Pubbl. Gio, 4 Set 2025
Le comunità energetiche rinnovabili come driver della transizione energetica
Fabio Tarantini

L´articolo analizza il ruolo delle comunità energetiche rinnovabili come elementi chiave per la transizione energetica, in linea con le direttive europee come la R.E.D. II e la più recente R.E.D. III. Le comunità sono definite come soggetti giuridici di diritto privato, quali cooperative, associazioni o consorzi, il cui scopo primario non è il profitto finanziario, ma la generazione di benefici ambientali, economici e sociali per i membri e il territorio in cui operano. Le potenzialità delle comunità sono molteplici: sul piano tecnico-economico, promuovono la generazione distribuita, riducendo le perdite di rete e aumentando la resilienza locale; a livello sociale, accrescono la coesione, l´impegno civico sulle tematiche energetiche e climatiche e combattono la povertà energetica.
Sommario: 1. Introduzione; 2. La qualificazione giuridica delle C.E.R.; 3. La partecipazione delle Amministrazioni locali alle C.E.R.; 4. Conclusioni.
1. Introduzione
All’inizio del ‘900 esistevano in Europa così come nel Nord Italia le C.E.L., Comunità Energetiche Locali, realtà in cui «La popolazione è attratta dalla riduzione dei costi, dal controllo e dalla modulazione del proprio consumo, dalla produzione autonoma di energia, più o meno sensibile all’urgenza di cambiamento imposta dal rischio climatico e alla ricchezza sociale di relazioni orizzontali di tipo cooperativo e solidaristico»[1]. Sull’onda di una tradizione radicata nel tessuto europeo, l’Unione Europea introdusse le Renewable Energy Communities (C.E.R.), letteralmente “Comunità Energetiche Rinnovabili”, con la Direttiva UE 2018/2001, art. 22 (nota come R.E.D. II)[2], vere e proprie forme organizzate e durevoli di partecipazione attiva (diverse, dunque, dagli altri strumenti partecipativi che riducono la loro portata nella consultazione o nel contributo esterno)[3].
Dalla Direttiva 2018/2001 si evince che le C.E.R. sono entità giuridiche istituite per generare, consumare, conservare e vendere energia ricavata da fonti rinnovabili ma anche per rifornire servizi di aggregazione o altri servizi energetici e creare un beneficio ambientale, economico o sociale.
Il concetto di C.E.R. è stato formalmente riconosciuto per la prima volta con la R.E.D. II nel 2018[4]. La nascita della C.E.R. s’inserisce in un clima europeo di particolare dinamismo in quanto a promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, a riforme delle direttive sull’efficienza energetica, sulla governance dell’Unione dell’energia e sull’azione per il clima. Nel 2019, con la Direttiva UE n. 944, comparve la dicitura “community energy” (Considerando 43) e di “citizen energy community” (Consideranddo 44) rimandando a quelle comunità composte da soggetti interessati a impegnarsi nella transizione energetica e nel passaggio alle energie rinnovabili[5].
In seguito, nel 2023, il legislatore europeo è tornato in materia introducendo la R.E.D. III (Direttiva UE 2023/2413), che ha amplificato il ruolo delle Comunità energetiche, la Direttiva (U.E.) 2024/1275, che ha evidenziato l’importanza della condivisione energetica tra territori per raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione; grazie ad altri due Regolamenti (20204/1747 e 2024/1711), oltre a riformare il mercato elettrico europeo, l’Unione Europea ha rafforzato i diritti delle Comunità Energetiche[6].
Sebbene, a livello europeo, esista un quadro normativo comune che regola le C.E.R., di fatto ogni Stato Membro ha un margine di autonomia nella loro attuazione e gestione[7]; indipendentemente dagli aspetti normativi, ogni C.E.R. ha come obiettivo quello di «fornire benefici ambientali, economici e sociali ai suoi partner o membri o ai territori in cui opera, anziché guadagni finanziari» (art. 2.16.c, Direttiva 2018/2001), mentre gli Stati Membri hanno l’obbligo di realizzare un quadro normativo che ne favorisca la diffusione[8].
Secondo il dettato europeo le C.E.R. possono essere integrate dai Comuni e aperte ai consumatori finali a condizione che i loro partner/membri siano residenti in prossimità del progetto, vale a dire, nell’ambito delle disposizioni della direttiva 2018/2001. Le C.E.R., infatti, sono associate alla generazione distribuita in loco come principale fonte di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili; di conseguenza una delle attività cui sono chiamate a sviluppare è l’autoconsumo elettrico. Come evidenziano Taramboni e colleghi «Among the initiatives to increase the role of the electricity consumer in the energy transition, there are flexible tariffs to encourage demand side management (D.S.M.), power purchase agreement (P.P.A.) to link demand and offer of RES, and community energy and collective self-consumption initiatives to share the benefits of renewables in a local framework»[9].
