La ragione di questa posizione risiede nell'importanza di un'indicazione chiara e precisa dell'atto di esclusione e degli atti correlati.

Nel caso in cui, insieme alla richiesta di annullamento dell'atto di esclusione, venga sollevata un'eccezione di legittimità riguardo agli atti presupposti, emessi da autorità centrali con effetto su tutto il territorio nazionale, la questione si complica ulteriormente.

8. L’avanzamento normalizzato

Il concetto di "avanzamento normalizzato" degli ufficiali si riferisce a un sistema di valutazione delle capacità individuali all'interno dei Corpi Militari, originariamente sviluppato dalla Marina britannica e successivamente adottato nell'ordinamento italiano [2]. L'obiettivo principale di questo sistema è promuovere i più meritevoli, fungendo da strumento fondamentale per lo sviluppo delle carriere militari.

La legge mira a istituire un sistema basato sulla meritocrazia, limitando contemporaneamente la permanenza massima degli ufficiali nei vari gradi. Il percorso di carriera, che segue una logica professionale, consente ad ogni ufficiale di avanzare al grado di colonnello, garantendo un'equa distribuzione della permanenza nei diversi gradi.

La ristrutturazione dei ruoli è stata pensata per prevenire che le riduzioni di personale possano causare accelerazioni o rallentamenti nelle carriere, mantenendo l’equilibrio tra i diversi livelli. Gli interessi organizzativi si riflettono in un sistema progressivo di avanzamento che contempla promozioni basate sia sull'anzianità che sulla scelta.

Le promozioni per anzianità si suddividono in due tipologie: aperta o chiusa. Nel caso di promozioni a ruolo aperto, il numero di ufficiali nei gradi inferiori e superiori è stabilito complessivamente, mentre per le promozioni a ruolo chiuso, l’avanzamento dipende dalla disponibilità di posizioni vacanti. Inoltre, esistono promozioni residue, destinate a meriti eccezionali o a situazioni di guerra, applicabili in casi particolari.

Il sistema di avanzamento prevede anche la possibilità di cessazione anticipata del rapporto di impiego prima del raggiungimento dell’età pensionabile, una misura che posiziona gli ufficiali in una condizione unica rispetto ai dipendenti delle altre amministrazioni pubbliche. Tale aspettativa consente all'amministrazione militare di creare opportunità di promozione, evitando che gli ufficiali non promossi, rimanendo nei gradi attuali, blocchino l'accesso a posizioni superiori per altri candidati.

A seguito dei tagli al personale, ulteriori riduzioni nei numeri massimi degli ufficiali hanno reso più difficile l'accesso alle posizioni di vertice nella gerarchia militare. È evidente la difficoltà di consolidare tutte le normative sull’avanzamento in un unico testo, uniformando le procedure per gli ufficiali delle diverse Armi e rendendo più trasparente l’intero sistema normativo.

Il diritto militare si caratterizza per una complessa stratificazione di disposizioni, spesso incompatibili e non armonizzate, che risultano ancora formalmente in vigore. La Corte Costituzionale ha evidenziato la carenza di coordinamento tra le diverse fonti normative nel tempo, generando confusione e instabilità nella gestione delle risorse umane e materiali, e alimentando il contenzioso con esiti imprevedibili.

9. Gli organi coinvolti nel processo di avanzamento

La legge ha confermato il sistema di valutazione degli ufficiali, apportando modifiche sostanziali alla sua struttura e composizione, già avviate con il decreto legislativo del 1997. Tali modifiche hanno l'obiettivo di affinare la definizione dei ruoli e delle funzioni degli ufficiali all'interno delle Forze armate.

Nel tempo, si è verificata una progressiva riduzione della competenza dei superiori gerarchici nel formulare giudizi sull'avanzamento degli ufficiali di complemento, con il conseguente trasferimento della gestione di questa materia a commissioni specializzate.

È essenziale fare una distinzione tra ufficiali in servizio permanente e ufficiali di complemento. Per i primi, che ricoprono gradi da sottotenente a maggiore e gradi equivalenti, la valutazione è affidata alla commissione superiore di avanzamento.