Le potenzialità delle C.E.R. sono notevoli su più fronti. Dal punto di vista tecnico ed economico, infatti, favoriscono la generazione distribuita riducendo le perdite di trasmissione e supportando la resilienza delle reti locali, a livello sociale, promuovono coesione attraverso la realizzazione di progetti di energia rinnovabile in mano alle comunità, con l’obiettivo di rafforzare il tessuto locale, stimolando, così, collaborazione e senso di appartenenza. Diversi studi indicano che i modelli partecipativi come le C.E.R. accrescono l’impegno civico sulle questioni energetiche e climatiche e, garantendo una democratizzazione dell’energia, possono contribuire a una transizione più equa, includendo gruppi vulnerabili e combattendo la povertà energetica tramite bollette più basse per i membri[10].
Sebbene i dati siano ancora incompleti, sembra che in Europa le siano presenti dalle 9.000 alle 10.500 unità in circa 30 Paesi, «con circa 2 milioni di cittadini coinvolti, 6,2-11,3 miliardi di euro di investimenti e 7,2-9,9 gigawatt di energia rinnovabile installata»[11]. L’Italia, dal canto suo, sta muovendo i primi passi e, stando ai dati di G.S.E. sarebbero presenti sul territorio 213 C.E.R.[12].
Dopo progetti pilota sperimentali, il quadro normativo è in via di completamento (sono attesi i decreti attuativi per i nuovi incentivi alle C.E.R. finanziati dal P.N.R.R.) e si prevede un fiorire di comunità energetiche soprattutto nei piccoli comuni e nelle aree dove vi è più bisogno di energia a basso costo e accettazione locale di nuovi impianti. Si pensi, ad esempio, al progetto pilota “C.E.R.-Amica”, che ha interessato le comunità locali del comune lombardo di Laveno-Mombello, per i quali sono stati elargiti contributi P.R.N.N. di 2,2, milioni di euro per installazioni F.E.R. (Fonti Energia Rinnovabile) in comuni con meno di 5 mila abitanti, o il Decreto Pichetto (16 maggio 2025), in vigore dal 26 giugno, che ha esteso i fondi del P.N.R.R. a Comuni fino a 50 mila abitanti[13].
Le C.E.R., per certi aspetti, possono essere considerate una sorta di sintesi tra semplificazione e partecipazione: semplificazione perché devolvono ai livelli locali la gestione di parte della transizione (snellendo anche i carichi di rete e le necessità di grandi opere), partecipazione perché coinvolgono direttamente i cittadini nelle scelte energetiche. Un elemento che gioca un ruolo chiave è l’innovazione nei modelli di business e di finanziamento; in molti casi, infatti, le C.E.L. adottano forme cooperative o consortili, reinvestendo i proventi sul territorio.
La partecipazione finanziaria diffusa (sia attraverso formule di azionariato popolare o di crowdfunding)[14], come si è avuto modo di argomentare, si è dimostrata un ingrediente decisivo per il successo perché, quando i cittadini hanno la percezione di beneficiare di una parte dei profitti di un impianto energetico, la tollerabilità nei confronti dello stesso aumenta sensibilmente.
Oltre a forme partecipate di finanziamento, in Italia è previsto un modello di gestione contabile e regolatoria che permette dai membri della C.E.R. di compensare virtualmente l’energia prodotta con quella consumata, si tratta dell’istituto delle compensazioni territoriale, previsto dal Decreto Ministeriale 10 settembre 2010[15], secondo il quale, nei nuovi impianti da F.E.R., fino al 3% dei proventi annuali della vendita di energia doveva essere destinato a misure di compensazione ambientale concordate con il comune (ad esempio opere per la comunità o riduzioni in bolletta)[16].
Negli anni successivi, però, il meccanismo è stato utilizzato in modo riduttivo (ia per questioni tecniche, regolatorie ed economiche), limitandosi a versare somme forfettarie ai municipi, mentre sarebbe stato auspicabile utilizzare tali risorse per progetti utili e visibili sul territorio. La questione rileva in quanto, come si è detto, la partecipazione finanziaria dei cittadini ai progetti energetici rappresenta un presupposto funzionale alla diffusione delle C.E.R., favorendo l’accettazione sociale degli impianti e contribuendo alla redistribuzione dei benefici economici sul territorio.
Recentemente, tuttavia, con il Decreto Legislativo 190/2024 sono stati obbligatori i pagamenti di compensazione ambientale da parte degli operatori di energia rinnovabile ai comuni interessati; con tale intervento il legislatore ha espresso la volontà di colmare un vuoto storico (considerando che l’art. 14.5 del Decreto Ministeriale del 2010 non è mai entrato in funzione), strutturando un istituto di fatto mai ampliato e rendendolo vincolante, dunque più in linea con le normative e gli obiettivi europei[17]. Per i progetti autorizzati tramite Procedura Abilitativa Semplificata (P.A.S.) con capacità superiore a 1 MW, la compensazione è stata fissata tra il 2% e il 3% del ricavo annuo generato dall’impianto. Per i progetti di maggiore entità, autorizzati tramite Autorizzazione Unica, l’ammontare è soggetto a negoziazione tra il proponente e i comuni impattati, riflettendo la complessità e la specificità di tali interventi[18].
2. La qualificazione giuridica delle C.E.R.
Le C.E.R. hanno natura di soggetto giuridico di diritto privato (anche se operano in un quadro legislativo regolato dal diritto pubblico), costituito secondo le forme associative ammesse (cooperative, consorzi, associazioni, fondazioni, società)[19], con una struttura interna democratica e aperta. Come spiega Ruggeri «La loro configurazione come soggetti di diritto privato, chiamati al raggiungimento di obiettivi di interesse generale le rende funzionali alla realizzazione del principio di sussidiarietà, parallelamente, la loro caratteristica di enti con gestione condivisa, le rende strumentali ad un processo di democratizzazione del mercato energetico sempre più incentrato sul ruolo attivo dei cittadini»[20]. Analogalmente Novaro evidenzia come all’art. 31 del D.L. n. 162/2029 sia previsto «esplicitamente che la C.E.R. sia un “soggetto di diritto autonomo”, il quale, stante le congerie di soggetti ammessi a partecipare, non può che avere natura associativa di diritto privato»[21].
Secondo quanto previsto dall’art. 2, §. 16 della R.E.D. II, recepito in Italia con D.Lgs. n. 199/2021, la partecipazione alla C.E.R. deve essere aperta, volontaria, e il controllo esercitato da membri locali, come precisato nel Rapporto del C.E.E.R. «[…] based on open and voluntary participation […] effectively controlled by shareholders or members that are located in the proximity of the renewable energy projects[…]»[22]. I requisiti di partecipazione volontaria, non discriminatoria e controllo locale tipiche delle C.E.R. impongono, tra l’altro, che siano entità autonome di diritto privato a base associativa, non lucrativa o a lucro limitato, con struttura democratica e radicamento territoriale, il che, naturalmente, esclude (o rende estremamente problematiche) forme come le S.p.A. o le S.r.l. Come specifica la Rao «Ai sensi della normativa dell’U.E.; le C.E.R. devono essere un ente collettivo, con soggettività giuridica distinta rispetto ai loro membri. Tuttavia, l’U.E. non ha elaborato una nuova forma giuridica ad hoc per le C.E.R..
Ciò presenta sia vantaggi che svantaggi. In tal modo, gli stati membri dell’U.E. fondono si una certa discrezionalità nell’identificare le forme giuridiche ritenute più appropriate, secondo il proprio ordinamento. A questo vantaggio, in termini di maggiore flessibilità, corrisponde uno svantaggio consistente nella minore facilità di riconoscimento reciproco delle C.E.R. tra i diversi stati membri dell’U.E.»[23].
Uno degli aspetti peculiari delle C.E.R. è il fatto che l’obiettivo di queste comunità non sia la realizzazione di profitti; a tale proposito si rimanda all’art. 31 del D.Lgs. n. 199/2021 in cui si stabilisce che «l’obiettivo principale della comunità è quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali». In dottrina si afferma che, in virtù degli obiettivi così come definiti dal Decreto Legislativo, «Ne deriva che lo scopo sociale delle C.E.R. può essere mutualistico (in favore dei “suoi soci o membri”) o altruistico (in favore delle “aree locali in cui opera la comunità”).
Non può essere invece lucrativo (“profitti finanziari”). Devono quindi escludersi dal “ventaglio” dei tipi ammissibili le società lucrative (quali, tra le altre, s.p.a., s.r.l. e s.n.c.). Restano i tipi aventi scopo mutualistico (ossia le società cooperative) e quelli con scopo altruistico (come le associazioni e le fondazioni)»[24].
Per garantire trasparenza e partecipazione, le C.E.R. devono prevedere uno statuto che garantisca democraticità interna e forme di controllo effettivo[25]. Le Comunità di Energia Rinnovabile, di fatto, presentano una forma ibrida che coniuga impresa, ente sociale e struttura collettiva; infatti, sebbene possano vendere energia, accedere a incentivi e stipulare contratti, tutto ciò che accumulano va reinvestito in progetti comunitari o abbattere i costi per i membri, ragion per cui se ne parla in termini di una «una possibile officina non solo energetica, ma anche giuridica»[26], ponendo questioni su fiscalità, liquidazione degli utili e rapporto tra membri ed operatori.
In alcuni casi le C.E.R. vedono la partecipazione di enti pubblici locali, dando vita a forme di partenariato pubblico-privato; a tale proposito Lucattini osserva che tali Comunità «superano il precedente, e a lungo dominante, modello centralizzato e a forte connotazione pubblica, attraverso una collaborazione pubblico-privato volta al perseguimento di finalità economiche, sociale e ambientali […]»[27]. Questa gestione condivisa e policentrica dell’energia rafforza la configurazione associativa o cooperativa delle C.E.L., impone limiti statutari precisi e richiede un certo tipo di gestione.