Le commissioni di vertice di ciascuna Forza armata sono composte dagli stessi membri della commissione superiore di avanzamento, con il capo di stato maggiore che assume la funzione di vicepresidente. Tali commissioni sono obbligate a consultare il Segretario generale del Ministero della Difesa quando devono valutare ufficiali appartenenti a Forze armate diverse o in servizio presso uffici o organi dipendenti.

Nel caso dell’Esercito, le commissioni superiori sono composte dal capo di stato maggiore, dagli ufficiali più anziani e dai generali di corpo d’armata con incarichi operativi specifici. La composizione di queste commissioni garantisce una vasta gamma di competenze e prospettive, essenziali per una valutazione accurata delle caratteristiche dei candidati.

Il vice segretario generale militare del Ministero della Difesa e il sottocapo di stato maggiore della difesa hanno competenza di diritto e devono essere consultati dalle commissioni di avanzamento quando la valutazione coinvolge ufficiali di Corpi diversi o in servizio presso uffici o organi dipendenti.

La commissione di vertice per la valutazione dell'avanzamento a generale di divisione è presieduta dal capo di stato maggiore della difesa, con il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri in qualità di vicepresidente. Entrambe le commissioni sono integrate dal segretario generale e dal vice segretario generale militare del Ministero della Difesa.

Per quanto riguarda l'avanzamento degli ufficiali della Guardia di Finanza, non è stata istituita una commissione di vertice, indicando una possibile differenza nelle procedure rispetto agli altri corpi militari. La commissione superiore, responsabile della valutazione dell'avanzamento, è presieduta dal comandante generale della Guardia di Finanza e comprende anche i generali di corpo d'armata del corpo. La commissione ordinaria, invece, è presieduta dal comandante in seconda e composta dai sette generali di divisione più anziani, integrata dal colonnello più anziano in ruolo.

Inoltre, il tema dell'incompatibilità è cruciale per garantire la trasparenza e l’imparzialità della valutazione. Gli ufficiali che ricoprono incarichi politici, come Ministri, sottosegretari o consiglieri militari del Presidente della Repubblica, non possono far parte delle commissioni di avanzamento. È anche prevista la possibilità di astensione o ricusazione dei membri della commissione qualora emergano conflitti di interesse.

Le regole proprie del processo civile e penale sono oggetto di dibattito, e il d.p.r. 487/94 stabilisce che i commissari devono dichiarare l’assenza di situazioni di incompatibilità prima di iniziare le prove concorsuali. Tuttavia, le norme sui concorsi e il codice di comportamento non si applicano ai militari, che sono soggetti a ordinamenti di settore distinti.

Nel caso di conflitti di interesse tra i membri della commissione, questi sono obbligati ad astenersi, per garantire l’imparzialità e la reputazione dell'organo. Tale obbligo è sancito dall'articolo 97 della Costituzione, ma la sua applicazione nell’ambito dell'ordinamento militare richiede una valutazione concreta.

Le commissioni di avanzamento svolgono un ruolo centrale nel processo di valutazione e promozione del personale attraverso i diversi gradi dei Corpi militari. La convocazione di tali commissioni avviene in modo preciso e dipende dall’organizzazione militare di riferimento. Nell’Arma dei Carabinieri, ad esempio, la convocazione della commissione ordinaria è proposta dal Comandante Generale, mentre nelle Forze Armate è effettuata dal Ministro della Difesa.

Per garantire la validità delle decisioni, le commissioni devono essere composte da almeno due terzi dei membri, che votano in ordine inverso di grado e anzianità, con il presidente che esprime il voto finale. Queste disposizioni sono applicate anche nella Guardia di Finanza.

Per garantire la correttezza e la coerenza delle valutazioni, è stata istituita una commissione di controllo, composta da magistrati amministrativi, contabili, avvocati dello Stato e alti ufficiali delle Forze Armate. Il Ministero della Difesa può convocare questa commissione qualora vengano annullati i giudizi di avanzamento, al fine di verificare la regolarità delle attività e proporre eventuali correzioni.