La normativa europea, e il recepimento italiano, richiedono una governance multilivello fra G.S.E. (Gestore Servizi Energetici), A.R.E.R.A. (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente), amministrazioni locali e C.E.R.[28]. Il G.S.E., insieme all’A.R.E.R.A., ha definito regole tecniche per autoconsumo collettivo e incentivazione dell’energia condivisa, con la conseguenza che, sebbene le C.E.R. siano soggetti giuridici privati, la loro funzionalità operativa dipende da un contesto regolato pubblicamente. Mentre il G.S.E., infatti, gestisce le misure di incentivazione economica (tariffe premio, restituzione dell’energia condivisa, ecc.), l’A.R.E.R.A. stabilisce le regole tecniche di mercato per l’accesso alla rete e per l’autoconsumo, le amministrazioni locali, da parte loro, partecipano come facilitatori[29].
Per poter interagire in modo corretto con G.S.E. e A.R.E.R.A., le C.E.R. devono dotarsi di uno statuto conforme ai criteri di governance previsti dalle delibere A.R.E.R.A., garantire trasparenza nei flussi energetici e contabili (in modo da poter accedere agli incentivi del G.S.E.) e, infine, prevedere forme decisionali democratiche e locali (in linea con quanto stabilito ne Le linee guida del MiTE)[30]. È in questo senso che la natura giuridica delle C.E.R. non è libera ma indirizzata e definita in funzione di obiettivi pubblici (come la decarbonizzazione) pur restando formalmente un ente di diritto privato.
La relazione tra le C.E.R. e tutti gli altri soggetti porta a individuarle come un soggetto privato integrato in un sistema regolato pubblicamente. La presenza di regolatori pubblici garantisce che le Comunità non si trasformino in operatori commerciali di mercato e assicura il raggiungimento di obiettivi non economici; il che, naturalmente, ne riconferma la natura non lucrativa o mutualistica. Così come evidenziato, «As a result of the legal framework currently in force in Italy, it can be observed that, despite a general consensus over the need to promote such bottom-up initiatives, there are still significant limits, both from the private law and the public law perspective, that public authorities may face when involving in an energy community project»[31].
Da una prospettiva di diritto privato, la regolamentazione dei poteri di controllo delle autorità locali all'interno della struttura di governance di una comunità energetica rinnovabile è fondamentale per garantire che il suo controllo strategico delle risorse essenziali rimanga all’interno della comunità (e non a società private).
3. La partecipazione delle Amministrazioni locali alle C.E.R.
Nella gestione delle C.E.R. le amministrazioni locali giocano un ruolo strategico non solo in quanto soggetti abilitati a prendere parte alla Comunità Energetica, ma anche in qualità di attori fondamentali per il loro avvio, sviluppo e consolidamento. La Direttiva R.E.D. II riconosce esplicitamente la possibilità di partecipazione degli enti pubblici alle comunità energetiche, purché sia rispettato il principio del “controllo effettivo” da parte di soggetti locali (art. 2, §. 16). Come si è avuto modo di anticipare il recepimento italiano, attuato con il D.Lgs. n. 199/2021, all’art. 31 conferma tali criteri, stabilendo che possono far parte delle C.E.R. anche le autorità locali e gli enti territoriali, a condizione che la governance resti saldamente in mano ai membri locali; questa previsione giuridica delinea uno scenario di inclusione degli enti pubblici ma, allo stesso tempo, ne circoscrive il ruolo all’interno di una struttura di governance che deve rimanere a prevalente controllo privato o comunitario[32].
Le amministrazioni locali possono partecipare alle C.E.R. secondo diverse modalità giuridiche e operative. In primo luogo, esse possono essere soci fondatori o aderenti di una comunità energetica costituita in forma associativa, cooperativa o consortile. In tali casi, il Comune o l’Ente territoriale partecipa come soggetto giuridico, assumendo diritti e doveri statutari analoghi agli altri membri; tuttavia, ai fini della conformità alla normativa europea, la partecipazione pubblica non può trasformarsi in controllo dominante della comunità, né può assumere carattere esclusivo. Come spiega Lucattini «l’ontologia stessa delle C.E.R. poggia sulla collaborazione tra cittadini, imprese, amministrazioni – ancora pubblico e privato -, operanti congiuntamente, con ruoli distinti ma correlati, per creare la comunità a beneficio dei partecipanti e della collettività. In molti casi la pubblica amministrazione si pone naturalmente alla guida dell’iniziativa (modello public lead) come facilitatrice, in forza delle proprie capacità aggregatrici di cittadini e impresa presenti nel territorio, e/o partecipante alla comunità»[33].
In virtù del ruolo svolto dalle amministrazioni locali, la C.E.R. si configura come una forma di partenariato pubblico-privato che richiede «una amministrazione di qualità, capace di dialogare con gli operatori economici privati»[34]. La mancanza diffusa di tale qualità, tuttavia, è già stata causa della «scarsa incidenza del P.P.P. [Partenariato Pubblico Privato] sul totale degli investimenti pubblici totali» per una diffusa «frammentazione e scarsa specializzazione delle amministrazioni aggiudicatrici»[35]. Ragion per cui, così come previsto dall’art. 174, comma 5, del D.Lgs. n. 367/2023 (Nuovo Codice dei Contratti Pubblici) i contratti di partenariato pubblico-privato «possono essere stipulati solo da enti concedenti qualificati» (art. 63).
In una situazione in cui l’amministrazione pubblica è chiamata a confrontarsi, sia a livello giuridico sia tecnico, con operatori economici, deve vere le qualità e le capacità per, eventualmente, contrastarli di operare delle scelte discrezionali, di effettuare valutazioni di tipo tecnico e di saper trovare (laddove necessario) misure adattive adeguate[36]. Gli enti pubblici, da parte loro, che si ritrovano a svolgere il ruolo di “facilitatori” istituzionali, devono sponsorizzare le iniziative legate alle energie rinnovabili e coordinare i soggetti chiamati a partecipare alla realizzazione di un C.E.R. (dalle famiglie alle P.M.I. e da queste agli Enti del terzo settore).
Si tratta, in questo caso, di una funzione che non implica necessariamente la partecipazione diretta dell’Ente locale come membro, ma rappresenta una forma indiretta di impegno pubblico che può incidere positivamente sulla coesione territoriale, sull’alfabetizzazione energetica e sulla capacità organizzativa della comunità. In virtù di questo ruolo l’Ente comunale è «in grado, tra l’altro, di mettere a diposizione gli edifici sui cui, funditus, costruire gli impianti o di offrire supporto finanziario, oltre a poter, appunto, diventare componente delle stesse C.E.R.»[37].
Rileva ricordare che, nel caso dell’Ente comunale, questo è proprietario di edifici e/o terreni dei quali può cedere il diritto di superficie, secondo quanto previsto dallo schema degli E.P.C. (Energy Performance Contract) (D.Lgs. n. 36/2023, art. 200)[38]. Oltre ai terreni, l’amministrazione locale può contribuire alla realizzazione di una C.E.R. attraverso la messa a disposizione di beni strumentali (ad esempio tetti di edifici pubblici, impianti fotovoltaici esistenti, suolo pubblico), mediante concessione d’uso o accordi convenzionali; in questi casi, l’Ente locale agisce come partner patrimoniale, favorendo l’efficienza infrastrutturale e la sostenibilità economica della comunità.
A tale proposito la Monegato scrive «The role of public authorities here is strategic since municipalities can offer areas or rooftops (e.g., public buildings such as town halls and schools) for the installation of solar plants and collaborate with other prosumer in energy production»[39].
Un aspetto di primaria importanza è dato dal fatto che le amministrazioni locali (in particolare se di medie o grandi dimensioni) avendo, in questi ultimi anni, sviluppato sistemi di monitoraggio e raccolta dati, in una logica di smart cities, possono metterli a disposizione per favorire la costituzione della C.E.R.. In particolare, come osserva Cuocolo, «il Comune potrebbe decidere di consentire condizioni di accesso più favorevoli a chi intenda costituire una Comunità energetica.
Questa condivisione di dati, infatti, può facilitare la pianificazione e l’implementazione di progetti energetici, rendendo più appetibile la realizzazione di una C.E.R.. Ovviamente non tutte le informazioni necessarie sono nella disponibilità degli Enti locali. Nondimeno, si può ritenere che alcune informazioni – anche in prospettiva – possano essere molto importanti. Si pensi, ad esempio, al tasso di popolamento di un determinato quartiere nelle diverse ore della giornata, per comprendere le attitudini al consumo energetico per fascia oraria»[40].
Come si è anticipato, tuttavia, nonostante il ruolo strategico delle amministrazioni locali, la governancedella C.E.R. non deve esserne dominata. La normativa europea, infatti, richiede che il controllo effettivo sia esercitato da membri locali, nella maggior parte dei casi cittadini o PMI, pertanto, anche se la presenza degli enti pubblici è ammessa, essa deve essere proporzionata e non invasiva. Questo tipo di legame richiede la predisposizione di speciali statuti di natura associativa costruiti su basi di democraticità tali da impedire che il potere e la gestione del progetto ricade nelle mani di un unico soggetto (indipendentemente dal fatto che sia pubblico o privato)[41].
Da parte loro le amministrazioni locali sono chiamate a svolgere una serie di pratiche amministrative e contabili che rendano l’intero processo di creazione di una C.E.R. chiaro, trasparente e partecipato[42]. Inoltre, è fornita agli Enti pubblici l’opportunità di partecipare anche finanziariamente ai progetti sia in modo diretto (tramite fondi propri) oppure partecipando a bandi di livello regionale, nazionale o europeo appositamente indetti per la transizione energetica; qualunque sia il tipo di sostegno pubblico adottato deve tenere conto della normativa sugli aiuti di Stato[43].
Le amministrazioni locali possono svolgere un ruolo determinante anche a livello di legittimazione democratica del progetto non solo attraverso azioni di coordinamento territoriale tra i soggetti coinvolti ma anche promuovendo sinergie di natura ambientale, politica ed economica[44].