Infine, il direttore generale della Direzione Generale del Personale Militare, responsabile della formazione delle aliquote di avanzamento, ricopre un ruolo fondamentale nel processo decisionale, esprimendo pareri cruciali sull’idoneità all'avanzamento [2].

10. I requisiti per l’avanzamento

Il Titolo II del Decreto Legislativo n. 490 del 1997 definisce il percorso di progressione degli ufficiali, individuando i requisiti necessari per consentire l'avanzamento di grado [7]. Il decreto distingue tra requisiti soggettivi, relativi alle qualità personali dell'ufficiale, e requisiti oggettivi, che riguardano l'inclusione dell'ufficiale nelle specifiche aliquote di ruolo. La presenza di entrambi i requisiti è condizione fondamentale per avviare la valutazione dell'ufficiale per il suo avanzamento.

I requisiti soggettivi ribadiscono che l'ufficiale deve possedere le qualità fisiche e morali necessarie per affrontare le nuove responsabilità che l'avanzamento comporta. In particolare, per i gradi di generale e ammiraglio, le normative richiedono che i requisiti siano conformi alle funzioni di comando o di alta direzione previste per il nuovo grado, evidenziando la natura dirigenziale del ruolo. Questo riflette il riconoscimento, da parte della dottrina, dell'attività manageriale come parte integrante del compito dell'ufficiale.

La valutazione dei requisiti è un giudizio di merito: un parere negativo è giustificato qualora la documentazione dell'ufficiale contenga elementi sfavorevoli, senza necessità di motivazioni dettagliate o di un giudizio finale di insufficienza. Anche nell'ipotesi di avanzamento per anzianità, la valutazione non si limita alla mera idoneità fisica, ma implica una valutazione complessiva della personalità dell'ufficiale e della sua capacità di assumere maggiori responsabilità.

I requisiti oggettivi stabiliscono che, per essere considerato per l'avanzamento, l'ufficiale deve soddisfare determinati criteri: possedere i titoli richiesti, aver completato i periodi minimi di comando, aver accumulato gli anni di servizio necessari per ogni grado, e aver superato gli esami e i corsi obbligatori previsti dalla legge. Per determinare le anzianità minime di grado necessarie per l'inclusione nelle aliquote, si fa riferimento all'anno solare in cui è stato conferito il grado attuale.

Esistono disposizioni speciali che stabiliscono automaticamente l'equivalenza tra le funzioni di comando e gli incarichi ricoperti con il grado. Ad esempio, la ratifica e l'esecuzione della convenzione relativa al trattato sull'Unione Europea, che istituisce un ufficio europeo di polizia, definisce tale equivalenza. Inoltre, l'articolo 9, comma 5-bis, del Decreto Legislativo n. 303 del 30 luglio 1999 [8] equipara, per gli effetti giuridici ed economici, il servizio svolto presso la Presidenza del Consiglio a quello effettuato in altre amministrazioni pubbliche.

I periodi di comando, i servizi specifici e le missioni internazionali svolte dagli ufficiali delle Forze Armate e dell'Arma sono validi per gli obblighi previsti da decreti legislativi specifici. Tuttavia, manca una normativa generale che equipari gli incarichi svolti all'estero con quelli previsti dalle leggi nazionali, creando una lacuna normativa.

Per procedere con l'avanzamento, l'ufficiale deve essere incluso nell'apposita aliquota di ruolo. L'avanzamento per meriti eccezionali può essere concesso a quegli ufficiali che abbiano dimostrato capacità eccezionali e qualità rilevanti nel corso del loro servizio, qualificandosi per il grado superiore. Questo tipo di promozione è discrezionale e dipende dall’eccezionalità del servizio prestato. È necessario che l'ufficiale si trovi nella prima metà del ruolo del suo grado e abbia completato il periodo di comando richiesto, oltre a non aver già ricevuto una promozione per meriti eccezionali in passato.