Gli enti pubblici e le amministrazioni locali, dunque, giocano un ruolo fondamentale nella realizzazione di un progetto di transizione energetica e, anzi, il loro intervento è da più parti auspicato[45]; si tratta, infatti, di soggetti che agiscono sul territorio con un forte radicamento istituzionale, economico e sociale i cui obiettivi sono in linea con quelli europei[46].
È anche vero, tuttavia, che la partecipazione di Enti pubblici e di amministrazioni locali se, da una parte, sembra una condizione necessaria per avviare una C.E.R., non pare potersi considerare sufficiente alla sua realizzazione e attivazione; affinché l’intero processo giunga a termine e produca i vantaggi auspicati è necessario che i vari livelli amministrativi comunichino tra di loro, attivando, dunque, una collaborazione orizzontale proficua, tale da consolidare la governance territoriale e aumentare le possibilità di successo delle iniziative di transizione energetica.
4. Conclusioni
L'analisi della disciplina delle Comunità Energetiche Rinnovabili evidenzia la loro qualificazione come soggetti giuridici di diritto privato che, tuttavia, operano in un quadro normativo e funzionale intrinsecamente orientato al perseguimento di finalità di interesse generale. La loro ontologia giuridica si caratterizza per una connotazione ibrida, ponendosi all'intersezione tra l'autonomia privata e la regolazione pubblicistica.
Sebbene la loro costituzione avvenga mediante strumenti privatistici, quali associazioni, cooperative o consorzi, la loro operatività è strettamente interdipendente dall'architettura regolatoria definita da autorità pubbliche come il Gestore dei Servizi Energetici e l'Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente. Tale assetto configura le C.E.R. non come meri operatori di mercato, bensì come entità private integrate in un sistema pubblicamente regolato, la cui azione è funzionale al raggiungimento di obiettivi superiori, quali la transizione energetica e la decarbonizzazione, in attuazione del principio di sussidiarietà.
In questo contesto, il ruolo delle amministrazioni locali assume una valenza strategica. La normativa europea, recepita dall'ordinamento italiano, ammette e incentiva la partecipazione degli enti pubblici, delineando un modello di partenariato pubblico-privato. Tale partecipazione può manifestarsi in diverse forme: dall'adesione in qualità di socio, alla funzione di facilitatore e promotore dell'iniziativa sul territori, fino alla messa a disposizione di beni patrimoniali, quali aree o superfici di edifici pubblici.
Tuttavia, l'intervento pubblico è sottoposto a precisi limiti giuridici. La normativa sovranazionale e interna impone che il controllo effettivo della comunità resti saldamente radicato nei membri locali, quali cittadini e piccole e medie imprese, escludendo una posizione di dominio da parte dell'ente pubblico. Inoltre, la configurazione della C.E.R. come partenariato pubblico-privato implica che l'ente locale debba possedere i requisiti di qualificazione previsti dal Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. n. 36/2023), presupponendo una capacità amministrativa e tecnica adeguata a dialogare con gli operatori economici privati.
In sintesi, la diffusione e il successo delle C.E.R. sono subordinati a un delicato equilibrio tra iniziativa privata e indirizzo pubblico. La partecipazione delle amministrazioni locali si palesa come una condizione necessaria per l'impulso e il consolidamento di tali iniziative, ma non sufficiente. L'effettiva realizzazione degli obiettivi ambientali, economici e sociali sottesi alla normativa sulle C.E.R. postula, infatti, una collaborazione istituzionale multilivello e orizzontale, capace di rafforzare la governance territoriale e di superare quella frammentazione amministrativa che storicamente ha limitato l'efficacia degli investimenti pubblici.
[1] V. TERMINI, Energia. La grande trasformazione, Laterza, Roma-Bari, 2020, 42, nota 18.
[2] La Direttiva fu recepita in Italia con il D.Lgs. n. 199/2021. Rileva ricordare, tuttavia, che, in Italia, sebbene in via sperimentale, le C.E.R. erano già previste nel Decreto Milleproroghe, D.L. 162/2019, convertito in L. 8/2020, art. 42 bis.
[3] C. FAZIO, Le comunità energetiche da fonti rinnovabili: prospettive e limiti per un potere energetico diffuso, in “Annali”; vol. 25, 2024, 393-414; G. CARROSIO, la comunità nelle comunità energetiche, in “Parolechiave”, vol. 71, fasc. 2, 2024, 147-158.
[4] G. DOCI, E. CASILEIADOU, A. C. PETERSON, Exploring the Transition Potential of Renewable Energy Communities, in “Futures”, 66, 2015, 85-95.
[5] European Commission, Proposal for a Directive of The European Parliament And of the Council on common rules for the internal market in electricity (recast), COM/2016/0864 final/2 - 2016/0380 (COD), Bruxelles 23 febbraio 2017.
[6] A. AWERKIN, P. FALBO, T. VARGIOULU, Optimal Investment and Fair Sharing Rules for Incentives in Virtual Remewable Energy Communities, in “arXiv:2311.12055v2”, 10 marzo 2025, 1-38.
[7] A titolo esplicativo basti pensare che, mentre in Italia, in base al D.Lgs. n. 199/2021e alla delibera ARERA 727/2022/R/eel, la forma giuridica è quella degli enti non profit, in Germania, secondo la EEG 2021 (Eneuerbare-Energien-Gesetz), la forma giuridica prevede anche imprese commerciali (con controllo civico). S. KHORRAMI, M. C. FALVO, M. POMPILI, A Review on Energiy Communities Development, Opportunities and Challenges in Germany, Spain, and Italy, in “IEEE Access”, vol. 13, 2025, pp. 103385-103404.
[8] D. PAOLETTI, Le politiche europee: il caso di studio dell’energia, tra centro e territori, in Raspadori (a cura di), L’attuazione delle politiche dell’Unione europea a livello regionale e locale, Giappichelli editori, Torino, 2021, 31-56.
[9] G. TAROMBOLI, L. CAMPAGNA, C. BERGONZI, F. BOVERA, V. TROVATO, M. MERLO, G. RANCILIO, Renewable Energy Communities: Frameworks and Implementation of Regulatory, Technical, and Social Aspects Across EU Member States, in “Sustainability”, 17, 9, 2025, 1-2.
[10] M. MENEGATTO, A. BOBBIO, G. FRESCHI, A. ZAMPERINI, The Social Acceptance of Renewable Energy Communities: The Role of Socio-Political Control and Impure Altruism, in “Climate”, 13, 3, 2025, 1-19.
[11] Clean Air Task Force, Clean Energy from the Ground UP: Energy Communities in the European Union, Reports & Papers, 18 marzo 2024.
[12] GSE, Elenco Comunità Energeteiche Rinnovabili, 6 marzo 2025.
[13] Gestore Sevizi Energetici (GSE), Comunità Energetiche Rinnovabili e Gruppi di Autoconsumatori, 2025; Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Comunità energetiche, firmato il decreto che modifica la disciplina degli incentivi, 16 maggio 2025.
[14] J. KNAUF, W. ROLF., Crowdsourcing social acceptance: Why, when and how project developers offer citizens to co-invest in wind power, in “Energy Power”, vol. 173, febbraio 2023, 1-10; J. KNAUF, Can’t buy me acceptance? Financial benefits for wind energy projects in Germany, in “Energy Poliy”, vol. 165, giugno 2022, 1-3.
[15] All’art. 14.5 si leggeva che «Le amministrazioni competenti determinano in sede di riunione di conferenza di servizi eventuali misure di compensazione a favore dei Comuni, di carattere ambientale e territoriale e non meramente patrimoniali o economiche, in conformità ai criteri di cui all’allegato 2 delle presenti linee guida».
[16] Sul tema delle misure di compensazione si rimanda a M. DELSIGNORE, Le misure di compensazione in materia di impianti di produzione di energie rinnovabili, in “Rivista Giuridica di Urbanistica”, fasc. 2, 2024, 217-240.
[17] R. ERRICO, The Consolidated RES Act: A decisive step for regulatory simplification and energy transition in Italy, in “A&O Shearman.com”, 17 dicembre 2024.
[18] Fazio (a cura di), Articolo 8. Procedura abilitativa semplificata, in Bruti Liberati, Mainardis, Travi. (a cura di), Codice dell’energia. La nuova disciplina delle rinnovabili, Gruppo 24 Ore, Milano, 2025, 122-123.
[19] Come riporta Cusa «la C.E.R. può essere costituita in forma di associazione (riconosciuta o non riconosciuta) regolata dal c.c., potendo acquisire anche la qualifica di E.T.S. o di impresa sociale grazie alla modificazione, intervenuta nel 2023, rispettivamente degli artt. 5, co. 1, lett. e), d.lgs. n. 117/2017 e 2, co.1, lett. e), d.lgs. n. 112/2017. Diversamente […] non può invece essere costituita in forma di organizzazione e volontariato o di associazione di promozione sociale per varie ragioni; tra queste si evidenzia quella secondo la quale gli artt. 32, co. 1 e 2 e 3, co 1 e 3, d.lgs. n. 117/2017 impediscono l’ingresso in tali associazioni di soggetti 8come gli enti privati con scopo lucrativo o gli enti pubblici qualificabili come amministrazioni locali) ai quali lo si deve invece garantire in forza della disciplina della C.E.R.». E. CUSA, Le incentivate comunità energetiche rinnovabili e il loro atto costitutivo, in “Consiglio Nazionale del Notariato Notizie”, n. 57, 2024,26.
[20] L. RUGGERI, Comunità energetiche e modelli giuridici: l’importanza di una lettura euro-unitaria, in “Actualidad Jurídica Iberoamericana”, 20, febbraio 2024, 1224-1225.
[21] P. NOVARO, Le comunità energetiche nuova declinazione del paradigma sussidiario, cit., in “Nuove Autonomie”, n. 3, 2022, 1066.
[22] Council of European Energy Regulators (C.E.E.R.), Regulatory Aspects of Self-Consumption and Energy Community. CEER Report (Ref: C18CRM9_DS7-05-03), 35 GIUGNO 2019, 11.