Il processo di promozione segue un iter ben definito: il generale o ammiraglio al quale l'ufficiale è subordinato propone la promozione, vengono acquisiti i pareri delle altre autorità gerarchiche, la commissione superiore di avanzamento esprime il proprio parere favorevole all’unanimità e infine il Ministro emana il decreto di promozione.

Secondo l'art. 1054 del Codice, le anzianità minime di grado necessarie per l'inclusione nelle aliquote di valutazione si stabiliscono tenendo conto dell’anno in cui è stato conferito il grado attuale. Le aliquote comprendono gli ufficiali che, entro il 31 ottobre, soddisfano i requisiti generali previsti dall'articolo 1093 del Codice. Le aliquote per il personale dei ruoli dei marescialli, ispettori, sergenti, sovrintendenti e volontari in servizio permanente sono definite con decreto ministeriale entro il 31 dicembre di ogni anno, includendo coloro che, alla data stabilita, abbiano completato i periodi minimi di comando, gli incarichi specifici, il servizio di imbarco e abbiano superato gli eventuali corsi ed esami prescritti.

11. Conclusioni

L'analisi condotta ha evidenziato come il reclutamento e l'avanzamento nella carriera militare siano processi regolati da un complesso intreccio normativo, che mira a garantire imparzialità, efficienza e rispetto dei diritti individuali. L'equilibrio tra le esigenze istituzionali delle Forze Armate e i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico, quali il diritto di disporre del proprio corpo, l'ordine pubblico e il buon costume, rappresenta una sfida costante per il legislatore e per la giurisprudenza.

Le questioni relative ai requisiti psicofisici, all'imparzialità delle selezioni e alla trasparenza delle procedure concorsuali rimangono centrali nel dibattito giuridico e amministrativo. La giurisprudenza ha svolto un ruolo determinante nell'interpretare le norme in modo da bilanciare la tutela della disciplina militare con il rispetto dei diritti fondamentali, come dimostrato dal caso dei tatuaggi e dalla loro incidenza sui criteri di selezione.

Per quanto riguarda l'avanzamento di carriera, il sistema normativo prevede criteri basati sia sull'anzianità sia sul merito, con lo scopo di promuovere i candidati più idonei a ricoprire incarichi di maggiore responsabilità. Tuttavia, la frammentazione delle normative e le difficoltà di coordinamento tra le diverse fonti legislative possono creare incertezze interpretative e contenziosi.

In conclusione, affinché il sistema di reclutamento e avanzamento nelle Forze Armate possa rispondere in modo efficace alle esigenze operative e ai principi costituzionali, è necessario un costante aggiornamento normativo, volto a garantire maggiore coerenza, trasparenza e tutela dei diritti dei candidati. La sfida per il futuro sarà quella di coniugare la funzionalità dell’apparato militare con l’evoluzione sociale e giuridica del nostro ordinamento.


Note e riferimenti bibliografici

[1] BIANCHI M., La selezione del personale nelle Forze Armate: criteri e limiti giuridici, Il Mulino, 2018.

[2] POLI V.,Reclutamento trasferimento e avanzamento del personale militare, EPC Libri, 2008.

[3] CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, sentenza n. 16538/2022 – Esclusione dai concorsi militari per la presenza di tatuaggi.

[4] MINISTERO DELLA DIFESA, Direttiva tecnica sui criteri di valutazione dell’idoneità psicofisica.

[5] T.A.R. ROMA, sentenza n. 16538/2022 – Requisiti per l’arruolamento e diritto alla libertà personale.

[6] REGOLAMENTO 114/2000 e 155/2000 – Requisiti psicofisici per il personale delle Forze Armate.

[7] DECRETO LEGISLATIVO n. 490 del 1997 – Disposizioni sul reclutamento e avanzamento del personale militare.

[8] DECRETO LEGISLATIVO n. 303 del 1999 – Disposizioni in materia di equiparazione dei servizi resi nelle amministrazioni pubbliche.

[9] Consiglio di Stato, sez. IV, 10/06/2013 n. 3153.

[10] Consiglio di Stato, 8/04/2022, n. 2615.

[11] TAR Emilia-Romagna, sez. I, 29/06/2020 n. 432.