[23] R. RAO, Le comunità energetiche rinnovabili (CER): delle “officine” per il diritto commerciale?, in XVI Convegno Annuale dell’Associazione Italiana dei professori Universitari di diritto Commerciale “Orizzonti del Diritto Commerciale”, Roma 26-27 maggio 2023, 7.
[24] Ivi, 11.
[25] Ivi, 21 e ss.
[26] Ivi, 28.
[27] S. LUCATTINI, Per uno studio sulle comunità energetiche rinnovabili. Tra pubblico e privato, in “CERIDAP. Rivista Interdisciplinare sul Diritto delle Amministrazioni Pubbliche”, speciale n. 3, 2024, 59.
[28] M. KRUG, M. R. DI NUCCI, M. CALDERA, E. DE LUCA, Mainstream Community Energy: Is the Renewable Energy Directive a Driver for Renewable Energy Communities in Germany and Italy, in “Sustainability”, 14, 7181, 2022, 3.
[29] S. BRUNORO, G. BIZZARRI, E. BOLDRIN, Exploring the potential of energy communities in the Italian territory, in “Frontiers in Built Environment”, 20 giugno 2024, 1-13.
[30] Si rimanda al §. 1.2.2.2, recante Atto Costitutivo/Statuto della C.E.R. del Decreto direttoriale MinAmbiente 22 aprile 2024, n. 170, in Allegato I, Decreto CACER e TIAD- Regole operative per l’accesso al servizio per l’autoconsumo diffuso e al contributo PNRR, 2024, 17.
[31] S. MONEGATO, Renewable Energy Communities in Italy: the Challenges of Public Governance, in “Energy Law Journal”, vol. 46, 1, 2025, 107.
[32] A. DE VITA, Le Comunità Energetiche innovabili e gli Enti pubblici territoriali: rapporti, limiti e prospettive, in “Ceridap”, Speciale n. 3, 2024, 11-38.
[33]S. LUCATTINI, Per uno studio sulle comunità energetiche rinnovabili, cit., 57.
[34] Ivi, 69.
[35] Consiglio di Stato, Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78 recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, III-Relazione agli articoli e agli allegati, 7dicembre 2022, Roma, 204.
[36] E. BOSCOLO, Stabilità e adattamento nei rapporti concessori tra revisione e autotutela, in “Rivista giur. ed.”, vol. 2, 2022, 281-291; G. D. COMPORTI, Lo Stato in gara: note sui provili evolutivi di un modello, in “Dir. ec..”, fasc. 2, 2007, 268 e ss.
[37] S. LUCATTINI, Per uno studio sulle comunità energetiche rinnovabili, cit., 60.
[38] C. MARI, Le comunità energetiche: un nuovo modello di collaborazione pubblico-privato per la transizione ecologica, in “Federalismi.it”, 2022, 124.
[39] S. MONEGATO, Renewable Energy Communities in Italy, cit., 112.
[40] L. CUOCOLO, Le Comunità Energetiche Rinnovabili quale nuovo paradigma della sostenibilità urbana, in “Nomos. Le attualità del diritto”, 3, 2024, 7.
[41] C. IAIONE, E. De NICTOLIS., Le comunità energetiche tra democrazia energetica e comunanza d’interessi, in “Diritto e Società”, 4, 2022, 589-639.
[42] Corte dei Conti, Delibera n. 47/2025/PASP, Sezione Controllo Regione Lombardia, 17 marzo 2025 dove si chiarisce quali siano gli oneri organizzativi, deliberativi e contabili che l’amministrazione non può non tenere in considerazione nel caso in cui partecipi a una C.E.R..
[43] In estrema sintesi si ricorda che gli aiuti di Stato vanno autorizzati ai sensi dell’art. 107, §. 1TFUE, l’Italia applica il Regolamento generale di esenzione per categoria (GBERT) e dal 1° gennaio 2024 è entrato in vigore il Regolamento de minimis UE 2023/2831.S. DORIGO, Transizione ecologica, agevolazioni fiscali ed affievolimento del divieto di aiuti di Stato: un assetto in cerca di equilibrio, in “Rivista trimestrale di diritto tributario”, fasc. 4, 2024, 843-862; D. ANDRACCHIO, La transizione energetica tra ausili finanziari pubblici alle comunità energetiche e misure antiriciclaggio, in “AmbienteDiritto.it”, anno XXV, fasc. 2, 2025, 1-43.
[44] A. GIORDANO, Le Comunità Energetiche nell’era della sostenibilità, in “CERIDAP”, Fascicolo Speciale n. 3, 2024, 39-55.
[45] I. BRESCIANI, N. ZERBONI, Comunità Energetiche Rinnovabili: tra innovazione e sostenibilità. Guida pratica per la trasformazione energetica in Italia, il Gruppo 24 Ore, Milano, 2024, 47 e ss.
[46] G. CAVALIERI, Le comunità energetiche rinnovabili e il (possibile) ria-allineamento tra scale d’interessi, in “Federalismi.it”, n. 9, 2025, 101 e ss.